Agibilità dell’immobile e garanzie del venditore
1. Premesse
Il tema assegnatomi implica la necessità di affrontare due problematiche che variamente impattano sulla circolazione del bene carente del certificato di agibilità: esse ineriscono ai consequenziali riflessi di tale carenza in ordine al contratto stipulato o, meglio, come si vedrà, in ordine al rapporto contrattuale instauratosi tra i contraenti, quindi al piano dei rimedi, ed in ordine alle responsabilità a carico delle parti e del notaio rogante.
2. La segnalazione certificata di agibilità e l’ambito oggettivo di applicazione alla luce del quadro normativo
Com’è noto la segnalazione certificata di agibilità dal 2016 ha sostituito il certificato di agibilità e quello di abitabilità, giacché, nella sostanza ed esemplificando, ha unificato il certificato di abitabilitàche riguardava di regola le case a uso di civile abitazione e quello di agibilità, richiesto, invece, per tutte le altre costruzioni destinate a uso non abitativo (es. uffici, esercizi pubblici e commerciali)[[1]].
Detta certificazione unica attesta, ai sensi dell’art. 24 del d.P.R. 380 del 2001 come sostituito dall’art. 3 del d.lgs. n. 222 del 2016, «la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell’opera al progetto presentato e la sua agibilità».
Tralasciando gli aspetti tecnici in ordine alla presentazione della certificazione in questione ed alle espresse conseguenze, essenzialmente in termini di sanzione amministrativa, derivanti dalla mancata presentazione, ciò, che ai fini civilistici maggiormente rileva è anzitutto l’ambito oggettivo di applicazione della normativa di che trattasi.
A tal riguardo l’art. 24, sopra richiamato, al comma 3, specifica che la segnalazione certificata di agibilità deve essere presentata per le nuove costruzioni, per le ricostruzioni o sopraelevazioni (totali o parziali), e per gli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati. Il successivo comma 4, inoltre, puntualizza che la segnalazione certificata di agibilità può riguardare anche singoli edifici o singole porzioni della costruzione, purché funzionalmente autonomi, qualora siano state realizzate e collaudate le opere di urbanizzazione primaria relative all’intero intervento edilizio e siano state completate e collaudate le parti strutturali connesse, nonché collaudati e certificati gli impianti relativi alle parti comuni; oppure può riguardare singole unità immobiliari, purché siano completate e collaudate le opere strutturali connesse, siano certificati gli impianti e siano completate le parti comuni e le opere di urbanizzazione primaria dichiarate funzionali rispetto all’edificio oggetto di agibilità parziale.
In ragione dell’individuazione del perimetro oggettivo di applicazione della norma citata nonché di quanto disposto dal testo unico sull’edilizia del 30 giugno 2003 ne segue che non è dato rinvenire l’obbligo di presentare la segnalazione certificata di agibilità per le vecchie costruzioni che non siano state oggetto di interventi successivamente all’entrata in vigore del testo unico sull’edilizia (30 giugno 2003), che ha abrogato tutta la disciplina previgente.
Ed inoltre, ed è quello che maggiormente qui rileva, che nel nostro ordinamento non esiste una norma che vieta di alienare un fabbricato in mancanza dei requisiti di agibilità, e tantomeno una norma che vieta di alienare un fabbricato in mancanza della certificazione dell’agibilità, pur sussistendone i requisiti[[2]].
3. Le conseguenze civilistiche della carenza della certificazione di agibilità e gli interessi tutelati
Le puntualizzazioni di cui innanzi assumono evidente rilievo al fine di fare chiarezza sulle conseguenze che derivano, sul piano civilistico, dalle carenze della certificazione in questione dovendosi distinguere, come si dirà, l’ipotesi in cui, pur rientrando la tipologia di immobile oggetto di trasferimento nell’ambito oggettivo di applicazione dell’art. 24 cit., comma 2 e 4, sia carente dei requisiti di agibilità o, pur avendoli, sia trasferito in assenza della relativa certificazione.
L’insussistenza di un divieto esplicito di alienare l’immobile mancante dei requisiti di agibilità, ipotesi che ovviamente ricomprende quella meno grave in cui i requisiti esistano ma non vi sia il certificato, consente senz’altro di sgombrare il campo da qualsivoglia ricostruzione volta a configurare nella fattispecie una nullità del contratto con cui si realizza il trasferimento, per supposta incommerciabilità del cespite e/o illiceità dell’oggetto.
Ed infatti, tale approdo interpretativo è rimasto isolato ad un unico arresto del Tribunale di Venezia del 9 febbraio 1978, secondo cui la mancanza della certificazione in questione determinerebbe la nullità del contratto di vendita per illiceità dell’oggetto[[3]]. Di tutt’altro tenore è invece altra giurisprudenza che, pur definendo il bene privo di abitabilità “incommerciabile”[[4]], opportunamente chiarisce, anche se talvolta implicitamente, che il termine è da intendersi in senso economico e non in senso giuridico nel senso di “bene che presenta problemi di commerciabilità” dal punto di vista pratico, secondo la definizione più corretta già utilizzata dalla Corte di Cassazione in precedenti sentenze[[5]].
Il che è d’altra parte coerente con le conseguenze che trae la stessa Suprema Corte, nelle citate decisioni, dalla mancanza dei requisiti di agibilità, ovvero la risoluzione del contratto per inadempimento e il risarcimento del danno, e non già la nullità dell’atto, escludendo così la possibile configurazione della fattispecie alla stregua di vendita di un bene “fuori commercio” e tantomeno in termini di vendita con oggetto illecito, e trovando, piuttosto, corretto inquadramento quale ipotesi di trasferimento di aliud pro alio[[6]].
Si evidenzia, infatti, che la carenza dei requisiti di agibilità determina che la cosa consegnata appartiene a un genus differente da quello proprio della cosa convenuta, o presenta difetti tali che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale delle parti: in definitiva è da considerarsi come una cosa del tutto diversa da quella dedotta in contratto[[7]].
L’assenza dell’agibilità, dunque, può svilire e perfino azzerare il valore del bene compravenduto, minandone in radice la commerciabilità. Di conseguenza l’interesse tutelato dalla normativa che, per determinate categorie di immobili, prescrive che il venditore rilasci il certificato d’agibilità, è un interesse essenzialmente privato, volto a tutelare l’acquirente ad acquisire in proprietà un cespite dotato delle caratteristiche di sicurezza, igiene, salubrità etc., declinate nell’art. 24 citato. Trattasi perciò di un interesse disponibile dalla parte che ne è titolare e, dunque, abnorme e in distonia con la natura privata/individuale dell’interesse tutelato sarebbe ipotizzare, laddove l’immobile trasferito manchi dei predetti requisiti, pur rientrando tra i cespiti che sarebbero tenuti ad averli, la nullità dell’atto traslativo.
4. Segue: il necessario distinguo tra l’ipotesi in cui non sussistano le condizioni per l’agibilità e quella in cui manchi solo la certificazione
Individuato l’interesse tutelato dalla normativa in questione appare coerente con esso l’approdo interpretativo cui è pervenuta la oramai costante giurisprudenza di merito e di legittimità circa le conseguenze, sull’atto traslativo, della assenza del certificato di agibilità; dovendosi, peraltro, opportunamente distinguere l’ipotesi in cui esso manchi, in conseguenza dell’assenza dei requisiti dell’immobile che ne consentano il rilascio, dal differente caso, certamente meno grave, in cui i requisiti ci siano ma manchi il certificato.
Quanto alla prima ipotesi giova richiamare, per la chiarezza di un passaggio argomentativo, una risalente pronuncia della Cassazione[[8]] secondo cui, in materia di vendita di immobile destinato ad abitazione, «integra ipotesi di consegna di aliud pro alio il difetto assoluto della licenza di abitabilità ovvero l'insussistenza delle condizioni necessarie per ottenerla in dipendenza della presenza di insanabili violazioni della legge urbanistica». Nella ricorrenza di tali ipotesi, che si ripercuotono sulle aspettative di legittimo godimento e commerciabilità dell’immobile nel senso sopra chiarito, l’acquirente è legittimato a domandare la risoluzione del contratto per grave inadempimento del venditore, nonché chiedere il risarcimento dei danni, oltre a poter formulare, quale meccanismo di tutela preventiva, l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.
Con orientamento parimenti costante la giurisprudenza chiarisce, altresì, e con ciò mettendo il sugello sulla natura disponibile dell’interesse tutelato, che l’apparato rimediale e la tutela risarcitoria sopra indicata viene meno laddove il venditore abbia espressamente rinunciato al requisito dell’abitabilità o comunque esonerato il venditore dall’obbligo di ottenere la relativa licenza[[9]].
Diverso è il caso in cui pur sussistendo i presupposti per l’ottenimento della certificazione in questione essa non venga consegnata all’acquirente. In tale ipotesi, con condivisibile scelta ermeneutica in ordine alla possibile insussistenza nella fattispecie di un inadempimento di tale gravità da legittimare senz’altro l’acquirente a chiedere la risoluzione per inadempimento, taluna giurisprudenza ha chiarito che la sola omessa consegna della certificazione non è sufficiente ad integrare l'ipotesi della consegna di aliud pro alio, richiedendosi, a tal fine, che non sussistano anche le condizioni per ottenerla, a causa di insanabili violazioni della legge urbanistica; quando non sia questo il caso (e, quindi, si tratti di mera mancanza documentale del certificato di agibilità), la risoluzione non potrebbe essere senz'altro pronunciata, bensì si dovrebbe verificare, con riferimento alla specifica fattispecie ricorrente, l'importanza e la gravità dell'omissione, alla luce di quanto previsto nell'art. 1477 comma 3 c.c., in concreto, in relazione al godimento, alla commerciabilità del bene e alle specifiche esigenze del compratore[[10]]. Fatto salvo, in ogni caso, il diritto al risarcimento del danno.
5. La rinuncia all’agibilità
L’accertata disponibilità del diritto da parte dell’acquirente in relazione ai meccanismi di tutela di cui si è detto sposta il focus di queste riflessioni sulle modalità attraverso le quali detto atto dispositivo possa ritenersi, in concreto, sussistente. Come si è detto innanzi la giurisprudenza ritiene che la rinuncia al requisito dell’abitabilità/agibilità o al diritto di ottenere dal venditore la relativa licenza deve estrinsecarsi in una espressa ed inequivocabile manifestazione del volere. Di tal che la Cassazione, in una recente pronuncia in materia[[11]], giunge ad affermare che la specificazione nell’atto, nella fattispecie un contratto preliminare, dell’assenza del certificato di abitabilità/agibilità, non potesse intendersi quale espressa rinuncia da parte del promissario acquirente ad ottenere detta certificazione alla stipula dell’atto di vendita.
La decisione è corretta: ed infatti, quanto alle modalità attraverso le quali la rinuncia debba avvenire per liberare il venditore, si osserva che, da un lato, quale atto abdicativo del diritto, non può che essere inequivoca, dall’altro che essa può estrinsecarsi in un atto dispositivo unilaterale oggetto di una dichiarazione o di un patto aggiunto al contratto di vendita, contestuali od anche successivi a detto contratto, oppure di una pattuizione che sia inserita in quest’ultimo, senza che ciò ovviamente implichi alcun mutamento in ordine alla natura unilaterale del negozio abdicativo.
È altresì evidente che, poiché l’effetto traslativo consegue al contratto definitivo ed in tale momento sorge il diritto dell’acquirente ad ottenere la certificazione in questione, la conoscenza da parte del promittente acquirente dell’assenza della certificazione di agibilità al momento della stipula del preliminare non può ragionevolmente implicare alcuna rinuncia tacita da parte di quest’ultimo a fare valere il diritto. Ciò rende fortemente consigliabile alla parte promittente venditrice, che abbia consapevolezza che la certificazione in oggetto non potrà essere rilasciata nelle more della stipula del contratto definitivo, né successivamente, di esplicitare alla promittente acquirente tale carenza ed a impegnarsi nella futura vendita solo se nel contratto preliminare stesso o in un patto aggiunto coevo vi sia l’espressa rinuncia del promittente acquirente al diritto in questione anche con riferimento al momento perfezionativo del definitivo[[12]].
6. Carenza dell’agibilità, annullabilità del contratto per errore o dolo e convalida
L’individuata azione di risoluzione, esercitabile dalla parte acquirente, per grave inadempimento del venditore che alieni un immobile carente dei requisiti di agibilità non esclude che, con riferimento alla fattispecie concreta, possa configurarsi anche un vizio dell’atto traslativo per la ricorrenza di un vizio del volere in capo all’acquirente – errore per mancanza delle qualità essenziali del bene, o dolo del venditore – sempreché, ovviamente, ne ricorrano i presupposti anche soggettivi. In dette ipotesi la rinuncia al diritto ad ottenere la certificazione, necessariamente, in tal caso, successiva alla stipula dell’atto, può anche integrare un’ipotesi di convalida.
7. Le responsabilità dei soggetti coinvolti
Venendo, infine, alle responsabilità che investono le parti a vario titolo coinvolte nel trasferimento di un cespite immobiliare carente dell’agibilità, anzitutto, come si è già detto, integrando tale assenza un possibile grave inadempimento da parte del venditore per aver trasferito all’acquirente una cosa diversa (aliud pro alio) da quella pattuita conseguirà a carico del primo un obbligo risarcitorio, variamente graduato a seconda se la carenza in questione sia dovuta all’assenza dei requisiti per l’agibilità o sia circoscritta alla sola mancanza della certificazione[[13]].
Quanto, invece, alle possibili responsabilità per condotta negligente riferibili al Notaio investito dalle parti della stipula del rogito deve anzitutto sgombrarsi il campo, coerentemente con quanto posto in evidenza innanzi, da qualsivoglia ricorrenza di una responsabilità ex art. 28 l. not. per aver stipulato un atto avente ad oggetto un immobile privo della certificazione, giacché, come si è acclarato, la carenza dei requisiti per la certificazione di agibilità non implica la nullità dell’atto.
Nel contempo, come si è giustamente osservato, va tenuto conto che il rifiuto del notaio di stipulare il contratto rappresenterebbe una violazione dell’art. 27 della l. not.[[14]].
Poste tali premesse e spostando, quindi, l’oggetto di queste riflessioni dalla responsabilità disciplinare alla responsabilità civile professionale, appare evidente che il fulcro della responsabilità del notaio, nella fattispecie in questione, si incentra essenzialmente sulla portata e sulla corretta esecuzione degli obblighi informativi su di esso gravanti laddove le parti gli richiedano di stipulare un rogito avente ad oggetto un immobile non dotato di certificazione di agibilità.
Prima di analizzare le poche specifiche pronunce esistenti in proposito, è utile fare qualche considerazione di carattere più generale che, a parere di chi scrive, rappresentano il necessario punto di partenza.
Ebbene, basta prestare una pur fugace attenzione alla varia casistica giurisprudenziale per accorgersi che la maggior parte delle pronunce relative ad ipotesi di responsabilità del notaio per aver adottato una condotta negligente nello svolgimento dell’opera professionale affidatagli attiene, in particolar modo, all’attività preparatoria al compimento dell’atto. È in tale attività che, specialmente, si collocano gli obblighi d’informazione delle parti contraenti, anche nella considerazione che lo svolgimento dell’attività d’informazione è anteriore e coeva al compimento dell’atto ed è, necessariamente, correlata all’indagine della volontà delle parti, che costituisce uno dei momenti essenziali della formazione del rogito.
Come per altre professioni gli obblighi d’informazione gravanti sul notaio possono coincidere con la prestazione professionale affidatagli, come ad esempio nel caso in cui sia incaricato di redigere una relazione ipocatastale non necessariamente finalizzata alla stipula di un atto, oppure possono essere collegati funzionalmente alla stipulazione del rogito. In questa seconda ipotesi la violazione da parte del notaio degli obblighi d’informazione relativi all’attività esercitata ed a tutte le possibili implicazioni che da quell’atto possano direttamente conseguire per le parti in ordine agli interessi coinvolti genera a suo carico una responsabilità contrattuale nei confronti di tutte le parti che partecipano al compimento del contratto, e non solo, dunque, nei confronti della sola parte che gli abbia conferito l’incarico professionale.
Malgrado talune pronunce giurisprudenziali meno recenti[[15]], peraltro non riferibili specificamente alla vendita, si tratta, infatti, oramai, di un punto d’approdo che, nonostante taluni dissensi, sembrerebbe condiviso in dottrina[[16]] e giurisprudenza[[17]] e che appieno si giustifica in ragione non solo del contatto sociale che viene a determinarsi nei confronti di tutti gli stipulanti, con conseguente assunzione da parte del notaio rogante dei relativi obblighi di protezione nei confronti di essi, ma anche della funzione pubblica esercitata dal notaio.
Il ruolo del notaio si afferma, dunque, in tutta la sua indipendenza ed imparzialità, in una compiuta informazione volta a promuovere la consapevole autodeterminazione dei contraenti. Sotto tale profilo, perciò, l’esaustivo e corretto adempimento dell’obbligo informativo, unitamente ad una corretta interpretazione da parte del notaio della funzione di adeguamento, finiranno per svolgere una efficace funzione antiprocessuale, preventiva dei conflitti[[18]].
A questo complesso compito d’informazione e consulenza è, perciò, chiamato il notaio che voglia, al passo con i tempi, interpretare correttamente la propria funzione, attualizzando, così, il celebre aforisma di Carnelutti «Tanto più notaio, tanto meno giudice».
Su queste premesse è possibile, con riferimento alla fattispecie che ci occupa, individuare quale sia il comportamento che il notaio debba correttamente osservare: sul punto con chiarezza si esprime la Cassazione[[19]] evidenziando che se la corretta esecuzione della prestazione professionale da parte del notaio comprende l'indagine catastale e ipotecaria, assicurandosi della presenza di tutti gli elementi per produrre tutti gli effetti giuridici voluti dalle parti ed, in loro mancanza, dovrà informare le parti della situazione, viceversa i suoi obblighi professionali non si estendono alla verifica, in concreto, dell'agibilità dell'immobile, qualità che può incidere sulla sua commerciabilità e sul suo effettivo valore. E, perciò, egli dovrà verificare che il Certificato esista, e qualora esso manchi, dovrà avvisare le parti sullo stato delle cose e sulle conseguenze giuridiche derivanti da tale mancanza, ma non è responsabile della constatazione tecnica dell'agibilità stessa dell'immobile in oggetto.
L’arresto citato è condivisibile giacché opportunamente distingue gli obblighi informativi strettamente connessi alle competenze tecnico/giuridiche del notaio da quelli che, esulando da tali competenze, certamente non possono, ad alcun tiolo, essergli ascritti.
E, quindi, se le verifiche ipocatastali e la verifica dell’esistenza della certificazione di agibilità, riferibili all’immobile oggetto di trasferimento, rappresentano, in quanto ascrivibili alle competenze giuridiche del notaio, attività da questi esigibili e che lo stesso è tenuto a compiere e ad informarne i contraenti, in ragione dell’alta professionalità oltre che in ragione della funzione antiprocessuale che deve connotare la sua opera, viceversa le indagini tecniche circa la constatazione dell’agibilità dell’immobile in concreto esulano dalle sue competenze e, dunque, non incidono sulle eventuali responsabilità ascrivibili al suo operato.
Qualora poi sia chiaro che manchi o comunque non possa ottenersi il certificato di agibilità il notaio dovrà diligentemente informare le parti sulle conseguenze che da tale carenza possano derivare. In particolare dovrà rendere edotto l’acquirente che da tale carenza consegua una ridotta commerciabilità dell’immobile idonea i minarne significativamente il valore economico ed il legittimo godimento in conseguenza della carenza di una qualità essenziale per l’uso cui è destinato; informare il venditore dei rischi cui si espone in termini di responsabilità da grave inadempimento con consequenziale possibile risoluzione del contratto e risarcimento danni nei confronti dell’acquirente, nonché delle sanzioni amministrative cui va incontro ai sensi dell’art. 24, citato; invitare le parti a regolamentare, nell’equo contemperamento dei reciproci interessi, nell’atto o in separata scrittura i reciproci rapporti in ordine alla carenza in questione.
Svolta tale complessiva attività d’informazione e consulenza – nel pieno rispetto del ruolo di terzietà che deve contraddistinguere l’operato del notaio – assicurandosi che essa sia ben compresa dalle parti, e, aggiungo, serbandone prova e dandone riscontro nell’atto sia pure succintamente, si deve ragionevolmente ritenere che il notaio possa procedere alla stipulazione del rogito in assenza di responsabilità ascrivibili al suo operato.
NOTE:
[1] Per una puntuale ricostruzione della disciplina in questione nell’evoluzione legislativa cfr., G. TRAPANI, La nuova agibilità e la modulazione delle clausole contrattuali, Studio CNN n. 83-2018.
[2] In questi termini cfr. P. TONALINI, L’agibilità nella giurisprudenza e nella prassi notarile, in https://www.federnotizie.it/lagibilita-dei-fabbricati-nella-pratica-notarile/.
[3] Espressamente in senso contrario cfr. App. Campobasso, 15 marzo 2016, n. 56 e, in precedenza, Cass., 11 agosto 1990, n. 8199, in Riv. not., 1991, 747.
[4] Cass., 30 gennaio 2017, n. 2294, in Riv. not., 2017, 3, II, 554 con nota di P. ZANELLI – F. BONORA dal titolo Agibilità: “incommerciabilità economica” non è incommerciabilità giuridica; Cass. 23 gennaio 2009, n. 1701, in Giust. civ. mass., 2009, 1, 107.
[5] Cfr., per esempio, Cass., 20 aprile 2006, n. 9253, in Giust. civ., 2007, 6, I, 1454.
[6] Cfr., ex multis, App. Milano, 23 maggio 2022, n. 1736, in Massima Redazione De Jure, 2022; App. Roma, 20 settembre 2021, in Massima Redazione De Jure, 2022; App. Aquila, 30 giugno 2021, n. 1061, in Massima Redazione De Jure, 2022; Cass., 13 agosto 2020, n. 17123, in Riv. giur. edil., 2020, 5, I, 1267. Tra i più recenti contributi dottrinali circa le conseguenze civilistiche della mancanza di agibilità dell’immobile oggetto di compravendita cfr., M. CAPECCHI, Compravendita di immobile privo di agibilità: quali rimedi?, in Nuova giur. civ. comm., 2018, 6, 826; M. DE PAOLIS, Il certificato di agibilità nel Testo Unico dell’edilizia: finalità e ambito applicativo, in Azienditalia, 2019, 12, 1745; R.P. PUCE, Compravendita immobiliare, certificato di abitabilità e buona fede, in Corr. giur., 2019, 6, 766.
[7] In termini P. CARBONE, Il certificato di agibilità nella contrattazione immobiliare, in Altalex 3 settembre 2012, che altresì evidenzia che il riferito costante orientamento giurisprudenziale, volto ad inquadrare la fattispecie in questione in un’ipotesi di consegna di un aliud pro alio, e non quale vizio o mancanza di qualità essenziali della cosa oggetto della vendita, consente all'acquirente di esperire la generale azione di risoluzione per inadempimento, soggetta solo al termine di prescrizione ordinario decennale e a nessun termine di decadenza, previsti, invece, dalle cd. “azioni edilizie”.
[8] Cass. 27 luglio 2006, n. 17140, in Giust. civ. mass., 2006, 7-8, 43, e, più di recente, Cass., 30 gennaio 2017, n. 2294, in Riv. not., 2017, 3, II, 554.
[9] In termini, tra le altre, Trib. Sassari, sez. I, 24 novembre 2020, n. 1149, in Massima Redazionale De Jure, 2021; Trib. Salerno 18 marzo 2013, n. 752; App. Palermo, 15 febbraio 2013, n. 227; Trib. Catanzaro 11 aprile 2011.
[10] In termini Trib. Nola, 3 gennaio 2015 ed in precedenza Cass. 31 maggio 2010, n. 13231, in Giust. civ., 2010, 9, 1863, che evidenzia: «la risoluzione non può essere pronunciata ove in corso di causa si accerti che l'immobile promesso in vendita presentava tutte le caratteristiche necessarie per l'uso suo proprio e che le difformità edilizie rispetto al progetto originario erano state sanate a seguito della presentazione della domanda di concessione in sanatoria, del pagamento di quanto dovuto e del formarsi del silenzio-assenso sulla relativa domanda». Analogamente Cass. 22 novembre 2006, n. 24786, in Giust. civ. mass., 2006, 11; 3 luglio 2000, n. 8880, in Giust. civ. mass., 2000, 1482.
[11] Cass., 20 maggio 2020, n. 9226, in Guida al dir., 2020, 27, 85.
[12] Cfr., al riguardo, Cass., 8 febbraio 2016, n. 2438, in www.studiolegale.leggiditalia ove si evidenzia che «ai sensi dell’art. 1477, comma 3, c.c., il venditore ha l’onere, ai sensi di legge, di consegnare il certificato di agibilità. Pertanto, il rifiuto, opposto dal promissario acquirente, di stipulare la compravendita definitiva dell’immobile, sprovvisto dei certificati di agibilità, abitabilità e conformità alla concessione edilizia, deve ritenersi giustificato». Nello stesso senso, Cass. 22 febbraio 2018, n. 4307, in www.studiolegale.leggiditalia.
[13] Con riferimento alla eventuale responsabilità del mediatore immobiliare nell’ipotesi di preliminare di vendita avente ad oggetto un immobile non agibile cfr., S. NARDI, Preliminare di vendita di immobile non agibile e diritto del mediatore alla provvigione, in Riv. dir. civ., 2018, 2, 568 e ss.
[14] Cfr., P. ZANELLI – F. BONORA, Agibilità: “incommerciabilità economica” non è incommerciabilità giuridica, in Notariato, 2017, 3, 283 che evidenziano: «sotto il profilo del ruolo e delle responsabilità dal notaio, la validità della vendita di un immobile sprovvisto dell'agibilità comporta l'obbligo in capo allo stesso di procedere, se richiesto, alla stipulazione del contratto. Non ricorrendo gli estremi per l'applicabilità dell'art. 28 l. not., il notaio che si rifiuti di ricevere un siffatto negozio violerebbe infatti l'art. 27 l. not., incorrendo nella responsabilità di cui al secondo comma dell'art. 138 l. not.».
[15] Cfr., ad esempio, Cass. 23 ottobre 2002, n. 14934, in Guida al dir., 2003.
[16] G. CELESTE, La responsabilità civile del notaio, Napoli, 2007, 73 ss. In generale sul tema della natura della responsabilità ascrivibile al professionista il quale, nell’esercizio della sua attività professionale, abbia provocato un danno a soggetti che non siano parti di un contratto stipulato per la prestazione dell’opera professionale, cfr., l’interessante contributo di M. MAGGIOLO, La (de)contrattualizzazione della responsabilità professionale, in Jus civ., 2015, 1, 21 e ss., che, all’esito di una meditata ricostruzione degli interessi contrapposti, conclude evidenziando che «una scelta interpretativa nel segno di un favor per il danneggiato dev’essere quanto meno consapevole, deve quindi maturare non nella prospettiva unilaterale della tutela del danneggiato, ma nella prospettiva bilaterale della contrapposizione tra legittimi interessi di danneggiante e danneggiato. In caso contrario, la strada verso la responsabilità professionale diventa un’autostrada senza limiti di velocità, percorsa da un traffico incontrollato e pericoloso».
[17] Cfr. significativamente, Cass., 9 ottobre 2016, n. 9320, in Notariato, 2016, p. 362, secondo cui la relazione notarile preliminare redatta nel corso di un’istruttoria di un mutuo bancario determina, in ogni caso, l’assunzione di obblighi non soltanto nei confronti del mutuatario, il quale abbia da solo dato incarico al notaio di effettuare le visure, ma pure nei confronti della banca mutuante. Il danno causato al mutuante per l’inesatta o incompleta informazione contenuta nella relazione notarile preliminare sarà quindi da parametrare sulla colposa induzione dell’istituto di credito ad accettare in ipoteca, con riguardo al finanziamento, un bene non idoneo a garantire la restituzione del credito erogato
[18] Sul tema dell’estensione degli obblighi d’informazione e l’attività di consulenza del notaio sia dato rinviare per qualche ulteriore approfondimento a S. MONTICELLI, Vendita immobiliare ed obblighi d’informazione dei professionisti incaricati, in Rass. dir. civ., 2017, 3, 944 e ss.
[19] Cass., 13 giugno 2017, n. 14618, in www.federnotizie.it