Giuffré Editore

Atto notarile informatico. cosa cambia?


di Michele Nastri

Notaio in Ercolano

Consigliere nazionale del Notariato

Presidente Notartel


Evoluzione della documentazione - il ruolo della rete

La nostra quotidianità, ormai fatta di internet e social media almeno quanto di esperienze reali, nella sua progressiva virtualizzazione ha assunto la caratteristica di una tracciabilità pressoché totale di tutto ciò che passa attraverso la rete, e della documentazione totale, e per un tempo indefinito, di ciò che trasmettiamo. 

Gli scambi in rete costituiscono a tutti gli effetti documenti informatici, siano essi una mail, un file pdf o un documento multimediale, e restano il più delle volte reperibili, e purtroppo spesso divulgabili senza adeguate forme di protezione.

Ne derivano problematiche che attengono la tutela delle libertà individuali, in quanto ciò che è privato è facilmente reso pubblico, con conseguenza a volte anche tragiche. 

Ciò che più colpisce è che la massa magmatica e non organizzata dei dati presenti nella rete può essere analizzata ed interpretata per favorire interessi commerciali, ma anche politici o di semplice acquisizione di posizioni di forza. 

Filosofi come Maurizio Ferraris ci hanno insegnato che la mole enorme di documenti che viene ogni giorno prodotta comporta problemi di fruibilità e reperibilità, e che la logica conseguenza di tutto ciò è l’enorme potere che acquista chi gestisce i dati ed è in grado di interpretarli avendone i mezzi tecnologici, con ciò essendo in condizione di orientare le scelte degli utenti comuni. È il tema dei “big data[1] i quali, andando oltre la semplice “business intelligence”, servono ad ottenere informazioni sempre più significative e strutturate da grandi insiemi di dati per rivelare i rapporti, le dipendenze, e effettuare previsioni di risultati e comportamenti, che possano favorire l’azione di chi di tali dati dispone.

La questione della gestione e della reperibilità dei dati in modo ordinato e finalizzato riguarda quindi le fondamenta stesse della convivenza civile nell’età della rete, e gli esempi sono sotto gli occhi di tutti: la funzione del documentatore, che diventa gestore e custode di dati, e deve essere necessariamente imparziale, “Terzo”, si modifica e si accresce fino a poter rivendicare spazi essenziali nella società civile.

Chi tiene traccia non conserva più semplicemente i documenti, ma li registra e consente la loro reperibilità e la destinazione a vari usi: il modo in cui i documenti sono registrati e conservati influenza notevolmente l’uso che poi se ne potrà fare. 

Ecco che il tema della documentazione in rete diventa un tema essenziale per lo sviluppo della società civile, e l’eccesso non regolamentato di documentazione favorisce chi, dall’analisi di tali dati e dal loro utilizzo, vuol trarre un vantaggio ed una posizione di potere in modo non trasparente e soprattutto non soggetto ad autorità terze e di garanzia.

In un simile contesto, la presenza di documentatori e certificatori terzi, al netto di ogni altra valutazione, costituisce un ostacolo a queste mire. Il ruolo del Notariato va quindi considerato in relazione alla sua utilità per la difesa dei principi della nostra civiltà giuridica. 


Evoluzione del documento e documento giuridico

Nel 1950 Francesco Carnelutti[2] preconizzava la possibilità di un testamento equiparabile all’olografo mediante una registrazione audiovisiva; la firma digitale, apponibile a qualunque tipo di file, ivi compresi quelli multimediali, già da un ventennio ci ha ulteriormente avvicinati a questa possibilità. È noto infatti a tutti che un file multimediale può consentire l’apposizione di una firma digitale, con ciò aprendosi nuovi orizzonti al concetto stesso di documentazione scritta. 

L’insigne maestro non si fermava a tanto però: dalla possibilità tecnologica di documentare senza l’intervento dell’uomo traeva la convinzione, confermata puntualmente dai fatti, della necessità che il notaio da semplice documentatore dovesse divenire sempre più giurista, interprete della legge e delle parti, aprendo la strada ad una visione moderna del giurista pratico come interprete e allo stesso tempo fonte dell’ordinamento.

Questa visione illuminata, che ha guidato l’evoluzione del Notariato moderno, non poteva però tener conto appieno, perché non prevedibile, di quello che è stato poi lo sviluppo tecnologico degli strumenti di intermediazione tecnologica, che influiscono pesantemente sull’attività del giurista (Carnelutti parlava di un disco fonografico, il computer era di là da venire).

È chiaro poi che le possibilità offerte dalla tecnologia consentono di superare anche i metodi tradizionali di imputazione del documento per finalità di tipo giuridico. La sottoscrizione, intesa come dichiarazione a contenuto socialmente tipico, con la quale un soggetto, scrivendo di proprio pugno il proprio nome e cognome, si appropria del contenuto di un documento assumendone la paternità giuridica e le conseguenti responsabilità, è fenomeno talmente sedimentato dal punto di vista sociale da non richiedere nemmeno una definizione in una norma di diritto positivo (almeno nell’ordinamento italiano): tuttavia i nuovi metodi di documentazione rendono la sottoscrizione tradizionale a volte fisicamente impossibile, per motivi tecnici, a volte meno sicura di altri metodi di imputazione, altre volte ancora di fatto equiparabile a questi ultimi.

Stiamo infatti assistendo , con l’evolversi della firma digitale, l’avvento delle firme grafometriche e la multimedialità avanzante, al progressivo sviluppo di metodi alternativi di imputazione dei documenti, che sono spesso però, molto meno strutturati e giuridicamente sicuri, soprattutto se si tiene conto che la sottoscrizione, come mezzo di imputazione giuridica della paternità del documento, e la forma scritta, di cui la sottoscrizione è in realtà corollario, sono presidi posti, a seguito di un’evoluzione millenaria, a tutela dei diritti ed in particolare dei diritti dei più deboli. Occorre una riflessione di carattere culturale, cui seguirà (ed anzi sta già seguendo) l’evoluzione normativa, per definire nuovi e più idonei criteri di imputazione. 

Il punto di maggiore innovatività nella configurazione delle fattispecie giuridiche di documentazione informatica e di trasmissione telematica della stessa, attesa la vastità immensa del fenomeno, consiste principalmente nel ruolo del medium informatico, inteso come complesso strumentario tecnologico utilizzato nel ciclo di vita del documento informatico, che rileva almeno da tre punti di vista:

- il medium come strumento di formazione e fruizione del documento;

- il medium come strumento di imputazione;

- Il medium come strumento di trasmissione e conservazione.

In breve (in considerazione anche degli scopi di questo intervento) il medium informatico costituisce un elemento indispensabile per la creazione, l’imputazione, la fruizione anche nel tempo e in luoghi diversi del documento informatico. La funzionalità degli apparati informatici, la loro capacità di riproporci il medesimo file con gli stessi contenuti anche a distanza di tempo (a volte possono essere determinanti anche la scomparsa di una nota a margine o di una formattazione, per non parlare della irriconoscibilità di una firma elettronica) costituiscono elementi integranti di una concezione del documento che non può essere che dinamica, in quanto lo strumentario tecnologico è sempre elemento necessario per l’utilizzo di tale forma di documentazione, laddove l’esperienza del documento analogico ci insegna che una qualche tecnologia (quella di carta e inchiostro nell’esperienza più comune) è necessaria per la formazione, ma non per la fruizione, la quale ultima necessita solo di uno strumentario culturale da parte di colui che al documento si approccia.

Va da sé che gli elementi di cui parliamo attengono all’ontologia stessa del documento, e che, da questo punto di vista, il concetto di documento informatico si differenzia dal concetto tradizionale, di modo che l’identità di termini utilizzati non può che costituire, almeno in parte, un elemento che può fuorviare. In questo senso l’idea di fondo della legislazione italiana sul documento informatico, basata sull’originaria equiparazione al documento cartaceo, può essere ormai considerata solo come un’approssimazione che è stata utile per consentire il primo espresso riconoscimento del documento informatico nell’ordinamento nazionale: l’evoluzione culturale e tecnologica, e conseguentemente gli indici normativi, stanno superando questa equiparazione evolvendo verso un trattamento giuridico autonomo. 

È evidente poi che nel contesto del documento informatico la presenza del medium comporta l’insorgere di nuovi ruoli e responsabilità per chi fornisce lo strumentario tecnologico nelle varie fasi di formazione, fruizione e conservazione, e conseguentemente la necessità di una riflessione, di tipo culturale prima, e di tipo giuridico poi, su tali funzioni, da un punto di vista del diritto civile (sia per quanto riguarda la materia dei contratti, ma ancor più per quanto riguarda la responsabilità civile) del diritto amministrativo (la cui regolazione con il Cad si va via via affinando, senza però aver raggiunto finora risultati soddisfacenti e soprattutto stabili), ma anche in taluni casi del diritto penale. È evidente a tutti, a mo’ di esempio, che la perdita o il degrado di un documento informatico può comportare vari tipi di responsabilità a carico dei produttori di hardware e software, o di chi non ha correttamente posto in essere le procedure per la conservazione. La giurisprudenza sta cominciando ad occuparsi sempre più frequentemente di queste tematiche, e solo il sedimentarsi dell’esperienza potrà consentire di porre dei punti fermi.

Un ulteriore spunto, stavolta in negativo, viene dalla riflessione sul famoso intervento di Carnelutti al quale manca un elemento all’epoca imprevedibile: la vera rivoluzione, che cambia i termini del problema, è la nascita della rete nelle forme che conosciamo, non solo come strumento di trasmissione, ma soprattutto come luogo di permanenza e reperibilità di qualunque cosa vi transiti, che ha reso tutto documentato, trasmissibile in tempo reale, ed, in fin dei conti, disponibile per tutti. 


Il documento informatico vantaggi e svantaggi

Procedendo nel nostro ragionamento qualche breve riflessione merita la valutazione di vantaggi e svantaggi della documentazione informatica: riflessione che potrebbe apparire oziosa, se si considera inarrestabile il flusso di questa innovazione, ma che dovrebbe consentirci di valutare come trarne beneficio, riducendo al minimo i problemi.

In realtà vantaggi e svantaggi sono conseguenza delle stesse caratteristiche:

  • l’informatizzazione, per sua stessa natura, porta la necessità e la conseguenza di formalizzare in modo uniforme, razionalizzare, e conseguentemente rendere più facilmente fruibili le informazioni;
  • da tale uniformità deriva una migliore conoscibilità delle informazioni, la loro elaborabilità per i più svariati fini, ed un uso più rapido delle stesse con semplificazione di qualunque lavoro e migliori risultati complessivi; 
  • ne è conseguenza però, e qui vengono gli svantaggi, la possibilità di utilizzare i dati, e la loro analisi, non solo per analizzare e comprendere i comportamenti, ma soprattutto indirizzare i comportamenti stessi (i casi di utilizzo improprio dei big data sono ormai all’ordine del giorno).

La circolazione incontrollata di un’enorme mole di dati comporta dei rischi di cui si sta prendendo lentamente coscienza: la possibilità di manipolare trova, infatti, terreno fertile nell’apparente libertà totale e nell’assenza di controlli. Il rigetto apparente di ogni forma di potere sovraordinato, in un ambiente (la rete) che sfugge per natura e dimensioni alla possibilità di un vero controllo dell’autorità pubblica, che può al massimo vigilare e reprimere singole situazioni ed alcuni fenomeni, ma ha difficoltà a porsi come regolatore, facilita la nascita di poteri occulti. Il pericolo, in queste situazioni, è che il potere occulto si nasconda dietro un’apparente libertà totale.

Il rimedio a questo rischio sta nell’adoperarsi affinché anche nella rete il dato, il documento, siano protetti da un sistema che garantisca ugualmente i diritti di tutti e che come tale sia sovraordinato ai singoli attori, indipendentemente dalle dimensioni e dalla localizzazione di questi ultimi: è un’esigenza che ovviamente attiene, come ormai sanno tutti alle libertà personali.

Un sistema di controlli efficiente deve possedere una caratteristica fondamentale: la terzietà. Non esistono alternative adeguate ed efficienti alla terzietà: il controllo reciproco tra gli attori del sistema, posto come metodo alternativo, risente inevitabilmente dei rapporti di forza ed è per questo inefficiente; un sistema che assuma di contenere al suo interno meccanismi automatici di controllo efficiente è ontologicamente sbagliato, perché ogni sistema non può che risentire degli orientamenti di chi lo ha ideato.

La terzietà, in un sistema di scambio documentale, non può che trovare il suo antecedente culturale ed il paradigma nella funzione notarile, non di registrazione, ma di garanzia del sistema, nell’accezione carneluttiana del ruolo del notaio.

Un ruolo di registrazione e conservazione del documento, oltre che di qualificazione giuridica e adeguamento, appare quindi ancora più necessario in un mondo come quello della rete: altra questione è come tale ruolo debba atteggiarsi in questa realtà.

Se il notaio mero certificatore è ormai obsoleto come inteso tradizionalmente, si aprono quindi altri spazi di certificazione degli scambi in rete, per i quali occorre affiancare all’attendibilità soggettiva la capacità di integrare la tecnologia (si pensi al ruolo degli oracles negli smart contracts, intesi quali entità qualificate in grado di attestare con alto grado di affidabilità qualità, stati o eventi rilevanti al fine dell’esecuzione della vicenda contrattuale). Inoltre, e lo vedremo meglio in prosieguo, l’intensità degli scambi in rete pone come necessaria la registrazione degli stessi con alto grado di attendibilità: occorre quindi sviluppare la creazione di registri, siano essi tenuti da un soggetto responsabile, siano essi distribuiti (ed è il caso della blockchain nelle sue varie declinazioni). E qui si aprono nuovi spazi non tanto per il notaio, quanto per il Notariato quale istituzione.


Evoluzione della funzione notarile

Quanto finora esposto si inserisce in un quadro evolutivo della funzione notarile in parte inserito in una più generale transizione storica dal documento cartaceo al documento informatico, in parte dotato di peculiarità proprie connesse alle specificità del notaio, ed al suo mutare in modo funzionale al mantenimento di un ruolo e di una utilità sociale ed economica.

L’utilizzo dell’informatica, nato come sistema per rendere più efficienti dapprima le procedure interne agli studi (risalgono alla fine degli anni ’70 dello scorso secolo i primi software per l’automazione degli studi notarili), si è via via esteso alla predisposizione degli adempimenti rivolti alla pubblica amministrazione, quali in particolare la registrazione e l’esecuzione della pubblicità immobiliare e commerciale attraverso, in un primo tempo, la preparazione attraverso strumenti informatici di adempimenti destinati ad un passaggio su carta, pur se nati da (e destinati a) sistemi informatici (si pensi alle note di trascrizione meccanizzate che, fino a buona parte degli anni 90, erano predisposte informaticamente nello studio del notaio, stampate, e riacquisite informaticamente negli uffici dei Registri immobiliari, con gran dispendio di energie e possibilità di errori). Successivamente l’informatizzazione si è estesa, con strumenti dapprima solo informatici e poi gradualmente telematici, alla trasmissione degli adempimenti, ferma restando la redazione su carta dell’atto notarile, che con la sua copia, costituiva, e costituisce, il punto fondante della validità delle procedure.

Il vero snodo è stato l’introduzione della firma digitale: risolta in questo modo la questione fondamentale della imputabilità del documento ai firmatari anche nell’ambito della contrattazione informatica, e non dovendosi così più ricorrere ad artifizi di vario genere, ma soprattutto a sistemi chiusi le cui condizioni fossero o accettate dall’unanimità degli utenti, o imposte da una norma, si è potuto procedere dapprima alla trasmissione di documenti aventi il valore sostanziale e probatorio dell’atto notarile (le copie) e successivamente alla redazione di veri e propri atti notarili. Ciò in base ad una evoluzione normativa che trova tuttora i suoi capisaldi nel Cad (Codice dell’amministrazione digitale, d.lgs. n. 82 del 2005) e nella novella alla legge notarile contenuta nel d.lgs. n. 110 del 2010, che ha definitivamente introdotto nel nostro ordinamento l’atto notarile informatico.

Questo è stato, almeno dal punto di vista ordinamentale, il vero punto di svolta nel passaggio dalla carta all’informatica, anche se dobbiamo riconoscere che si tratta ancora di un’incompiuta. L’atto informatico, infatti, è tuttora diffuso meno di quanto sarebbe lecito aspettarsi a causa probabilmente di un fattore di resistenza culturale tuttora presente non solo e non tanto nel Notariato, quanto nella società tutta, ed anche delle permanenti rigidità formali contenute nell’impianto della legge notarile, che mal si adattano alla documentazione informatica (si pensi alla fisica impossibilità, in presenza di firme digitali apposte al documento, di rimediare anche nell’immediatezza ad errori materiali senza ricorrere all’atto di rettifica).

Ciò nondimeno numerosi passi avanti sono stati fatti ed altri sono prossimi: accanto alla firma digitale è stata introdotta la possibilità, per le parti dell’atto, di una firma grafometrica, che facilita di molto il procedimento di sottoscrizione, attraverso il software Istrumentum. La firma di un atto informatico avviene quindi ora in una sessione che non deve tenere conto delle tecnologie delle diverse firme digitali delle parti, e non necessita di una predisposizione dello strumentario tecnologico, essendo ormai sufficiente l’installazione di un unico software.

Quali saranno a questo punto i prossimi passi che ci attendono, riassunti in una sola frase? L’integrazione di tutta l’attività notarile in procedure informatiche capaci di dialogare tra loro.

Decliniamo tutto ciò in esempi concreti. 

In primo luogo stiamo progettando un nuovo approccio alla contrattazione immobiliare, attraverso il sistema integrato aste e avvisi notarili, che consente la pubblicità su web, con la garanzia notarile, dell’immobile messo in vendita, la messa all’asta degli immobili e più in generale una gestione più informata e trasparente di tutta la fase propedeutica alla vendita. In questo ambito si dovrà inserire una gestione sempre più telematizzata della fase istruttoria in cui il lavoro preparatorio a diretto contatto con le parti venga finalizzato anche per andare incontro alle esigenze di efficienza e rapidità.

In secondo luogo la valorizzazione e diffusione dell’atto notarile informatico, attraverso il miglioramento e l’integrazione di Istrumentum con i software di studio da una parte, ed il sistema di conservazione a norma dall’altra, anche con l’utilizzo di strumenti in cloud (sotto il diretto controllo del Notariato e localizzati nelle strutture del Notariato).

Infine, il Notariato tutto dovrà muovere verso la gestione dell’attività in rete attraverso iniziative come quelle dei registri sussidiari. Ci siamo in precedenza espressi sulle ragioni profonde che sono alla base di queste attività. Lo scopo pratico dell’istituzione dei registri sussidiari (in fase iniziale quelli delle designazioni degli amministratori di sostegno, dei testamenti olografi fiduciariamente depositati, e delle procure generali), in funzione di un interesse generale, è quello di consentire la reperibilità di documenti necessari in momenti delicati delle vite delle persone.

Cardini dell’iniziativa sui registri pubblici sussidiari sono da una parte la presenza di un sistema centralizzato e controllato lì dove manca l’intervento diretto dello Stato, dall’altra la garanzia della qualità del dato inserito attraverso il notaio. L’affidabilità di qualunque registro, infatti, dipende dalla qualità e attendibilità di chi lo gestisce e di chi lo alimenta, a partire dalla identificabilità per arrivare all’attribuzione di pubbliche funzioni o pubblici poteri. Per questo è necessaria una funzione di controllo e garanzia da parte di soggetti che siano terzi e non attori del sistema, ed in questo contesto si inquadra un ruolo tecnologicamente evoluto del notaio.

I risultati positivi sono attesi in termini di:

  • sicurezza: risponde a questa esigenza il registro delle procure e delle relative revoche. Il registro conterrà, quanto meno nella prima fase, le sole procure generali. Si tratta di atti per i quali non esiste un sistema di conoscibilità legale, ma per i quali è previsto un onere di conoscenza; 
  • fiducia e conoscibilità da parte dei cittadini e di alcuni altri soggetti qualificati (es. magistrati) di informazioni e documenti oggi difficilmente reperibili: testamenti olografi, designazioni di amministratore di sostegno ricevuta dai notai mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata ai sensi dell’art. 408 c.c.; per entrambe queste ipotesi attualmente non vi è alcuna forma di pubblicità;
  • valorizzazione della funzione del notaio come centro di servizi per il cittadino e come garante della conservazione di dati ed informazioni.

Questa iniziativa è strettamente connessa al gran parlare che si fa ultimamente di blockchain, criptovalute (bitcoin, ethereum etc.) e smartcontracts, cui è a volte sottesa l’idea che questa tecnologia, indipendente da chi la usa e sostanzialmente neutrale, renda inutili i controlli e le garanzie umane, e quindi, nel settore dei contratti e dei registri pubblici, l’intervento del notaio. blockchain è presentata come una tecnologia autoportante, in cui è essa stessa a garantire l’immodificabilità del dato e la sua permanenza nel tempo da parte di chi la usa, per ciò stesso idonea alla gestione di registri. Essa sicuramente costituisce un’opportunità di sicurezza e semplificazione, ma, come tutte le tecnologie, può avere utilizzi con finalità opposte. Una blockchain può essere permissionless o permissioned, con la conseguenza nel primo caso che tutti possano essere miners, ovvero nodi dell’infrastruttura (ma a quali costi per chi partecipa e con quali rischi sul controllo del sistema se si affermano attori troppo forti? l’uso dei bitcoin per fini criminali sta emergendo come preoccupante realtà) oppure, nel secondo caso, che possano esserlo solo alcuni (ma a quali condizioni e poste da chi?). 

Bisogna, quindi, chiedersi cosa comporti l’adozione di nuove tecnologie in termini di sicurezza e tutela dei diritti delle persone, e se queste siano effettivamente neutre o non possano favorire alcuni (in genere i più forti) a discapito di altri. L’analisi che è stata fatta porta alla conclusione che la blockchain nulla può aggiungere al sistema dei pubblici registri, laddove la garanzia dello Stato e l’immissione dei dati a mezzo di intermediari qualificati (notai) garantisca l’affidabilità, e può anzi risultare più costoso e meno efficiente; ciò nonostante vi possono essere situazioni in cui la creazione del registro ha necessità di prescindere da un’autorità centrale (come in caso di registri transnazionali). Settori elettivi di blockchain virtuose potrebbero essere ad esempio il commercio elettronico di beni di valore come le opere d’arte, che necessitano di controlli che gli Stati tradizionalmente non assicurano, o il vasto ambito dell’eredità digitale, o anche, trovandone le condizioni e modificando le normative anche sovranazionali, il settore dei titoli di credito, o infine, attraverso accordi internazionali, lo scambio di documenti muniti di Apostille elettronica. A questi sviluppi il Notariato può dare il suo contributo, allo scopo di creare le condizioni di quella fiducia che è un valore irrinunciabile in qualunque tipo di scambio. 

Per questo è necessaria una funzione di controllo e garanzia da parte di soggetti che siano terzi e imparziali, ed in questo contesto si inquadra un ruolo tecnologicamente evoluto del notaio. 

Questo ruolo appare inscindibile da una rinnovata visione della funzione notarile: da una parte il Notariato documentatore evoluto che fornisce alla comunità dati necessari per un ordinato vivere civile attraverso l’alimentazione e la tenuta dei pubblici registri, dall’altra il singolo professionista che utilizza gli strumenti informatici necessari (e in parte necessariamente uniformi) per la propria attività sul territorio ed al servizio delle contrattazioni. Un modello in cui la diffusione territoriale, l’autonomia e l’indipendenza del singolo si coniugano con la necessaria uniformità imposte dalla pubblica funzione, anche in un contesto tecnologicamente evoluto, grazie agli strumenti messi a disposizione di tutti.

Un’ultima notazione riguarda la possibilità di stipulare un atto notarile a distanza o, con espressione classica, inter absentes: attualmente l’atto può essere già stipulato a distanza se a redigere l’atto siano chiamati tanti notai quante sono le localizzazioni delle parti; l’atto potrà in questo caso essere confezionato come doppio atto pubblico (contenenti, nell’ipotesi di atto bilaterale, l’uno la proposta e l’altro l’accettazione) ovvero attraverso il sistema delle autentiche successive. È da escludere tuttavia, in presenza di precisi indici normativi che ne negano l’ammissibilità letterale ed anche ogni forma di interpretazione evolutiva, ogni altra ipotesi che non preveda la presenza fisica delle parti davanti ad un notaio. De jure condendo, e con le dovute garanzie tecnologiche, si potrà ragionare di ipotesi di atto a distanza che consentano alle parti consenzienti di adottare simili modalità nel documentato rispetto della personalità della prestazione.


Cosa occorre?

Quali sono gli strumenti necessari per percorrere la strada sin qui sommariamente delineata?

Da un punto di vista normativo occorre intervenire, in un delicato gioco di contrappesi, sull’ordinamento del Notariato allo scopo di alleggerire alcuni vincoli e di rafforzare alcune garanzie poste a tutela dei cittadini, e così:

  • appare necessario alleggerire alcuni vincoli formali, come quelli relativi alla possibilità del notaio di rimediare ad errori materiali dell’atto;
  • deve inoltre essere attentamente valutata la possibilità di introdurre in modo graduale, e volontario per le parti, forme di contrattazione a distanza; 
  • devono per contro essere inserite modifiche normative che tutelino in modo più incisivo, anche documentandole, le attività che sostanziano la personalità della prestazione, ed in particolare la relazione diretta del notaio con le parti.

Per raggiungere tali obiettivi, e l’informatizzazione e telematizzazione completa dell’attività notarile, che paiono un traguardo segnato (se non lo fanno i notai, ci saranno altri pronti a farlo al loro posto, magari meno bene), occorre però soprattutto uno sforzo di carattere culturale. I notai dovranno prima convincersi e poi formarsi, da un punto di vista culturale ed operativo, per l’adozione di nuove forme di esercizio della professione. Tale convincimento trova il suo fondamento essenzialmente nell’acquisita consapevolezza, che è auspicabile venga presto raggiunta, che il cambiamento in atto nella società comporta per tutti la necessità di trovare nuove strade.

[1] Big data è il termine utilizzato per descrivere una raccolta di dati così estesa in termini di volume, velocità e varietà da richiedere tecnologie e metodi di analisi specifici al fine di poter estrarre da essi ulteriore valore in termini informativi (fonte Wikipedia).

[2] Riv. trim. dir. proc. civ., 1950, 912 ss.