Giuffré Editore

Introduzione

di Michele Labriola

Notaio in Bari, Consigliere Nazionale del Notariato, Consigliere Fondazione Italiana del Notariato


La legge 27 dicembre 2013 n. 147, all'art. 1, commi da 63 a 67, nell'introdurre la disciplina del deposito del prezzo presso il notaio, ne aveva sancito la obbligatorietà; in assenza, però, del regolamento di attuazione, tale previsione non ha mai trovato applicazione.

Successivamente, con la legge 4 agosto 2017, n. 124, che ha modificato i commi da 63 a 67 della legge n. 147 del 2013, la disciplina in oggetto è entrata in vigore con la previsione della facoltatività del meccanismo del deposito prezzo, che il notaio deve utilizzare «se in tal senso richiesto da almeno una delle parti».

Quindi nell’ultima stesura legislativa si è passati al principio della facoltatività del deposito-prezzo rispetto alla precedente normativa, che ne prevedeva l’obbligatorietà.

Sulla ratio della normativa non vi sono pareri discordanti: l’obiettivo è quello di “securizzare” il prezzo, ovvero dare certezza al pagamento che viene effettuato dall’acquirente, favorendo la massima tranquillità della transazione economica.

In realtà lo specifico contenzioso nel settore immobiliare è quantitativamente modesto, (si tratta di una percentuale inferiore all’1%) e ciò in virtù della tempestività delle trascrizioni effettuate dai notai relativamente agli atti di compravendita immobiliare.

Alla luce di questo dato statistico, si potrebbe pensare che questa normativa sia superflua, in quanto il contenzioso e le criticità relative al principio alla securizzazione del prezzo sono sporadiche ed isolate.

Sotto un differente profilo, però, questo provvedimento può rappresentare un’importante opportunità dal punto di vista della rivisitazione delle tecniche contrattuali relative al prezzo, dando ulteriore risalto al ruolo del notaio.

Con il deposito-prezzo torna in rilievo il noto problema del coordinamento tra il principio consensualistico dettato dall’art. 1376 c.c. (per cui la proprietà di trasferisce in virtù del consenso legittimamente manifestato) e il meccanismo della trascrizione ex art. 2644 c.c. (che serve a sancire l’opponibilità dell'acquisto nei confronti dei terzi).

Il dibattito giuridico relativo a questa problematica è stato nel tempo molto acceso.

Vi sono, infatti, vari orientamenti in ordine al rapporto esistente tra principio consensualistico ed effetti della pubblicità.

Tra le soluzioni più significative che sono state proposte, è opportuno ricordare sinteticamente le principali.

Si è da alcuni sostenuta la tesi della condicio iuris, nel senso che la trascrizione opererebbe quale evento finale che rappresenta l'estinzione del potere dispositivo del venditore.

Da altri si è detto che il contratto trasferirebbe la proprietà, ma non la legittimazione o il potere di disporre del diritto, che si acquisirebbe solo a seguito dell'avvenuta trascrizione. 

In relazione al conflitto esistente tra due acquirenti dello stesso venditore, è preferibile probabilmente ritenere che l'efficacia del primo acquisto si risolva per effetto della preventiva trascrizione del secondo acquisto, trascrizione che pertanto assumerebbe valenza costitutiva. L'acquisto del secondo avente causa sarebbe quindi l'effetto di una fattispecie e formazione progressiva, costituita da due momenti dell'acquisto e della trascrizione. 

Al di là degli aspetti teorici, è indubbio che nei casi di una trascrizione tardiva o di una trascrizione preceduta da formalità pregiudizievoli, il deposito del prezzo eviterà che l’esborso economico effettuato dall’acquirente possa volatilizzarsi e ciò perché la somma sarà "congelata" nelle mani del notaio e non sarà soggetta a dispersione. 

Tornando al tema dell'alternativa tra l’obbligatorietà e la facoltatività del deposito-prezzo, va rilevato che la facoltatività può consentire un'applicazione ragionata e preferibile rispetto all’obbligatorietà del meccanismo proposto: il notaio potrà, a seguito della richiesta effettuata dalle parti, applicare la normativa in maniera intelligente e opportuna in relazione alla complessità delle vicende che realmente lo meritano. 

Viceversa l'obbligatorietà avrebbe certamente comportato alcuni disguidi pratici: si pensi ad esempio alla non necessità del meccanismo della securizzazione del prezzo, nei casi di contrattazioni di valore irrisorio o nei quali c’è una sicurezza derivante dalla tipologia dell'atto o dalla soggettività dei contraenti (si pensi ad una vendita tra padre e figlio).

In sostanza l'applicazione delle norme sul deposito-prezzo costituisce un'ulteriore rilevante occasione per esaltare la funzione di adeguamento della volontà delle parti del contratto, funzione tipicamente riservata al notaio.

Per quanto riguarda l’evoluzione storica dei depositi notarili, l’art. 6 della legge n. 64 del 1934 prevede che il Notaro deve tenere un registro in cui, con numerazione progressiva, segnerà giorno per giorno le somme e i valori che gli siano affidati in relazione agli atti stipulati avanti a lui o per effetto di provvedimenti dell’Autorità giudiziaria. 

Tuttavia, nel corso del tempo, la prassi notarile ha individuato una diversa figura, che non rientra nel citato art. 6, ovvero quella degli affidamenti di carattere fiduciario. Al di là dei depositi strettamente imposti dai provvedimenti dell’Autorità giudiziaria (si pensi agli atti compiuti da parte di minori o incapaci) si è sviluppata quindi un’ampia casistica di affidamenti fiduciari. 

Su questa materia il dibattito notarile ha conosciuto una significativa evoluzione.

Si è partiti da un noto studio del Consiglio Nazionale del Notariato dei primi anni '90, che rispondeva al seguente quesito: in ipotesi di un atto di finanziamento, il notaio può indicare in atto che gli è stato consegnato un assegno che egli dovrà restituire alla parte interessata soltanto dopo che abbia proceduto all’iscrizione di prima ipoteca a favore dell'istituto finanziatore? 

Lo studio concludeva nel senso dell'assoluta impossibilità da parte del notaio di fare menzione in atto del deposito, perché ci sarebbe stato un conflitto di interessi sanzionabile a norma dell’art. 28 l. not.

Successivamente è stata proposta da alcuni una diversa interpretazione, secondo la quale quando l’art. 6 della legge n. 64 prescrive «in relazione agli atti stipulati di fronte a lui», fa riferimento ad un concetto ampio, in virtù del quale di fatto tutti i depositi possono essere ricompresi; pertanto da questi autori è stata ritenuta legittima la menzione in atto anche dei depositi di natura fiduciaria.

È indubbio che oggi con l'introduzione della normativa in commento il dibattito, mai del tutto sopito sul punto, assuma caratteristiche totalmente diverse.

Nel contratto, infatti, andrà fatta espressa menzione del deposito del prezzo a mani del notaio e pertanto lo stesso notaio resterà abilitato a svolgere, su mandato delle parti, tutte le attività necessarie per l'espletamento dell'incarico conferitogli, senza che possa profilarsi un problema di conflitto di interessi.

Il notaio con la nuova normativa, limitatamente alla fase di ricevimento e successiva gestione del prezzo a lui depositato, diviene soggetto incaricato di svolgere attività inerenti allo stesso atto da lui stipulato.

La lettera a) del comma 63 tratta dei versamenti sul conto dedicato dei tributi e delle somme connesse e pertanto merita un'autonoma e separata indagine.

In ordine, invece alle previsioni contenute nelle lettere b) e c), mi limito ad evidenziare quattro spunti di riflessione.

a)  Un primo problema che si pone è se nel momento in cui vi sia un deposito del prezzo ai sensi della lett. c), debba comunque farsi ricorso al deposito sul registro delle somme e valori. L'esame delle due norme contenute nelle lettere b) e c) sembra presentare due situazioni alternative.

Si dovrebbe pertanto ritenere che tutte le volte nelle quali vi sia un deposito del prezzo ai sensi della lettera c), non dovrebbe aversi la relativa menzione sul Registro somme e valori. 

In merito, il Consiglio Nazionale del Notariato è in attesa del parere dell’Ufficio centrale degli Archivi notarili, che possa chiarire i confini esatti della fattispecie.

In questa prima fase, però, è opportuna una certa cautela, e quindi è consigliabile procedere all'annotazione del deposito sul Registro somme e valori, anche nell'ipotesi sub c).

b) Le ipotesi richiamate nella norma che prevede il deposito (lettera c) sono quelle dei trasferimenti immobiliari e dei trasferimenti di azienda. Nel caso, invece, di una diversa tipologia di atto, con contestuale richiesta di effettuare il deposito, ad esempio per una cessione di quote di Srl, quid iuris?

Certamente la fattispecie rientra nella lettera b), quindi si tratterà di una somma affidata al notaio ed oggetto di annotazione nel Registro somme e valori. 

Si pone, però, il problema se sia opportuno o comunque ipotizzabile un inserimento nell’atto della menzione del deposito del prezzo che viene effettuato, anche per una diversa tipologia di contratto. 

In altre parole, in base alle nuove norme, nel contratto verrà fatta esplicita menzione del ruolo di depositario delle somme da parte del notaio, ma ciò è previsto testualmente per le ipotesi di cui alla lettera c), (trasferimenti immobiliari e trasferimenti aziendali). Ebbene, il notaio può ugualmente fare menzione in atto dell'incarico a lui conferito, anche nel caso di un negozio diverso da quello previsto nella lettera c)?

Probabilmente in tal caso la lettera della legge ed una necessaria cautela impongono, in questa prima fase, di non far ricorso al meccanismo dell'analogia con riferimento a negozi diversi da quelli indicati espressamente alla lettera c).

c) Altro tema di discussione è quello della rinuncia preventiva delle parti ad avvalersi della facoltà di fare ricorso al deposito-prezzo.

A mio parere è solo nel momento finale della stipula dell'atto definitivo che le parti possono formulare con cognizione di causa l'eventuale rinuncia ad avvalersi di tale facoltà.

Una rinuncia preventiva espressa in sede di trattative o di contrattazione preliminare, infatti, non consentirebbe alle parti di valutare eventuali modifiche di carattere economico-patrimoniale intervenute, per esempio in relazione alla figura del venditore, tra l'inizio della trattativa e la stipula dell'atto definitivo.

Conseguentemente ove l'acquirente abbia manifestato tale facoltà di rinuncia in sede di trattativa o di contrattazione preliminare, certamente egli potrà esprimere opposta volontà, maggiormente consapevole, e ciò fino al momento del perfezionamento del contratto definitivo.

In tal senso appare quindi opportuno che la rinuncia ad avvalersi della facoltà di fare ricorso al deposito del prezzo, sia formulata in sede di atto definitivo ed in presenza del notaio.

d) Infine, c’è il problema della natura satisfattiva o meno del versamento del prezzo da parte dell’acquirente a mani di notaio. Su questo tema le opinioni sono contrastanti.

Preliminarmente va ritenuto che nel momento in cui l'acquirente versa il prezzo, depositandolo nelle mani del notaio, egli abbia comunque assolto all'obbligo del pagamento del prezzo.

Conseguentemente non vi è titolo affinché si possa ipotizzare una mancata rinuncia all'ipoteca legale da parte del venditore.

Nel contempo va evidenziato che il venditore non riceve effettivamente il danaro nell'immediatezza, perché la consegna del denaro avverrà solo a seguito dell'avvenuta trascrizione del contratto, senza che tale trascrizione risulti preceduta da formalità pregiudizievoli (o eventualmente a seguito del verificarsi di altri eventi o situazioni previste nel contratto).

Pertanto non appare possibile inserire nel contratto il rilascio della quietanza da parte dello stesso venditore.

Nelle ipotesi di ricorso alla fattispecie del deposito-prezzo, la consueta sequenza contrattuale della consegna del denaro da parte dell'acquirente e del conseguente ricevimento immediato da parte del venditore, non si realizza e quindi la vicenda contrattuale relativa al prezzo non può ritenersi definitivamente conclusa.

Tuttavia l’assenza di un riferimento alla quietanza nell’atto, che a mio parere è la soluzione più corretta, non essendosi ancora conclusa la fase contrattuale relativa al prezzo, non crea alcun problema per il notaio.

Infatti nella prassi notarile in determinate ipotesi, da tempo, non viene prevista in atto il rilascio della quietanza da parte del venditore.

Questo aspetto è stato superato attraverso la predisposizione di clausole alternative che diano comunque conto del successivo versamento del prezzo (si pensi all’ipotesi di compravendita e mutuo con erogazione non contestuale), ed in particolare con la clausola in virtù della quale l'effettivo pagamento successivo costituirà dimostrazione del ricevimento del prezzo di vendita da parte del venditore.

Pertanto, pur aderendo alla tesi della natura satisfattiva del pagamento effettuato dall'acquirente nelle mani del notaio, possono essere utilizzate clausole contrattuali che, anche in assenza della quietanza, consentano di eliminare i profili di criticità di tale fattispecie.