Gli atti di disposizione di immobili in condominio e la responsabilità per i contributi condominiali
Relazione tenutasi nell'ambito del convegno telematico "Le situazioni di comproprietà", online dal 9 dicembre 2020 al 31 dicembre 2020
L’intensificarsi del rapporto tra il notaio e il condominio e la funzione notarile di giustizia preventiva nella materia condominiale
Come abbiamo occasione di constatare frequentemente nei nostri studi, il rapporto tra noi notai e l’istituto del condominio è molto intenso. Nel 2005, in occasione di un prestigioso convegno sul condominio negli edifici tenutosi a Bologna[[1]], il collega Enrico Marmocchi descrisse il notaio come la «levatrice del condominio», volendo sottolineare con quell’espressione che la stessa “nascita” del condominio avviene, di regola, proprio per il tramite di un atto notarile[[2]].
A partire dal 2013, anno in cui è entrata in vigore la legge 11 dicembre 2012, n. 220[[3]], la nota legge di riforma del condominio, il coinvolgimento del notaio nella materia condominiale è cresciuto sempre di più e la molteplicità di ripercussioni che la disciplina di questo istituto ha sulla circolazione delle unità immobiliari che vi sono sottoposte ha generato la consapevolezza che il condominio sia uno dei settori in cui più incisivamente ha modo di esplicarsi quella delicata e qualificante funzione affidata a noi notai, detta di giustizia preventiva, che aspira a essere un efficace strumento di prevenzione delle liti.
Nell’ambito del condominio, infatti, la funzione antiprocessuale[[4]] del notaio ha modo di manifestarsi in più occasioni, a partire dalla sua stessa costituzione, vale a dire dal momento della stipula del primo atto di vendita dell’edificio realizzato dal costruttore. Tale vendita è determinante ai fini della precisa individuazione delle eventuali riserve di proprietà (sui lastrici solari, sulle aree destinate a parcheggio, sui sottotetti) in favore dello stesso costruttore/venditore[[5]], stante la natura condominiale delle parti dell’edificio indicate[[6]] dall’art. 1117 c.c. «se non risulta il contrario dal titolo».
La funzione di giustizia preventiva del notaio, poi, può attuarsi nell’attività di consulenza, che sempre più spesso ci viene richiesta anche dalle stesse imprese di costruzione, in merito ai regolamenti cosiddetti contrattuali – ossia quei regolamenti che contengono, per dirla con le parole delle Sezioni Unite della Cassazione[[7]], clausole «limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni» ovvero «clausole che attribuiscono ad alcuni condomini maggiori diritti rispetto agli altri» – sia per quanto attiene alla loro redazione sia in ordine alle soluzioni operative più idonee ad assicurarne la vincolatività e l’opponibilità erga omnes[[8]].
Last but not least, la funzione di giustizia preventiva del notaio può realizzarsi rispetto agli atti di disposizione di unità immobiliari in regime di condominio, sia in via preventiva, mediante l’informazione che nei colloqui preparatori forniamo alle parti, sia nella successiva predisposizione di tali atti mediante l’inserimento in essi di clausole che rendano il consenso dei contraenti il più “informato” possibile circa le conseguenze giuridiche che ne discendono.
L’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c. Limiti temporali della responsabilità solidale dell’acquirente. Ambito applicativo della norma. Il significato dell’espressione «contributi condominiali». L’individuazione del momento in cui sorge l’obbligo di contribuzione alle spese condominiali: i diversi orientamenti della Cassazione. I fondi speciali previsti dall’art. 1135, primo comma, n. 4) c.c. Il riferimento all’ «anno in corso e a quello precedente». Il vincolo della solidarietà tra alienante e acquirente: conseguenze nei rapporti (esterni) con il condominio e in quelli (interni) tra ex-proprietario e nuovo proprietario
Come è noto, gli atti di disposizione relativi a unità immobiliari in regime di condominio ricadono nella previsione dell’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c., a tenore del quale «chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente». La norma è espressione di un principio generale dettato in materia di comunione: l’art. 1104, terzo comma, c.c. dispone infatti che «il cessionario del partecipante è tenuto in solido con il cedente a pagare i contributi da questo dovuti e non versati».
Tuttavia, come avrò modo di precisare meglio più avanti, la responsabilità solidale dell’acquirente di un’unità immobiliare in regime di condominio è più circoscritta sotto il profilo temporale di quella del cessionario nella comunione perché è sempre limitata al biennio precedente all’acquisto. Né al nuovo condomino può applicarsi il sopra citato art. 1104, terzo comma, c.c. poiché la disciplina sulla comunione in generale, per espressa previsione di legge (cfr. art. 1139 c.c.), si estende al condominio soltanto in mancanza di norme che specificamente regolino quest’ultimo istituto (come appunto, nel caso di specie, l’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c.)[[9]]. La norma in esame solleva una serie di questioni interpretative.
Innanzi tutto, però, è necessario premettere che l’obbligazione di corrispondere i contributi condominiali è tradizionalmente considerata dalla dottrina un’obbligazione propter rem[[10]] in quanto vi è un un’oggettiva e ineludibile connessione tra la titolarità del diritto di proprietà sull’unità immobiliare soggetta al regime del condominio e la suddetta obbligazione[[11]].
In ordine all’ambito applicativo dell’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c., l’espressione «chi subentra nei diritti di un condomino» abbraccia qualsiasi vicenda circolatoria dell’unità immobiliare in condominio, che si realizzi mediante un atto inter vivos o tramite una successione mortis causa[[12]]. Sotto il profilo operativo, a noi notai interessano le vicende circolatorie (o prodromiche alla circolazione)[[13]] derivanti da atti inter vivos, meno quelle conseguenti ai trasferimenti mortis causa, rispetto alle quali non vi è un nostro diretto e immediato coinvolgimento[[14]]. Nell’ambito degli atti inter vivos, poi, è evidente che la disposizione in commento abbia un impatto più significativo sugli atti a titolo oneroso[[15]], pur se, ovviamente, l’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c. si applica anche agli atti a titolo gratuito e, in particolare, alle donazioni o alle liberalità non donative. La norma in esame si riferisce ai «contributi».
Ci si è chiesti quale sia il significato di questo termine. Al riguardo occorre tenere presente che la gestione di un condominio, come ogni altra gestione, registra somme in uscita e somme in entrata. Da un lato le spese condominiali, vale a dire, per usare le parole del codice civile, «le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza …» (art. 1123, primo comma, c.c.)[[16]]; dall’altro i contributi condominiali, ossia gli importi dovuti da ciascun condomino per far fronte alle suddette spese[[17]].
A stretto rigore, dunque, se si parla di «spese» ci si riferisce al profilo esterno delle relazioni condominiali, ossia ai rapporti tra il condominio e i terzi nei cui confronti il condominio stesso è debitore, mentre se si parla di «contributi», si allude al profilo interno della collettività dei condomini e, segnatamente, alle somme che ciascun condomino deve corrispondere al condominio per far fronte alle suddette spese.
È noto che tutti i condomini sono tenuti a partecipare – in misura diversa a seconda dei casi, come stabilito dagli artt. 1123, 1124 e 1126 c.c. – alle spese condominiali ed è intuitivo che tale obbligo non abbia ad oggetto soltanto il rimborso delle spese deliberate e già sostenute ma comporti anche la necessaria anticipazione delle spese preventivate, non essendo ammissibile che al loro pagamento provveda l’amministratore ovvero soltanto uno o più condomini di buona volontà. Ciò chiarito, la questione più rilevante concerne l’individuazione del momento in cui sorge l’obbligo di contribuzione alle spese condominiali in tutti quei casi in cui vi sia un differimento temporale tra l’assunzione della delibera di spesa da parte dell’assemblea e la data in cui la stessa, di fatto, è sostenuta. La determinazione di tale momento incide infatti sulla individuazione del soggetto tenuto al pagamento di tale spesa tutte le volte in cui nell’indicato arco temporale avvenga il trasferimento della proprietà dell’unità immobiliare in condominio: in parole povere ne risponde il condomino alienante o il condomino acquirente? La fattispecie che con maggior frequenza è sottoposta all’esame dei giudici riguarda l’imputazione delle ingenti spese di restauro (o di rifacimento) della facciata dell’edificio, la cui assunzione è preventivamente deliberata dall’assemblea dei condòmini, ma che poi, spesso, sono effettivamente sostenute a notevole distanza di tempo, talvolta anche di molti mesi, dalla data della delibera. Preliminarmente è bene ricordare che, nel contratto di alienazione dell’unità immobiliare in condominio, alienante e acquirente possono liberamente convenire su quale dei due contraenti sia destinato a ricadere l’obbligo delle spese condominiali deliberate ma non ancora sostenute, ma che tali patti, efficaci nei loro rapporti interni, sono inopponibili al condominio[[18]]. In mancanza, invece, di una specifica pattuizione tra le parti, la dottrina ha proposto diverse e contrastanti soluzioni[[19]] e anche la giurisprudenza della Cassazione non ha espresso un indirizzo univoco al riguardo. Schematizzando può dirsi che le sentenze del Supremo Collegio in materia possono ricondursi a tre distinti orientamenti. Il primo e più risalente indirizzo ritiene che l’obbligo di contribuzione alle spese condominiali sorga al momento dell’assunzione della delibera dell’assemblea condominiale che approva la spesa[[20]]. Nell’ambito delle decisioni che si inquadrano in questo filone si è anche precisato che non è strettamente necessaria una ulteriore e successiva delibera dell’assemblea che in concreto ripartisca la spesa tra i vari condomini perché essa serve certamente a rendere liquido un debito preesistente ma potrebbe anche non essere adottata in quanto sulla base delle tabelle millesimali si possono agevolmente determinare le somme dovute dai singoli condomini (rispetto all’importo complessivo della spesa a suo tempo deliberata) mediante una semplice operazione aritmetica[[21]]. Dunque, secondo questo indirizzo, obbligato al pagamento delle spese condominiali è il proprietario dell’unità immobiliare al momento dell’assunzione della delibera di approvazione della spesa.
Un secondo filone, invece, reputa decisivo il momento della concreta attuazione dell’attività comportante la spesa, piuttosto che quello della preventiva approvazione da parte dell’assemblea, in quanto sostiene che la delibera assembleare rileva su un altro piano, ossia ha una funzione meramente autorizzativa del compimento della relativa attività di gestione da parte dell’amministratore[[22]]. Secondo questa prospettiva, dunque, obbligato al pagamento delle spese è colui che è proprietario dell’unità immobiliare nel momento in cui vengono eseguiti i lavori.
Infine, a partire dal 2010, i giudici di legittimità hanno proposto una terza e più articolata soluzione che si fonda sulla «diversa origine della spesa alla quale il condomino è tenuto a contribuire»[[23]]. Quest’ultimo orientamento si basa su una ricostruzione sistematica della disciplina legislativa in materia di condominio per quanto concerne la ripartizione dei poteri tra amministratore e assemblea in tema di spese condominiali.
In sostanza, secondo la semplificazione che si legge nella sentenza della Cassazione n. 10235/2013, può trattarsi di: a) «spese necessarie relative alla manutenzione ordinaria»; b) «spese attinenti ad interventi comportanti innovazioni o, comunque, di straordinaria manutenzione»[[24]].
In relazione alle prime la nascita dell’obbligazione coincide con il compimento effettivo dell’attività che comporta la spesa. L’obbligo del condomino – sostiene la Cassazione nella sentenza che ha inaugurato l’orientamento in esame[[25]] – sorge ex lege non appena è compiuto l’intervento che genera la spesa, in quanto tale intervento è effettuato nell’interesse della collettività dei condomini in base ad una valutazione dell’amministratore del condominio, che è l’organo cui spetta per legge tale potere, posto che tra le sue attribuzioni vi è appunto quella di «erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni», come testualmente stabilisce l’art. 1130, primo comma, n. 3), c.c. In relazione, invece, alle spese concernenti interventi comportanti innovazioni o, comunque, di straordinaria manutenzione, la delibera assembleare ha valore costitutivo dell’obbligazione, poiché è rimesso all’assemblea dei condomini valutare sia la necessità della spesa sia di determinarne i limiti qualitativi e quantitativi. Ne consegue, dunque, che in questi casi è obbligato al pagamento il proprietario dell’unità immobiliare in condominio al momento dell’adozione della delibera[[26]]. Quanto alle caratteristiche di tale delibera, però, la Cassazione[[27]] ha chiarito che deve trattarsi non di una delibera meramente programmatica o interlocutoria, nella quale l’assemblea manifesti soltanto una generica volontà in merito all’esecuzione di determinati lavori di manutenzione straordinaria, ma di una delibera in cui la stessa effettivamente si determini a commissionare i lavori in questione individuandone l’entità e la natura nonché le conseguenti spese; e, di recente, in modo ancor più netto[[28]], che la delibera in esame «deve in ogni caso determinare l’oggetto del contratto di appalto da stipulare con l’impresa prescelta» o le opere da compiersi e il corrispettivo dei lavori[[29]].
Il terzo e più recente orientamento della Cassazione è stato criticato dalla dottrina sotto più aspetti[[30]]. In realtà, a mio giudizio è quello preferibile, anche se riconosco che il suo punto debole potrebbe essere rappresentato dall’incertezza che talora accompagna la distinzione tra manutenzione ordinaria e straordinaria su cui esso si fonda[[31]].
Apro una breve parentesi.
La problematica relativa all’individuazione del momento in cui sorge l’obbligo di corrispondere i contributi condominiali e, di conseguenza, il soggetto che vi è tenuto, non ha perso la sua rilevanza per effetto delle modifiche apportate all’art. 1135, primo comma, n. 4), c.c., dapprima dalla legge di riforma del condominio e, successivamente, dall’art. 1, nono comma, del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9 (c. d. «Destinazione Italia»).
Come è noto, l’art. 1135 c.c. indica una serie di attribuzioni dell’assemblea dei condomini tra cui quella di provvedere «alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori;» (art. 1135, primo comma, n. 4), prima parte) e – aggiunge la stessa norma – «se i lavori devono essere eseguiti in base ad un contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento il fondo può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti» (art. 1135, primo comma, n. 4), ultima parte).
La norma contempla due distinti fondi speciali: il fondo speciale «unico», introdotto dalla legge n. 220 del 2012, necessariamente preventivo rispetto all’esecuzione dei lavori, e il fondo speciale «graduale», previsto dal successivo decreto «Destinazione Italia», che viene costituito in maniera frazionata in relazione ai singoli stati di avanzamento e, dunque, non assolve la stessa funzione di garanzia per il creditore del condominio propria del fondo unico.
Non è questa la sede per indicare, anche sinteticamente, la miriade di questioni interpretative sollevate dall’art. 1135, primo comma, n. 4). Basti dire che il fondo speciale unico concepito dalla legge di riforma, se non fosse stato successivamente affiancato dal fondo speciale graduale, avrebbe ridimensionato la questione relativa all’individuazione del soggetto tenuto al pagamento dei contributi condominiali; o, addirittura, l’avrebbe totalmente privata di rilevanza se, come ritiene la dottrina più rigorosa[[32]], tale fondo debba considerarsi costituito soltanto al momento dell’integrale pagamento da parte dei condomini dell’intero importo dei lavori. Infatti, secondo questa stessa tesi, prima del versamento della totalità dei contributi dovuti l’efficacia della delibera assembleare relativa «alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni» è sospesa e, pertanto, l’amministratore non può sottoscrivere il conseguente contratto d’appalto[[33]].
Però ho usato il condizionale perché, a distanza di meno di un anno dall’entrata in vigore della norma sul fondo unico, il legislatore l’ha integrata con la previsione del fondo graduale. Quest’ultimo, come ho già accennato, consente, invece, una soluzione di continuità tra delibera, costituzione del fondo e esecuzione dell’opera per stati di avanzamento lavori; sicché in tempi di recessione economica – è quasi superfluo sottolinearlo – tale fondo graduale ha reso del tutto marginale l’utilizzazione del fondo unico. Chiudo la parentesi.
L’individuazione del momento in cui sorge l’obbligo di contribuzione alle spese condominiali rileva sotto due profili: a) nei rapporti interni tra alienante e acquirente, se gli stessi non si siano diversamente accordati (ma i patti tra loro intercorsi sono inopponibili al condominio); b) nei rapporti esterni con il condominio, ai fini della sussistenza della responsabilità solidale dell’acquirente di cui all’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c., che, come ho anticipato, è estesa «all’anno in corso e a quello precedente». È utile sottolineare che il termine «anno» adoperato dal legislatore al fine di delimitare l’estensione temporale della responsabilità solidale dell’acquirente è interpretato, anche dalla giurisprudenza[[34]], come riferito all’anno di esercizio della gestione condominiale, non necessariamente coincidente con l’anno solare[[35]]. In sostanza, secondo l’ormai consolidata interpretazione, l’arco di tempo entro il quale si estende la suddetta responsabilità solidale dell’acquirente dipende in concreto dai limiti temporali stabiliti[[36]] per l’esercizio condominiale dell’edificio di cui è parte l’immobile oggetto di acquisto: nella pratica, del resto, è frequente che l’esercizio condominiale si chiuda il 31 marzo o il 30 giugno di ogni anno anziché il 31 dicembre.
Perciò, per esempio, se l’unità immobiliare in regime di condominio è stata trasferita il 15 marzo 2020 e l’alienante ha debiti condominiali risalenti al mese di giugno 2018, l’acquirente può essere chiamato a risponderne solidalmente con il proprio dante causa se l’esercizio condominiale si chiude il 31 marzo di ogni anno. In questo caso, infatti, l’acquirente è solidalmente responsabile per i contributi condominiali relativi all’esercizio in corso al momento della vendita, che va dal 1° aprile 2019 al 31 marzo 2020, e per quelli relativi all’esercizio precedente, apertosi il 1° aprile 2018 e chiusosi il 31 marzo 2019[[37]].
È questo un aspetto rilevante perché se il riferimento all’anno, invece, fosse interpretato come relativo all’anno civile o a quello solare le conseguenze pratiche sarebbero diverse. Infatti se per anno si intendesse l’anno civile, nell’esempio proposto la responsabilità solidale dell’acquirente sarebbe esclusa perché riguarderebbe solo i debiti dell’alienante relativi agli anni 2020 e 2019. Così pure, se per anno si intendesse l’anno solare, nel diverso caso in cui l’alienazione sia effettuata il 1° aprile 2020, vi siano debiti condominiali risalenti al 1° aprile 2018 e l’esercizio condominiale si chiuda il 31 marzo di ogni anno, l’acquirente sarebbe chiamato a rispondere di tutti i debiti condominiali dal 1° aprile 2018 al 1° aprile 2020 (mentre se l’anno è quello dell’esercizio condominiale l’acquirente è responsabile per i contributi condominiali relativi all’esercizio in corso (che va dal 1° aprile 2020 al 31 marzo 2021) e per quello precedente (apertosi il 1° aprile 2019 e chiusosi il 31 marzo 2020).
Un punto fermo nella determinazione dell’ambito temporale della responsabilità solidale dell’acquirente dell’unità immobiliare in condominio è che essa sia limitata al biennio precedente l’acquisto in forza della speciale disciplina prevista dall’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c., che, come ho evidenziato in precedenza, esclude l’applicazione dell’art. 1104, terzo comma, c.c. dettato in materia di comunione in generale[[38]].
Detta responsabilità, inoltre, è caratterizzata dal vincolo della solidarietà, in forza del quale l’amministratore del condominio può rivolgersi anche nei confronti dell’acquirente; visto dall’angolo visuale opposto, dunque, l’acquirente non può sottrarsi al pagamento dei contributi richiestigli dall’amministratore, quantunque nello stato di ripartizione a suo tempo approvato dall’assemblea compaia il nome del suo dante causa.
Tuttavia, la responsabilità dell’acquirente prevista dall’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c. ha natura personale[[39]] perché, per il periodo precedente l’acquisto, non può per lui configurarsi un’obbligazione propter rem[[40]] dato che non è proprietario; egli, quindi, ha diritto di rivalersi nei confronti del suo dante causa per i contributi corrisposti al condominio maturati in epoca anteriore al proprio acquisto.
Tale circostanza sul piano teorico attenua la portata della responsabilità dell’acquirente ma, in concreto, non va trascurata la possibilità di un regresso infruttuoso qualora l’alienante non abbia altri beni aggredibili oltre quello alienato.
Tirando le fila di quanto vi ho esposto, per saldare la teoria alla pratica, è evidente quanto sia importante che noi notai, nella fase istruttoria degli atti di alienazione di unità immobiliari in condominio, informiamo l’acquirente, per quanto sinteticamente, della disciplina dettata dall’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c. e lo invitiamo a cautelarsi chiedendo al suo dante causa di produrgli, nell’imminenza della stipula dell’atto, un’attestazione rilasciata dall’amministratore del condominio circa la regolarità dei pagamenti dei contributi condominiali da parte dell’alienante.
Personalmente quindi ho ritenuto utile inserire negli atti di alienazione di unità immobiliari in condominio un’apposita clausola che dia conto da un lato della predetta informativa da me fornita all’acquirente e dall’altro di quanto spiego all’alienante in merito alla disciplina dettata dall’art. 63, ultimo comma, disp. att. c.c. di cui mi accingo a parlarvi[[41]].
L’art. 63, ultimo comma, disp. att. c.c. La trasmissione all’amministratore della copia autentica dell’atto di trasferimento. La prassi notarile della trasmissione della cosiddetta dichiarazione di avvenuta stipula. Contributi condominiali e successione mortis causa. Il vincolo di corresponsabilità solidale pura tra cedente e cessionario
Come è noto, l’art. 63, ultimo comma, disp. att. c.c., introdotto dalla legge di riforma del condominio, contiene una disposizione innovativa rispetto alla precedente disciplina, a tenore della quale «chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto»[[42]].
Il nuovo precetto va coordinato con un’altra novità introdotta dalla legge n. 220/2012 e segnatamente con l’art. 1130, primo comma, n. 6) c.c. che aggiunge alle attribuzioni dell’amministratore quella di «curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale»[[43]]. In sostanza, per effetto di tale disposizione, nell’ipotesi di trasferimento per atto tra vivi, a qualsiasi titolo, di unità immobiliari in regime di condominio, la trasmissione all’amministratore della copia autentica dell’atto di trasferimento è essenziale al fine della liberazione dell’alienante dall’obbligo di pagamento dei contributi condominiali. Ne consegue che, sino alla data di trasmissione della suddetta copia autentica, l’alienante è coobbligato con l’acquirente, nei confronti del condominio, per tutti i contributi condominiali sino ad allora maturati. La ratio della norma è di indurre l’alienante a cooperare fattivamente al tempestivo aggiornamento del registro di anagrafe condominiale e di evitare in tal modo di far gravare sull’amministratore l’attività e i costi conseguenti all’individuazione dei titolari delle unità immobiliari in condominio. Come ben sanno i colleghi notai, però, pressoché contemporaneamente all’entrata in vigore della riforma, si è formata una virtuosa prassi notarile che ha reso ancor più tempestiva l’applicazione dell’art. 63, ultimo comma, sopra citato. La finalità informativa cui la norma è preordinata, infatti, è stata soddisfatta mediante uno strumento equivalente a quello previsto dal legislatore, idoneo ad offrire le stesse garanzie di autenticità e certezza proprie della «copia autentica del titolo»[[44]]. Alludo alla cosiddetta dichiarazione di avvenuta stipula[[45]] – rilasciata da noi notai immediatamente dopo la conclusione dell’atto (e, eventualmente, la sua annotazione nel Repertorio) – contenente tutte le indicazioni utili all’amministratore di condominio ai fini della tenuta del registro di anagrafe condominiale.
L’utilità della dichiarazione di avvenuta stipula, peraltro, non è tanto legata al fatto che può essere predisposta più tempestivamente della copia autentica del titolo – considerata l’attuale estrema celerità con la quale noi notai siamo soliti eseguire gli adempimenti della registrazione e trascrizione degli atti di alienazione[[46]] – quanto piuttosto alla circostanza che la stessa, a differenza del meccanismo previsto dalla legge, salvaguarda evidenti ragioni di riservatezza dei contraenti su aspetti dell’alienazione irrilevanti per la tenuta del registro dell’anagrafe condominiale: quali, per esempio, nel caso della compravendita, l’entità del prezzo, le sue modalità di pagamento, l’eventuale intervento di uno o di entrambi i genitori dell’acquirente ai fini della corresponsione di una parte o dell’intero prezzo. E non è un caso infatti che tale virtuosa prassi abbia ricevuto l’avallo del garante della privacy[[47]].
Sotto il profilo letterale, l’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c., sembra riferirsi ai trasferimenti per atto tra vivi («chi cede …»).
Ci si è chiesti, quindi, se la norma si applichi anche ai trasferimenti mortis causa[[48]].
A prescindere dalla tesi che si ritenga di accogliere, è bene sottolineare che l’obbligo di pagamento dei contributi condominiali dovuti dal de cuius prima della morte, trattandosi di un debito ereditario, grava sugli eredi, i quali, vi sono tenuti parziariamente, ossia in proporzione delle rispettive quote, ai sensi dell’art. 752 c.c. Per i contributi condominiali dovuti dopo la morte del de cuius, invece, il soggetto obbligato al pagamento è il nuovo titolare del diritto di proprietà dell’unità immobiliare cui i contributi condominiali si riferiscono, stante la natura di obbligazione propter rem che li caratterizza. Pertanto, occorre distinguere a seconda che il trasferimento mortis causa dell’immobile sia avvenuto: a) a titolo universale e a favore di una pluralità di chiamati pro quota; b) a titolo universale ma mediante una institutio ex re certa; c) a titolo di legato.
Nel primo caso, al pagamento dei contributi sono tenuti i coeredi, solidalmente, in quanto comproprietari, non diversamente da quanto avviene in ogni ipotesi di contitolarità del diritto di proprietà dell’unità immobiliare in condominio[[49]]; nel secondo, invece, vi è tenuto soltanto l’erede cui sia stata assegnata ex re certa l’unità immobiliare in condominio; nel terzo, similmente, vi è tenuto esclusivamente il beneficiario del legato avente ad oggetto quella stessa unità[[50]].
Riprendendo l’esame dell’art. 63, ultimo comma, disp. att. c.c. si deve sottolineare che la norma non configura tra il cedente (ex condomino) e il cessionario (attuale condomino) un vincolo di responsabilità sussidiaria, caratterizzata dal beneficium ordinis, in virtù del quale il condominio debba rivolgersi al cedente solo dopo essersi verificato l’inadempimento del cessionario[[51]]. Nel rapporto tra cedente e cessionario sussiste un vincolo di corresponsabilità solidale pura previsto dalla legge al fine di costituire un rafforzamento della tutela del credito del condominio[[52]], che, quindi, può legittimamente pretendere il pagamento dei contributi condominiali dal cedente senza doversi prima rivolgere al cessionario; eventualità in concreto ipotizzabile ogni qual volta l’escussione del cedente sia più agevole e rapida rispetto a quella del cessionario (il primo, ad esempio, potrebbe avere somme liquide su conti correnti o crediti derivanti da un rapporto di lavoro dipendente e non altrettanto il secondo, che pure è proprietario dell’immobile). Del resto, può accadere che l’amministratore del condominio non abbia neppure conoscenza della alienazione proprio perché non ha ricevuto la trasmissione della copia autentica del titolo (o della certificazione di avvenuta stipula)[[53]]. Analogamente a quanto previsto dall’art. 1408 c.c. per la diversa ipotesi della cessione del contratto, la liberazione dell’ex condomino nei confronti del condominio è subordinata all’informazione data allo stesso condominio sulla vicenda circolatoria/sostitutiva.
L’obbligazione dell’alienante il quale non abbia trasmesso all’amministratore del condominio la copia autentica dell’atto traslativo o la dichiarazione di avvenuta stipula – analogamente a quanto avviene per l’obbligazione dell’acquirente rispetto ai contributi condominiali relativi all’anno in corso o a quello precedente il suo acquisto – opera unicamente nei rapporti (per così dire esterni) tra il condominio e i soggetti che si succedono nella proprietà della singola unità immobiliare e non anche nei rapporti interni tra alienante (ex condomino) e acquirente (nuovo condomino), data la natura personale di tale obbligazione. In altri termini, la responsabilità dell’alienante prevista dall’art. 63, ultimo comma, disp. att. c.c. – analogamente a quella dell’acquirente ai sensi del quarto comma dello stesso articolo – non è relativa a un debito proprio ma assolve ad una funzione di rafforzamento della tutela del credito del condominio.
Preliminare di vendita e regolamentazione pattizia in merito alla responsabilità per i contributi condominiali
La regolamentazione pattizia tra alienante e acquirente in ordine alla responsabilità per i contributi condominiali – che, come ho sottolineato in precedenza, è efficace sul piano dei rapporti interni ma non è opponibile al condominio – può rivelarsi molto utile, in chiave di giustizia preventiva, anche nei contratti preliminari stipulati da noi notai.
La fattispecie per la quale è più sentita l’esigenza di una specifica regolamentazione è quella relativa all’eventualità che nel periodo intercorrente tra la conclusione del preliminare e la stipula del definitivo possa essere convocata l’assemblea condominiale al fine di deliberare in ordine a interventi comportanti innovazioni ovvero di manutenzione straordinaria. Il contraente interessato a parteciparvi è, fisiologicamente, il promittente acquirente in quanto destinato a divenire il proprietario dell’immobile. Perciò risponde all’interesse delle parti, secondo l’id quod plerumque accidit, la previsione nel preliminare di una clausola che stabilisca l’obbligo del promittente venditore di rilasciare al promittente acquirente un’idonea delega al fine di partecipare a tali assemblee consentendo allo stesso promittente acquirente la più ampia libertà di decisione.
Inoltre, alla luce della descritta disciplina dettata dall’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c., è utile, in funzione antiprocessuale, l’inserimento nei “nostri” preliminari di una clausola che obblighi il promittente venditore a versare i contributi condominiali di sua spettanza prima della stipula del contratto definitivo di vendita e a fornire al promittente acquirente un’idonea documentazione probatoria (per esempio, un’apposita dichiarazione rilasciata dall’amministratore del condominio).
Infine, sempre in funzione di giustizia preventiva, può essere utile specificare nei “nostri” preliminari chi tra i due contraenti sia tenuto al pagamento dei contributi condominiali nel periodo di tempo compreso tra la conclusione dello stesso preliminare e il definitivo. Il contenuto di tali accordi è certamente rimesso alla libertà delle parti, che possono convenire ciò che è più confacente alla realizzazione dei loro interessi in base alle peculiarità delle diverse fattispecie, ma è indubbio che la consulenza informativa che le stesse ricevono da noi notai consente loro di raggiungere una maggiore consapevolezza in ordine alle conseguenze giuridiche delle loro pattuizioni.
In assenza di una specifica volontà delle parti può essere utile in funzione antiprocessuale prevedere che: a) saranno a carico del promittente venditore le spese condominiali ordinarie maturate sino alla data di consegna dell'unità immobiliare promessa in vendita e così pure le eventuali spese condominiali straordinarie – per quanto non ancora sostenute – deliberate dall'assemblea anteriormente alla data del preliminare, purché non in modo generico o interlocutorio ma con l’indicazione specifica dei lavori da eseguire e del relativo corrispettivo; b) saranno a carico della parte promittente acquirente le eventuali spese condominiali straordinarie deliberate successivamente alla stipula del preliminare.
La ragione di tali pattuizioni è intuitiva. Il collegamento tra le spese condominiali ordinarie e la consegna dell’immobile è legato all’effettivo godimento dell’unità immobiliare in condominio e risponde alla stessa logica che è alla base della disciplina generale dettata dal legislatore in materia di usufrutto per quanto attiene alla ripartizione delle spese tra usufruttuario e nudo proprietario (cfr. artt. 1004 e 1005 c.c.)[[54]].
Quanto alle spese straordinarie, se la loro assunzione sia stata deliberata dall’assemblea – con le modalità in precedenza indicate – anteriormente alla conclusione del preliminare, che al loro pagamento sia tenuto il promittente venditore è giustificato dalla loro natura di obbligazioni propter rem ed è coerente al più recente orientamento della Cassazione in materia fondato, come ho sottolineato, su una convincente ricostruzione sistematica della disciplina legislativa del condominio per quanto attiene alla ripartizione dei poteri tra amministratore e assemblea in tema di spese condominiali; inoltre, deve presumersi che in sede di trattative le parti ne abbiano tenuto conto nella determinazione del prezzo della vendita.
Infine, per le spese straordinarie deliberate successivamente al preliminare, la delega a partecipare all’assemblea conferita dal promittente venditore al promittente acquirente, con l’espressa previsione della più ampia libertà decisoria attribuita a quest’ultimo, appare lo strumento più efficace al contemperamento degli interessi delle parti in quanto rimette la valutazione e la conseguente responsabilità per le spese al soggetto destinato a beneficiare dell’incremento di valore e/o delle utilità derivanti all’immobile condominiale dall’assunzione delle stesse spese.
NOTE
[1] Il convegno cui faccio riferimento nel testo, intitolato Il condominio negli edifici tra realità e personalità, si è tenuto a Bologna il 7 e l’8 ottobre 2005 e i suoi atti sono raccolti nel libro con il medesimo titolo edito, a cura del notaio Enrico Marmocchi, nei Quaderni del Notariato, 12, collana diretta da P. Rescigno, F. Galgano e M. Ieva, Milano, 2007, 289. Tra i diversi contributi che vi sono contenuti, per quanto riguarda specificamente i rapporti tra il notaio e il condominio, segnalo quello di D. SPALLANZANI, Il Notariato nell’evoluzione del condominio, 61.
[2] Come è noto, il condominio si costituisce automaticamente nel momento in cui l’unico proprietario dell’edificio aliena a terzi (di regola mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata) la prima delle unità immobiliari che ne fanno parte: cfr. Cass. Civ., Sez. II, 4 ottobre 2004, n. 19829 e Cass. civ., sez. II, 10 settembre 2004, n. 18226, entrambe i Riv. giur. edil., 2005, rispett. 770 e 772 (solo le massime). Sul punto, più di recente, si veda anche Cass. Civ., Sez. II, 18 dicembre 2014, n. 26766, in Riv. giur. edil., 2015, I, 373, con nota di P. SCALETTARIS, Ancora a proposito dell’ambito di applicazione della disciplina del condominio.
[3] La legge di riforma del condominio è entrata in vigore il 18 giugno 2013. Per la letteratura di specifico interesse notarile sulla riforma del condominio mi permetto di rinviare al mio La riforma del condominio, Prime riflessioni su alcune delle nuove disposizioni di interesse notarile (studio civilistico n. 320-2013/C), in Studi e materiali, Quaderni trimestrali del Consiglio Nazionale del Notariato, 2013, 3, passim e ad A. MUSTO, Contributo allo studio della riforma del condominio: temi e questioni di interesse notarile (studio civilistico n. 906-2013/C), in Studi e materiali, Quaderni trimestrali del Consiglio Nazionale del Notariato, 2014, 2, passim.
[4] L’espressione, come è ben noto, fu coniata da Francesco Carnelutti all’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso (cfr. F. CARNELUTTI, La figura giuridica del notaio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1950, 927).
[5] La giurisprudenza è costante nell’affermare il fondamentale valore, nella ricognizione del regime delle parti astrattamente riconducibili a quelle comuni, del primo atto di trasferimento. Cfr., tra le più recenti, Cass. civ., sez. II, 9 agosto 2018, n. 20693; Cass. civ., sez. II, 14 giugno 2017, n. 14089 e Cass. civ., sez. II, 27 maggio 2011, n. 11812.
[6] Ė pacifico che l’elencazione contenuta nell’art. 1117 c.c. ha carattere esemplificativo e non tassativo (cfr., da ultimo, Cass. civ., sez. II, 14 giugno 2017, n. 14794; Cass. civ., sez. II, 16 aprile 2015, n. 7816, in Guida dir., 2015, n. 29, 53; Cass. civ., sez. II, 5 marzo 2015, n. 4501) e che, di conseguenza, hanno natura condominiale, salvo titolo contrario, tutti quei beni o servizi comunque riconducibili alla tripartizione prevista dai nn. 1), 2) e 3) del suddetto articolo. La formulazione letterale dell’incipit dell’art. 1117 c.c. ha indotto spesso la dottrina a discorrere di «presunzione di condominialità», nel senso che la norma citata conterrebbe una presunzione di comunione relativamente alle parti dell’edificio ovvero ai servizi che servono all’uso e al godimento di tutti i condomini, avente carattere semplice (o iuris tantum) in quanto suscettibile di essere superata dalla prova dell’esistenza di un titolo contrario (cfr. G.A. CHIESI, sub. art. 1117, in A. CELESTE, G.A. CHIESI, M. DI MARZIO, A. NICOLETTI, I Codici Commentati Giuffrè, Codice del Condominio, diretto da A. Celeste, Milano, 2018, 8). In giurisprudenza cfr. Cass. civ., sez. VI, 1 marzo 2018, n. 4906.
[7] Cfr. Cass., sez. un., 30 dicembre 1999, n. 943, in Giust. civ., 2000, I, 320, in Foro it., 2001, I, 3523 e in Corr. giur., 2000, 468, con nota di N. IZZO, Forma e presupposti per la modifica del regolamento di condominio.
[8] Anche su questi punti mi permetto di rinviare al mio Il notaio e il condominio: la giustizia preventiva nelle vicende condominiali, studio civilistico n. 7-2018/C del CNN consultabile sul sito web del Consiglio Nazionale del Notariato.
[9] In giurisprudenza cfr. Cass. civ., sez. II, 2 maggio 2013, n. 10325; Cass. civ., sez. II, 27 febbraio 2012, n. 2979, in Guida dir., 2012, 12, 52, con nota di E. SACCHETTINI, La regola dettata dalle disposizioni di attuazione è «speciale» rispetto a quella della comunione; Cass. civ., sez. II, 18 agosto 2005, n. 16975, in Guida dir., 2005, 41, 67. In dottrina cfr. A. SCARPA, Le spese e le obbligazioni, in A. CELESTE – A. SCARPA, Il condominio negli edifici, in Teoria e Pratica Maior, Milano, 2017, 966.
[10] Cfr. L. SALIS, Il condominio negli edifici, in Trattato di diritto civile diretto da F. Vassalli, V, 3, Torino, 1950, 100; G. BRANCA, Comunione. Condominio negli edifici, in Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja e G. Branca, artt. 1100 - 1139, Bologna - Roma, 1982, 159; L. BIGLIAZZI GERI, Oneri reali e obbligazioni propter rem, in Trattato di diritto civile e commerciale, già diretto da A. Cicu e F. Messineo, continuato da L. Mengoni, vol. XI t. 3, Milano, 1984, 125; R. CORONA, Proprietà e maggioranza nel condominio degli edifici, Torino, 2001, 405; A. SCARPA, L’obbligazione propter rem dei condomini per le spese di conservazione delle parti comuni, in Riv. giur. edil., 2004, I, 113 e A. CELESTE, Sub art. 63 disp. att., in A. CELESTE, G.A. CHIESI, M. DI MARZIO, A. NICOLETTI, I Codici Commentati Giuffrè, Codice del Condominio, cit., 597.
[11] Non è possibile in questa sede soffermarsi sulla figura dell’obbligazione propter rem e sulle sue precipue caratteristiche. Basti qui aggiungere che il riferimento a tale categoria di obbligazioni per quanto riguarda il pagamento dei contributi condominiali sta a indicare che il soggetto obbligato viene individuato in base alla titolarità del diritto reale sulla res. Per un recente approfondimento del tema si veda A. SCARPA, in A. CELESTE – A. SCARPA, Il condominio negli edifici, cit., 901.
[12] Tale obbligazione si riferisce a chiunque, a qualsiasi titolo, e quindi anche in dipendenza di aggiudicazione forzata, succede nella proprietà dell’immobile condominiale.
[13] Il riferimento è al preliminare di compravendita.
[14] Nel caso di trasferimenti mortis causa di unità immobiliari in regime di condominio, al notaio, in quanto esperto di diritto delle successioni, potrebbe essere richiesta una specifica consulenza da parte dell’amministratore di condominio al fine di individuare in concreto colui o coloro che subentrano al de cuius nella titolarità del diritto di proprietà sull’immobile e, conseguentemente, di inserire nel registro dell’anagrafe condominiale le variazioni prescritte dall’art. 1130 n. 6) c.c.
[15] Sotto il profilo operativo, il contratto traslativo più frequentemente utilizzato è senza dubbio la compravendita, nelle sue varie specie, ma non vi è dubbio che la disciplina prevista dall’art. 63, quarto comma, disp. att. c.c. si applichi anche, per esempio, alla permuta, alla transazione, alla datio in solutum, alla rendita vitalizia o al contratto di mantenimento
[16] Non è questa la sede per approfondire il concetto di «spesa condominiale». Basti dire che, in base al dettato dell’art. 1123 c.c., tale è la spesa:
a) necessaria alla «conservazione», da intendersi – secondo il significato più comune di questo termine – come «manutenzione», dei beni comuni e, dunque, vi rientra ogni esborso necessario a conservare la funzionalità di tali beni. L’attività di manutenzione, tradizionalmente si distingue in ordinaria e straordinaria, ma la linea di demarcazione tra l’una e l’altra non è netta (cfr. sul punto la successiva nt. 31). La distinzione non ha rilievo in ordine alla ripartizione delle spese tra i condomini, ma in relazione all’organo (amministratore/assemblea) deputato ad assumere la relativa iniziativa in quanto la manutenzione ordinaria dei beni comuni può essere disposta direttamente dall’amministratore nell’ambito dei suoi poteri (cfr. art. 1130, primo comma, n. 3) c.c.), mentre spetta all’assemblea decidere interventi di manutenzione straordinaria (cfr. art. 1135, primo comma, n. 4) c.c.), salvo che rivestano carattere di urgenza (nel qual caso possono essere ordinati dall’amministratore il quale, però, deve riferirne nella prima assemblea: art. 1130, quinto comma, c.c.);
b) relativa al «godimento», ossia all’uso, dei beni comuni;
c) «per la prestazione dei servizi nell’interesse comune» (si pensi al servizio di riscaldamento, che, peraltro, ha generato numerose questioni controverse);
d) «per le innovazioni deliberate a maggioranza».
In argomento rinvio per tutti a A. CELESTE, sub. art. 1123, in A. CELESTE, G. A. CHIESI, M. DI MARZIO, A. NICOLETTI, I Codici Commentati Giuffrè, Codice del Condominio, cit., 483 e ss.
[17] Cfr. A. CELESTE, Sub. art. 63 disp. att., in A. CELESTE, G.A. CHIESI, M. DI MARZIO, A. NICOLETTI, I Codici Commentati Giuffrè, Codice del condominio, cit., 566.
[18] Cfr. Cass. civ., sez. IV, 22 giugno 2017, n. 15547.
[19] Per ogni indicazione rinvio a A. CELESTE, Sub art. 63 disp. att., in A. CELESTE, G.A. CHIESI, M. DI MARZIO, A. NICOLETTI, I Codici Commentati Giuffrè, Codice del Condominio, cit., 569.
[20] Cfr. Cass. civ., sez. II, 5 novembre 1992, n. 11981; Cass. civ., sez. II, 26 ottobre 1996, n. 9366; Cass. civ., sez. II, 2 febbraio 1997, n. 4393; Cass. civ., sez. II, 2 febbraio 1998 n. 981, in Foro it., 1998, I, 2203; Cass. sez. II, 18 aprile 2003, n. 6323, in Riv. giur. edil., 2004, I, 102, con nota di A. SCARPA, L’obbligazione propter rem e in Arch. loc. e cond., 2004, 471, con nota di M. DE TILLA, Spese condominiali; Cass. civ., sez. II, 12 luglio 2011, n. 15309.
[21] Cfr. Cass. civ., sez. II, 21 luglio 2005, n. 15288.
[22] Cass. civ., sez. II, 17 maggio 1997, n. 4393, in Foro it., 1998, I, 2204 e in Vita not., 1997, 1444; Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2003, n. 6323, in Riv. giur. edil., 2004, I, 102, con nota di A. SCARPA, L’obbligazione propter rem dei condomini per le spese di conservazione delle parti comuni e in Vita not., 2003, 866; Cass. civ., sez. II, 1 luglio 2004, n. 12013; Cass. civ., sez. II, 9 settembre 2008, n. 23345, in Giust. civ., 2010, I, 907.
[23] Così, testualmente, Cass. civ., sez. II, 3 dicembre 2010, n. 24654, in Riv. not., 2011, 6, 1407, con nota di A. TORRONI, Vendita dell’appartamento in condominio nelle more dell’esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria deliberati prima della vendita. Le incertezze della Cassazione richiedono soluzioni di tecnica contrattuale, in Foro it., 2011, 56, in Guida dir., 2011, 7, 81 e in FederNotizie, 2011, 4, 134, con nota di M. FERRARIO HERCOLANI, Il riparto delle spese condominiali nella compravendita. Negli stessi termini cfr. Cass. civ., sez. II, 11 novembre 2011, n. 23682; Cass. civ., sez. II, 2 maggio 2013, n. 10235, in Guida dir., 2013, 22, 34, con nota di E. SACCHETTINI, Solo con l’individuazione del piano di riparto la decisione sugli interventi diventa definitiva; Cass. civ., sez. VI, 22 marzo 2017, n. 7395. La Cassazione si riferisce all’ «origine» della spesa per sottolineare che occorre fare riferimento all’intervento (di ordinaria manutenzione oppure comportante un’innovazione o di straordinaria manutenzione) che lo determina.
[24] Cfr. Cass. civ., sez. II, 2 maggio 2013, n. 10235, cit., che traccia una più sintetica distinzione rispetto a quella delineata nella sopra citata sentenza n. 24654/2010, dove si legge che può trattarsi: «(a) di spesa necessaria alla manutenzione ordinaria, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune; (b) di spesa attinente a lavori che comportino un’innovazione o che, seppure diretti alla migliore utilizzazione delle cose comuni od imposti da una nuova normativa, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere rilevante, superiore a quello inerente alla manutenzione ordinaria dell’edificio».
[25] Cass. civ., sez. II, 3 dicembre 2010, n. 24654, cit.
[26] Altro problema è se nei confronti dell’alienante possa essere chiesto ed emesso il decreto ingiuntivo, immediatamente esecutivo, per la riscossione dei contributi condominiali di cui all’art. 63, primo comma, disp. att. c.c. Secondo Cass. civ., sez. VI, 22 giugno 2017, n. 15547 «una volta perfezionatosi il trasferimento di proprietà dell’unità immobiliare, l’alienante perde la qualità di condomino e non è più legittimato a partecipare alle assemblee (potendo far valere le proprie ragioni sul pagamento dei contributi solo attraverso l’acquirente che gli è subentrato) » e, dunque, «la predetta norma di legge può trovare applicazione soltanto nei confronti di coloro che siano condomini al momento della proposizione del ricorso monitorio», ma tale circostanza «di certo non estingue il debito originario del cedente, che rimane azionabile in sede di processo di cognizione o di ingiunzione ordinaria di pagamento».
[27] Cfr. Cass. civ., sez. II, 2 maggio 2013 n. 10235, cit.
[28] Cfr. Cass. civ., sez. II, 14 ottobre 2019, n. 25839.
[29] Anche se non è necessario – prosegue la sentenza citata nel testo – la specificazione di «tutti i particolari dell’opera» purché ne siano fissati «gli elementi costruttivi fondamentali, nella loro consistenza qualitativa e quantitativa».
[30] Un’efficace sintesi in C. BELLI, La riscossione dei contributi dovuti dai condòmini per lavori straordinari ed innovazioni. Cose «vecchie» sempre attuali, in Amministrare Immobili, 2020, 246 luglio-agosto, 30. In particolare, secondo un’autorevole dottrina (cfr. R. TRIOLA, Spese e danni nel condominio, Milano, 2020, 51) l’orientamento di cui scrivo nel testo attribuisce erroneamente «un potere autonomo in capo all’amministratore per quanto riguarda le spese relative all’ordinaria amministrazione». Il rilievo si fonda sul dettato dell’art. 1135, primo comma, n. 2) c.c. che demanda all’assemblea «l’approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l’anno» e, dunque, anche le spese di manutenzione ordinaria e quelle relative ai servizi essenziali comuni. In realtà, il cosiddetto bilancio preventivo contiene l’indicazione del presumibile ammontare delle spese condominiali, ordinarie come straordinarie (individuandole per categorie e non nella loro specificità), dell’esercizio che si deve affrontare, mentre con il rendiconto consuntivo l’assemblea valuta la congruità dell’importo delle spese preventivate rispetto a quelle effettivamente sostenute, ratifica eventuali spese impreviste e provvede in concreto al riparto delle spese condominiali in conformità ai criteri legali o convenzionali. La differenza sostanziale tra i due documenti riguarda proprio il loro contenuto: infatti, l’erogazione delle spese di manutenzione ordinaria e di quelle relative ai servizi comuni essenziali non richiede la preventiva approvazione dell’assemblea trattandosi di esborsi cui l’amministratore provvede in base ai suoi poteri e non come esecutore delle delibere dell’assemblea; la loro approvazione, invece, è richiesta in sede di rendiconto consuntivo, dato che solo con questo si accertano le spese e si approva lo stato di ripartizione definitivo, che legittima l’amministratore ad agire contro i condomini morosi per il recupero delle quote poste a loro carico (cfr. G.A. CHIESI, Sub art. 1135, in A. CELESTE, G. A. CHIESI, M. DI MARZIO, A. NICOLETTI, I Codici Commentati Giuffrè, Codice del Condominio, cit., 816).
[31] F. PETROLATI, La nascita dell’obbligo contributivo. La valenza della delibera assembleare, in Amministrare Immobili, 2013, 171 – febbraio, 87. Si è sottolineato (cfr. A. CELESTE, Sub. art. 1123, in A. CELESTE, G. A. CHIESI, M. DI MARZIO, A. NICOLETTI, I Codici Commentati Giuffrè, Codice del Condominio, cit., 483) che se tendenzialmente si considerano di ordinaria manutenzione i lavori che, per la naturale deteriorabilità del bene comune, sono periodicamente necessari per mantenerlo in efficienza garantendone il perfetto uso e godimento e, invece, si reputano di straordinaria manutenzione i lavori che si rendono opportuni saltuariamente per il sopravvenire di un guasto, di un’alterazione o di un danno prodotti occasionalmente da un fattore fisico o naturale che non poteva prevedersi (quantomeno nella sua precisa e concreta determinazione temporale), in realtà, a ben vedere, tutte le spese in qualche modo sono necessarie e tendono alla conservazione del bene comune, vale a dire servono per premunirlo o reintegrarlo dal lento e quotidiano logorio naturale, anche se ve ne sono alcune che esorbitano per valore o per importanza speciale (tecnica o architettonica).
[32] Cfr. CELESTE – A. SCARPA, 2017, Il condominio negli edifici, cit., 507.
[33] Cfr. G.A. CHIESI, Sub art. 1135, in A. CELESTE, G. A. CHIESI, M. DI MARZIO, A. NICOLETTI, I Codici Commentati Giuffrè, Codice del Condominio, cit., 835.
[34] Cfr., da ultimo, in giurisprudenza, Cass. civ., sez. VI, 22 marzo 2017, n. 7395.
[35] In dottrina cfr. A. CELESTE, Sub art. 63 disp. att., in A. CELESTE, G. A. CHIESI, M. DI MARZIO, A. NICOLETTI, I Codici Commentati Giuffrè, Codice del Condominio, cit., 597. Per riferimenti alla dottrina meno recente rinvio al mio La riforma del condominio, cit., 731, nt. 6. Il precetto sancito nel quarto comma dell’art. 63 disp. att. c.c. è identico a quello che, prima della riforma, era contenuto nel secondo comma dello stesso articolo: la sola differenza è, appunto, la sua diversa collocazione topografica. La ratio della norma è di assicurare al condominio il pagamento dei contributi dovuti dal precedente proprietario la cui riscossione potrebbe non essere agevole qualora si potesse agire soltanto nei confronti dell’alienante che potrebbe non essere titolare di altri beni aggredibili oltre quello alienato (cfr., per tutti, R. TRIOLA, Manuale del condominio, in Pratica Giuridica, Dottrina e Giurisprudenza nella casistica, Seconda serie diretta da O. Fanelli, XX, Milano, 2007, 670).
[36] Le date di inizio e fine dell’esercizio condominiale possono essere fissate dal regolamento condominiale ovvero stabilite da un’apposita delibera dell’assemblea (A. CELESTE, Sub art. 63 disp. att., in A. CELESTE, G. A. CHIESI, M. DI MARZIO, A. NICOLETTI, I Codici Commentati Giuffrè, Codice del Condominio, loc. cit.).
[37] Rispetto alla fattispecie prospettata nel testo, l’acquirente non sarà, invece, chiamato a risponderne se la gestione del condominio ha come termine di chiusura annuale il 31 gennaio. In quest’altra ipotesi l’anno in corso al momento della vendita è quello compreso tra il 1° febbraio 2020 e il 31 gennaio 2021, mentre quello precedente si è aperto il 1° febbraio 2019, onde non vi rientrano i contributi condominiali risalenti al mese di maggio 2018.
[38] Cfr. la precedente nt. 9.
[39] In dottrina cfr., per tutti, L. BIGLIAZZI GERI, Oneri reali e obbligazioni propter rem, cit., 125.
[40] Come ho sottolineato in precedenza, è tale l’obbligazione dell’alienante fino a quando rimane proprietario dell’immobile.
[41] La clausola è del seguente tenore:
«Le parti vengono informate da me Notaio:
– che la parte acquirente è solidalmente responsabile per il pagamento dei contributi condominiali relativi all'anno in corso e a quello precedente ai sensi dell'art. 63, quarto comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile;
– in merito al disposto dell’art. 63, ultimo comma, sopra citato, secondo cui la parte alienante rimane solidalmente responsabile con la parte acquirente per i contributi condominiali maturati fino al momento in cui non è eseguita la trasmissione prevista dalla suddetta norma». Un ulteriore problema è quello delle eventuali cause pendenti. Se ve ne sono occorre stabilire chi tra alienante e acquirente risponde delle spese legali di cui venga richiesto il pagamento al condominio dichiarato soccombente all’esito del giudizio. Al riguardo deve distinguersi tra le liti promosse dal condominio e quelle, invece, instaurate contro il condominio. Per le prime la responsabilità grava su colui che è proprietario nel momento in cui è stata adottata la relativa delibera condominiale (salva la particolare disciplina dettata dall’art. 1132 c.c. per il condomino dissenziente). Per le seconde, invece, rileva il momento in cui si è verificato il fatto che genera la responsabilità del condominio. Per esempio, se il condominio è citato per i danni lamentati dal proprietario dell’ultimo piano dell’edificio a causa di infiltrazioni prodottesi nel suo immobile per l’inadeguata impermeabilizzazione del lastrico solare condominiale, al pagamento delle spese sono tenuti coloro che erano condomini al momento del verificarsi del danno (e non i loro aventi causa che siano proprietari nel momento in cui passa in giudicato la sentenza di condanna contro il condominio).
[42] Si è sottolineato (cfr. A. CELESTE – A. SCARPA, Riforma del condominio, Primo commento alla legge 11 dicembre 2012, n. 220, Milano, 2012, 204) che dall’art. 63, quinto comma, nuovo testo, disp. att. si può trarre un principio di carattere generale, ossia che, nell’ipotesi di alienazione dell’unità immobiliare in regime di condominio, la nascita dello status di condomino (e le conseguenti legittimazioni quali, per esempio, il diritto di intervento in assemblea o il diritto di impugnare le deliberazioni assembleari) è collegata al momento in cui il trasferimento viene documentalmente reso noto al condominio. In pratica, tale status si trasferirebbe in capo all’acquirente non immediatamente, al perfezionarsi della vicenda traslativa relativa all’unità immobiliare, «ma unicamente quale conseguenza della pubblicità avuta da tale vicenda agli occhi della gestione condominiale».
[43] Come è noto, il registro deve indicare «le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell’edificio» (art. 1130, punto 6), c.c.). La citata disposizione prescrive inoltre che ogni «variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni».
[44] Sulla nozione di copia autentica e sui suoi equipollenti cfr. G. CASU, Dizionario Giuridico del Notariato, voce copia autentica, Milano, 2006, 361.
[45] Tale dichiarazione può avere il seguente contenuto. Io sottoscritto Romolo Romani, Notaio in …, iscritto nel Collegio Notarile di …, ai sensi e per gli effetti dell'art. 63, ultimo comma, disp. att. c.c. e ai fini dell'aggiornamento del registro dell'anagrafe condominiale di cui all'art. 1130, primo comma, n. 6) c.c., certifico che mediante atto a mio rogito in data odierna, Repertorio N … Raccolta N ..., in corso di registrazione e adempimenti perché in termini, il Signor Tizio (cognome e nome, luogo e data di nascita, residenza e codice fiscale) ha alienato al Signor Caio (cognome e nome, luogo e data di nascita, residenza e codice fiscale) la piena proprietà (ovvero la nuda proprietà, l’usufrutto) del seguente immobile in Comune di … sito in …, censito nel Catasto Fabbricati del predetto Comune … (indicazione dei dati catastali).
Luogo e data.
Notaio Romolo Romani
Nel caso di vendita (o affitto) d’azienda l’acquirente (o l’affittuario) è solito richiedere al notaio rogante una immediata certificazione dell’avvenuta conclusione del contratto al fine di procedere rapidamente alla voltura delle eventuali licenze e/o autorizzazioni rilasciate al venditore (o concedente), senza dover attendere la consegna della copia autentica.
[46] Come è noto, l’art. 66, primo comma, del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 vieta al notaio di rilasciare copie autentiche degli atti da lui formati o autenticati prima della registrazione.
[47] A seguito anche di consultazione con il Consiglio Nazionale del Notariato, il Garante della Privacy, con nota n. 434 del 30 ottobre 2017, emanata in risposta ad uno specifico quesito, ha evidenziato che «il condomino può dare notizia all’amministratore di condominio dell’avvenuto trasferimento di un diritto, come nel caso di compravendita di un’unità immobiliare, oltre che tramite trasmissione della copia autentica dell’atto di cessione, anche mediante la c.d. dichiarazione di avvenuta stipula rilasciata dal notaio rogante, purché essa risulti provvista di tutte le indicazioni utili all’amministratore ai fini della tenuta del Registro dell’Anagrafe condominiale».
[48] La questione riguarda noi notai solo marginalmente ma può accadere che come liberi professionisti ci sia richiesta una dettagliata consulenza in occasione dell’apertura della successione di una determinata persona.
[49] La posizione dell’erede, contitolare pro quota insieme ad altri coeredi di una unità immobiliare in regime di condominio, dunque, è identica a quella del contitolare in regime di comunione ordinaria della stessa unità il quale è tenuto in solido con gli altri comproprietari al pagamento dei contributi condominiali, sicché il condominio può legittimamente pretendere l’intero pagamento da uno solo dei comproprietari, salvo il diritto di chi ha pagato di ripetere dagli altri condebitori la parte dovuta da ciascuno di essi. In merito all’esistenza del vincolo di solidarietà tra i comproprietari, la giurisprudenza del Supremo Collegio è consolidata (cfr., Cass. civ., sez. II, 4 giugno 2008, n. 14813 e Cass. civ., sez. II, 21 ottobre 2011, n. 21907, in Guida dir., 2011, n. 45, 30, con nota di P. PIRRUCCIO, L’acquisto del bene in base a titoli diversi non fa diventare parziaria l’obbligazione.
[50] Non vi è dubbio, infine, che la variazione dei dati del proprietario dell’unità immobiliare in regime di condominio conseguente al trasferimento a causa di morte a titolo universale o particolare rientri tra le variazioni da apportare al registro dell’anagrafe condominiale di cui all’art. 1130, primo comma, n. 6) c.c.
[51] Cfr. A. SCARPA, in A. CELESTE – A. SCARPA, 2017, Il condominio negli edifici, cit., 968 e A. CELESTE, Sub art. 63 disp. att., in A. CELESTE, G. A. CHIESI, M. DI MARZIO, A. NICOLETTI, I Codici Commentati Giuffrè, Codice del Condominio, cit., 599.
[52] Cfr. A. SCARPA, in A. CELESTE – A. SCARPA, Il condominio negli edifici, loc. cit., e A. CELESTE, Sub art. 63 disp. att., in A. CELESTE, G. A. CHIESI, M. DI MARZIO, A. NICOLETTI, I Codici Commentati Giuffrè, Codice del Condominio, loc. cit.
[53] Un’ulteriore questione è se la responsabilità solidale del cedente permanga anche qualora l’amministratore sia venuto a conoscenza dell’alienazione dell’unità immobiliare in altro modo (per es. mediante un’apposita ispezione nei registri immobiliari o tramite la richiesta di una semplice visura catastale dell’immobile de quo). La finalità cui è preordinata la norma sembra far propendere per la tesi negativa, salva in ogni caso la responsabilità dell’alienante per i contributi maturati sino a quel momento. Sul punto, per quanto mi consta, non esistono ancora decisioni giurisprudenziali.
[54] Per quanto riguarda i rapporti con il condominio, peraltro, l’art. 67, ottavo comma, disp. att. c.c., novellato dalla riforma, dispone (senza operare alcuna distinzione in base al tipo di spesa) che «il nudo proprietario e l’usufruttuario rispondono solidalmente per il pagamento dei contributi dovuti all’amministrazione condominiale». La dottrina (A. CELESTE – A. SCARPA, Il condominio negli edifici, cit., 960) ha sottolineato «l’irragionevolezza dell’obbligo solidale del nudo proprietario e dell’usufruttuario verso il condominio»; che «la soluzione da prescegliere per gli oneri condominiali poteva ritrovarsi in quanto stabilito agli artt. 1004 e 1005 c.c.» ma che, invece, la riforma del 2013 ha «preferito ripristinare, per lo meno nei confronti della gestione condominiale, l’antico orientamento secondo cui … gli artt. 1004, 1005 e 1008 c.c., che stabiliscono i criteri di ripartizione dei carichi di godimento e delle spese di custodia fra nudo proprietario e usufruttuario, operano nei rapporti interni e non sono, quindi, opponibili al terzo creditore …».