Contro doing business
Notaio in Portogruaro
Già Presidente CNUE
Premessa
Da qualche anno a questa parte, nel cuore dell’autunno, qualche settimana prima dell’uscita del Beaujolais nouveau, si attende la pubblicazione del rapporto Doing business (www.doingbusiness.org), una raccolta di dati curata dalla World Bank, aggiornati annualmente, e destinati a fornire informazioni sui sistemi giuridici e sulle economie (attualmente) di 190 Paesi del mondo.
Le rilevazioni si riferiscono a settori determinati (avviare un’impresa, acquistare un immobile, recuperare un credito, ecc.) e vengono messe insieme mediante questionari inviati a professionisti, enti pubblici, accademici del Paese interessato, specificamente riferiti ad un caso concreto: per l’avvio di un’impresa, ad esempio, si fa quello della costituzione di una società a responsabilità limitata con cinque soci, un capitale iniziale pari a dieci volte il reddito nazionale locale pro capite, un numero di dipendenti tra i 10 e i 50, una generica attività industriale o commerciale che non si giova di particolari incentivi, non soggetta a particolari restrizioni o speciali regimi fiscali, che ha sede in un immobile non in proprietà ma in leasing e il cui atto costitutivo è lungo dieci pagine (i più completi dettagli si possono consultare a http://www.doingbusiness.org/methodology/starting-a-business).
I dati vengono poi pubblicati a stampa e sul sito internet www.doingbusiness.org, analizzati e presentati in varie forme (per Paese, per zone geografiche, in diverse graduatorie, con gli indicatori di chi ha migliorato la propria posizione dall’anno precedente e chi l’ha peggiorata e così via).
L’ansia dell’attesa si manifesta, poi, nella attenzione e nel risalto che i mezzi di comunicazione danno ai dati che vengono diffusi, presentandoli con preferenza per le comparazioni eclatanti: l’Italia in graduatoria dopo il Niger o il Burundi per quanto riguarda l’avvio di nuove imprese! O dopo l’Armenia o il Kazakistan per i trasferimenti immobiliari! Peccato che altre comparazioni non siano considerate: l’Italia decine di posizioni più in alto in graduatoria rispetto alla Germania o al Giappone per l’avvio di nuove imprese e così pure rispetto al Canada o al Regno Unito per i trasferimenti immobiliari! Mentre ai primissimi posti sono da anni stabilmente insediati Paesi come la Georgia (ex repubblica sovietica), la Bielorussia o il Ruanda sia per i trasferimenti immobiliari che per l’avvio delle nuove imprese. Non è che questi esiti dovrebbero far pensare anche ad una verifica di come sono raccolti e, soprattutto, controllati i dati che vengono forniti? Ma è meglio procedere con ordine.
L’indicazione delle "procedure" e dei tempi
Le informazioni fornite dalla raccolta Doing business vengono classificate in "procedure" da svolgere, tempo impiegato e costi.
Queste le definizioni offerte dai questionari stessi (l’esempio è quello della costituzione di una nuova società).
“Procedura”: si definisce procedura l'interazione intercorrente a qualsiasi titolo tra il soggetto fondatore della società e i soggetti esterni (si pensi agli enti governativi, gli avvocati, i revisori dei conti o i notai). I rapporti che riguardano esclusivamente i fondatori della società o i suoi funzionari ed i dipendenti non sono considerati quali fasi procedurali autonome. Nel novero delle procedure rientrano pure quelle afferenti alla fase che precede la costituzione di una società così come quelle che fanno seguito al fenomeno costitutivo purché si tratti di operazioni prescritte per legge e necessarie perché l'attività d'impresa possa essere esercitata.
“Tempo”: la misurazione del tempo avviene in giorni solari (non in giorni lavorativi). La misurazione coglie la durata mediana dei tempi necessari così come indicati dai legali esperti in materia di costituzione di società. Una procedura si considera ultimata ove la società abbia ricevuto un documento finale di ricevuta, quale – ad esempio – il certificato che attesta la iscrizione della società nel Registro delle imprese o il codice fiscale (includendo il tempo necessario per fissare un appuntamento con un notaio e tutti i tempi di attesa che fanno seguito alla presentazione di un documento). Si ipotizza che l'imprenditore non abbia mai avuto alcun contatto previo con i funzionari implicati nei procedimenti da portare a compimento. Il tempo minimo richiesto per l'espletamneto di una procedura è pari a 1 giorno.
“Costi”: o costi includono soltanto quelli prescritti per legge nonché il pagamento delle imposte. In tutti i casi, i costi presuppongono che le operazioni si svolgano in assenza di fenomeni di corruzione. Ove possibile, si prega di indicare il tariffario ufficiale che è applicato o la formula di cui si tiene conto nel calcolo (ad esempio, come valore percentuale del capitale sociale). Gli onorari che devono essere corrisposti per servizi professionali resi da notai, avvocati o contabili sono computati nel calcolo (ad esempio, come valore percentuale del capitale sociale) a condizione che la prestazione di tali servizi sia richiesta per legge.
“Versamento della quota di capitale minimo”: il versamento di capitale minimo (Paid-in minimum capital) è il requisito che prescrive all'imprenditore di versare una frazione del capitale sociale presso un istituto bancario o presso un notaio prima dell'iscrizione nel Registro delle imprese ed entro 3 mesi dalla costituzione della società.
Così, in base a tali definizioni, la costituzione di una società Srl in Italia comporta 6 “procedure” (http://www.doingbusiness.org/data/exploreeconomies/italy#starting-a-business):
- Stipula dell’atto costitutivo.
- Acquisto dei libri sociali e contabili.
- Pagamento della tassa di concessione governativa per i libri sociali e contabili.
- Attivazione della Pec.
- Iscrizione della società a Registro delle imprese, partita Iva, Inps, Inail.
- Comunicazione dell’apertura all’Ufficio del lavoro.
Di conseguenza, dato il criterio di computo minimo del tempo (1 procedura = 1 giorno), il tempo totale necessario per l’avvio di una nuova impresa è determinato in 6,5 giorni ed il costo complessivo in US$ 4.327,83 (espresso nel 13,7% del reddito nazionale pro-capite, quest’ultimo indicato in US$ 31.590).
Queste cifre fanno collocare l’Italia all’66° posto della graduatoria (su 190 paesi, cfr. i dati all’indirizzo http://www.doingbusiness.org/rankings).
In Nuova Zelanda (al 1° posto per la costituzione di una nuova società) scopriamo che per costituire una società è sufficiente la compilazione di un modulo, valutato come unica procedura e svolta in un solo giorno di tempo:
http://www.doingbusiness.org/data/exploreeconomies/new-zealand#starting-a-business
Poi, però, se si va a vedere che cosa il modulo deve contenere, si scopre che per avviare una società in Nuova Zelanda occorre:
- Riservarne il nome (che deve essere originale);
- Completare un formulario on line con i dettagli dell’impresa;
- Pagare una somma per la registrazione;
- Sottoscrivere e inviare un secondo modulo, con il consenso degli amministratori e dei soci;
- Richiedere l’attribuzione di un codice da parte del fisco e la registrazione al Registro delle società (segue l’elenco dei dati da fornire nell’occasione).
Tutto questo, però, viene riportato nella classifica di Doing business come una sola procedura, che si compie in un solo giorno di tempo. Così la Nuova Zelanda resta da anni saldamente al primo posto per la costituzione di nuove società.
La Germania, invece, continua a trovarsi oltre la centesima posizione (113a, per l’anno 2017), grazie alla elencazione delle seguenti procedure:
(http://www.doingbusiness.org/data/exploreeconomies/germany#starting-a-business)
- Verificare l’originalità della denominazione.
- Stipulare l’atto costitutivo con relativo statuto in forma notarile.
- Depositare il capitale sociale in un conto bancario.
- Registrare l’atto al Registro delle società.
- Notificare l’atto al locale ufficio del commercio.
- Registrarsi presso l’associazione imprenditoriale di categoria.
- Notificare l’apertura all’ufficio del lavoro.
- Iscrivere i dipendenti alla sicurezza sanitaria e sociale.
- Trasmettere i documenti al fisco.
Queste, nel caso tedesco, sono tutte scandite come singole procedure, portando il totale a nove e la durata a dieci giorni e mezzo.
Saranno state verificate e comparate da qualcuno le procedure di Nuova Zelanda e Germania, per certi aspetti così simili (almeno nella descrizione data dallo stesso Doing business) ma con esiti così diversi per quanto attiene alla loro esecuzione e durata?
Osservazioni
1. – Tornando all’Italia, appaiono opinabili le "procedure" 3 e 4, dedicate (la 3) alla vidimazione dei libri contabili della nuova società e (la 4) al pagamento della tassa di concessione governativa per la vidimazione dei libri stessi. Criticabile che la vidimazione libri contabili (aspetto di natura fiscale, dovuto per ogni genere di impresa e legato agli obblighi ed adempimenti tributari) appaia come una specifica autonoma "procedura", così come la qualificazione di autonoma "procedura" per il pagamento della tassa di concessione governativa per i libri stessi (a meno di non voler aggiungere, allora, anche l'acquisto dei libri stessi quale distinta "procedura").
Si potrà suggerire di sopprimere sicuramente la menzione del pagamento della concessione governativa, caso mai individuando una nuova, unica, procedura, come "apertura della posizione fiscale dell'impresa".
Le “procedure” diventerebbero, così complessivamente 5, ed anche la durata (secondo la logica imposta dai rilevatori) scenderebbe a 5 giorni. Questo farebbe ovviamente guadagnare all’Italia una posizione in graduatoria.
2. – Per i tempi di esecuzione va ribadita l'incongruenza di ammettere (come è segnalato nei dati) il fatto che alcune "procedure" possono essere svolte in contemporanea ma, poi, indicare sempre il tempo minimo di 1 giorno per ciascuna "procedura" e, di conseguenza, far sempre tornare la somma dei giorni necessari quanto meno in uno per ogni "procedura" (quindi se si individuano 6 "procedure" il tempo necessario sarà sempre indicato, quanto meno, in sei giorni, anche se le "procedure" possono avvenire, e di fatto avvengono, in un giorno solo).
Potendo riportare a verità la durata delle “procedure” previste, che possono di fatto realizzarsi in 2 o 3 giorni, l’Italia guadagnerebbe altre posizioni.
3. – Per quanto riguarda i costi va detto che, ancorché il caso proposto (si veda di nuovo http://www.doingbusiness.org/Methodology/Starting-a-Business) proponga la costituzione di una società con capitale pari ad US$ 315.900 (ossia dieci volte il reddito medio nazionale pro capite), nella risposta italiana ci si è mascherati dietro la possibilità di costituzione di società con il capitale di un solo euro, escludendo quindi la necessità di deposito del 25%, lucrando così sicuramente qualche posizione in graduatoria.
Quello che la graduatoria non valuta
Nella elaborazione della graduatoria di Starting a business non vi è alcuna valutazione della qualità del servizio o del risultato né, tanto meno, della sua “tenuta” rispetto ad un possibile contenzioso. Si considerano solo i risultati immediatamente “misurabili” in numeri: “procedure”, giorni, costi.
Neppure si prende in considerazione la eventuale necessità di intervento di professionisti in veste di consulenti: si ipotizza l’avvio di un’impresa con capitale di 315.900 dollari e con un numero di dipendenti tra i 10 e i 50, senza fare cenno alla necessità della consulenza di un commercialista o di un consulente del lavoro (per tacere dell’eventuale consulenza legale, posto che i soci sono cinque).
Tutto questo non pare possa condurre a considerare gli indici e le graduatorie elaborate da Doing business come utile punto di riferimento per l’affidabilità di un’economia o di un sistema giuridico quando si tratti di fare un investimento, avviare un’impresa, acquistare un immobile etc.
Cenno sui trasferimenti immobiliari
Osservazioni che tornano utili a spiegare il fenomeno Doing business si possono fare in seguito alla esperienza degli ultimi ai circa i trasferimenti immobiliari: qui l’Italia è oggi salita al 23° posto, scavalcando Paesi ritenuti molto più efficienti di noi in questo settore: Paesi Bassi (30°), Austria (31°), Canada (33°), Stati Uniti (37°), Regno Unito (47°), Australia (51°), Giappone (52°), Spagna (53°), Germania (77°), Lussemburgo (88°), Francia (100°), Belgio (138°). Solo qualche anno fa eravamo all’83° posto in graduatoria.
La rimonta si spiega con la decisione da parte dei notai italiani contributori (questi dati a Doing business sono forniti principalmente da notai) di tagliare corto su alcuni aspetti, sui quali in passato ci eravamo meticolosamente soffermati, volendo comunicare il messaggio che l’intervento del notaio assicurava la massima tutale nell’acquisto immobiliare. Così erano descritti minuziosamente i controlli ipo-catastali, urbanistici, energetici, con il risultato di finire in fondo alla classifica in ragione delle troppe “procedure” e dei tempi perciò necessari.
Se oggi guardiamo la scheda che riguarda gli acquisti immobiliari in Italia
(http://www.doingbusiness.org/data/exploreeconomies/italy#registering-property)
troviamo solo quattro “procedure”:
- Visura ipotecaria.
- Visura catastale.
- Stipula dell’atto.
- Registrazione/trascrizione/voltura.
(Nulla più si dice sul permesso di costruire e l’attestato di prestazione energetica, ad esempio) con il vantaggio di poter aggiungere che tutto avviene presso lo studio del notaio, grazie alle consultazioni dei registri e agli invii telematici.
La cosa curiosa che rimane immutata è l’indicazione di undici giorni per la stipula dell’atto, che con ogni probabilità discende da un dato fornito molti anni orsono da un non notaio sui tempi necessari a fissare un appuntamento in studio: pare abbia risposto «ci vorranno una decina di giorni».
Da notare in senso positivo, invece, la nascita in anni recenti (e su espressa richiesta dei notariati di vari Paesi) di un indice di qualità per i trasferimenti immobiliari, nel quale l’Italia compare con ottimi punteggi:
-Qualità de servizi della pubblica amministrazione 26,5/30
-Affidabilità delle strutture di tenuta dei dati 8/8
-Trasparenza dell’informazione 4,5/6
-Copertura geografica nazionale 8/8
-Risoluzione delle controversie immobiliari 6/8
-Discriminazione di genere 0
Le fonti e la verifica dei dati
In appendice ai testi pubblicati da Doing business sono indicate le fonti, ossia i referenti nazionali che forniscono i dati. Vi compaiono molti studi legali internazionali (così anche per l'Italia). In verità non è dato sapere chi fornisce che cosa né, tanto meno, che controllo viene svolto sulla affidabilità dei dati forniti.
L'osservazione sulla affidabilità dei dati va fatta, soprattutto perché in alcuni casi quelli pubblicati non sempre sembrano verosimili. Si veda il caso della costituzione di società, negli esempi fatti per Nuova Zelanda e Germania: evidentemente per la Nuova Zelanda si è accettato di considerare ciò che è stato comunicato come consistente “tutto in uno” nella compilazione del richiesto formulario (mentre i diversi aspetti: verifica della denominazione / formulario di costituzione / pagamento / formulario dei soci ed amministratori, avrebbero ben dovuto portate a distinguere 4 “procedure”), mentre coloro che hanno fornito i dati per la Germania hanno evidentemente ritenuto di dover distinguere i vari “passi” da compiere (tanto da indicare come autonomo e prodromico quello della scelta del nome e autonomo anche quello, ad esempio, di iscrizione alla associazione datoriale di categoria!).
Per i trasferimenti immobiliari, i Paesi che guidano la graduatoria (ossia quelli nei quali ci sono meno "procedure" da svolgere e quindi tempi più brevi per l'acquisto) presentano una sola "procedura" (e, di conseguenza, un solo giorno per l'esecuzione) o poco più. È così, ad esempio, per la Nuova Zelanda (2 procedure, 1 giorno), la Georgia (1 procedura, 1 giorno), gli Emirati Arabi Uniti (2 procedure, 1,5 giorni), la Norvegia (1 procedura, 3 giorni), la Svezia (1 procedura, 7 giorni).
Tenuto conto della definizione di “procedura” e dell’uso che se ne è fatto per il caso del trasferimento immobiliare in Italia (4 “procedure”: verifica proprietà, verifica intestazione catastale, atto notarile, registrazione/trascrizione/voltura/versamento imposte), non sono sempre credibili i risultati sopra riferiti. È ovvio, infatti, che per un trasferimento immobiliare si può immaginare vi sia sempre una serie di "procedure" minime, connaturate al contratto da concludere: verifica titolo di proprietà del venditore, firma dell'atto, versamento di una qualche (ancorché minima) imposta e “registrazione” in un pubblico archivio. E solo così si arriverebbe già a quattro "procedure".
Volendo fare una verifica, a titolo di esempio, è stato possibile reperire una fonte affidabile di dati per quanto attiene ai trasferimenti immobiliari in Svezia (Murray - Stürner, The civil law notary - Neutral lawyer for the situation, München, 2010, 90 ss.), secondo la quale possono individuarsi almeno 4 “procedure” (se valutate conformemente a quanto visto per l’Italia): verifica del titolo di acquisto e della libertà del bene presso il registro immobiliare, firma dell’atto di trasferimento, pagamento dell’imposta di trasferimento, registrazione del nuovo proprietario nel registro immobiliare.
È bene far notare al proposito che, atteso che gli indici e le graduatorie elaborate da Doing business presentano il dichiarato intento di mettere in confronto le economie ed i sistemi giuridici dei diversi Paesi, diviene della massima importanza che ciascuno di questi possa conoscere adeguatamente le fonti e mettere al vaglio anche i dati forniti dagli altri (che, altrimenti, potrebbero trarre facile vantaggio anche solo “interpretando” diversamente i criteri di rilevazione dei dati, come, ad esempio, la enumerazione delle “procedure”).
L’Italia, quindi, che (per lo meno per quanto attiene alla costituzione delle società e i trasferimenti immobiliari) ha fornito dati dettagliati, viene probabilmente penalizzata di fronte a Paesi che possono aver ritenuto di presentarsi con una sola “procedura”.
Pare indispensabile, quindi, che Doing business metta in opera un sistema di controllo interno, se occorre anche con la collaborazione turnaria di singoli Paesi, per la verifica dei dati che compaiono nei suoi indici. Troppa importanza, infatti, stanno assumendo questi ultimi, anche presso i mezzi di comunicazione, per poter essere lasciati alla correttezza di coloro che (spesso nel proprio interesse) li forniscono.