Giuffré Editore

Il codice dei beni culturali: vincoli diretti e indiretti nella circolazione immobiliare[*]

Cristina Lomonaco

Ufficio Studi Consiglio Nazionale del Notariato


1. Il vincolo culturale diretto: l’art. 10 del codice dei beni culturali

La materia dei beni culturali è disciplinata dal d. lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 - codice dei beni culturali- modificato da prima con il d. lgs. 24 marzo 2006 n. 156, poi  dalla legge 4 agosto 2017, n. 124 e da ultimo dall’art. 46, comma 5, lett. b), n. 1), d.l. 24 febbraio 2023, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla l. 21 aprile 2023, n. 41 [1]

Secondo il comma 1 dell’art. 10 del codice dei beni culturali: «sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico».

Per tali beni – ossia per i beni culturali di proprietà pubblica o appartenenti a persona giuridica priva di scopo di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti[2]; ai fini dell’individuazione della culturalità occorre procedere tramite il procedimento di verifica di cui all’art. 12 del codice dei beni culturali. 

Tale procedimento, da attuarsi d’ufficio o su richiesta della parte alla quale appartengono i beni, è idoneo ad individuare un bene come culturale. 

In particolare, oggetto del procedimento di verifica sono le cose di appartenenza ai soggetti sopramenzionati che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre 70 anni se immobili. 

In tale contesto, la vetustà del bene si atteggia ad elemento oggettivo, in presenza del quale la cosa è sottoposta al regime speciale previsto per i beni culturali, con ciò configurando una presunzione legale (relativa di culturalità del bene) valevole fino all’espletamento della procedura di verifica di cui all’art. 12 del codice dei beni culturali[3]

Laddove il procedimento di verifica, che deve concludersi nel termine di 90 giorni[4], termini con l’accertamento della sussistenza dell’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, il comma 7 dell’art. 12 del codice dei beni culturali dispone che: «l’accertamento dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, effettuato in conformità agli indirizzi generali di cui al comma 2, costituisce dichiarazione ai sensi dell'articolo 13 ed il relativo provvedimento è trascritto nei modi previsti dall'articolo 15, comma 2. I beni restano definitivamente sottoposti alle disposizioni del presente Titolo».

Diversamente, se sulle cose sottoposte a verifica non sia stato riscontrato alcun interesse culturale il comma 4 dell’art. 12 del codice cit. prescrive che: «le cose medesime sono escluse dall’applicazione delle disposizioni del presente titolo».

Infine, prima del negozio di alienazione è richiesta l’autorizzazione; successivamente al trasferimento è richiesta la denuncia e, laddove ne  esistono i presupposti, la prelazione[5].

Accanto ai beni di proprietà dei soggetti di cui al comma 1 dell’art. 10 del codice dei beni culturali, il legislatore annovera, nel comma 3 dell’art. 10 del codice cit., i beni culturali di proprietà dei soggetti privati.

Infatti, secondo il comma 3 dell’art. 10 del codice dei beni culturali: «Sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13: a) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1»[6]

Ai fini della culturalità dei beni dei privati e di quelli delle società commerciali occorre fare riferimento alle disposizioni di cui agli artt. 13 e 14 del codice dei beni culturali, per ciò che attiene alla dichiarazione di interesse culturale e al relativo procedimento, nonché all’art. 15 del codice dei beni culturali, per ciò che riguarda la notifica della dichiarazione e la relativa trascrizione.

Gli elementi che caratterizzano il predetto procedimento sono i seguenti. 

In un primo momento il soprintendente avvia il procedimento per la dichiarazione dell'interesse culturale, dandone comunicazione al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto. 

Successivamente, la dichiarazione dell’interesse culturale è adottata dal Ministero ed è notificata al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto, tramite messo comunale o a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento. 

Infine, ove si tratti di cose soggette a pubblicità immobiliare o mobiliare, il provvedimento di dichiarazione è trascritto, su richiesta del soprintendente, nei relativi registri ed ha efficacia nei confronti di ogni successivo proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo[7]

Per tali beni, inoltre, al momento del trasferimento non si richiede la preventiva autorizzazione, ma occorre osservare esclusivamente le norme sulla prelazione, allorquando se ne verifichino gli estremi (alienazione a titolo oneroso), e fermo comunque l'obbligo di denuncia.

2. L’autorizzazione, la denuncia e la prelazione nella circolazione dei beni immobili culturali

Gli istituti che rilevano nella circolazione di un bene immobile culturale, e sui quali occorre soffermarsi, sono quelli dell’autorizzazione, della denuncia e della prelazione. 

L’autorizzazione si prefigge l’intento di porre la pubblica amministrazione nella condizione di valutare se il mutamento di titolarità del bene ne possa in qualche misura compromettere la conservazione e l’utilizzazione[8]

Tale atto è previsto per l’alienazione di un bene culturale, allorquando titolare del bene sia un ente pubblico o una persona giuridica senza scopo di lucro ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. 

Non sono, pertanto, soggetti ad autorizzazione i beni culturali appartenenti a persona fisica oppure a società commerciale. 

Inoltre, l’autorizzazione non è richiesta se l’alienazione viene fatta in favore dello Stato, e ciò in virtù della maggiore garanzia che offre la titolarità dello Stato per la conservazione e pubblica fruizione del bene stesso.

Il procedimento autorizzativo è un procedimento autonomo e separato rispetto al procedimento della prelazione: l’autorizzazione precede il negozio di alienazione, mentre la prelazione lo segue. 

Ognuno dei due procedimenti, infatti, si sviluppa in modo autonomo, senza sovrapposizioni.

La denuncia di cui all’art. 59 del codice dei beni culturali[9]; prevista in caso di alienazione del  bene culturale a chiunque appartenente,  ed ha lo scopo, da un lato, di informare l’autorità sulle vicende circolatorie del bene e, da un altro lato, di porre la stessa Autorità in grado di esercitare la prelazione, se di questa sussistano le condizioni.

Sono sottoposti a denuncia tutti quegli atti che trasferiscono in tutto o in parte, a qualsiasi titolo (oneroso e/o gratuito) la proprietà di beni culturali immobili o la detenzione di quelli mobili[10]

Più precisamente, la denuncia è l’atto di inizio di quel particolare procedimento amministrativo che termina con l’atto di esercizio della prelazione, ed è un atto separato e successivo al negozio di trasferimento del bene che pone l’amministrazione nella condizione di esercitare la prelazione. 

Dal momento di ricevimento della denuncia decorre, infatti, il termine per l’esercizio della prelazione, di cui agli artt. 60-62 del codice dei beni culturali.

A riguardo, il codice dei beni culturali prevede un duplice periodo per l’esercizio della prelazione: a) un periodo di 60 giorni in caso di denuncia tempestiva e regolare; b) un periodo di 180 giorni in caso di denuncia intempestiva o irregolare.

Infatti, in caso di denuncia irregolare, o omessa trova applicazione il secondo comma dell’art. 61 del codice dei beni cultuali, il quale prevede che: «nel caso in cui la denuncia sia stata omessa o presentata tardivamente oppure risulti incompleta, la prelazione è esercitata nel termine di centottanta giorni dal momento in cui il Ministero ha ricevuto la denuncia tardiva o ha comunque acquisito tutti gli elementi costitutivi della stessa ai sensi dell'articolo 59, comma 4».

La prelazione artistica rappresenta, nella problematica della negoziazione dei beni culturali, il momento più critico, perché incide sull’esito del negozio posto in essere, condizionandone pesantemente gli effetti[11]

Premesso ciò,  l’art. 60 del codice dei beni culturali  prevede ai fini dell’esercizio della prelazione i seguenti presupposti[12]

Riguardo all’oggetto dell’atto deve trattarsi: di un atto di alienazione a titolo oneroso di un bene culturale o di un conferimento di beni in società.

Riguardo al prezzo il Ministero o, nel caso previsto dall’art. 62, comma 3, la regione o l’altro ente pubblico territoriale interessato, potranno acquistare il bene culturale: nel caso di atto di trasferimento del bene culturale a titolo oneroso al medesimo prezzo stabilito nell’atto di alienazione; in caso di beni conferiti in società al medesimo valore attribuito nell'atto di conferimento.

La prelazione, come già detto, è esercitata entro 60 giorni che decorrono dalla data di ricezione della denuncia.

In linea di principio, lo scopo della prelazione è quello di soddisfare l’interesse pubblico al godimento ed alla conservazione del patrimonio artistico.

Per realizzare tale scopo, è necessario che in seguito all’esercizio della prelazione da parte dello Stato, quest’ultimo acquisti il diritto di proprietà della cosa[13]

Secondo il comma 4 dell’art. 61 del codice dei beni culturali in pendenza del termine per l’esercizio della prelazione l’atto di alienazione rimane condizionato sospensivamente all’esercizio della prelazione e all’alienante è vietato effettuare la consegna della cosa. 

Dunque trascorso il termine prescritto per l’esercizio della prelazione senza che lo Stato o l’ente locale abbia esercitato il diritto di prelazione (oppure in caso di dichiarazione entro il termine di legge di non voler esercitare la prelazione) il negozio giuridico acquista ex tunc tutti i suoi effetti[14]

In caso di inosservanza delle prescritte formalità il legislatore prevede l’applicazione di una sanzione che attiene alla nullità dei relativi atti compiuti e una sanzione di tipo penale.

Più precisamente: l’art. 164 del codice dei beni culturali dispone che: «le alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici in genere, compiuti contro i divieti stabiliti dalle disposizioni del titolo I della parte seconda, o senza l’osservanza delle condizioni e modalità da esse prescritte, sono nulli». 

La violazione della normativa in materia di codice dei beni culturali, in seguito all’abrogazione dell’art. 173 del codice dei beni culturali, a decorrere dal 23 marzo 2022, comporta anche l’applicazione dell’art. 518-novies, del codice penale secondo cui: «É punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da euro 2.000 a euro 80.000: 1) chiunque, senza la prescritta autorizzazione, aliena o immette sul mercato beni culturali; 2) chiunque, essendovi tenuto, non presenta, nel termine di trenta giorni, la denuncia degli atti di trasferimento della proprietà o della detenzione di beni culturali; 3) l'alienante di un bene culturale soggetto a prelazione che effettua la consegna della cosa in pendenza del termine di sessanta giorni dalla data di ricezione della denuncia di trasferimento».

3. Il vincolo indiretto

Accanto a quei beni sottoposti a vincolo culturale cd diretto vi possono essere dei beni che pur non essendo culturali sono sottoposti ad un vincolo indiretto. 

La definizione di vincolo indiretto è contenuta nell’art. 45 del codice dei beni culturali (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), secondo cui: «1. Il Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro. 2. Le prescrizioni di cui al comma 1, adottate e notificate ai sensi degli articoli 46 e 47, sono immediatamente precettive. Gli enti pubblici territoriali interessati recepiscono le prescrizioni medesime nei regolamenti edilizi e negli strumenti urbanistici».

La costituzione di tale tipo di vincolo ha come base la preventiva adozione di un vincolo culturale diretto sul bene oggetto della tutela principale[15]

Sugli immobili dunque possono esserci due vincoli: uno – diretto – che grava su di un immobile riconosciuto culturale (ai sensi dell’art. 10 del codice dei beni culturali) e l’altro indiretto posto su di un altro bene volto a proteggere l’integrità del bene culturale o, come afferma la giurisprudenza, volto a salvaguardare il contesto in cui il bene culturale si inserisce[16]

Ci si riferisce al vincolo indiretto proprio per evidenziare il fatto che gli effetti giuridici dei provvedimenti in esso previsti, pur esplicandosi su beni diversi da quelli che investono quelli di particolare pregio artistico e storico, sono funzionalmente collegati al vincolo che grava su questi ultimi. 

In altri termini,  tramite la tutela indiretta si intendono creare: «le condizioni affinché il valore culturale insito nel bene possa compiutamente esprimersi, senza altra delimitazione spaziale e oggettiva che non quella attinente alla sua causa tipica, che è di “prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro, secondo criteri di congruenza, ragionevolezza e proporzionalità. Tali criteri sono tra loro strettamente connessi e si specificano nel conseguimento di un punto di equilibrio identificabile nella corretta funzionalità dell’esercizio del potere di vincolo: perciò il potere che si manifesta con l’atto amministrativo deve essere esercitato in modo che sia effettivamente congruo e rapportato allo scopo legale per cui è previsto. Scopo legale che, nel caso del vincolo culturale indiretto, concerne, come si è detto, la cosiddetta cornice ambientale di un bene culturale: ne deriva che il limite di legittimità in cui si iscrive l’esercizio di tale funzione deve essere ricercato nell'equilibrio che preservi, da un lato, la cura e l'integrità del bene culturale e, dall'altra, che ne consenta la fruizione e la valorizzazione dinamica[17]

4. La circolazione del bene sottoposto a vincolo indiretto 

Premesso il contenuto del vincolo indiretto, bisogna interrogarsi sulle conseguenze che l’imposizione di tale tipo di vincolo pone sulla circolazione del bene stesso. 

In altri termini, occorre verificare se il trasferimento di un bene immobile sottoposto a vincolo culturale indiretto debba essere assoggettato alla disciplina di cui al codice dei beni culturali. 

In caso di trasferimento di un bene culturale le disposizioni che rilevano sono quelle attinenti alla (preventiva) autorizzazione (artt. 53-58 del codice), denuncia (art. 59 del codice) e prelazione (artt. 60-62 del codice). 

Tali disposizioni come detto hanno ad oggetto un bene culturale che deve essere tutelato e la cui conservazione deve essere garantita. 

Gli immobili assoggettati al cd. vincolo indiretto invece non costituiscono bene culturale.

Il bene assoggettato a vincolo culturale indiretto è infatti volto ad avvantaggiare un bene culturale e non è mai per sé stesso bene culturale.

Ne consegue che esso non sarà assoggettato, ove alienato a terzi, né ad autorizzazione preventiva, né a denuncia ai fini della prelazione artistica[18]


NOTE:

* Il presente contributo ha ad oggetto l’analisi della disciplina che trova applicazione in caso di circolazione di un bene immobile sottoposto a vincolo culturale diretto nonché quella di riferimento nella diversa ipotesi di trasferimento di un bene immobile sottoposto a vincolo culturale indiretto.

[1] Sul punto per maggiori approfondimenti si rinvia a C. LOMONACO, voce Beni culturali, La circolazione, in Dizionario giuridico del Notariato, 2022; C. LOMONACO, La circolazione dei beni culturali, focus 2/2015, in Studi e materiali, 2018; M.C. LUPETTI – C. LOMONACO, Il vincolo culturale indiretto nella circolazione immobiliare, studio n. 53-2024/P, in corso di pubblicazione in Studi e materiali; C. LOMONACO, Miti e riti delle vicende circolatorie dei beni culturali. Tradizione e pos-modernità in Percorsi notarili  nel ‘giuridico pos-moderno’ della post verità, Milano , 2024.

[2] C. LOMONACO, I controlli canonici nella circolazione dei beni immobili di proprietà di un ente, focus 1/2017, in Studi e Materiali, 2018.

[3] C. LOMONACO, Miti e riti delle vicende circolatorie dei beni culturali. Tradizione e pos-modernità, cit. 

[4] Ciò ai sensi del comma 10 dell’art. 12 cit. come modificato da ultimo dall’art. 46, comma 5, lett. b, n. 1, d.l. 24 febbraio 2023, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 aprile 2023, n. 41.

[5]C. LOMONACO, voce Beni culturali, La circolazione, cit.; cfr. C. LOMONACO, Miti e riti delle vicende circolatorie dei beni culturali. Tradizione e pos-modernità, cit.

[6] Si riporta di seguito anche il testo seguente del comma 3 dell’art. 10 del codice dei beni culturale: «b) gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante; c) le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale; d)  le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse, particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose. Se le cose rivestono altresì un valore testimoniale o esprimono un collegamento identitario o civico di significato distintivo eccezionale, il provvedimento di cui all'articolo 13 può comprendere, anche su istanza di uno o più comuni o della regione, la dichiarazione di monumento nazionale; d-bis) le cose, a chiunque appartenenti, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l'integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione; e) le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che non siano ricomprese fra quelle indicate al comma 2 e che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica, storica, archeologica, numismatica o etnoantropologica, rivestano come complesso un eccezionale interesse».

[7] G. CASU, Codice dei  beni culturali. Prime riflessioni, studio n. 5019, in Studi e materiali, 2014; A. PISCHETOLA, Circolazione dei beni culturali e attività notarile in Quaderni del Notariato, Milano, 2006, 37;  G. CASU, Beni culturali e contrattazione immobiliare, in Studi e materiali, 2001; C. LOMONACO, voce Beni culturali, La circolazione, cit.; C. LOMONACO, La circolazione dei beni culturali, cit.

[8] Le disposizioni di riferimento contenute nel codice dei beni culturali sono articoli 53-58. Per un esame dettagliato dell’ambito di applicazione dell’autorizzazione si rinvia a C. LOMONACO, voce Beni culturali, La circolazione, cit.

[9] C. LOMONACO, voce Beni culturali, La circolazione, cit.; C. LOMONACO, Miti e riti delle vicende circolatorie dei beni culturali. Tradizione e pos-modernitàcit.

[10] C. LOMONACO, voce Beni culturali, La circolazione, cit.

[11] C. LOMONACO, L’esercizio della prelazione artistica nell’analisi della giurisprudenza, in Questioni ed argomenti tra evoluzione normativa ed orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, in Biblioteca della Fondazione italiana del Notariato, 2020, 307.

[12] C. LOMONACO, voce Beni culturali, La circolazione, cit.; C. LOMONACO, La circolazione dei beni culturali, cit.

[13] Per quanto attiene all’ambito di applicazione della prelazione e alla relativa casistica si rinvia a C. LOMONACO, voce Beni culturali, La circolazione, cit.

[14] C. LOMONACO, Miti e riti delle vicende circolatorie dei beni culturali. Tradizione e pos-modernità, cit.; C. LOMONACO, voce Beni culturali, La circolazione dei beni culturali, cit.

[15] C. LOMONACO, La circolazione dei beni culturali, cit. Si rinvia per una disamina sul tema a M.C. LUPETTI – C. LOMONACO, Il vincolo culturale indiretto nella circolazione immobiliare, cit.

[16] Cons. Stato, 10 febbraio 2020, n. 1023, in  Redazione Giuffrè, 2020. Cfr. M.C. LUPETTI – C. LOMONACO, Il vincolo culturale indiretto nella circolazione immobiliare, cit.

[17] Cons. Stato sez. VI, 27 luglio 2015, n. 3669, in Foro amm., 2015, 7-8, 1991; Cons. Stato, 10 maggio 2021, n. 3663, in Riv. giur. ed., 2021 n. 929; Cons. Stato, 06 settembre 2002, n. 4566, in  Foro amm., 2022, 2993; Cons. Stato, sez. VI, 30 giugno 2021, n. 4923, in Riv. giur. ed., 2021, 1337; Tar Puglia, 24 settembre 2020, n. 347, in Foro amm., 2020, 532, Cons. Stato, 10 febbraio 2020, n. 1023, in Redazione Giuffrè, 2020.

[18] M.C. LUPETTI – C. LOMONACO, Il vincolo culturale indiretto nella circolazione immobiliare, cit;  C. LOMONACO, La circolazione dei beni culturali, cit.