Giuffré Editore

Dalla donazione con riserva di disporre all’affidamento fiduciario (ovvero come si recupera una norma del codice civile)

Enrico Moscati

Professore straordinario di Diritto privato, Università Niccolò Cusano di Roma


Esegesi dell’art. 790 c.c. Premesse generali. Le contraddizioni della norma: revocabilità delle donazioni e limite quantitativo della riserva

L’art. 790 c.c., l’unica disposizione che il nostro codice civile, al pari di quello del 1865, dedica alla donazione con riserva di disporre, è norma tanto desueta nella pratica quanto invece è oggetto di interminabili e insoluti dibattiti dottrinali[[1]].

La formulazione dell’art. 790 c.c. è a prima vista semplice e chiara: la norma, infatti, si limita a enunciare, modificando l’ultima parte della corrispondente disposizione del codice civile del 1865 (l’art. 1069), che, in caso di mancato esercizio da parte del donante riservatario della «facoltà di disporre di qualche oggetto compreso nella donazione o di una determinata somma sui beni donati», alla sua morte «tale facoltà non può essere esercitata dagli eredi» (di lui). Per converso, l’art. 1069 c.c. 1865 disponeva che in questo caso «un tale oggetto od una tale somma appartiene agli eredi del donante, nonostante qualunque clausola o stipulazione in contrario»[[2]]. In pratica, mentre il codice civile del 1865 in caso di mancato esercizio della riserva attribuiva agli eredi del donante riservatario i beni oggetto della riserva, l’odierno art. 790 ha accolto una soluzione ritenuta concettualmente diversa[3] disponendo che la riserva non possa essere esercitata dagli eredi del donante riservatario: il che equivale a dire che i beni riservati erano e rimangono definitivamente di proprietà del donatario (e dei suoi aventi causa).

La ragione di questo mutamento di prospettiva non è chiara[4]. Nei lavori preparatori del codice civile del 1942 si afferma che la previsione di una donazione riservata sia pure solo parzialmente è correlata «all’abbandono dei concetti dell’attualità e irrevocabilità della donazione»[[5]]. Ma questa motivazione della conservazione dell’istituto nel diritto vigente non convince[[6]]. Infatti, la generalizzazione del principio della revocabilità delle donazioni avrebbe dovuto portare a conseguenze diverse, cioè all’ammissibilità di una riserva senza limiti[[7]]. La ragione di una riserva parziale deve essere, per forza di cose, un’altra.

È questa la contraddizione (che comunemente si ritiene) insita nella disciplina della donazione con riserva di disporre[[8]], anche se non è l’unica come si vedrà più avanti, ma che di per sé sola ne rende difficile la giustificazione a livello di sistema al punto tale da indurre un noto studioso delle donazioni a dire che si tratta di «una figura alquanto bizzarra, tale da mettere a dura prova accorgimenti ed acrobazie della dogmatica moderna: risponde ai disegni od anche capricci del donante, ma appunto per questo non è facile inquadrarla nei nostri schemi. La realtà va oltre, e quindi non è facile l’inquadramento»[[9]]. In altri termini, vi sarebbe una vera e propria inconciliabilità concettuale tra il principio generalizzato della revocabilità della donazione e il limite quantitativo della riserva di disporre. Infatti, se è vero che il dogma dell’irrevocabilità delle donazioni è caduto, come si sosteneva nella Relazione della Commissione Parlamentare al Progetto preliminare del Libro delle successioni[[10]], la logica avrebbe voluto l’ammissibilità di qualunque tipo di riserva sui beni donati trattandosi di una manifestazione della volontà del donante[[11]]. Per converso, la regola restrittiva dell’art. 790 c.c. sulla riserva di disporre appare contraddittoria facendo pensare piuttosto al dogma dell’irrevocabilità delle donazioni. Di fronte alla formulazione restrittiva dell’art. 790 c.c. si deve ammettere con la più autorevole dottrina delle donazioni che si tratta di una norma mal posta non potendo essere ammessa neanche una riserva di carattere parziale[[12]]. In definitiva, la formulazione dell’art. 790 c.c. appare una soluzione di compromesso che disorienta non poco gli interpretiè[[13]] i quali finiscono per trovarsi di fronte a una norma che appare eccezionale e di stretta interpretazione. Questa conclusione è la conferma che il dogma dell’irrevocabilità della donazione non è stato affatto cancellato dal sistema con buona pace di quanto diceva la Commissione Parlamentare nella Relazione al Progetto preliminare del Libro delle successioni: non si comprende altrimenti perché mai in caso di mancato esercizio della riserva i beni riservati rimangano di proprietà del donatario (e dei suoi aventi causa) quale conseguenza pratica del fatto che la riserva non può essere esercitata dagli eredi del donante riservatario.

Di qui, un primo limite strutturale della donazione con riserva di disporre, che ne ha pressoché scoraggiato l’utilizzo da parte degli operatori pratici[[14]]: il divieto di una riserva totale, cioè di tutti i beni donati, pena la nullità dell’intera donazione[[15]].


Difficoltà della dottrina nella ricostruzione dogmatica della figura. La tesi del negozio condizionato e sue criticità

Ma vi è di più. Non vi è un aspetto della donazione con riserva di disporre su cui vi sia univocità di vedute tra gli interpreti. Si discute, infatti, non solo sulla ricostruzione dogmatica della figura ma anche sull’oggetto e sui limiti quantitativi della riserva, sui soggetti possibili beneficiari della riserva stessa nonché sulle modalità di esercizio di quest’ultima. Per converso, la giurisprudenza tace. A quanto consta, dopo l’entrata in vigore dell’attuale codice civile non si rinviene una sola decisione sulla donazione con riserva di disporre[[16]]. La giurisprudenza era più presente in argomento all’epoca del codice del 1865[[17]] che aveva recepito con maggior rigore concettuale il principio dell’irrevocabilità delle donazioni come si riteneva nella dottrina del tempo argomentando dal fatto che, in caso di mancato esercizio della riserva, i beni riservati appartenevano agli eredi del donante[[18]].

A proposito della ricostruzione dogmatica della figura, resa ancora più complicata dal duplice oggetto della riserva («… qualche oggetto compreso nella donazione o… una determinata somma sui beni donati»), è opinione diffusa che la donazione con riserva di disporre sia da ricondursi allo schema del negozio condizionato, ma poi non vi è accordo tra gli interpreti su quale tipo di condizione si tratti. Va detto fin da subito che la soluzione del negozio condizionato non convince[[19]]. Si è opportunamente notato che la tesi della condizione sospensiva confligge con l’intrasmissibilità della riserva agli eredi del donante[[20]]. Anche nella donazione riservata il trasferimento della proprietà delle cose donate è attuale a favore del donatario[[21]] tanto è vero che vi è un esplicito divieto normativo al passaggio della riserva agli eredi del donante. In altri termini, se si trattasse di una donazione sottoposta a condizione sospensiva in senso tecnico, in caso di mancato esercizio della riserva tale facoltà avrebbe dovuto spettare agli eredi del donante[[22]]. Tale divieto normativo è considerato inderogabile non essendo consentito secondo la dottrina più accreditata un diverso accordo tra le parti: e ciò nonostante che l’art. 790, a differenza della corrispondente norma del codice civile del 1865, non preveda più l’inefficacia di «qualunque clausola o stipulazione in contrario». Tirando le fila del discorso, si è detto che anche nella donazione con riserva di disporre i beni oggetto della riserva non rimangono di proprietà del donante, altrimenti la riserva non avrebbe alcun senso logico-giuridico[[23]]. Una diversa soluzione sarebbe in ogni caso inconciliabile con la natura attributiva del contratto di donazione che nel diritto vigente è, come noto, un contratto con effetti reali ai sensi dell’art. 1376 c.c.[[24]]

Di fronte a queste obiezioni, si è detto da altra parte della dottrina che la riserva di disporre avrebbe la stessa funzione di una condizione sospensiva negativa nel senso che l’acquisto del donatario sarebbe condizionato al mancato esercizio della riserva da parte del donante riservatario[[25]]. È stato facile replicare che, così ragionando, nella donazione con riserva di disporre l’effetto reale si realizzerebbe soltanto in caso di mancato esercizio della riserva, il cui termine finale non potrebbe che coincidere con la morte del donante. In tal modo, la donazione con riserva finirebbe per diventare una specie di donazione a causa di morte non ammissibile nel nostro ordinamento perché l’acquisto del donatario si perfezionerebbe solo al momento della morte del donante per il fatto di non avere esercitato la riserva[[26]]. Di qui, la duplice violazione del divieto della donatio mortis causa e del divieto dei patti successori[[27]]. Diverso sarebbe invece il discorso di una riserva di disporre da esercitarsi solo con il testamento del donante in quanto qui il donatario diventerebbe proprietario della cosa al momento della stipula del contratto di donazione rispettando così il principio dell’attualità del contratto di donazione. In tal caso, non vi sarebbe alcun conflitto con il divieto della donatio mortis causa, senza contare che l’art. 790 c.c. non dice che la riserva di disporre debba essere esercitata soltanto per atto tra vivi[[28]].

Sempre ragionando in termini di negozio condizionato, è stato detto che la riserva di disporre avrebbe la stessa funzione di una condizione risolutiva che farebbe venire meno ex tunc l’acquisto del donatario per effetto dell’esercizio della riserva, ma anche qui le obiezioni non sono state poche[[29]]. In particolare, si è evidenziato che la riserva di disporre esula dallo schema della condizione risolutiva soprattutto quando il donante abbia disposto di cose a favore di un terzo dal momento che qui, con l’esercizio della riserva, il bene, che ne costituiva l’oggetto, non ritorna nel patrimonio del donante bensì è acquisito alla sfera patrimoniale del terzo beneficiario[[30]]. In altri termini, la donazione con riserva a favore di un terzo diventa una vera e propria disposizione a favore di terzi che non appare compatibile con il meccanismo tipico della condizione risolutiva a favore del donante.

Si è detto anche, ma qui la confusione è somma, che nella donazione con riserva di disporre coesisterebbero addirittura due donazioni in una. Una prima donazione, pura e semplice, per i beni non riservati; una seconda donazione, questa volta condizionata (ma come? Sospensivamente o risolutivamente?), per la parte non riservata[[31]]. Resta da spiegare una tale duplice tipologia di donazioni considerando che anche la seconda donazione ha comunque natura di attribuzione donativa immediata per quanto destinata a cadere con l'esercizio della riserva[[32]]. Ma vi sono altri interrogativi che aspettano una risposta: se si rimane nello schema del negozio condizionato, il donatario con riserva acquista la proprietà o solo la facoltà di godimento dei beni ricevuti in donazione? E ancora: l’alienazione da parte del donatario del bene riservato è configurabile come un acquisto su titolo risolubile?[[33]]

A questo punto, di fronte a tante incertezze e a tanti dubbi ricostruttivi, appare condivisibile quell’opinione secondo la quale la donazione con riserva di disporre esuli dallo schema del negozio condizionato, poco importando che trattasi di condizione sospensiva ovvero risolutiva[[34]]. Al riguardo è sufficiente una considerazione semplice e di buon senso. Se nelle intenzioni del legislatore la riserva di disporre fosse una vera e propria condizione ai sensi dell’art. 1353 c.c., non vi sarebbe ragione di una norma specifica e l’art. 790 c.c. sarebbe superfluo potendosi ottenere facilmente gli stessi effetti della riserva di disporre applicando al caso di specie i principi generali in tema di contratto condizionato[[35]].


Altri tentativi di ricostruzione dogmatica. Insoddisfazione della dottrina

Nel tentativo di dare una spiegazione logica alla presenza nel sistema di una norma come l’art. 790 c.c., si è detto che l’esercizio della facoltà di disporre dei beni donati concretizzerebbe un’ipotesi di recesso unilaterale ai sensi dell’art. 1373 c.c.[[36]] Ma questa tesi sembra ancora meno condivisibile se si consideri l’obiezione che il recesso è escluso dalla legge quando il contratto abbia avuto un principio di esecuzione e che la donazione anche se con riserva è pur sempre un contratto a effetti reali dato che il trasferimento del diritto si produce al momento stesso del raggiungimento dell’accordo tra le parti, come emerge dalla stessa definizione della donazione nell’art. 769 c.c.[[37]]

Non apporta alcun contributo alla ricostruzione della figura neanche la tesi che accosta la donazione con riserva di disporre alle donazioni con riserva di usufrutto sul presupposto che in entrambi i casi la riserva si estingue con la morte del donante ed è intrasmissibile per atto tra vivi[[38]]. Questi aspetti comuni dimostrano semplicemente che in entrambi i casi la riserva ha carattere personale[[39]] ma al di là di questo aspetto non si va oltre un accostamento meramente descrittivo tanto più che la riserva di usufrutto può avere ad oggetto l’intero patrimonio del donante a differenza di quanto accade per la riserva di disporre dei beni donati che è necessariamente parziale per volontà della stessa legge. Piuttosto, dal carattere personale della riserva di disporre deriva una conseguenza ben diversa e, cioè, l’inammissibilità dell’azione surrogatoria da parte dei terzi potenziali beneficiari della riserva qualora il donante non abbia provveduto ad esercitarla. Infatti, si tratta di una facoltà del donante rimessa alla sua valutazione discrezionale che esula dalla previsione dell’art. 2900 c.c.[[40]]

Se poi si tratti di riserva che abbia ad oggetto «una determinata somma sui beni donati», si è detto anche che qui la riserva di disporre[[41]] costituirebbe un peso gravante sul donatario alla stessa stregua del modus di cui all’art. 793 c.c. in quanto in questo caso il donatario assumerebbe nei confronti del donante l’obbligo di pagare quella determinata somma di danaro a favore dello stesso donante ovvero di un terzo[[42]]. Ma anche tale accostamento con il modus non va oltre un criterio meramente descrittivo e classificatorio[[43]]. La riserva a favore del donante non trasforma la donazione con riserva di disporre in una donazione modale in quanto non è ammissibile che per l’esercizio della riserva possa agire qualunque interessato trattandosi, come si è detto poc’anzi, di una facoltà di carattere personale rimessa per definizione alla valutazione discrezionale del donante riservatario[[44]].


I limiti della riserva di disporre. Indicazione tassativa dell’oggetto e la riserva di prestazioni assistenziali. Riserva parziale di cose e riserva di somme

Un altro limite strutturale della donazione con riserva di disporre, ma questa volta di natura qualitativa, è stato ravvisato nell’indicazione tassativa dell’oggetto della riserva che, per espressa volontà della legge, non può essere diverso da un «qualche oggetto compreso nella donazione» o da «una determinata somma sui beni donati». La questione è sorta in ordine all’ammissibilità di una riserva di costituire una rendita vitalizia o un obbligo assistenziale a carico del donatario e a favore del donante riservatario. Nonostante gli auspici di una parte della dottrina[[45]], la soluzione negativa si impone perché l’art. 790 c.c. è considerato dalla legge come una norma eccezionale anche per quanto riguarda l’oggetto della riserva[[46]]. In mancanza di un’esplicita previsione di questa specifica ipotesi, il silenzio della legge potrebbe essere superato solo se si ravvisasse nella mancata menzione della riserva di costituzione di una rendita vitalizia o di un obbligo assistenziale una questione di legittimità costituzionale dell’art. 790 c.c. che al momento è però rimasta impregiudicata in quanto la nota ordinanza n. 52 del 13 febbraio 2003 non è scesa all’esame del merito della questione essendosi limitata la Corte Costituzionale a dichiararne l’inammissibilità per difetto di legittimazione del notaio che aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 790 c.c. per violazione degli artt. 2, 3 e 41 Cost.[[47]].

Dell’altro limite, anch’esso di carattere strutturale della donazione con riserva di disporre, ma questa volta di natura quantitativa, si è già fatto cenno nel n. 1. Qui, è appena il caso di ribadire che anche su questo aspetto la formulazione della norma non sembra ammettere discussioni in quanto la riserva di disporre può avere per oggetto soltanto «qualche oggetto compreso nella donazione» ovvero «una determinata somma sui beni donati». In altri termini, da questo punto di vista la riserva di disporre sembra essere ammissibile solo se parziale. Si è detto, infatti, che il problema di una riserva di disporre di tutti i beni donati o di una somma pari al valore di tutti i beni donati debba essere risolto in senso decisamente negativo stante la formulazione della norma e l’eccezionalità della stessa riserva parziale[[48]]. In buona sostanza, si ritiene che una riserva totale sia radicalmente nulla poiché in tal caso si tratterebbe di una donazione revocabile ad arbitrio del donante non consentita nel nostro ordinamento al di fuori delle ipotesi legislativamente previste della condizione di riversibilità (art. 791 c.c.) e della revocazione delle donazioni per ingratitudine del donatario o per sopravvenienza di figli (art. 800 c.c.).

Ma la soluzione non è così semplice come si potrebbe ritenere a prima vista, in quanto si deve comunque distinguere a seconda che la riserva abbia ad oggetto «qualche oggetto compreso nella donazione» rispetto all’ipotesi di una riserva di disporre «di una determinata somma sui beni donati». La legge, infatti, non pone a ben vedere un limite quantitativo quando si tratti di riserva di somma dal momento che la norma fa riferimento puramente e semplicemente ai «beni donati». Ciò sta a significare una sola cosa: di fronte alla formulazione dell’art. 790 c.c. è consentita una riserva di somma pari all’intero valore dei beni donati?[[49]] Se si risponde affermativamente, è da chiedersi se, per caso, questa soluzione non costituisca elusione del principio della riserva parziale come, del resto, potrebbe accadere anche in caso di riserva di disporre «di qualche oggetto compreso nella donazione» qualora il donante si riservasse di disporre di tutti i beni donati meno uno? A questo proposito, in dottrina si ricorda l’esempio di scuola della donazione di dieci immobili con la riserva da parte del donante di disporre di nove di essi, ritenuta un’ipotesi di riserva parziale addirittura in frode alla legge (art. 1344 c.c.)[[50]].

Per quanto riguarda la riserva di somma, si pone un ulteriore problema: a quale momento storico si debba fare riferimento per calcolare il valore dei beni donati in funzione della determinazione della somma riservata[[51]]. In altri termini, i beni donati vanno stimati al momento della stipula del contratto di donazione ovvero in un momento successivo: ad esempio, quando venga esercitata la riserva di disporre? La scelta dell’una o dell’altra soluzione non è di poco conto perché a seconda del valore dei beni si potrebbe addirittura arrivare a concepire una riserva di somma superiore al valore dei beni donati.


Ratio della riserva di disporre e sua valorizzazione per una rilettura dell’art. 790 c.c. Tutela delle esigenze sopravvenute e il programma negoziale del donante

Questo è lo stato dell’arte che evidenzia l’insoddisfazione della dottrina la quale continua a chiedersi perché mai la norma sia rimasta nell’attuale codice civile dal momento che si sarebbe potuto pervenire ai medesimi risultati della riserva di disporre facendo ricorso ai principi generali sulla condizione nel contratto. Di qui, l’ulteriore interrogativo su quale possa essere l’effettiva ratio sottesa alla riserva di disporre.

A prima vista la risposta può sembrare addirittura banale: la riserva di disporre altro non è che uno strumento a tutela degli interessi del donante. Da questa osservazione ovvia se non addirittura lapalissiana la dottrina più moderna ha preso lo spunto per una rivisitazione dell’istituto valorizzando il fatto che la riserva di disporre è uno strumento a tutela del donante tanto se il beneficiario della riserva sia lo stesso donante quanto un terzo (ad esempio, i figli o i nipoti del donante)[[52]]. Di qui, il passo è stato breve nell’affermare che attraverso la riserva di disporre il donante ha la possibilità di rivalutare i propri interessi alla luce di esigenze sopravvenute[[53]]. In altri termini, la riserva di disporre diventerebbe in questa diversa prospettiva il mezzo per consentire al donante di rivedere l’assetto iniziale dei propri interessi come potrebbe accadere, nel caso di scuola, di donazione dell’azienda a uno dei figli del donante, quello ritenuto più idoneo allo svolgimento dell’attività imprenditoriale e che poi si riveli del tutto inadeguato alla conduzione dell’azienda. In pratica, la riserva di disporre presupporrebbe, anche se la legge non lo dice espressamente, che il donante sia un soggetto che ha un programma negoziale da attuare e che l’esercizio della riserva diviene lo strumento di controllo dei comportamenti del donatario[54].

Sulla base di queste premesse, la tutela delle sopravvenienze e del programma negoziale del donante comporta logicamente una prima conseguenza: l’illogicità e l’irragionevolezza della riserva di disporre soltanto parziale e il favore per la riserva totale con superamento della stessa formula legislativa attraverso un’interpretazione parzialmente abrogante della norma[[55]]. In altri termini, il punto di arrivo di questa interpretazione porta all’ampliamento dell’oggetto e dei limiti quantitativi della riserva, il cui esercizio diventa lo strumento necessario per la realizzazione del programma negoziale del donante. Di qui, la figura del donante “programmatore” suggerita da chi si è occupato della donazione con riserva di disporre nel più ampio quadro del fenomeno dell’affidamento fiduciario[[56]].


Potenziali applicazioni della norma in chiave di tutela del programma negoziale del donante

Partendo dal presupposto che la riserva di disporre sarebbe lo strumento attraverso il quale il donante riservatario intende garantirsi di fronte alle possibili modifiche dell’assetto di interessi inizialmente divisato, un’attenta dottrina ha evidenziato una serie di potenziali applicazioni pratiche di questa rilettura della formula dell’art. 790 c.c. in chiave di tutela del programma negoziale del donante. In quest’ottica, si è detto che la riserva di disporre può essere apposta anche alle donazioni indirette, come nel caso di scuola di donazione del prezzo di acquisto con riserva da parte del donante di disporre dell’immobile a favore proprio o di terzi[[57]] nonché nell’ipotesi di donazione di partecipazioni sociali superando l’apparente contrasto con il disposto dell’art. 2437-ter c.c. che impone la liquidazione del valore delle azioni per le quali si esercita il diritto di recesso[[58]]. Sempre in quest’ottica si potrebbe arrivare a ipotizzare una riserva di prestazioni assistenziali a favore del donante[[59]] che nell’interpretazione tradizionale dell’art. 790 c.c. è ritenuta non consentita esulando dai possibili oggetti della riserva di disporre[[60]]: infatti, anche la riserva di prestazioni assistenziali a favore del donante ben può essere uno strumento che tuteli le esigenze sopravvenute di quest’ultimo.

In secondo luogo, con l’ampliamento dell’oggetto e dei limiti quantitativi della riserva di disporre, ritenuto possibile in chiave di lettura dell’art. 790 c.c. quale strumento a tutela delle esigenze sopravvenute del donante riservatario, la riserva di disporre a favore di terzi diviene uno strumento per la trasmissione generazionale della ricchezza che le strettoie della disciplina codicistica consentirebbero solo parzialmente per i limiti evidenti dell’attuale formula legislativa[[61]]. 


La causa sottesa all’art. 790 c.c. La realizzazione del programma negoziale del donante come causa comune ad altri istituti

Sempre ragionando in termini di rilevanza delle sopravvenienze, che la riserva di disporre di beni o di somme farebbe emergere nel programma negoziale del donante, si è detto che la causa tipica della donazione con riserva di disporre sarebbe comune ad altri strumenti esistenti nel sistema, ma che in più avrebbero il pregio di non presentare quelle lacune nella disciplina legislativa, né quegli aspetti di criticità che hanno finito per penalizzare la fattispecie prevista nell’art. 790 c.c.[[62]]

In particolare, si è detto che lo stesso risultato sotteso alla donazione con riserva di disporre potrebbe essere perseguito senza particolari difficoltà con lo schema del contratto di affidamento fiduciario, ora elevato a dignità di istituto di diritto positivo come contratto nominato, ma non ancora tipico, dalla legge 22 giugno 2016, n. 112, in materia di assistenza di persone disabili (art. 1, punto 3)[[63]].

Proprio le lacune della disciplina codicistica ora evidenziate hanno finito per marginalizzare la figura della donazione con riserva di disporre che invece avrebbe potuto essere uno strumento dalle grandi potenzialità[[64]] per la tutela delle esigenze sopravvenute del donante, il quale attraverso la riserva di disporre mostra di avere un programma da attuare nell’eventualità che si dovessero concretizzare effettivamente quelle sopravvenienze correlate, ad esempio, alla sua persona o alla cerchia dei parenti prossimi[[65]].

Con il recepimento del contratto di affidamento fiduciario[[66]] nel sistema la causa della donazione con riserva cessa di essere una funzione marginale in quanto il programma negoziale sotteso alla riserva può essere perseguito dal contratto di affidamento fiduciario che però non presenta quelle medesime lacune della disciplina, né i medesimi limiti di oggetto e di quantità che nella prassi hanno marginalizzato la donazione con riserva, divenuta una specie di “parente povero” nell’ambito degli atti donativi. In pratica, si è sostenuto che il contratto di affidamento fiduciario è in grado di realizzare la stessa funzione causale che caratterizza la donazione con riserva di disporre[[67]]. L’art. 790 c.c., per come è formulato, è una norma ellittica e, in quanto tale, non è in grado di soddisfare le esigenze che sono sottese alla riserva di disporre. In questa chiave di lettura, il contratto di affidamento fiduciario diventerebbe lo strumento più adatto per il recupero della funzione della donazione con riserva di disporre a livello di sistema[[68]] e questo perché donazione con riserva di disporre e affidamento fiduciario sono finalizzati al perseguimento della medesima funzione: l’attuazione del programma negoziale del donante. Sempre in questa chiave di lettura, l’affidamento fiduciario diventa uno schema aperto nel quale si riconoscono altre figure, come appunto la donazione con riserva di disporre, e attraverso il quale si realizzano le esigenze causali sottese alla donazione con riserva di disporre.

In particolare, si è detto che con l’attribuzione a un terzo della proprietà dei beni che si intendeva donare, si supera il dogma dell’irrevocabilità delle donazioni[[69]] e, in questo diverso contesto, la riserva di disporre dei beni affidati può essere totale e a favore dello stesso donante[[70]].


Attuazione del programma negoziale del donante attraverso lo schema dell’affidamento fiduciario. Vantaggi dell’affidamento fiduciario e lacune dell’art. 790 c.c.

A questo punto, si tratta di verificare sul campo quali potrebbero essere gli aspetti positivi della realizzazione della causa della donazione con riserva di disporre attraverso lo schema dell’affidamento fiduciario.

Al riguardo, si è detto che uno dei vantaggi di attuare il programma negoziale del donante attraverso il contratto di affidamento fiduciario sarebbe quello della c.d. segregazione dei beni affidati[[71]] che non appartengono ancora al beneficiario finale dell’attribuzione (rectius: al donatario) con la conseguenza che questi beni non sono aggredibili dai creditori del donatario come accade invece nella donazione con riserva di disporre; al tempo stesso non sono aggredibili neanche da parte dei creditori del terzo affidatario, trattandosi di beni vincolati a uno scopo, il quale è opponibile ai terzi in virtù del principio della trascrizione degli atti costitutivi di vincoli di destinazione ex art. 2645-ter c.c. Sarebbe proprio questa la situazione che si verificherebbe nel caso di specie, in quanto il patrimonio affidato sarebbe vincolato allo specifico scopo della realizzazione degli interessi del donante.

Tutto ciò non può avvenire nella donazione con riserva di disporre per le lacune e l’insufficienza della disciplina codicistica che non è in grado di tutelare in modo adeguato l’interesse del donante, il quale potrebbe voler vincolare al programma negoziale tutti i beni donati, perseguire un interesse proprio e non altrui, vincolare determinati beni alla costituzione di una rendita a favore proprio o di altri. In particolare, la disciplina codicistica tace sugli obblighi del donatario prima dell’esercizio della riserva di disporre sia per quanto riguarda la conservazione dei beni donati, sia per quanto riguarda la tutela del capitale investito oggetto della donazione (donazione di azioni e/o di obbligazioni)[[72]]. Sempre a titolo esemplificativo si pensi al caso di scuola della donazione di una collezione di quadri di alcuni dei quali il donante si è riservato di disporre: è da chiedersi se il donatario sia tenuto, o no, a provvedere a sue spese a una copertura assicurativa perlomeno per quanto riguarda i quadri riservati e al restauro di quei quadri che ne avessero necessità?[[73]] Se invece si tratti di riserva di somma, potrebbe il donatario disporre dei beni che costituiscono la garanzia patrimoniale dell’adempimento dell’obbligo di pagare al donante o a terzi quella determinata somma?[[74]] E ancora: se ho donato una villa al mare con la riserva di andarci a passare le vacanze estive se ne avrò voglia, il donatario è tenuto a mantenerla in buone condizioni?[[75]] In caso di riserva di somma non esistente nel donatum, il donatario può alienare uno o più dei beni donati per dare attuazione al programma divisato dal donante?[[76]]

Questi sono soltanto alcuni degli interrogativi ai quali l’art. 790 c.c. non è in grado di dare alcuna risposta. Le lacune della disciplina codicistica sono evidenti.

In secondo luogo, l’art. 790 c.c. non dice come si potrebbe risolvere il potenziale conflitto tra donante e donatario in funzione dell’attuazione del programma negoziale insito nella riserva di disporre, non potendosi pretendere che il donatario assuma la veste di un curatore di interessi altrui (rectius: del donante o del terzo beneficiario finale)[[77]]. Ritenere diversamente, significherebbe snaturare la funzione della donazione con riserva, che è pur sempre un atto di liberalità attributiva, accollando al donatario obblighi che non gli competono e trasformando la riserva di disporre in una specie di modus a carico del donatario.

A queste lacune della norma non si può ovviare con i normali strumenti codicistici. Non basterebbe, infatti, affidare a un terzo il compito di individuare il beneficiario finale dell’attribuzione ovvero di quantificare l’oggetto della riserva di disporre[[78]], parafrasando quanto è disposto per le disposizioni testamentarie rimesse all’arbitrio altrui (art. 631 c.c.). E ciò a prescindere dai ben noti limiti soggettivi e oggettivi dell’art. 631 c.c. che non consente la determinazione della quota da parte di un terzo, né l’indicazione pura e semplice del beneficiario, sicché non sembra essere di grande aiuto per quanto riguarda sia l’oggetto che i beneficiari della riserva.

Per superare questa impasse, si è evidenziata la necessità di utilizzare uno strumento che possa perseguire le medesime finalità sottese alla riserva di disporre, ma senza presentare le criticità del’art. 790 c.c. In altri termini, si è detto che la soluzione ottimale sarebbe quella di ipotizzare un contratto tra il donante con riserva e un terzo che sia in grado di realizzare le medesime finalità sottese alla riserva di disporre in quanto si tratterebbe di un contratto che ha la stessa causa della donazione con riserva, in particolare, un contratto che sia in grado di assicurare la graduazione degli interessi in gioco, considerando preminente l’interesse del donante riservatario[79]. Si è già detto che nella donazione con riserva di disporre manca una graduazione degli interessi. L’art. 790 c.c. non riesce a porre in primo piano l’interesse del donante, né quello del beneficiario finale della riserva, se diverso dal donante, rispetto all’interesse del donatario[[80]].

La dottrina che in questi ultimi anni ha studiato con particolare attenzione il fenomeno dell’affidamento fiduciario, suggerisce lo schema del contratto di affidamento fiduciario quale strumento operativo per la realizzazione di quelle medesime esigenze che sono sottese alla riserva di disporre a favore del donante[[81]].

Sul piano pratico, si è evidenziato che nel contratto di affidamento fiduciario con il trasferimento fiduciario dei beni, che sarebbero stati oggetto della donazione con riserva di disporre, e che diventano di proprietà del terzo affidatario al quale è demandato il compito di realizzare il programma negoziale del donante, si ottiene un duplice risultato: da un lato, la tutela del donante contro i comportamenti scorretti del donatario[[82]], che potrebbero compromettere anche soltanto in parte la realizzazione del programma negoziale; dall’altro, la tutela dello stesso donatario, al quale è attribuito per volontà del donante l’immediato godimento dei frutti dei beni trasferiti fiduciariamente[[83]], con devoluzione allo stesso donatario o a terzi dei beni residui una volta realizzato il programma negoziale del donante (rectius: dell’affidante).

Più precisamente, ricorrendo allo schema dell’affidamento fiduciario, è possibile ottenere tutti questi risultati attraverso la postergazione dell’effetto reale della donazione a tutela delle esigenze del donante. In altri termini, rinviando l’acquisto della proprietà da parte del donatario al momento della realizzazione del programma negoziale divisato dal donante, si evita il rischio di atti “abusivi” del donatario nel caso di riserva di somma su beni donati, si mantiene integra la garanzia patrimoniale costituita dai beni donati, si assicura la gestione dei beni donati in favore delle future esigenze del donante anche se di carattere personale come, ad esempio, le esigenze di carattere assistenziale. Al tempo stesso, si evita qualsiasi arbitrio da parte del donante riservatario dal momento che nel programma negoziale sono evidenziate le esigenze alle quali si doveva far fronte con l’esercizio della riserva di disporre[[84]].

In definitiva, e per concludere, il trasferimento a un terzo dei beni, che sarebbero stati oggetto della riserva di disporre, in funzione della realizzazione del programma negoziale del donante, tutela da un lato il donatario contro “i capricci” del donante assicurando al donatario in ogni caso il godimento immediato dei frutti dei beni con la garanzia ulteriore che i suddetti beni saranno a lui devoluti alla piena realizzazione del programma negoziale, dall’altro garantisce il donante contro atti abusivi da parte del donatario e le vicende del suo patrimonio che possono pregiudicare la realizzazione del programma[[85]].

Chi ha studiato con maggiore attenzione il fenomeno dell’affidamento fiduciario è convinto che proprio questo schema operativo consenta di soddisfare entrambe le esigenze le quali non possono realisticamente essere assicurate dalla riserva di disporre nella donazione, colmando in tal modo le lacune del disposto dell’art. 790 c.c. che in fondo si limita a prevedere soltanto che la riserva non possa essere esercitata dagli eredi del donante[[86]].


[1] Limitando i riferimenti ai contributi specifici sulla donazione con riserva di disporre, si ricordano a titolo esemplificativo A. NATALE, La donazione con riserva di disporre una prestazione assistenziale in favore del donante, in Fam. pers. e succ., 2012, 125 ss.; A. ZOPPINI, La donazione “ha forza di legge tra le parti” (per una rilettura della riserva di disporre del bene donato), in Riv. dir. civ., 2014, II, 223 ss.; M. LUPOI, Donazione con riserva di disporre. Modello di contratto di affidamento fiduciario, in Vita not., 2016, 1171 ss.; F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre e sopravvenienze meritevoli nel rapporto: dal dogma dell’irrevocabilità alla gestione negoziale dell’effetto, in Foro nap., 2017, 405 ss.; R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre: ripensamento dei dogmi e concretezza degli interessi, in Europa e dir. priv., 2018, 595 ss. La donazione con riserva di disporre è oggetto di particolare attenzione anche da parte degli studiosi sul contratto di donazione in generale e del contratto di affidamento fiduciario: anche di questi ulteriori contributi si darà conto di volta in volta al momento opportuno.

[2] La logica dell’art. 1069 c.c. 1865, che era la traduzione pressoché letterale della corrispondente norma del Code civil, l’art. 946 (rimasto invariato dopo la riforma del diritto delle successioni), era individuata dalla dottrina dell’epoca nel brocardo “donner et rétenir ne vaut”, come ricorda da ultimo R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 605. In questa chiave di lettura si giustificava da un lato l’intrasmissibilità della facoltà di disporre agli eredi del donante, dall’altro il recupero al patrimonio del donante (al momento della morte di lui) in caso di mancato esercizio della riserva di disporre. Di qui, l’impressione che la donazione con riserva non fosse una donazione definitivamente conclusa o addirittura non era una donazione. Tuttavia, dovendo presentare la donazione i caratteri dell’attualità e dell’irrevocabilità, la riserva di disporre era ritenuta un’eccezione a questi principi normativi e, pertanto, la riserva di disporre era da considerarsi una norma di carattere eccezionale e di stretta interpretazione (ancora R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 606-607). La dottrina più recente è dell’avviso che dopo il codice civile del 1942 dell’antico brocardo non sia rimasto più nulla «se non un principio di diritto naturale o forse di ragion comune: non puoi fare e disfare allo stesso tempo». E questa è la conclusione alla quale perviene M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, s.d., ma Milano, 2014, 293, dopo avere esaminato il significato attuale dell’antico principio francese (ivi, 291-293).

[3] Sulla diversità concettuale tra le due norme non vi è uniformità di vedute in dottrina, nonostante le chiare indicazioni emerse nel corso dei lavori preparatori (sui quali v. la successiva nota 5). A dimostrazione delle difficoltà interpretative della dottrina appare eloquente la posizione di L. GARDANI CONTURSI-LISI, Delle donazioni, in SCIALOJA – BRANCA (a cura di), Comm. del cod. civ., Libro secondo - Delle successioni (Art. 769-809), Bologna-Roma, 1976, sub art. 790, 335, la quale, dopo aver detto che l’attuale art. 790 c.c. «non presenta una dizione testualmente contraria all’art. 1069 c.c. abr.» [il corsivo è dell’A.], precisa subito dopo che «non il testo, ma il contenuto della nuova norma è inverso a quello del disposto precedente». Lo stesso A. ribadisce ancora dopo, in riferimento ai «contenuti della norma», che «un primo contenuto è quello di creare una situazione effettuale inversa a quella operata dall’art. 1069 c.c. ‘65». Ma la diversità era già chiara in B. BIONDI, Le donazioni, in VASSALLI (diretto da), Tratt. di dir. civ. it., Torino, 1961, 856. La mancanza di continuità storica tra l’attuale art. 790 c.c. e le corrispondenti norme del Code civil e del codice civile del 1965 è sottolineata da A. ZOPPINI, La donazione “ha forza di legge tra le parti” …, cit., 229.

[4] Secondo l’autore che più di recente ha studiato la donazione con riserva di disporre non si tratterebbe di «due regole tra loro contrapposte» bensì di «due discipline differenti che sottendono a due impostazioni altrettanto diverse in merito alla stessa concezione giuridica della donazione» (testualmente R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 607). Una posizione analoga sembra essere quella di M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 289, quando afferma che si tratta di «due regole che hanno poco da spartire l’una con l’altra perché regolamentano effetti diversi e guardano a fenomeni diversi (ecco perché non possono essere l’una il contrario dell’altra)». 

[5] Questa affermazione trovasi a pagina 749 della Relazione della Commissione Parlamentare su cui v. G. PANDOLFELLI – G. SCARPELLO – M. STELLA RICHTER – G. DALLARI, Codice civile. Libro delle successioni per causa di morte e delle donazioni illustrato con i lavori preparatori e con note di commento, Milano, 1939, sub. art. 337, 388. Ma dai lavori preparatori non emerge una univocità di vedute. Ad esempio, in sede di Osservazioni al Progetto del Libro delle successioni e donazioni (in riferimento all’art. 419 la cui formulazione è pressoché identica a quella dell’attuale art. 790) si giustificava la mancata attribuzione della facoltà di disporre agli eredi del donante riservatario «considerando tale facoltà come personalissima al donante» sicché alla morte di quest’ultimo non era trasmissibile ai suoi eredi (relazione del Prof. Francesco Degni). Sempre in riferimento all’art. 419 del Progetto, nel dichiararsi favorevole alla validità della donazione con riserva di disporre, si auspicava che la riserva potesse essere totale e non già soltanto parziale (relazione del Prof. Gianbattista Funaioli). Per converso, decisamente critico nei confronti della nuova formulazione, auspicando il ritorno al vecchio testo dell’art. 1069 c.c. 1865 in quanto «non si comprende perché gli eredi del donante non debbano essere favoriti della riserva di disporre», era il Sindacato Fascista degli Avvocati e Procuratori di Torino per bocca del relatore Avv. Roccarino. Per tutte queste indicazioni v. Osservazioni e proposte sul progetto del libro terzo. Successioni e donazioni, II, Roma, 1937, sub. art. 419, 552. 

[6] … Anche perché l’attualità e l’irrevocabilità delle donazioni non rispondevano a una effettiva esigenza pratica o dogmatica, tanto più in un sistema come quello del codice civile del 1942 che attribuisce forza di legge al contratto (art. 1372 c.c.), escludendo l’eliminazione del vincolo contrattuale tranne che per mutuo consenso o nelle ipotesi espressamente previste dalla legge. È questa la puntuale critica nei confronti della motivazione dei lavori preparatori formulata da A. TORRENTE, La donazione, in CICU – MESSINEO (diretto da), Tratt. di dir. civ. e comm., Milano, 1956, 308, che ha avuto una larga eco tra gli studiosi della donazione (da ultimo ne conviene R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 611, precisando a pagina 620 che in questa chiave di lettura, che non ritiene l’attualità e l’irrevocabilità caratteri essenziali dell’atto donativo, l’art. 790 c.c. non sarebbe una norma eccezionale).

[7] La soluzione alternativa non può che essere il divieto di qualunque riserva di disporre, anche parziale. È questa l’opinione della dottrina più accreditata come ricorda L. GARDANI CONTURSI-LISI, Delle donazioni, cit., sub art. 790, 533. In questo senso, tra gli scrittori della donazione v., a titolo esemplificativo, A. TORRENTE, La donazione, cit., 466; B. BIONDI, Le donazioni, cit., 855; A. PALAZZO, Le donazioni, in SCHLESINGER (diretto da), Il Codice Civile. Commentario, (Artt. 769-809), s.l., ma Milano, 1991, sub art. 790, 317.

[8] A questa conclusione si giunge ragionando sul piano della logica giuridico-formale, come rileva R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 608. In dottrina v. gli AA. citt. alla nota prec.

[9] Era questo il severo giudizio sulla donazione con riserva di disporre manifestato nella seconda metà del secolo ventesimo da B. BIONDI, Le donazioni, cit., 859.

[10] V. supra alla nota 5.

[11] Come si è anticipato alla nota 8, è questa l’unica soluzione possibile ragionando esclusivamente sul piano della logica giuridico-formale. Sul punto v. gli AA. citt. nelle note 7 e 8.

[12] È questa l’altra soluzione inevitabile se si ragiona in termini di logica giuridico-formale. Agli AA. citt. supra alla nota 7 adde A. PALAZZO, Le donazioni, cit., 317; A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 126.

[13] … perché porta a un risultato che «non soddisfa la logica del sistema». Questa valutazione negativa della norma, già fatta da B. BIONDI, Le donazioni, cit., 855, è ribadita da A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., al quale appartiene il virgolato. Le criticità della norma potrebbero essere superate solo passando da una prospettiva di logica giuridico-formale a «una prospettiva sistematica … ed assiologica di maggior rigore che ne conformi pienamente la ratio ed i principi ispiratori, sì da recuperare all’autonomia privata quei margini di operatività e di pieno sviluppo solo apparentemente limitati», come suggerisce R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 609.

[14] Di «scarsissima importanza pratica» dell’istituto parla significativamente U. CARNEVALI, Le donazioni2, in RESCIGNO (diretto da), Tratt. di dir. priv., VI, Successioni, t. 2, s.d., ma Torino, 1997, 535. Sulle ragioni per le quali non vi è alcun interesse ad apporre al contratto di donazione la riserva di disporre si interroga M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 294-295, il quale conclude per l’«evidente inefficienza della struttura negoziale» e per la «sostanziale impossibilità di fare valere i propri diritti ora che la donazione è considerata valida». Lo stesso A. però evidenzia che esistono tuttavia «apprezzabili interessi» i quali hanno trovato tutela attraverso lo schema del trust (ivi, 295). Di tali interessi sembra essersi fatta carico la prassi notarile che guarda anch’essa con interesse alla riserva di disporre il cui esercizio consentirebbe l’eliminazione del titolo donativo originario (così A. ZOPPINI, La donazione “ha forza di legge tra le parti” …, cit., 227, ove ulteriori dettagli). 

[15] È questa la conclusione alla quale perviene la dottrina prevalente che fa leva sul dogma dell’irrevocabilità della donazione: a titolo esemplificativo v. B. BIONDI, Le donazioni, cit., pagina 855 (il quale precisa alla successiva 858 che dalla validità della riserva parziale «non si può risalire alla validità della riserva totale»); G. BALBI, La donazione, in GROSSO – SANTORO-PASSARELLI (diretto da), Tratt. di dir. civ., s.d., ma Milano, 1964, 56; U. CARNEVALI, Le donazioni2, cit.; A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 128-129 (ma limitatamente alla riserva di disporre «di qualche oggetto compreso nella donazione»).

[16] L’unico provvedimento dei giudici in cui si parli della donazione con riserva di disporre è l’ordinanza della Corte Costituzionale n. 52 del 13 febbraio 2003 in cui però il Collegio non è entrato nel merito essendosi limitato a dichiarare «la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 790 del codice civile, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 41 della Costituzione, dal notaio di Giulianova». L’ordinanza, ricordata da buona parte della dottrina, è pubblicata in numerose riviste tra cui in Giur. it., 2003, c.1545, con nota di I. MASSA PINTO, Un notaio intraprendente non convince la Corte: ancora sulla nozione di «giudice a quo».

[17] Lo ricorda M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 285-286, testo e nota 3, ove si precisa che questi precedenti giurisprudenziali ormai remoti si riferivano a leggi preunitarie, ma che ciò «non è un buon motivo per ignorarli». L’A. rimprovera alla dottrina anche di non essersi chiesta il perché di questo silenzio della giurisprudenza dopo il codice civile del 1942 e di aver «avviluppato» l’istituto «in nuvole concettuali» (ivi, 285). Questi remoti precedenti giurisprudenziali sono esplicitati dallo stesso A. in altro lavoro ove sono indicati anche i singoli casi concreti portati all’attenzione dei giudici dell’epoca nell’arco di circa trent’anni (v. L’affidamento fiduciario nella vita professionale, s.d., ma Milano, 2018, 59, testo e note 11-14).

[18] In riferimento alla riserva di disporre di cui all’art. 1069 c.c. 1865, precisava A. ASCOLI, Trattato delle donazioni2, Milano, 1935, 141-143, che la sola donazione ammissibile nel diritto moderno era quella caratterizzata dall’irrevocabilità dell’attribuzione, con la conseguenza che la donazione con riserva di disporre era da considerarsi nulla (e questo valeva a spiegare l’acquisto delle cose da parte degli eredi del donante che non avesse esercitato la riserva: ivi, 142). Alla medesima conclusione era giunto in precedenza V. VITALI, in VITALI (a cura di), Delle donazioni2, Napoli, 1925, 557-559. Variante soltanto concettuale di questa impostazione, ma con i medesimi risultati pratici, era la tesi che riteneva la donazione con riserva di disporre una donazione non ancora perfezionatasi (sul punto v. supra alla nota 2). Nella dottrina francese, fin dai primi anni dell’entrata in vigore del Code civil, la giustificazione dell’art. 946 (il modello dell’art. 1069 c.c. 1865) era quella della irrevocabilità delle donazioni (F. LAURENT, Principes de droit civil, XII, Bruxelles-Paris, 1874, 532-535; G. BAUDRY-LACANTINERIE – M. COLIN, Traité théorique et pratique de droit civil. Des donations entre vifs et des testaments3, t. 1, Paris, 1905, 652-654). Ciò è tanto vero che la donazione con riserva di disporre non è inserita nella Sezione relativa alle eccezioni al principio dell’irrevocabilità delle donazioni (artt. 953-966 Code civil). Questa contrarietà al principio dell’irrevocabilità è ribadita anche nella dottrina più recente per la quale v. PH. MALAURIE, Les successions. Le libéralités, nel Cours de droit civil a cura dello stesso Ph. Malaurie e di L. Aynès, Paris, 1989, 216, ove alla nota 11 ampi riferimenti di giurisprudenza francese in senso conforme alla quale però fa seguito una decisione della Corte di Cassazione del 28 maggio 1974 che appare invece più possibilista nel senso della validità della donazione con riserva di disporre. 

[19] È questo il giudizio decisamente negativo della maggior parte della dottrina sulla prospettiva condizionale: nella scia di B. BIONDI, Le donazioni, cit., 860-861, v., ma non sempre con le medesime argomentazioni, A.A. CARRABBA, Donazioni, in PERLINGIERI (diretto da), Tratt. di dir. civ. del Consiglio Nazionale del Notariato, cit., 517-518; A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 127; F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 411; R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 626. Una voce fuori del coro è quella di L. GARDANI CONTURSI-LISI, Delle donazioni, cit., sub art. 790, 340, che ritiene «più accettabile ora che per il passato… uno schema condizionante» aggiungendo poco dopo che «non sapremmo recuperare altra formula più soddisfacente per nessuna delle due ipotesi … (riserva su qualche oggetto o su determinata somma)» e che la condizione sottesa alla riserva di disporre è l’esercizio della riserva stessa da parte del donante riservatario.

[20] Sul punto v. in termini di condizione risolutiva il ragionamento svolto da B. BIONDI, Le donazioni, cit., 866-867. In particolare, precisa l’A., se si parte dalla natura attributiva anche della donazione con riserva di disporre e dalla natura personale della riserva, delle due l’una: o il donante esercita la riserva e allora la proprietà delle cose riservate viene meno in capo al donatario (o ai suoi eredi) o il donante non esercita la riserva e muore prima di averla esercitata e allora «cessa ogni possibilità di risoluzione», con la conseguenza che il donatario (o i suoi eredi) «acquistano quel potere di disporre che si era riservato il donante, e che non ha esercitato». La conclusione dell’A. è che in tal caso «la proprietà si consolida nella sua pienezza in confronto del donatario» (ivi, 867). Nella dottrina più recente si ritiene che l’intrasmissibilità della riserva agli eredi del donante sia coerente con le limitazioni alla circolazione dei beni (A. ZOPPINI, La donazione “ha forza di legge tra le parti” …, cit., 230). Quest’ultimo A. suggerisce una rilettura dell’art. 790 c.c. in chiave di «governo delle vicende della donazione» (il corsivo è dell’A). Su questo specifico punto v. anche infra alla nota 46.

[21] Che la proprietà delle cose riservate spetti al donatario e che, quindi, si trasmetta ai suoi eredi è fuori discussione per B. BIONDI, Le donazioni, cit., 867, stante la natura attributiva anche della donazione con riserva di disporre.

[22] Vi osta il fatto che durante la pendenza della riserva la proprietà delle cose riservate spetta al donatario a differenza di quanto era disposto dall’art. 1069 c.c. 1865 (così B. BIONDI, Le donazioni, cit., 866).

[23] Così B. BIONDI, Le donazioni, cit., 867. Se i beni riservati rimanessero di proprietà del donante, prosegue l’A., «non si capisce infatti che cosa il donante abbia donato e che cosa si sia riservato, posto che la cosa resta di sua proprietà e quindi di essa potrebbe disporre come se non ci fosse la riserva: se ne dispone, non va al donatario; se non ne dispone, resta sempre a lui. Non si comprende in quale caso il donatario potrebbe acquistare la proprietà della cosa, che pur si considera donata».

[24] In questo senso già il vecchio B. BIONDI, Le donazioni, cit., il quale sottolineava che «la permanenza della proprietà in capo al donante è incompatibile con la donazione come atto attributivo».

[25] Questa tesi è attribuita a F. S. AZZARITI – G. MARTINEZ – G. AZZARITI, Successioni per causa di morte e donazioni, Padova, 1979, 823 ss. (ora 792 ss. dell’edizione del 1997).

[26] È questa la più frequente obiezione da parte della dottrina contraria alla soluzione della condizione sospensiva negativa: v., ad es., B. BIONDI, Le donazioni, cit., 860; e, tra gli autori più recenti, A.A. CARRABBA, Donazioni, cit., 517; F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 411-413, spec. 413; R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 626-627.

[27] Su cui v. gli AA. citt. alla nota prec. ai quali adde A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 127. Queste obiezioni potrebbero forse essere superate per R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 627, se si riuscisse a dimostrare che nel caso di specie non ricorrano gli estremi di una donatio mortis causa, bensì piuttosto di un negozio trans morte.

[28] Sul possibile esercizio della riserva attraverso una disposizione testamentaria v. B. BIONDI, Le donazioni, cit., 865, con la precisazione che in tal caso non si ha alcuna violazione del divieto di trasmissione della riserva agli eredi del donante in quanto la riserva di disporre esercitata con il testamento è pur sempre atto del donante e ha effetto alla sua morte. In termini analoghi G. BALBI, La donazione, cit., 56; A. PALAZZO, Le donazioni, cit., sub art. 790, 320; A.A. CARRABBA, Donazioni, cit., 523; nel senso dell’ammissibilità anche M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 299, ricordando nella nota 53 un caso venuto all’esame della Corte di Cassazione di Napoli alla fine dell’Ottocento in tema di riserva di rendita vitalizia a favore di un terzo già assistito dal donante riservatario (v. Cass. Napoli, 31 dicembre 1896, in Riv. giur. Bari, 1897, 66).

[29] È questa la soluzione che sembra aver attirato maggiormente l’attenzione della dottrina (tra gli AA. favorevoli v. fin da subito G. BALBI, La donazione, cit.; L. GARDANI CONTURSI-LISI, Delle donazioni, cit., sub art. 790, 340; U. CARNEVALI, Le donazioni2, cit., 535; A. PALAZZO, Problemi generali, nel volume collettaneo I contratti di donazione a cura dello stesso, che fa parte del Tratt. dei contratti diretto da P. Rescigno ed E. Gabrielli, s.d., ma Milanofiori Assago, 2009, 197-200). che non manca tuttavia di evidenziarne le criticità per quanto riguarda sia la natura meramente potestativa della riserva di disporre sia il possibile conflitto con il divieto dei patti successori e/o con il divieto di donazione mortis causa, senza contare la necessità di un coordinamento con le disposizioni a favore di terzi in caso di riserva esercitata a favore di soggetti diversi dal donante. Per una prima informazione su questi specifici aspetti v., tra gli altri, B. BIONDI, Le donazioni, cit., 860-861e nella dottrina più recente A. CATAUDELLA, La donazione, in BESSONE (diretto da), Tratt. di dir. priv., V, Successioni e donazioni, s.d., ma Torino, 2005, 114-115; A.A. CARRABBA, Donazioni, cit., 517-519; A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 126-127; F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 412-413; R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 626-627. Una posizione a sé sembrerebbe essere quella di A. TORRENTE, La donazione, cit., 466, ove si prospetta l’ipotesi di concepire la riserva di disporre «non già come condizione risolutiva potestativa, bensì come scissione del potere di disposizione dalla titolarità del diritto soggettivo di proprietà… attribuito al donatario in forza della donazione».

[30] Secondo A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 127, il meccanismo della condizione risolutiva non riesce a spiegare perché mai la riserva di disporre possa essere esercitata a favore di un terzo, essendovi un’incompatibilità effettuale tra la risoluzione dell’acquisto del donatario e il contestuale acquisto della cosa da parte del terzo. Per superare questa impasse, si dovrebbe ipotizzare un duplice passaggio, il primo dal donatario al donante che ha esercitato la riserva e il secondo dal donante al terzo beneficiario: così, ad es., G. BALBI, La donazione, cit., (su questa ricostruzione fortemente critico B. BIONDI, Le donazioni, cit., 861, al quale si richiamano F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 413; R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 626-627).

[31] Questa ipotesi è prospettata da B. BIONDI, Le donazioni, cit., 862, e ricordata da altri AA. tra cui A.A. CARRABBA, Donazioni, cit., 518; A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 127; F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 411.

[32] Su questo punto concordano fermamente anche gli AA. che sostengono l’ipotesi di una duplice donazione in quanto la risoluzione dell’acquisto a seguito dell’esercizio della riserva di disporre presuppone che la cosa riservata sia stata acquistata dal donatario per effetto della donazione: così B. BIONDI, Le donazioni, cit., 860. In altri termini, la condizione non riguarda la donazione con riserva («donare con riserva di disporre non vuol dire donare sotto condizione di disporre»: ancora B. BIONDI, loc. cit.). Questo ragionamento, sempre secondo l’A., è evidente nell’ipotesi di riserva di somma sui beni donati, in quanto qui vi è «donazione attuale ed irrevocabile di beni, la quale resta ferma e non è soggetta ad alcuna disposizione riguardante i beni; la riserva invece ha come oggetto la somma, cioè una entità che non è stata donata» (B. BIONDI, loc. cit.). La conclusione dell’A. è che «sotto condizione dovrebbe essere non la donazione, ma l’obbligo del donatario di pagare la somma riservata» il quale obbligo sorge per effetto dell’esercizio della riserva (ancora B. BIONDI, loc. cit.). Negli stessi termini v. A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit.; R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 621, il quale ultimo pone chiaramente in luce che la riserva di disporre non riguarda la «struttura della donazione», ma gli «effetti finali (e le successive vicende) da questa prodotti» (il corsivo è dell’A.). Qui, quest’ultimo A. sviluppa un’intuizione di A. ZOPPINI, La donazione “ha forza di legge tra le parti” …, cit., 230 («la possibilità di revocare… l’attribuzione patrimoniale incide semmai sulla stabilità e definitività dell’arricchimento, dunque sul [diverso] piano degli effetti della fattispecie»). Su quest’ultimo punto v. anche infra alla nota 46.

[33] Su questo secondo aspetto (proprietà temporanea o risolubile) un accenno in R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 627, in riferimento a una riserva di disporre il cui esercizio sia previsto fino alla morte del donante. In precedenza la questione era stata approfondita e risolta in senso affermativo da B. BIONDI, Le donazioni, cit., 867-868; v. anche A. PALAZZO, Le donazioni, cit., sub art. 790, 320.

[34] È questo il giudizio complessivamente negativo della dottrina per i cui riferimenti (anche per quanto riguarda la posizione minoritaria favorevole) v. supra alla nota 19.

[35] Anzi, come è stato rilevato da A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 126, la disciplina generale sul contratto condizionato sarebbe preferibile non presentando quei limiti quantitativi e qualitativi dell’art. 790 c.c.

[36] In questo senso soprattutto A.A. CARRABBA, Donazioni, cit., 519-522; F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 416-418, i quali valorizzano particolarmente le potenzialità dell’istituto del recesso in funzione della tutela delle sopravvenienze, in quanto «… il recesso, permette al donante di riconsiderare la propria posizione in ordine al rapporto contrattuale, nella specie in relazione alla liberalità, e di determinare la quantità dell’attribuzione» (A.A. CARRABBA, Donazioni, cit., 521). In altre parole, il recesso diventa un «meccanismo di rivalutazione funzionale degli interessi delle parti, se non di riequilibrio del contratto» (F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 417). Per un accenno al recesso anche A. CATAUDELLA, La donazione, cit., 115 (per il quale attraverso l’apposizione della riserva le parti attribuiscono al donante «un potere di recesso»); R. PERCHINUNNO, Il contratto di donazione2, in RESCIGNO (diretto da), Tratt. breve delle successioni e donazioni, coordinato da M. Ieva, II, s.l., ma Padova, 2010, 411; M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 290 (che considera il recesso una forma più moderna di condizione risolutiva in caso di esercizio della riserva di disporre da parte del donante).

[37] È questa l’obiezione mossa da B. BIONDI, Le donazioni, cit., 859, che però una parte della dottrina più recente ritiene superabile per una serie di ragioni. In particolare, alcuni degli A.A. citt. alla nota prec. ricordano l’evoluzione in chiave funzionale dell’istituto del recesso alla luce della «legislazione consumeristica e di impresa» (F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 417) nonché il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità che ammette il recesso anche per i contratti che abbiano già avuto un principio di esecuzione, generalizzando la deroga di cui all’ultimo comma dell’art. 1373 c.c. (A.A. CARRABBA, Donazioni, cit., 520). 

[38] Questo accostamento, soprattutto quando si tratti di riserva di cose, è ricordato da A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 128, che ne evidenzia tuttavia le differenze rispetto alla riserva di usufrutto a cominciare dall’aspetto del godimento delle cose da parte del donatario che nella riserva di disporre è a titolo di proprietà e non già di usufrutto, con la conseguenza che, se la riserva sia esercitata dal donante, viene meno il godimento delle cose «perché cessa la proprietà», mentre, se la riserva sia esercitata dal nudo proprietario, «non cesserebbe il godimento dell’usufruttuario». Sull’intrasmissibilità della riserva di disporre agli eredi del donante, vista in parallelo al divieto dell’usufrutto successivo, v. B. BIONDI, Le donazioni, cit., 864-865. 

[39] Su questo carattere della riserva di disporre, considerato un corollario della sua intrasmissibilità agli eredi del donante, concorda la dottrina più accreditata che però ha esaminato la questione soprattutto in riferimento ai creditori del donante, ai quali non è consentito di surrogarsi a quest’ultimo nell’esercizio della riserva: per i necessari riferimenti v. B. BIONDI, Le donazioni, cit., 865, e nella dottrina più recente A. PALAZZO, Le donazioni, cit., sub art. 790, 320; U. CARNEVALI, Le donazioni2, cit., 536; A.A. CARRABBA, Donazioni, cit., 524; F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 422; R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 625 alla nota 103.

[40] In termini una nota dottrina che ha studiato la questione con riguardo all’azione surrogatoria in generale: R. NICOLÒ, Surrogatoria-Revocatoria, in SCIALOJA - BRANCA (a cura di), Comm. del cod. civ., Libro sesto, Tutela dei diritti (Art. 2900-2969), cit., 123.

[41] È stato sottolineato che parlare di “riserva” di «una determinata somma sui beni donati» non appare concettualmente appagante in quanto qui la riserva non ha per “oggetto” cose facenti parte del donatum sicché sarebbe più preciso parlare «di una riserva “di valore non di oggetto”», come si era detto nella seconda metà del Novecento da uno dei maggiori studiosi delle donazioni (il riferimento è d’obbligo a B. BIONDI, Le donazioni, cit., 857 e 863). La formula è ricordata da A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 129; R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 648, al quale si deve anche la critica alla terminologia legislativa (ivi, 647-648).

[42] È questa l’opinione di una parte della dottrina che parla indifferentemente di “onere” o di modus (v., ad es., G. BALBI, La donazione, cit., 57; U. CARNEVALI, Le donazioni2, cit., 535-536; A. CATAUDELLA, La donazione, cit., 115; M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 297; R. PERCHINUNNO, Il contratto di donazione2, cit., 411) che però non ha incontrato il favore della maggioranza degli interpreti (su cui v. le due note che seguono). L’ultimo degli AA. ora indicati ricorda, alla nota 209 di 411, una sentenza della Corte di Cassazione la quale, senza alcun riferimento alla donazione con riserva di disporre, aveva affermato a livello di principio generale che «le limitazioni alla disponibilità del bene oggetto di donazione … che vengano imposte dal donante … non incidono sulla natura sostanziale dell’atto di liberalità, e configurano mero onere o modus con esso compatibile …» (v. Cass., 21 giugno 1985, n. 3735, in Rep. Giur. it., 1985, voce “Donazione”, n. 8).

[43] Decisamente contrari a questa ricostruzione della riserva di somma sono, nella scia di B. BIONDI, Le donazioni, cit., 863 e 868: A.A. CARRABBA, Donazioni, cit., 522-523; A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 128; F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 422. Le argomentazioni svolte a sostegno della tesi negativa sono essenzialmente quelle della non attualità dell’obbligo del donatario che sorge solo con l’esercizio della riserva a differenza del modus che invece è imposto contestualmente all’atto donativo e dell’inammissibilità dell’esercizio della riserva da parte di soggetti diversi dal donante riservatario. Dubbi sull’assimilazione della riserva al modus sono manifestati da L. GARDANI CONTURSI-LISI, Delle donazioni, cit., sub art. 790, 341. Anche M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 297 e 300, dopo aver premesso che «la donazione con riserva di disporre appare più vicina alla donazione modale nella quale l’adempimento dell’onere è rimesso alla richiesta che ne faccia l’avente diritto», precisa poco dopo che «il confine con la donazione modale… è dato proprio dall’incertezza circa la riduzione dell’arricchimento che nella donazione modale è normalmente definita sin da principio mentre qui è rimessa alle occorrenze della vita e alle determinazioni del donante». 

[44] Ciò comporta che neanche gli eredi potrebbero surrogarsi al donante nell’esercizio della riserva di somma. Così A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., il quale, riprendendo pedissequamente quanto già affermato cinquant’anni prima da B. BIONDI, Le donazioni, cit., 864, aggiunge che nella donazione modale si ha «la costituzione di una cerchia di diritti e interessi che esorbitano anche dalla sfera del donante» a differenza di quanto avviene nella donazione con riserva che «attribuisce detta facoltà solo al donante».

[45] La soluzione positiva è stata auspicata particolarmente da A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 129-130, che ne fa addirittura una parte del titolo del suo saggio (“La donazione con riserva di disporre una prestazione assistenziale in favore del donante”). A questa soluzione dovrebbero pervenire anche quegli AA. che propendono per una interpretazione abrogante dell’art. 790 c.c. (sulla quale v. infra, testo e nota 55).

[46] Lo riconoscono anche gli stessi fautori più decisi della soluzione possibilista (v. A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 130). La tesi della natura eccezionale e inderogabile della riserva di disporre risale all’epoca del codice civile del 1865. Nella dottrina successiva v. in questo senso, oltre all’A. ora citato, B. BIONDI, Le donazioni, cit., 858-859; A. CATAUDELLA, La donazione, cit., 115. Ricorda questo duplice carattere dell’art. 790 c.c. anche F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 406-407, senza però prendere alcuna posizione al riguardo. In senso decisamente critico, A. ZOPPINI, La donazione “ha forza di legge tra le parti” …, cit., 230, con la duplice precisazione che «la definitività dell’arricchimento non è un elemento coessenziale della fattispecie né il suo successivo venir meno inficia la natura liberale dell’attribuzione originaria». Poco dopo lo stesso A. aggiunge che «la possibilità di revocare successivamente l’attribuzione patrimoniale incide semmai sulla stabilità e definitività dell’arricchimento, dunque sul (diverso) piano degli effetti della fattispecie» con la conseguenza che «in tale logica, nell’art. 790 c.c. non può leggersi una norma eccezionale, che deroga a una regola generale, quanto una fattispecie esemplificativa del potere che il disponente può riservarsi quanto al governo delle vicende della donazione» (il corsivo è dell’A.).

[47] Nel caso di specie la Corte Costituzionale si era limitata a dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 790 c.c., nella parte in cui non prevedeva la possibilità per il donante di riservarsi la facoltà di disporre a suo favore la costituzione, a carico del donatario, di un obbligo di assistenza morale e materiale per la soddisfazione di ogni esigenza di vita per tutta la durata della propria vita in quanto il notaio non era un soggetto legittimato a sollevare questioni di legittimità costituzionale non potendosi riconoscere natura giurisdizionale alla funzione notarile. Sull’ordinanza n. 52 del 13 febbraio 2003 v. i riferimenti alla precedente nota 16.

[48] In questo senso gli AA. citt. supra alla nota 15. La riserva parziale è considerata un’eccezione frutto di una soluzione di compromesso perché il dogma dell’irrevocabilità della donazione avrebbe dovuto portare a escludere anche la riserva parziale, come si è anticipato supra al n. 1, testo e nota 7. Ritiene, ad es., B. BIONDI, Le donazioni, cit., 858, che, mentre partendo dalla validità della riserva totale si può arrivare ad affermare la validità della riserva parziale «perché il più contiene il meno», non è altrettanto vero il contrario in quanto dalla validità della riserva parziale non si può risalire alla validità della riserva totale. Ciò è tanto vero che, se il donatum sia costituito da un singolo bene (ad es., un appartamento), la donazione è valida solo se l’immobile sia comodamente divisibile perché in tal caso la riserva può riguardare solo quella parte del tutto che è separabile dalla massa (questa soluzione presuppone che quella dell’art. 790 c.c. sia «una fattispecie tipica»: così A. ZOPPINI, La donazione “ha forza di legge tra le parti” …, cit., 226). Per converso, in caso di bene indivisibile, la riserva non è ammissibile perché si risolverebbe nella revoca dell’intera donazione (in questo senso U. CARNEVALI, Le donazioni2, cit., 535 alla nota 54, ricordato da A.A. CARRABBA, Donazioni, cit., 524 alla nota 2841; A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 129). A questo punto, è da chiedersi: se trattasi di un appartamento non comodamente divisibile o non divisibile affatto, posso riservarmi di disporre della sola quota (ad es., la metà) dell’intero valore dell’immobile?

[49] In senso favorevole sono gli AA. che ammettono a livello di principio generale la riserva totale nonostante il diverso tenore dell’art. 790 c.c. (ad es., A. TORRENTE, La donazione, cit., 466; più di recente A.A. CARRABBA, Donazioni, cit., 524-525; F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 422). Non chiaro è invece il pensiero della maggior parte della dottrina che si limita ad affermare che l’importo della somma riservata debba essere compreso nel valore dei beni donati (così, tra gli altri, U. CARNEVALI, Le donazioni2, cit., 535; A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit.; R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 648) in quanto si potrebbe ritenere che la suddetta somma possa essere pari al valore dei beni. Fa eccezione B. BIONDI, Le donazioni, cit., 863, perché, pur parlando di «somma compresa nel valore di essi» (il corsivo è dell’A.), specifica alla precedente p. 856 «non però fino al punto da assorbire totalmente la liberalità», frase ripresa da A. PALAZZO, Le donazioni, cit., sub art. 790, 319. 

[50] In un caso del genere, ritiene B. BIONDI, Le donazioni, cit., 855, «la donazione è… in frode alla legge, in quanto si rispetta la lettera violandone lo spirito» (qui l’A. faceva l’esempio della donazione di un fondo dell’estensione di 100 ettari, con riserva di disporne di 99. L’esempio è ripreso da A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 128, il quale concorda pienamente con B. Biondi di fronte a questi eventuali negozi elusivi). In questa chiave di lettura si è anche detto che in caso di donazione di più beni con riserva di disporre soltanto di alcuni di essi, la donazione sarebbe valida perché qui vi sarebbero tante donazioni quanti sono i beni, soltanto alcune delle quali sarebbero riservate, ricorrendo all’escamotage della contestuale pluralità di donazioni secondo l’orientamento di una non più recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 3490 del 9 novembre 1974, in Giur. it., 1975, I, 1, c. 1054, con nota di E. GIANNELLA, Pluralità di donazioni contestuali o donazione unica di più beni? Sul punto si veda la critica di A. TORRENTE, La donazione, cit., perché qui la validità o no della donazione sarebbe rimessa a una scelta discrezionale, e per questo «incerta, vaga che, in fondo, è rimessa alla volontà delle parti di rispettare nella sostanza e nella realtà oltre che nell’apparenza». Sulla frode alla legge in caso di riserva parziale v. R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 603, in riferimento alla soluzione suggerita dalla prassi di ricomprendere nel donatum anche beni diversi da quelli riservati «al fine di ricreare surrettiziamente una situazione di incidenza effettuale parziale della riserva» (il corsivo è dell’A.), sicché la nullità finisce per essere “quantitativa”. Ancora più aperta sembra la posizione di A. ZOPPINI, La donazione “ha forza di legge tra le parti” …, cit., 227, in riferimento alla prassi notarile «di affiancare, alla donazione del bene immobile, una donazione anche modesta di denaro corrisposta attraverso una forma di pagamento che ne consenta la tracciabilità». L’A., tuttavia, a conclusione delle sue considerazioni sul punto specifico, non manca di evidenziare che questa soluzione «genera talune perplessità e un senso di malcelata insoddisfazione, in quanto elude il tema più radicale: la revisione del principio della cosiddetta irrevocabilità della donazione» (ivi, 227-228, ove alla nota 14 di 228 si ricorda «il dubbio sulla possibile frode alla legge”).

[51] A quanto consta, il problema è stato sollevato soltanto da A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 129, il quale non si nasconde tuttavia le difficoltà di una soluzione.

[52] Questo aspetto funzionale della riserva di disporre è posto chiaramente in luce da R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 639, quando osserva che la riserva non è fine a se stessa, ma costituisce «un arricchimento del modulo di composizione degli interessi che essa contribuisce ad esprimere più compiutamente in una funzionale ed evolutiva revisione del principio di corrispondenza del contenuto agli effetti negoziali». Nel medesimo saggio l’A. aveva anticipato il proprio pensiero precisando che con l’apposizione della clausola riservataria la causa della donazione non sarà soltanto quella tipica degli atti di cui all’art. 769 c.c. in quanto attraverso la riserva di disporre si realizza «un assetto concreto di interessi che avrà in adeguata funzionalizzazione giuridica non soltanto l’interesse non patrimoniale del donante (opportunamente oggettivato nel modulo negoziale), ma anche ulteriori suoi interessi (patrimoniali, morali-solidali, premiali-incentivanti), senz’altro meritevoli di tutela che la clausola di riserva si incaricherà di veicolare nello statuto negoziale» (ancora R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 598). (Il corsivo è dell’A.).

[53] Su questa funzione della riserva di disporre, quale mezzo di tutela delle sopravvenienze, concorda la dottrina più attenta alle potenzialità dell’istituto: sul punto v. A.A. CARRABBA, Donazioni, cit., 523 (in riferimento alla riserva di disporre di una somma determinata) il cui pensiero è ripreso testualmente da R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 649, il quale nella precedente pagina 644 aveva sottolineato in modo significativo, riprendendo uno spunto di A. ZOPPINI, La donazione “ha forza di legge tra le parti” …, cit., 230, che la riserva di disporre altro non è che uno degli strumenti offerti dal sistema che consente a una delle parti il «governo delle vicende» (il corsivo è dell’A.). In termini, anche F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 418, il quale rileva che «l’art. 790 c.c. introduce… una chiara ipotesi di vicenda sopravvenuta inerente l’assetto di interessi già costituito con il contratto di donazione che prende corpo in un effetto estintivo e (successivamente) traslativo dell’originario donatum» (il corsivo è dell’A.) aggiungendo subito dopo che «la donazione, valutata in chiave di operazione dinamica sul piano del rapporto, ben può andare incontro a una rivisitazione degli interessi iniziali delle parti» (loc. cit.).

[54] Questo interesse del donante riservatario era stato già evidenziato da B. BIONDI, Le donazioni, cit., 864, all’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso, sottolineando significativamente che il donante «con l’inserzione di quella clausola [rectius: la riserva di disporre] dimostra di avere un progetto, di cui si è riservata l’attuazione». Questa affermazione è stata ripresa con favore nella dottrina più recente da A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 127. In termini, anche F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 425, che auspica il superamento dell’antico brocardo «donner et retenir ne vaut, attraverso una più ampia valorizzazione del programma negoziale nel quale si concretizzano gli interessi attuali e meritevoli delle parti» (il corsivo è dell’A.).

[55] Così F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 422, che nella nota 67 si richiama alla massima cessante ratione legis cessat et ipsa lex. Nel senso del testo v. A.A. CARRABBA, Donazioni, cit., 524-525, il quale considera le limitazioni dell’art. 790 c.c. «un relitto storico riveniente dal codice del 1865». Auspicando il superamento della formula legislativa, per una interpretazione diversa da quella tradizionale della norma propende anche A. ZOPPINI, La donazione “ha forza di legge tra le parti” …, cit., 231-232, a conclusione del suo saggio in quanto «la definitività (e quindi la stabilità) dell’attribuzione patrimoniale non è coelemento della donazione quale fattispecie, da questa premessa discende un’interpretazione diversa da quella tradizionalmente proposta dell’art. 790 c.c.». Non condivide la logica della riserva parziale R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 599 alla nota 16 e 622, non essendo convincente «una opzione ermeneutica che attribuisca esclusiva prevalenza alla ‘lettera’ dell’art. 790 c.c.» e dalla quale «si ricaverebbe una limitazione all’autonomia privata nella determinazione dei profili oggettivi di incidenza della riserva della facoltà di disposizione, per accedere, di contro, all’esito per cui essa potrà svilupparsi, nei profili effettuali, anche con riferimento all’intero oggetto della donazione» (il corsivo è dell’A.).

[56] L’espressione è di M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 299, il quale distingue il donante «programmatore» dal donante «renitente», cioè dal donante «il quale desideri porre nel nulla il negozio a proprio piacimento» (ivi, 296-298).

[57] Questo esempio è ricordato da F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 423, che lo attribuisce alla prassi notarile. L’A. ora cit. insiste particolarmente sulle potenzialità dell’art. 790 c.c. a suo avviso esportabile «in contesti diversi dalla donazione stricto sensu» (il corsivo è dell’A.), in quanto «suscettibile di trovare applicazione anche in ipotesi propriamente differenti dal contratto di donazione tipico» (loc. cit.).

[58] Questa specifica applicazione dello schema della donazione con riserva di disporre è attribuita all’esperienza svizzera e tedesca, nell’ultima delle quali è accolta però non senza contrasti. Per i necessari riferimenti di dottrina tedesca in un senso e nell’altro, v. A. ZOPPINI, La donazione “ha forza di legge tra le parti” …, cit., 231 alla nota 26, e F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 423, alla nota 79. Entrambi questi AA. ritengono superabile il contrasto tra gli artt. 790 e 2437- ter c.c. con la motivazione che la seconda norma non sarebbe applicabile alle ipotesi di attribuzione della quota a titolo gratuito (A. ZOPPINI, La donazione “ha forza di legge tra le parti” …, cit.; F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 423-424).

[59] Ritiene in proposito A. NATALE, La donazione con riserva di disporre …, cit., 130, che non vi sarebbe una «ragione plausibile» per non consentire «una donazione con riserva della facoltà di disporre di prestazione di assistenza morale e materiale».

[60] Per superare il silenzio della norma non appare utile il richiamo al vitalizio assistenziale in quanto la prestazione assistenziale è determinata necessariamente al valore dei beni donati e, pertanto, come vitalizio assistenziale sarebbe nulla in quanto mancherebbe il requisito della aleatorietà.

[61] Questa ulteriore potenzialità della riserva di disporre, soprattutto quando si tratti di una donazione immobiliare, sfuggirebbe se si continuasse a rimanere nella prospettiva «che la donazione importa un arricchimento definitivo, dunque logicamente irrevocabile» in quanto in tal caso l’art. 790 c.c. sarebbe «una norma eccezionale, di stretta interpretazione». Queste considerazioni, le parole e il corsivo sono di A. ZOPPINI, La donazione “ha forza di legge tra le parti” …, cit., 227.

[62] È questa la sintesi del pensiero di M. LUPOI, Donazione con riserva di disporre …, cit., 1172, il quale allega in appendice al suo scritto un modello di contratto di affidamento fiduciario «che… fa propria la causa del contratto tipico previsto dall’art. 790 c.c., ma colma le lacune della disciplina legale e rende fruibile una tipologia negoziale che la prassi ha sostanzialmente ignorato proprio a causa di tali lacune». L’A. aveva già affrontato ampiamente i rapporti tra le due figure in un suo precedente lavoro riservando alla donazione con riserva di disporre addirittura un intero capitolo (il terzo) nell’ambito del più ampio fenomeno dell’affidamento fiduciario: v. Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 285-310, di cui si darà conto di volta in volta qui di seguito. Questo accostamento è ricordato in vario senso dalla dottrina successiva su cui v. infra alla nota seguente.

[63] In questo senso ancora M. LUPOI, Donazione con riserva di disporre …, loc. cit. Questa impostazione è ricordata con favore da F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 424; dubitativamente invece R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 600, almeno da quanto è detto a proposito della mera eventualità e non già necessità di ricorrere al contratto di affidamento fiduciario per risolvere i problemi lasciati insoluti dall’art. 790 c.c.

[64] Lo riconosce apertamente R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., pur con qualche riserva sulla necessità di ricorrere al contratto di affidamento fiduciario per risolvere le criticità dell’art. 790 c.c. (v. anche la nota prec.). In altra parte (alla fine) del suo scritto l’A. ribadisce che l’art. 790 c.c. si rivela «un terreno fecondo per la verifica di delicati temi di teoria generale e cartina al tornasole per la dimostrazione degli sviluppi che, nella dimensione della coerenza ordinamentale, si profilano nella configurabilità di rinnovate e più moderne entità giuridiche, elaborate al fine di soddisfare le sempre diverse e svariate esigenze pratiche sottese agli interessi concreti delle parti, di là dalle tradizionali e note situazioni giuridiche di riferimento» (ivi, 650). Qualche anno prima A.A. CARRABBA, Donazioni, cit., 523, aveva evidenziato a proposito della riserva di disporre di una somma determinata che «la riserva… concreta allora una vicenda che permette al donante di rivalutare i propri interessi in relazione alla liberalità e che incide sostanzialmente sull’attribuzione donativa».

[65] La presenza di un programma del donante riservatario costituisce “il cuore” del contratto di affidamento fiduciario e vale a distinguerlo dallo schema del trust (così M. LUPOI, Donazione con riserva di disporre …, cit., 1171). Nel contratto di affidamento fiduciario questo programma è «dettato dall’affidante [rectius: il donante riservatario] e concordato con l’affidatario… a vantaggio dello stesso affidante o di altre persone». Nello schema di contratto allegato al saggio cit. si prevede anche che il programma «convenuto tra l’Affidante e l’Affidatario Fiduciario, che quest’ultimo si obbliga ad attuare, consiste nell’assicurare a ciascun Affidante la corresponsione delle somme delle quali si trovi ad avere necessità …: a) per ragione di malattia o di assistenza personale; b) o per la difficoltà di mantenere altrimenti il proprio consueto tenore di vita» (ivi, 1176). In tal modo, attraverso il contratto di affidamento fiduciario si arriva a realizzare quello stesso risultato che non è possibile perseguire attraverso la riserva di disporre di prestazioni assistenziali a favore del donante, perché non consentita dall’art. 790 c.c. (v. supra, testo e note 45-47).

[66] Si tratta delle “ragioni e finalità” del contratto di affidamento fiduciario che costituiscono le premesse del modello di contratto allegato al cit. saggio del 2016 (v. M. LUPOI, Donazione con riserva di disporre …, cit., 1173).

[67] Afferma ancora M. LUPOI, Donazione con riserva di disporre …, loc. cit., che il contratto di affidamento fiduciario «mutua la propria causa dalla causa della fattispecie legale e supplisce alla lacunosa disciplina di quella …».

[68] È questa la conclusione alla quale perviene M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 310, alla fine del capitolo dedicato alla donazione con riserva di disporre nell’ambito del più ampio fenomeno dell’affidamento fiuciario (“Il contratto di affidamento fiduciario consente di recuperare la generica funzione di garanzia che la donazione con riserva di disporre assegna ai beni donati… e la rende specifica e immediatamente realizzabile, in quanto l’adempimento di qualsiasi obbligazione conseguente all’esercizio della riserva rientra nella attività dell’affidatario fiduciario”).

[69] Attraverso il meccanismo dell’affidamento fiduciario i beni donati con riserva di disporre non appartengono più al donante (che li ha trasferiti al terzo affidatario) ma neanche appartengono al donatario, al quale spetteranno “nei tempi e secondo le previsioni del programma” (queste ultime sono parole di M. Lupoi, Donazione con riserva di disporre, cit., 1173, il cui pensiero sul punto specifico era stato anticipato in Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 309). 

[70] Come auspicato da quella parte della dottrina che non ritiene l’art. 790 c.c. una norma eccezionale e di stretta interpretazione: v. alcuni degli AA. citt. supra alle note 49 e 55.

[71] È questo un aspetto su cui insiste particolarmente l’A. che ha proposto l’utilizzo dello schema del contratto fiduciario per realizzare gli scopi sottesi alla donazione con riserva di disporre, evidenziando un duplice aspetto: da un lato il problema degli eventuali debiti del donatario, dall’altra il diverso regime della responsabilità che l’affidamento dei beni a un terzo rende possibile attraverso lo schema operativo del contratto di affidamento fiduciario. Su entrambi questi aspetti v. M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 303; ID., Donazione con riserva di disporre …, cit., 1175-1176 (ove si specifica al punto A dell’art. 7 del modello di contratto allegato che «l’Affidatario Fduciario non confonde i Beni Affidati con i propri» e al punto B, lett. i, dello stesso articolo che «il fondo affidato e i suoi frutti… sono separati dagli altri beni appartenenti all’Affidatario Fiduciario e non sono aggredibili dai suoi creditori personali, potendo costituire oggetto di esecuzione solo per debiti contratti per la realizzazione del Programma»).

[72] Si pone questo e altri interrogativi M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 302-303. A una risposta positiva secondo R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 599-600, testo e nota 19, si può pervenire sulla base dei principi generali del contratto e della condizione, che impongono al donatario di comportarsi in conformità dei criteri della correttezza e della buona fede contrattuale, senza dover ricorrere necessariamente allo schema operativo dell’affidamento fiduciario (ivi, 600, testo e nota 19).

[73] L’esempio della donazione con riserva di una collezione d’arte e degli eventuali obblighi del donatario è prospettato da M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 303, ed è ripreso da R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 599, nota 19.

[74] Sempre secondo M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., la risposta affermativa, che sembrerebbe addirittura scontata, non lo è affatto stante la funzione di garanzia dei beni donati (trattandosi di riserva “di una determinata somma sui beni donati”: il corsivo è mio).

[75] Anche questo esempio è di M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 302, che lo propone con dovizia di particolari (il donante trova la villa donata «con l’intonaco a pezzi e le stanze occupate da migranti senza altra dimora») e si chiede se il donatario fosse tenuto «a mantenere l’immobile in ottimo stato di conservazione, oltre che libero dai migranti, solo perché esisteva la possibilità che il donante vi si sarebbe stabilito?». Questo esempio serve all’A. per distinguere due tipi di riserva di disporre correlati a due differenti tipologie di donante, il donante “renitente” e il donante “programmatore” (sui quali v. anche supra alla nota 56). Poiché il donante “renitente” è quel donante che desidera «porre nel nulla il negozio a proprio piacimento», la riserva di disporre in questo caso «consiste effettivamente nella costituzione di un vincolo di destinazione statico e passivo» (le frasi che precedono sono riportate testualmente dalla 286 alla 287) e si distingue dalla riserva di disporre che sottintende un vero e proprio programma del donante da realizzare; di qui, la figura del donante definito appunto come “programmatore” (ivi, 299).

[76] La risposta a questa domanda sembrerebbe essere positiva stando almeno a quanto è detto nel modello di contratto di affidamento fiduciario al punto ii della lettera b. dell’art. 9 (Attuazione del Programma dell’Affidamento: punto primo), ove si prevede espressamente l’alienazione di “Beni Affidati” nel caso in cui uno degli affidati richieda «la corresponsione o l’impiego di somme quando ritenga che si sia verificata una fra le condizioni previste nel Programma dell’Affidamento» (v. il modello di contratto di affidamento fiduciario allegato al breve saggio di M. LUPOI, Donazione con riserva di disporre …, cit., 1176).

[77] È questo per M. LUPOI, Donazione con riserva di disporre …, cit., 303-304, il punto di maggiore criticità della riserva di disporre. Si tratta, infatti, di valutare l’interesse del donante sotteso all’apposizione della riserva. A tal fine, e a titolo esemplificativo, l’A. ricorda il caso di una riserva di disporre in funzione dei «pressanti bisogni del donante» e sottolinea che su questo aspetto «le controversie relative ai contratti di mantenimento o di vitalizio improprio» sono all’ordine del giorno. Si tratta di un conflitto, nota ancora l’A., «dovuto al fatto che il bene appartiene al donatario» e che è «difficile che egli possa pensare a sé stesso come a un curatore di interessi altrui», cioè si tratta di un conflitto che «è dunque nelle cose e che non trova nella legge una chiave di risoluzione» (ivi, 304).

[78] Era questa la soluzione suggerita all’epoca del codice civile del 1865 da A. ASCOLI, Trattato delle donazioni2, cit., 144-145, ricorrendo a un terzo indipendente in caso di costituzione di una pensione o di una borsa di studio o della dote per la figlia del donante riservatario, da determinarsi secondo l’arbitrio boni viri di un terzo estimatore (la tesi di A. Ascoli è ricordata da B. BIONDI, Le donazioni, cit., 857). Secondo M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 297, la proposta di A. Ascoli, particolarmente utile per quanto riguardava la valutazione delle esigenze del donante, era tuttavia carente in ordine alla tutela effettiva di queste esigenze.

[79] A tal fine, si è detto, non basterebbe una regolamentazione preventiva del conflitto di interesse nell’ambito della donazione con riserva di disporre (così M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 304). Per questo A., affinché l’interesse preminente del donante «trovi una effettiva tutela» sarebbe necessario il concorso di tre circostanze: a) il rinvio dell’acquisto della proprietà da parte del donatario fino al momento in cui il donante possa esercitare la riserva; b) attribuzione contestuale del godimento del bene al donatario come se il donatum gli appartenesse; c) dismissione della proprietà dei beni da parte del donante, altrimenti il conflitto tra quest’ultimo e il donatario si riproporrebbe a parti invertite. Poiché tutta questa operazione non si può realizzare attraverso un semplice accordo tra donante riservatario e donatario, l’unico modo per contemperare equamente gli interessi dell’uno e dell’altro sarebbe l’affidamento del donatum a un terzo che ne acquisti fiduciariamente la proprietà e che altrettanto fiduciariamente provveda all’attuazione del programma negoziale divisato dal donante. Questo strumento può essere soltanto il contratto di affidamento fiduciario (è questo il pensiero di M. LUPOI, loc. ult. cit., di cui si sono riportate qui le linee essenziali).

[80] Di qui, per M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 304, l’insufficienza di un’eventuale regolamentazione preventiva del conflitto di interessi nell’ambito della donazione con riserva di disporre. Nel silenzio della norma, per quanto riguarda il possibile conflitto tra il successivo avente causa dal donante riservatario e il beneficiario della liberalità, la soluzione per A.A. CARRABBA, Donazioni, cit., 528-529, andrebbe trovata «sulla base delle regole di diritto sostanziale in quanto tale conflitto è tra chi è acquirente-proprietario e chi, pur essendolo stato, non lo è più». Questa soluzione è ricordata da R. FRANCO, La donazione con riserva di disporre …, cit., 604, nota 33, in funzione di consentire «al donante di conseguire la libera disponibilità del bene anche nei confronti di terzi e la piena sicurezza dell’acquisto di questi ultimi» (ivi, testo di pagina 604). 

[81] Si tratta di alcuni degli AA. citt. supra alla nota 63, in particolare M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 310; ID., Donazione con riserva di disporre, cit., 1172-1173. Osserva F. LONGOBUCCO, Donazione con riserva di disporre …, cit., 424-425, che lo schema del contratto di affidamento fiduciario varrebbe a superare le perplessità manifestate nei confronti di un trust che prevedesse un ampio potere di ingerenza a favore del disponente e che, in quanto tale, sarebbe in contrasto con lì’art. 2 della Convenzione di L’Aja del 1° luglio 1985, che dispone che i beni in trust devono essere «posti sotto il controllo del trustee» (in quanto, altrimenti, sottrarrebbe al «controllo del trustee» i beni costituiti in trust).

[82] Si pensi, ad esempio, all’alienazione di uno o più dei beni donati, alla costituzione di diritti reali a favore di terzi e all’aggredibilità dei beni donati da parte dei creditori del donatario, rischi che si evitano affidando fiduciariamente a un terzo i beni che si vorrebbe donare (gli esempi sono di M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 305 e 307).

[83] Il trasferimento fiduciario dei beni a un terzo non pregiudica da nessun punto di vista gli interessi del donatario in quanto «assicura che egli abbia voce nella gestione del bene e ne colga i frutti al netto di quanto occorra per la cura e il mantenimento del bene stesso» (così M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 305).

[84] La valutazione concreta di queste esigenze del donante spetta all’affidatario fiduciario (così M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit.). Era questo un punto di criticità all’epoca del codice civile del 1865 che A. ASCOLI, Trattato delle donazioni2, cit., 144-145, aveva cercato di superare proponendo di affidare la determinazione dell’oggetto della riserva all’arbitrio boni viri di un terzo estimatore (sul punto v. anche supra, testo e nota 78).

[85] In definitiva, il contratto di affidamento fiduciario «colloca i beni donati in uno stato di protezione dalle vicende patrimoniali del donante … e del donatario … e … di assicurazione nei confronti di tutti i soggetti interessati a subentrare a tempo debito nella proprietà dei beni e, nel frattempo, a ricevere le somme o gli altri vantaggi che … spettino agli uni e agli altri». Sono queste le conclusioni alle quali perviene M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 310, dopo aver esaminato analiticamente le potenzialità dello schema operativo di questo contratto.

[86] In pratica, sempre secondo M. LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., 306-307, le esigenze sottese alla riserva di disporre sono assicurate dallo schema operativo dell’affidamento fiduciario che consente: a) la tutela dell’integrità dei beni affidati; b) l’amministrazione corretta dei suddetti beni, alcuni dei quali richiedono anche la manutenzione straordinaria degli stessi e non già una semplice attività di gestione ordinaria; c) il superamento dei limiti quantitativi e di oggetto in cui è costretta la riserva di disporre; d) la protezione dei beni che costituiscono la garanzia della riserva.