Giuffré Editore

Il dovere di consiglio da parte del notaio in ambito fiscale  

Relazione tenutasi nell'ambito del convegno "Questioni fiscali di interesse notarile tra provvedimenti normativi, documenti di prassi e orientamenti giurisprudenziali" - Milano, 17 gennaio 2020

Adriano Pischetola, Notaio in Perugia


Una premessa

Si legge in una sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 13 gennaio 2003, n. 309 ormai diventata famosa (in quanto paradigmatica di una particolare sensibilità, per così dire, al ruolo sempre più penetrante svolto dal notaio nel rapporto tra fisco e cittadino) che un notaio accorto, chiamato a stipulare un atto in cui le parti interessate si dichiarano "coltivatori", ha l'obbligo, ai sensi dell'art. 1176 c.c., di svolgere una adeguata ricerca legislativa (e di successiva consulenza) al fine di far conseguire alle parti il regime fiscale più favorevole, ove per avventura, non fossero già a conoscenza dello stesso. 

Nella fattispecie non era stata richiesta dalla parte la esenzione dall'ormai soppressa Invim ex art. 25, lett. d, d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643 prevista per i trasferimenti nell'ambito di una famiglia diretto-coltivatrice ove sussistessero determinati requisiti, da provare con una certificazione dell'Ispettorato Provinciale Agrario; il notaio aveva sostenuto che al riguardo non poteva essere affermata la sua responsabilità in relazione al mancato compimento di attività che esulavano dai suoi compiti istituzionali, gravanti a suo giudizio sulla parte interessata ad ottenere l'agevolazione.

Ahimè, la difesa del notaio non trovò conferma nelle riflessioni che svolsero i Supremi giudici, i quali si richiamarono ai doveri di diligenza ex comma 2 art. 1176 c.c., doveri cui anche il notaio si dovrebbe attenere in considerazione della ‘natura dell’attività esercitata’. 

Il quadro generale dentro il quale si articola il ragionamento sotteso alle presenti riflessioni non può non tenere in debita considerazione quanto si legge all'art. 42 (particolarmente la lett. a) dei Principi di deontologia professionale dei notai di cui al testo approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato con deliberazione n. 2/56 del 5 aprile 2008 ((in G.U. n. 177 del 30 luglio 2008)Come è noto l'art. 42 esordisce stabilendo che «Il notaio è tenuto, in particolare, a svolgere, anche nell’autenticazione delle firme nelle scritture private, in modo adeguato e fattivo le seguenti attività:

a) informare le parti sulle possibili conseguenze della prestazione richiesta, in tutti gli aspetti della normale indagine giuridica demandatagli e consigliare professionalmente le stesse, anche con la proposizione di impostazioni autonome rispetto alla loro volontà e intenzione;

b) proporre la scelta del tipo negoziale più adeguato alle decisioni assunte dalle parti, accertandone la legalità e la reciproca congruenza, svolgendo le richieste attività preparatorie ....».


I principi che regolano il dovere di consiglio in ambito fiscale da parte del notaio; indicazione di possibili ambiti in cui tale consiglio si esplica

Ci si chiede allora in via preliminare, e per la particolare prospettiva da cui prendono le mosse le seguenti riflessioni, se tale dovere di consiglio ricomprenda o meno un obbligo di qualificata consulenza fiscale[[1]].

In via generale, e anche, se si vuole, a prescindere dal principio deontologico dell'art. 42, dalle stesse norme ‘di sistema’ è dato desumere che la consulenza fiscale da parte del notaio – e più significativamente nell’ambito delle imposte indirette – concorre sicuramente a connotare un profilo strutturale della sua prestazione.

Quale che sia infatti il rapporto (di mandato o di prestazione d’opera intellettuale, a seconda della qualificazione ritenuta più congrua) intercorrente tra notaio e parte, è fuor di dubbio che nell’adempimento della sua obbligazione professionale la diligenza richiesta al notaio, parametrata alla natura dell’attività esercitata ai sensi del citato art. 1176, comma 2 c.c., è senz’altro ben superiore a quella generica del ‘bonus pater familias’ (ex art. 1176 comma 1)[[2]]: si può definire infatti – se non si rischiasse di peccare di qualunquismo – una diligenza ‘disegnata dai tempi’, in cui l’aspetto e il profilo della rilevanza fiscale delle vicende negoziali (mediate dall’attività notarile) assumono sempre più spessore. Con termini più tecnici si è ben detto che l’onere informativo sul versante fiscale gravante sul notaio risponde a quella cd. funzione di adeguamento[[3]] che è indirizzata a dare piena attuazione alla volontà delle parti (oggetto dell’indagine notarile ex art. 47 della legge n. 89 del 1913) e i cui confini restano, tutto sommato, incerti e tenui[[4]].

Se comunque la sua obbligazione professionale resta, concettualmente, un ‘obbligazione di mezzo’, è ben vero che al notaio viene richiesta dal sistema una sorta di garanzia sulla ‘bontà’ del prodotto finale e sulla sua rispondenza al programma negoziale perpetrato dalle parti[[5]]. Basta scorrere gli atti notarili dei tempi che tutti noi oggi viviamo (profondamente diversi da quelli nei quali veniva espletata ed esaltata la mera funzione cd. documentale e/o istituzionale del notaio) per rendersi conto di come sia venuta accrescendosi ed affinandosi[[6]] tale funzione adeguatrice (basti pensare alla molteplicità dei richiami legislativi, come degli adempimenti documentati in atto anche in materia di impiantistica ed energetica, delle menzioni di tipo fiscale e in materia di antiriciclaggio, ecc.). Ciò nel contempo vuol dire che se da un lato in ogni caso la prestazione professionale deve essere eseguita ‘secondo buona fede’ ex art. 1375 c.c. (e la ‘bona fides’ nell’ambito che ci occupa implica l’utilizzo di tutti gli accorgimenti tecnico-giuridici, pre e post-stipula, e il ricorso a tutto il patrimonio di conoscenze anche fiscali che possano essere messe in campo dal notaio per meglio realizzare la volontà delle parti conformemente all’ordinamento), dall’altro il parametro dell’art. 2236 c.c. dettato in materia di ‘Responsabilità del prestatore d’opera’ intellettuale – e che consentirebbe di invocare la speciale difficoltà dei problemi tecnici connessi con la prestazione professionale per andare esente da quella stessa responsabilità, salvo il dolo o la colpa grave – non pare, di regola, adeguatamente applicabile alla prestazione notarile, salvo appunto difficoltà realmente eccezionali[[7]].

Diversamente non si capirebbe perché un Tribunale[[8]] ha ritenuto responsabile un notaio che aveva trascurato di comunicare al venditore la possibilità della liquidazione dell’imposta sulla plusvalenza generata dall’alienazione di un immobile in via forfettaria, a mani del notaio stesso[[9]], e in altra circostanza altro Tribunale[[10]] ha ritenuto responsabile un altro notaio che aveva omesso di rilevare la natura ‘di lusso’ dell’immobile (avente superficie superiore ai 240 mq) per il quale la parte si era indotta a richiedere le agevolazioni 'prima casa'. 

 In verità pare ormai ‘ius receptum’ il principio, chiaramente espresso anche nella Giurisprudenza della medesima Corte di Cassazione, per cui il notaio deve svolgere qualsiasi prestazione (anche accessoria o strumentale a quella puramente istituzionale) che consenta alle parti di pervenire al risultato pratico dalle stesse perseguito[[11]], non escluso – anzi ‘in primis’ – quello di tipo fiscale. Ciò emerge con nitidezza di contorni da una sentenza del 2008[[12]] della Suprema Corte in cui viene condannato un notaio che, pur avendo inserito in atto l’istanza per l’attribuzione della rendita catastale ai sensi della legge n. 154 del 1988, poi aveva omesso di inoltrarla all’UTE, respingendosi la tenue difesa opposta dal notaio per il quale si trattava di adempimento non connesso alle sue funzioni, a carico delle sole parti. In quella sede i Giudici Supremi hanno al contrario fissato il principio per cui «Il notaio, indipendentemente dal conferimento di uno specifico incarico, deve compiere tutte quelle attività necessarie per assicurare il raggiungimento dello scopo pratico perseguito dalle parti, anche sotto il profilo del godimento del regime fiscale più favorevole».

Pare pertanto ormai minoritaria e da ritenere superata la diversa opinione per cui l’individuazione del più favorevole regime fiscale per il contribuente sarebbe al di fuori dell’ambito strettamente preparatorio dell’atto da rogare, poiché per legge al notaio incomberebbe soltanto di raccogliere la volontà delle parti e rivestirla della forma richiesta dall’ordinamento nonché di provvedere al pagamento, per conto del cliente, e salvo rivalsa, delle imposte dovute, salvo il caso in cui al medesimo sia stato espressamente conferito proprio l’incarico dello studio della questione fiscale[[13]].

Vieppiù. La funzione di indirizzo, di avvertimento, di suggerimento e di orientamento nelle scelte negoziali e nell’adozione (o meno) di determinate clausole negoziali potrebbe poi concretizzarsi, di fatto, in un’attività di interpello – preventiva o coeva all’atto da stipulare – espletata nei confronti della parte. 

Inoltre, da quanto fin qui detto, emerge l'opportunità, per il notaio rogante, stante il regime della responsabilità contrattuale e l’inversione dell’onere della prova prevista dall’art. 1218 c.c., che il notaio precostituisca la prova documentale della consulenza fornita e delle soluzioni dallo stesso indicate, e quindi di far risultare per tabulas (da una scrittura a latere ma preferibilmente proprio dall'atto rogato o autenticato) che la parte è stata richiesta dal medesimo notaio rogante di avvalersi o meno di determinate sue facoltà o, se ad avviso della parte stessa ne ricorrano i presupposti, di eventuali trattamenti fiscali agevolati.

A solo a scopo esemplificativo e certamente non esaustivo, si indicano di seguito taluni dei possibili ambiti con riferimento ai quali la detta consulenza possa svolgersi, sempre nell'economia delle libere scelte redazionali adottate dal singolo notaio, al cui solo prudente apprezzamento quelle scelte sono rimesse. 

Pensiamo alla segnalazione o all'interpello da farsi da parte del notaio in ordine alla possibilità di avvalersi o meno della facoltà di liquidazione dell'imposta forfettaria sulla plusvalenza, ex art. 1, comma 496, l. 23 dicembre 2005, n. 66; alla circostanza per cui in relazione a terreni edificabili o agricoli alienati o a quote societarie cedute, possa essere stata effettuata o meno la rivalutazione prevista dall'articolo 2, comma 2, del d.l. 24 dicembre 2002, n. 282, convertito in legge 21 febbraio 2003, n. 27, come modificato dall'articolo 1, comma 1053, della legge 30 dicembre 2018, n. 145; alla intenzione o meno dell'alienante (venditore o donante) di riservare a sé (piuttosto che all'acquirente o al donatario) la detrazione dall'imposta lorda sui redditi per spese eseguite per interventi di recupero del patrimonio edilizio e/o di riqualificazione energetica dell'edificio (ai sensi del comma 8, art. 16-bis del d.P.R. n. 917 del 1986); alla intenzione o meno (e quindi anche all'intenzione negativa, per inesistenza dei presupposti o per libera scelta della parte) di avvalersi di un particolare regime fiscale, come quello per 'la prima casa', o ai regime speciali ex art. 19 della legge n. 74 del 1987 in materia di separazione e/o divorzio, in materia di proprietà contadina di cui all'art. 2 comma 4-bis del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194 convertito in legge 26 febbraio 2010, n. 25, in materia di proprietà montana – agevolazioni di nuovo fruibili a partire dal 1° gennaio 2017 per effetto di quanto disposto dall'art. 1, comma 47 della legge di stabilità per il 2017 (l. 11 dicembre 2016, n. 232 ) – o in materia di compendio unico (anche queste agevolazioni si devono intendere fruibili per effetto della modifica apportata dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1 comma 57 per il quale «Tutti gli atti e i provvedimenti emanati in esecuzione dei piani di ricomposizione fondiaria e di riordino fondiario promossi dalle regioni, dalle province, dai comuni e dalle comunità montane sono esenti da imposta di registro, ipotecaria, catastale e di bollo»); o in materia di edilizia residenziale pubblica, segnatamente con riferimento all'ambito applicativo degli artt. 32 del d.P.R. n. 601 del 1973 e 20 della legge Bucalossi n. 10 del 1977; alla possibilità di avvalersi o meno del ‘credito d’imposta’ ex articolo 7 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 con riferimento anche ai possibili diversi modi alternativi di utilizzo previsti dalla norma; alla pertinenzialità o meno del bene acquistato dalla parte rispetto ad altro immobile ad uso abitativo di eventuale residua titolarità per l’applicazione della c.d. regola del 'prezzo-valore' di cui al comma 497, art. 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266; alla possibilità di avvalersi del particolare regime di esenzione dall'imposta di successione e donazione per i trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli artt. 768-bis e seguenti c.c. a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse nonché di quote sociali e azioni, qualora ricorrano le condizioni di cui al comma 4-ter, art. 3 del T.U. n. 346 del 1990.


La particolare fattispecie di cui alla sentenza della Cassazione n. 3984/2019

La Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 3984, dep. 12 febbraio 2019 perviene ad una significativa e incisiva definizione del dovere di consiglio del notaio: questo va espletato nei confronti delle parti, afferma la Corte, esplicitando rischi e conseguenze connessi alla stipula, con attività di completa e compiuta informazione delle complesse questioni di diritto che ne possano scaturire.

Nel merito la fattispecie sottoposta al giudice di legittimità riguardava una cessione immobiliare in relazione alla quale l'Amministrazione finanziaria aveva contestato alla parte venditrice la maturazione di una plusvalenza costituita dalla differenza tra il corrispettivo esposto nell'atto e il prezzo originario di acquisto del bene ceduto, ancorché nell'atto di trasferimento si fosse fatto espresso riferimento ad una perizia giurata (predisposta ai sensi dell'art. 7 della legge n. 448 del 2001 per la rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola), da cui si evinceva un valore superiore al prezzo dichiarato[[14]].

È singolare sottolineare come la Suprema Corte affermi la responsabilità del notaio rogante per non aver edotto compiutamente le parti circa i rischi di indicazione di un prezzo inferiore al maggior valore periziato, pur ribadendo il proprio fermo convincimento (formulato già in altri arresti, Cass. n. 25501/2018; n. 19242/2016) per il quale la mancata menzione del detto valore, così come rideterminato a norma della legge n. 448 del 2001, non costituisce condizione ostativa alla facoltà del contribuente di assumerlo come valore iniziale, in luogo del costo o valore di acquisto originario. Non sussistono, notano i giudici supremi, limitazioni poste in tal senso dalla legge; e neanche depone in senso contrario il diverso orientamento dell'Amministrazione finanziaria (circ. 1/E del 15 febbraio 2013; ris. 53/E del 27 maggio 2015), che, invece, reputa essenziale l'esposizione in atto del valore 'periziato' al fine di accedere al beneficio tributario connesso con la rideterminazione del valore di acquisto del bene ceduto, stante – afferma il giudice di legittimità - la «irrilevanza di ... atti non normativi». Anzi di recente proprio la Suprema Corte in altro arresto (n. 2894/2019) ha confermato un principio dalla medesima già enunciato, per cui la scelta del contribuente di calcolare il valore del bene ai sensi dell'art. 7 legge n. 448 del 2001, in deroga al sistema ordinario, facendo redigere apposita perizia giurata ed effettuando il relativo versamento, non determina alcun vincolo nella successiva vendita e non limita pertanto la facoltà di alienare il bene ad un prezzo inferiore, sicché deve escludersi, in tale ipotesi, la decadenza del contribuente dal beneficio stesso.

Ciò non ostante, come si diceva, viene enfatizzata l'importanza di rinvenire nel notaio rogante colui che si presti con scrupolo ad 'informare le parti sulle possibili conseguenze della prestazione richiesta' (come richiesto dal citato art. 42, comma 1, lett. a) dei Principi di deontologia professionale).

Pertanto pare di capire – sulla base di quanto si evince dai contenuti della ricordata sentenza – che il ruolo consultivo del notaio rogante si esplichi a fronte non già dell’aspettativa di legittime o meno legittime pretese impositive da parte dell'A.F., ma della esigenza di una complessiva sensibilizzazione della parte che ne richiede il ministero con riguardo a particolari profili tecnico-fiscali e che essa possa non essere in grado di valutare con sufficiente cognizione di causa. 

Ciò è particolarmente vero (e complesso) con riferimento alla normativa tributaria che afferisce ad ogni atto notarile, e, vieppiù, talora, alle particolari interpretazioni di cui si fa portatrice l’A.F. in circolari, risoluzioni e risposte ad interpello[[15]]. Sotto questo particolare angolo visuale, e solo a titolo esemplificativo, corre l’obbligo ricordare il pronunciamento di un giudice di merito (Trib. Rimini, 29 febbraio 2016, n. 311), che ha ritenuto il notaio convenuto responsabile d’aver consigliato alle parti di concludere un atto di divisione con massa formata in parte da beni di provenienza successoria, ed in parte di provenienza donativa, ritenendo tale atto tassabile a norma dell’art. 34, comma IV, del d.P.R. n. 131 del 1986, mentre l’Agenzia delle entrate aveva riqualificato lo stesso in termini di permuta, applicando un regime fiscale ben più gravoso.

Qui però non va sottaciuto che – al di là della ipotesi di ricostruzioni negoziali che possano risultare contrarie con tutta evidenza a precise norme tributarie o ad orientamenti giurisprudenziali o della medesima prassi amministrativa pacificamente condivisi e applicati anche nella prassi professionale in quanto oggettivamente fondati – non pare così scontato e immediato poter argomentare per un’omissione del notaio nell’adempimento del dovere di consiglio, qualora l’adozione di una determinata soluzione negoziale o – in una prospettiva speculare – la mancata adozione di una determinata ricostruzione negoziale o anche di una singola clausola dipendano o possano dipendere dalla circostanza per cui vi sia incertezza interpretativa negli orientamenti giurisprudenziali o della stessa prassi amministrativa in ordine alle materie e alle problematiche che la singola e concreta fattispecie negoziale possa sollevare. Ciò tanto più qualora vi sia contrasto e/o disallineamento tra gli orientamenti della giurisprudenza, specialmente di legittimità, da un lato e quelli dell’amministrazione finanziaria, dall’altro, proprio come si è verificato nella fattispecie di cui alla ricordata sentenza della Cassazione n. 3984/2019.


Ambito e confini oggettivi del dovere di consiglio

È lecito allora a questo punto chiedersi in modo più specifico se sia possibile circoscrivere un ambito oggettivo e allo stesso tempo tracciare uno o più confini del dovere di consiglio imposto al notaio. 

Anche da quanto emerge dagli orientamenti elaborati al riguardo dalla giurisprudenza, in particolare della Suprema Corte, viene in primo piano un profilo connesso alla specializzazione professionale del notaio, in particolare quello connesso con le sue particolari conoscenze tecniche. Sicché viene dato un particolare rilievo alle attività preparatorie e successive (Cass. n. 13617/2012), alle conseguenze giuridiche della prestazione – anche se non alle mere circostanze di fatto dell'affare concluso – (Cass. n. 11665/2015), soprattutto alle problematiche e questioni tecniche che richiedono, per la loro soluzione, un grado di particolare preparazione professionale (Cass. n. 7707/2007); in ultima analisi, assicurando, in tal modo, il corretto adempimento professionale, sulla base di informazioni complete, pertinenti, puntuali e corrette (Cass. n. 12482/2017)[[16]].

D’altra parte il raggio di operatività di tale ‘dovere di consiglio’ è assolutamente diversificato e plurale e non unidirezionale, nei confronti di tutte le parti dell’atto, e non solo di quella che abbia conferito incarico professionale al notaio: ciò nel rispetto del principio di imparzialità e del dovere di equidistanza cui si deve ispirare la sua condotta[[17]]. 

Ma proprio dalla sentenza della Cassazione appena ricordata viene ribadito un limite oggettivo al dovere di consiglio, allorquando si statuisce che esso, nel rispetto del principio di autoresponsabilità delle parti del contratto, non si spinge fino alla valutazione della convenienza economica dell'operazione, né tantomeno fino alle valutazioni che rientrano nella normale prudenza esigibile da chiunque, ma trova il proprio ambito elettivo nelle questioni tecniche, ossia in quelle che sfuggono di norma alla cognizione e alla comprensibilità dell'uomo medio o comunque non dotato di specifiche conoscenze in ambito giuridico.

Di tale principio sembra aver fatto applicazione anche il Tribunale di Milano nella sentenza n. 8900 del 7 settembre 2018 che ha respinto la domanda proposta dal cliente nei confronti del notaio, con la quale si invocava la sua condanna in forza della pretesa violazione del dovere informativo in sede di compravendita immobiliare.

L’attore lamentava di aver ricevuto due avvisi di liquidazione da parte dell’Agenzia delle entrate fondati sull’insussistenza dei presupposti di diritto all’agevolazione prima casa, contrariamente a quanto era stato indicato nell’atto di acquisto.

La decisione del Tribunale di Milano, pur mantenendo fermo il principio secondo cui rientrano nell’opera professionale notarile tutte le predette attività preparatorie e successive finalizzate al miglior compimento dell’atto, tratteggia con precisione il perimetro del c.d. “dovere di consiglio”. 

Allineandosi all’indirizzo di legittimità, il Giudice ha chiarito che, in presenza di un cliente titolare di conoscenze specialistiche, come nel caso ‘de quo’ in cui l’attore era un dirigente bancario con precise competenze in materia fiscale, il notaio non è tenuto a rispondere per quelle circostanze che la stessa parte avrebbe potuto percepire o rappresentarsi per conto proprio.

Fermi restando i principi di diligenza qualificata, terzietà e indipendenza che caratterizzano l’attività del notaio, il dovere di consiglio a cui il professionista è tenuto non ha quindi contenuto assoluto e immutabile e ha ad oggetto questioni tecniche, quindi problematiche, che il cliente ordinario, non dotato di specifica competenza nel settore, non sarebbe in grado di percepire o non potrebbe in altro modo conoscere. Detto dovere non si estende, infatti, fino al controllo della convenienza economica dell’operazione, o di circostanze di fatto il cui accertamento rientra nella normale prudenza (Cass., 9 marzo 2007, n. 7707).

In particolar modo, nel caso esaminato, il notaio non aveva, né poteva avere, conoscenza effettiva degli aspetti che avrebbero poi dato corso alle contestazioni dell’Agenzia delle entrate, nello specifico le dimensioni dell’unità immobiliare, non essendo stata allegata al contratto alcuna planimetria dell’immobile.

L’intervento di un altro professionista (nella fattispecie un architetto), piuttosto, ha avvalorato la tesi per cui l’attore fosse ben consapevole della sua reale estensione e quindi, in forza delle proprie competenze in materia fiscale, ragionevolmente in grado di rappresentarsi ciò che questo dato avrebbe potuto comportare in tema di tassazione.

Tanto è bastato, secondo l’interpretazione del Tribunale di Milano, per ritenere assolto l’onere informativo (dovere di consiglio) del notaio rispetto a dichiarazioni di provenienza delle parti che, quindi, se ne devono assumere la responsabilità, ove siano in grado di percepirne, anche potenzialmente, la portata.

Non solo pertanto il possesso di conoscenze specialistiche della parte che si avvale del ministero notarile contribuisce a definire l'ambito e quindi anche il limite del 'dovere di consiglio', ma, sotto questo profilo, anche la conoscenza o, più spesso, la mancata conoscenza da parte del notaio dei presupposti di fatto per l'applicazione di un particolare trattamento, specie in ambito fiscale. È stato al riguardo ritenuto che il dovere di consiglio «non implica un obbligo di ricerca ed indagine che si estenda al di là della legislazione, dottrina, giurisprudenza e prassi amministrativa, e che riguardi in particolare i presupposti di fatto per la sussistenza di particolari trattamenti di favore, che non siano comunicati dalle parti al notaio. In altri termini …, non sembra che l’obbligo del notaio possa andare al di là di una consulenza, alle parti interessate, circa la corretta interpretazione delle norme tributarie e l’applicabilità di uno specifico trattamento fiscale nella fattispecie concreta, a fronte di dati presupposti dichiarati dalle parti»[[18]] .

Va peraltro qui rilevato che in un recente arresto proprio il giudice di legittimità ha enunciato il principio per cui «la soglia della diligenza minima esigibile dal professionista ai sensi dell'art. 1176 c.c., comma 2, è indeclinabile, e non si abbassa sol perchè il committente possegga specifiche competenze professionali». 

Ciò potrebbe significare pertanto che non si può considerare il possesso di tale specifiche competenze, sempre e in ogni caso, come una sicura esimente della responsabilità professionale notarile[[19]].


Conclusioni

In una sentenza di qualche anno fa[[20]] la Suprema Corte notava correttamente che l’odierna connotazione del ruolo notarile registra oltre «all'allargamento dell'oggetto della prestazione professionale di redazione degli atti pubblici di trasferimento, comprensivo della fase preparatoria e successiva a quella propria di redazione» anche «… l'innalzamento della soglia di diligenza media esigibile, cui corrisponde l'estensione dell'area di responsabilità per sola colpa lieve e la riduzione dell'area di speciale difficoltà della prestazione, della quale il professionista risponde solo in caso di dolo o di colpa grave».

Ciò forse è conseguenza anche del fatto – come è stato fatto notare – per cui «l’alta specializzazione professionale della categoria notarile, unita alle funzioni pubblicistiche, ha reso il notaio, nei modelli di decisione e nelle aspettative dei clienti, un professionista poliedrico: documentatore, interprete qualificato e consulente delle parti, che ad esso si rivolgono per la redazione degli atti pubblici, attraverso i quali realizzare assetti di interessi meritevoli, che trovino composizione secondo principi di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità, in un ordinamento caratterizzato da una crescente complessità»[[21]].

D’altra parte è pur vero che tale processo di più incisiva qualificazione della funzione notarile deve poi confrontarsi con le situazioni reali e concrete in cui si colloca di fatto la ‘storia’ della singola vicenda contrattuale mediata anche grazie al ministero notarile. I presupposti cui è subordinato il compiuto adempimento del dovere di consiglio e di consulenza fiscale possono essere della più diversa natura, anche con riferimento a operazioni negoziali astrattamente identiche, ma poi nel concreto diversamente qualificate dalla identità dei soggetti che ne sono i termini di riferimento e dal tipo di interessi che ne giustificano la condotta negoziale[[22]]. Né pare possibile argomentare nel senso di un’omissione nell’adempimento del dovere di consiglio qualora l’adozione o meno di determinate clausole negoziali afferisca a materie e/o problematiche oggetto di diverse se non talvolta contrastanti valutazioni della giurisprudenza, da un lato, e dall’amministrazione finanziaria, dall’altro: ciò in quanto la diligenza pur specialistica richiesta al notaio non può coprire ipotesi che – spesso proprio in ambito fiscale – sconfinano nel campo dell’opinabile o dell’assolutamente eventuale.


NOTE

[1] Intendendo per tale, intuitivamente, un’attività di informazione, di indirizzo, di avvertimento, e di orientamento (anche al fine della fruizione di un legittimo risparmio d’imposta) afferente alle scelte negoziali ed avente ricaduta ed effetto sul piano fiscale – e non certo di ‘assistenza’ professionale tecnica riservata a professionisti diversi dalla figura notarile e in possesso di specifiche cognizioni tipiche di professionalità diverse da quella più propriamente notarile.

[2] L’art. 1176 c.c., rubricato ‘Diligenza nell'adempimento’, recita: «Nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia. Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata». Parte della dottrina reputa che, anziché riferirsi al disposto dell’art. 1176 c.c. (che fisserebbe solo modalità cogenti nell’adempimento della obbligazione assunta dal prestatore d’opera), parrebbe più opportuno richiamare le clausole generali contenute negli artt. 1175 e 1375 c.c. oppure negli artt. 1374 o 1340 c.c. dalle quali è possibile ricavare un dovere di consiglio e consulenza, non come espressione della diligenza qualificata ma in funzione integrativa del contratto d’opera cfr. V. ROPPO – A.M. BENEDETTI, La responsabilità professionale del notaio. Problemi e prospettive, in AA.VV., Funzioni e compiti del notaio nel sistema dell’Unione europea, Milano, 2001; G. PETRELLI, Visure ipotecarie., Milano, 1994.

[3] M. D’ORAZI FLAVONI, Sul contenuto della prestazione notarile, in nota a Trib. Roma 3 aprile 1958, in Foro it., I, 155

[4] Sugli argomenti di cui al testo v. in dottrina G. SALITO, Il notaio diventa consulente fiscale delle parti, in Riv. not., 2003, 4, 986 ss.; V. SISCARO, Colpa professionale nell'attività notarile: informazione e consulenza fiscale, in Vita not. 1, 2003, 144 ss.; S. TONDO, Dovere per il notaio di informazione e consulenza, in Studi e materiali, 2002, I, 315;

[5] Ex multis vedasi Cass., 15 giugno 1999 n. 5946, in Riv. not., 1999, 136, con nota di Casu; Cass., 21 aprile 2000, n. 5232, ivi, 2000, 1267; Cass., 13 giugno 2013, n. 14865, ivi, 2014, 84 con nota di Pani.

[6] Significativamente è stato detto che il notaio vada qualificato non «passivo documentatore di volontà negoziali già predisposte e quindi formate, bensì come strumento di affinamento delle altrui volontà» G. CASU – A. LOMONACO, in CASU – SICCHIERO (a cura di), La legge notarile commentata, sub art. 47, Torino, 2010, 238.

[7] In materia di responsabilità notarile, tra i contributi meno datati, v. A. FUSARO, La responsabilità del notaio, in VISINTINI (a cura di), Tratt. resp. civ., II, Padova, 2009, 591; L. SILIQUINI CINELLI, La responsabilità civile del notaio, Milano, 2011; F.P. LOPS, in BOERO – IEVA (a cura di), La legge notarile, Milano 2014, sub. Art. 1, 26; G. MUSOLINO, Contratto d’opera professionale. Artt. 2229-2238, II ed. in Comm. c.c. Schlesinger, Milano, 2014, 541 e ss.

[8] Cfr. Trib. Novara, 07 marzo 2011, con nota di commento di Amendolagine, in Contratti, 2011,6, 599, 

[9] Ex art. 1, comma 496, L. 23 dicembre 2005, n. 66.

[10] Trib. Torino, sez. II, 20 ottobre 2010, con nota di commento De Litteriis – Digravina – Gaibani – Liistro – Re – Sala – Tamborrino, in Immobili e proprietà, 2011, 4, 258.

[11] Ove per ‘risultato pratico’ si può intendere quello che il notaio individua in forza della indagine della espressa volontà delle parti, ma anche quale oggetto esplicito dell’incarico professionale al medesimo conferito dalle medesime e reso percepibile proprio da quanto le stesse parti evidenziano al notaio: pertanto senza che possano avere valore in tale ottica riserve inespresse o supposte ricostruzioni del congegno negoziale cui sarebbe impossibile accedere pur utilizzando la diligenza professionale specialistica che connota il ministero notarile.

[12] Cassazione civ., sez. II, 26 marzo 2008, n. 7857; cfr., anche Cass., 18 ottobre 1995, n. 10842 per cui «Quando le parti si rivolgono ad un notaio per ottenere la sua consulenza, quale tecnico del diritto in relazione ad un contratto da esse o da altri predisposto, mirano ad assicurarsi che il contratto stesso sia non solo formalmente perfetto, ma anche idoneo a produrre il risultato pratico perseguito»; nel medesimo senso v. anche Cass., 21 aprile 2000, n. 5232 «Qualora le parti si rivolgano ad un notaio per ottenere la sua consulenza quale tecnico del diritto in relazione ad un contratto preliminare da redigere a cura del professionista, mirano ad assicurarsi che il contratto stesso sia non solo formalmente perfetto, ma anche idoneo a produrre il risultato pratico perseguito»; nonché Cass., 15 giugno 1999, n. 5946 per cui «pur essendo il notaio tenuto, quale professionista, ad una prestazione di mezzi e comportamenti e non di risultato, l'opera di cui è richiesto non si riduce al mero compito di accertamento della volontà delle parti e di direzione della compilazione dell'atto, ma si estende a quelle attività preparatorie e successive, necessarie perché sia assicurata la serietà e certezza dell'atto giuridico da rogarsi ed in particolare la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti dell'atto». 

[13] Così App. Roma, 4 giugno 1996, con nota adesiva di G. VISINTINI, In tema di responsabilità del notaio per il regime fiscale degli atti rogati, in Dir. prat. trib., 1997, II, 966. Nello stesso senso tutta la giurisprudenza meno recente sul punto: Trib. Genova, 9 aprile 1969, in Riv. not., 1971, 647 con nota di R. TRIOLA, Il notaio rogante deve essere anche il consulente fiscale delle parti?, in Giur. it., 1970, I, 2, 345, con nota di R. BRACCINI, Responsabilità civile del notaio per l’applicazione della cosiddetta presunzione di gratuità alla vendita di immobili tra parenti entro il terzo grado; ed in Arch. resp. civ., 1971, 213, con nota di N. RESTAINO, In tema di responsabilità del notaio per le conseguenze fiscali degli atti notarili; Trib. Trieste, 22 giugno 1967, in Dir. giur., 1967, 653, con nota di BARATTA, Se nella funzione notarile rientra l’obbligo per il notaio di individuare il trattamento fiscale più favorevole, Cass., sez. un., 26 ottobre 1959, n. 3109, in Dir. giur., 1960, 739, con nota di A. BARATTA, Sulla funzione del notaio con particolare riguardo all’attività di consiglio; Trib. Roma, 3 aprile 1958, in Foro it., 1959, I, 159, con nota di M. D’ORAZI FLAVONI, Sul contenuto della prestazione notarile. In dottrina, vedi anche P. MOTTA, Funzione notarile e responsabilità civile, in Nuova giur. civ. comm., II, 418. 

[14] In ordine alle variegate problematiche afferenti alla materia delle plusvalenze per un’ampia disamina cfr. Studi CNN n. 21-2012/T, Plusvalenze Immobiliari: aspetti notarili e n. 32-2017/T, “Novità in materia di plusvalenze immobiliari: aspetti notarili” (est. F. Raponi), entrambi reperibili in Banca dati notarile Angelo Gallizia.

[15] Per quanto in particolare concerne le risposte ad interpello, va tenuto presente che secondo la circolare della Direzione centrale normativa e contenzioso dell’Agenzia delle entrate del 31 maggio 2001 n. 50, la risposta fornita dalla competente Direzione non impegna il contribuente, il quale è libero di determinarsi in senso non conforme. Al contrario, essa vincola, in ogni caso, l'operato degli uffici. Inoltre, la risposta fornita dall'Agenzia non si estende ad altri soggetti, potendo avere efficacia esclusivamente nei confronti dell’interpellante, limitatamente al caso concreto e personale da quest’ultimo prospettato nell'istanza d'interpello e ciò ex art. 5, comma 1, del d.m. del 26 aprile 2001, n. 209.

[16] In tal senso è particolarmente significativa la fattispecie posta all'attenzione dei Supremi Giudici nella sentenza ricordata nel testo (n. 12482/2017), ove è stato ribadito il principio per cui «il notaio, incaricato della redazione ed autenticazione di un contratto preliminare per la compravendita di un immobile, non può limitarsi a procedere al mero accertamento della volontà delle parti e a sovrintendere alla compilazione dell'atto, occorrendo anche che egli si interessi delle attività preparatorie e successive necessarie ad assicurare la serietà e la certezza degli effetti tipici dell'atto e del risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti stesse». Segnatamente le parti avevano pattuito un termine particolarmente lungo (circa 9 anni) tra la stipula del contratto preliminare e quella del contratto definitivo; la Corte ha ritenuto che rientra nel c.d. "dovere di consiglio", avvertire le parti che gli effetti della detta trascrizione cessano, in ogni caso, qualora, entro tre anni dalla trascrizione predetta, non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare o della domanda giudiziale di cui all'articolo 2652, primo comma, numero 2), c.c.

[17] Cass., sez. III, 16 dicembre 2014, n. 26369 «La giurisprudenza della Corte … ha chiarito che, ai fini della individuazione della responsabilità professionale del notaio nella stipulazione dell'atto pubblico di vendita, sempre che dal comportamento del professionista siano derivati danni, non ha alcun rilievo che l'incarico di redigere l'atto pubblico sia stato conferito, e remunerato, da una delle parti, sussistendo la responsabilità professionale nei confronti di tutte le parti dell'atto rogato sulla base dell'art. 1411 c.c., per quella parte che non lo ha conferito (Cass. n. 14865 del 2013)».

Inoltre il Tribunale di Milano, nella sentenza del 25 gennaio 2014 con nota di commento di Vito Amendolagine in Contratti, 2014, 7, 693, ha preso in considerazione una fattispecie ove veniva contestata la responsabilità di un notaio per violazione del dovere di informazione e consiglio per aver stipulato due atti aventi ad oggetto il trasferimento di un medesimo terreno edificabile, il primo ad un prezzo irrisorio (rispetto al suo valore commerciale) e il secondo ad un prezzo pari a quel valore (quindi molto più alto), tacendo al primo alienante la circostanza che quello stesso terreno sarebbe stato venduto a suo ministero al prezzo più alto, e così stabilito in considerazione della sua reale capacità edificatoria. Ne era scaturito un accertamento di valore da parte dell’Agenzia delle entrate di cospicua entità, per cui la parte lesa si era rivolta all’autorità giudiziaria contestando che il notaio aveva sottaciuto i pregiudizi tributari legati alla prima stipula ed era venuto meno, appunto, al dovere di consiglio e all’obbligo di informazione. Il Tribunale ha ritenuto sussistere la responsabilità del notaio in considerazione del fatto che elemento essenziale della prestazione notarile è anche l’attività di consulenza fiscale, contestando al notaio che aveva altresì omesso di rilevare il vizio di annullabilità della compravendita per errore essenziale sulla capacità edificatoria dell’area trasferita ed aveva violato il dovere di equidistanza e di imparzialità rispetto ad entrambe le parti.

[18] Studio 66 a/2003/T del CNN (est. G. Petrelli) su Adempimento unico, dichiarazioni da rendersi in atto notarile ai fini tributari.

[19] Cass. civ., sez. III, ord., dep. 21 maggio 2019, n. 13592.

[20] Cass., sez. III, 16 dicembre 2014, n. 26369.

[21] M. PALAZZO, La responsabilità civile del notaio - note in tema di responsabilità civile del notaio, in Giur. it., 2017, 11, 2523 ss.

[22] Il che pare autorevolmente confermato in un altro passo proprio della medesima sentenza della Cassazione sopra ricordata n. 26369/2014: «il rispetto degli obblighi imposti dalla normativa fiscale non consente, naturalmente, generalizzazioni; dipendendo dalla disciplina di dettaglio e dal “se” e in “quale modo” il notaio e l'incarico professionale dallo stesso svolto ne sono coinvolti (un esempio è costituito dalla giurisprudenza in tema di imposta di registro, tra le tante, Cass. n. 15005/2014)».