Introduzione
Notaio in Genova, Ordinario di Diritto privato comparato, Università di Genova
La legge 6 giugno 2016, n. 106[[1]] ha previsto il riordino e la revisione organica – mediante la redazione di un apposito Codice – della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore[[2]], inclusa la disciplina tributaria[[3]]. Il Codice del Terzo settore è stato adottato con il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117[[4]], che in apertura enuncia l'obiettivo di «sostenere l'autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l'inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa». (art. 1).
I principi generali sono fissati attraverso il riconoscimento del valore e della funzione sociale «degli enti del Terzo settore, dell'associazionismo, dell'attività di volontariato e della cultura e pratica del dono quali espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo», di cui «è promosso lo sviluppo salvaguardandone la spontaneità ed autonomia, e ne è favorito l'apporto originale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale» (art. 2).
A termini dell'art. 40, primo comma, d.lgs. n. 117 del 2017 «Le imprese sociali sono disciplinate dal decreto legislativo recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale».
Con il d.l. n. 3 luglio 2017, n. 112 è stata adottata la «Revisione della disciplina in materia di impresa sociale»[[5]], il cui primo articolo dispone che «Possono acquisire la qualifica di impresa sociale tutti gli enti privati, inclusi quelli costituiti nelle forme del libro V del codice civile, che esercitano in via stabile e principale un'attività d'impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività».
Le imprese sociali troveranno ospitalità nel Registro unico nazionale del Terzo settore[[6]], (Runts) a fianco delle figure nominate[[7]].
Il perimetro applicativo delle disposizioni del d.lgs. n. 117 del 2017 è esteso alle «categorie di enti del Terzo settore che hanno una disciplina particolare», purché non derogate e «in quanto compatibili» (art. 3). Per quanto non previsto dal Codice, agli enti del Terzo settore si applicano le norme del Codice civile e le relative disposizioni di attuazione[[8]].
Com'è stato notato[[9]], in questo modo prendono forma tre aree concentriche, delle quali il codice civile occupa la più ampia, residuale, dove a un supplemento di autonomia corrisponde la rarefazione di incentivi fiscali, in linea con la tendenza ormai radicata. Quest'ultimo cerchio sopravvive pressoché immodificato – fatta eccezione per l'art. 42-bis c.c. relativo alle trasformazioni – in ragione della incompleta attuazione della delega, che pure aveva disposto si provvedesse «nel rispetto e in coerenza con la normativa dell'Unione europea e in conformità ai principi e ai criteri direttivi» previsti dalla legge[[10]].
L'impostazione adottata dal legislatore è riconducibile al modello comunemente qualificato a cannocchiale, con alcune varianti. Vi corrisponde l'anticipazione della disciplina dedicata agli ETS in generale (contenuta nel titolo II) rispetto a quella riguardante le singole categorie (titolo V); è, ancora, allineata la collocazione liminare delle norme rivolte al Volontario e all'attività di Volontariato (titolo III), in quanto eventualità a disposizione di tutti gli ETS. La presenza delle associazioni e fondazioni del Terzo settore nel titolo IV si giustifica in considerazione della circostanza che vi è calata non già una categoria autonoma, bensì una serie di regole che «si applicano a tutti gli enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, o di fondazione» (art. 20).
A ciò si aggiunga che l'art. 4, primo comma, annovera bensì associazioni e fondazioni tra gli ETS, ma l'art. 46 – relativo alla struttura del Registro – non vi dedica alcuna sezione autonoma, cosicché si apre l'alternativa ermeneutica, tra intendere smentita quella previsione – dal momento che l’iscrizione nel Registro è costitutiva della condizione di ETS, ai sensi del medesimo primo coma dell'art. 4 – e ritenere che le associazioni, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società di cui all’art. 4, se titolari di tutti i requisiti per acquisire la qualifica di ETS, si iscriveranno nella sezione prevista dalla lett. g) dell’art. 46, dedicata agli “Altri enti del Terzo settore". La seconda lettura si lascia preferire e tale omissione dall'elenco è giustificabile considerando che l’art. 4 presuppone una visione degli ETS divisi tra tipici e atipici: per Odv, Aps, enti filantropici, impresa sociale, reti e Società di mutuo soccorso, in quanto ETS tipici, sono previste altrettante sezioni; diversamente, le fondazioni, le associazioni e altri enti sono considerati atipici (e residuali) e in quanto tali ricadono tutti nella sezione del registro "altri enti del Terzo settore"[[11]]. Occorre, poi, considerare l'eventualità che la decretazione ministeriale attuativa del Registro aggiunga ulteriori sezioni.
L'applicazione delle regole dettate per associazioni e fondazioni a tutti gli ETS costituiti in tali forme determina la comunanza della disciplina contenuta negli artt. 20-31, la quale integra le disposizioni del libro primo attraverso l'innesto di molte regole societarie[[12]]. I richiami ad articoli del libro quinto sono particolarmente numerosi in tema di amministrazione[[13]]. Altrettanto dicasi in tema di controllo[[14]] e di revisione legale dei conti[[15]].
Il Titolo II del d.lgs. n. 117 del 2017 è dedicato agli Enti del Terzo Settore in generale[[16]]. L'elenco delle categorie è composito: alcune preesistevano, altre hanno preso vita con il Codice; la disciplina risulta ora conservata, ora innovata. Sotto il profilo teleologico la cesura rispetto agli enti del libro primo è notevole: a seguito della riforma Bassanini, per quelli ci si accontenta della liceità e possibilità dello scopo; per questi sono ora pretese finalità «civiche solidaristiche e di utilità sociale».
La connotazione dell’ETS è, dunque, affidata al duplice requisito dello scopo prefisso e dell’attività svolta: il primo è identificato nel «perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale» (art. 5); il secondo è fatto consistere nell’esercizio «in via esclusiva o principale» di «una o più attività di interesse generale».
Sono considerate di interesse generale, se «svolte in conformità alle norme particolari che ne disciplinano l'esercizio», le attività indicate al primo comma dell’art. 5, attraverso un elenco solo in parte coincidente con quello dell’impresa sociale[[17]]. A fianco di queste ne sono consentite altre (art. 6), alla duplice condizione che «l'atto costitutivo o lo statuto lo consentano» e «siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale».
L’assenza di scopo di lucro «trova disciplina a fianco della destinazione del patrimonio, in virtù della comune previsione[[18]]. Quale realizzazione di tale precetto è presentato il divieto della “distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo» (secondo comma). Al terzo comma, sono indicate le ipotesi di «distribuzione indiretta di utili», recuperando le indicazioni dettate da previgenti norme del settore. Alla preclusione circa la distribuzione di utili è consueto abbinare prescrizioni circa la devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento e questa legge non si sottrae alla regola[[19]].
Si collega al divieto del lucro soggettivo la previsione – nel Codice sistemata più avanti – relativa alla presenza di dipendenti e al loro trattamento economico e normativo.
Integra un’innovazione di rilievo l’accesso degli ETS – purché dotati di personalità giuridica e iscritti nel Registro delle imprese – ai patrimoni destinati a uno specifico affare ai sensi degli articoli 2447-bis ss. c.c. (art. 10).
La riforma del Terzo settore presenta molte singolarità: interviene sulle leggi speciali, ma interferisce sul profilo degli enti del libro primo del codice civile, pur avendo rinunciato a esercitare al riguardo la delega conferita; tendenzialmente si modella sugli schemi consolidati di associazioni e fondazioni, tuttavia inserisce varianti ora corrispondenti alle acquisizioni della prassi, ora stravaganti.
Circa gli statuti degli enti la riforma mostra scelte ora innovative ora invece allineate alla sedimentazione normativa maturata a margine dei modelli offerti dal codice civile e dalle leggi speciali del Terzo settore. Si tratta di attendere l'atteggiamento che verrà a prevalere presso gli interpreti, rivolto alla valorizzazione dell'originalità, oppure al suo ridimensionamento, nel segno della continuità con la tradizione. Occorrerà sistemare il nuovo scenario, riconciliando le innovazioni con il quadro, e dopo l'assestamento di linee interpretative condivise potrà trarsi un bilancio in termini di assimilazione oppure di rigetto, di esaltazione della originalità di alcune indicazioni, oppure del loro riassorbimento nella tradizione.
Con l'auspicio che questo convegno fornisca significativi contributi all'interpretazione e applicazione della Riforma ringrazio tutti i relatori per aver accettato l'invito e auguro buon lavoro.
[1] Recante delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale. Si segnala il commento di G. PONZANELLI, Terzo settore: la legge delega di riforma, in Nuova giur. civ. comm., 2017, I, 726.
[2] Ai termini dell'art. 1, comma 1, legge n. 106 del 2016, per Terzo settore si intende «il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi».
[3] Nella riunione del 12 maggio 2017 il Consiglio dei ministri ha adottato una preliminare deliberazione e ha richiesto il parere del Consiglio di Stato, che è stato espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 31 maggio 2017. Il 20 giugno 2017 non si è realizzata l’intesa in sede di Conferenza unificata. Nella seduta del 28 giugno 2017 il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva i due decreti legislativi recanti il Codice del Terzo settore e la nuova disciplina dell'impresa sociale; il 18 e il 19 luglio sono stati pubblicati in Gazzetta i due decreti legislativi di riordino del cinque per mille (d.lgs. n. 111 del 2017) e dell’impresa sociale (d.lgs. n. 112 del 2017); il 3 agosto è entrato in vigore il d.lgs. n. 117 del 2017, Codice unico contenente le disposizioni fiscali per gli enti non lucrativi e le nuove regole per le Onlus, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale.
[4] Adottato a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera b), legge 6 giugno 2016, n. 106 (17G00128), pubblicato sulla G.U. n. 179 del 2 agosto 2017 – Supplemento Ordinario n. 43. L'art. 1, comma 7, d.lgs. n. 117 del 2017 ha previsto una revisione dopo un anno.
[5] A norma dell'articolo 2, comma 2, lettera c) della legge 6 giugno 2016, n. 106.
[6] Nell'ambito delle sezioni del Registro unico nazionale del Terzo settore la quarta è dedicata alle «Imprese sociali, incluse le cooperative sociali» (art. 46 lett. d), d.lgs. n. 117 del 2017).
[7] Art. 46, comma 1, d.lgs. n. 117 del 2017: «a) Organizzazioni di volontariato; b) Associazioni di promozione sociale; c) Enti filantropici; d) Imprese sociali, incluse le cooperative sociali; e) Reti associative; f) Società di mutuo soccorso». A queste sei figure nominate viene ad aggiungersi la settima (contraddistinta dalla lettera g)) aperta relativa agli “Altri enti del Terzo settore”.
[8] Fatto salvo quanto previsto dal capo II del titolo VIII, le disposizioni del Codice non si applicano agli enti di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 (art. 3, comma 3, d.lgs. n. 117 del 2017).
[9] G. PONZANELLI, Enti del Terzo Settore: la categoria, in I Quaderni della Fondazione italiana del Notariato, 2017.
[10] L'art. 1, comma 2, lettera a), legge 6 giugno 2016, n. 106, aveva previsto che, con i decreti legislativi da adottarsi entro un anno, si provvedesse in particolare alla «revisione della disciplina del titolo II del libro primo del codice civile in materia di associazioni, fondazioni e altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro, riconosciute come persone giuridiche o non riconosciute». I principi e criteri direttivi figurano all'art. 2 e consistono nel riconoscere, favorire e garantire: «il più ampio esercizio del diritto di associazione e il valore delle formazioni sociali liberamente costituite, ove si svolge la personalità dei singoli, quale strumento di promozione e di attuazione dei principi di partecipazione democratica, solidarietà, sussidiarietà e pluralismo», ai sensi della Costituzione; inoltre «l'iniziativa economica privata il cui svolgimento, secondo le finalità e nei limiti di cui alla presente legge, può concorrere ad elevare i livelli di tutela dei diritti civili e sociali»; ancora «assicurare, nel rispetto delle norme vigenti, l'autonomia statutaria degli enti, al fine di consentire il pieno conseguimento delle loro finalità e la tutela degli interessi coinvolti»; infine «semplificare la normativa vigente, garantendone la coerenza giuridica, logica e sistematica».
[11] G. PONZANELLI, Enti del Terzo Settore: la categoria, cit. pensa, tra gli altri, a enti che svolgono attività economica in modo stabile nei settori dell'art. 5 – che ben possono farlo in quanto ETS –, ma per i quali è prevista una fiscalità agevolata se assumono la qualifica di impresa sociale.
[12] Tra le prime si segnala la conservazione dell'iter vigente per l'acquisto della personalità giuridica (art. 22, comma 1), i requisiti per atto costitutivo e statuto (art. 21), la forma dell'atto pubblico per le modifiche statutarie (art. 22, comma 6), l'autonomia patrimoniale perfetta per associazioni riconosciute e fondazioni (art. 22, comma 7). Tra le seconde: la nuova modalità per l'acquisto della personalità giuridica (art. 22, commi 2 e 3), l'indicazione di una soglia fissa di patrimonio minimo, la previsione di una relazione per i conferimenti in natura (art. 22, comma 4), l'obbligo di assumere provvedimenti a fronte della riduzione di oltre un terzo (art. 22, comma 5), tutte mutuate dalle società di capitali; la procedura di ammissione di nuovi soci (art. 23) e la disciplina delle assemblee (artt. 24, 25) replicano quelle dettate per le cooperative (art. 2528 c.c.).
[13] Sia circa la nomina e i poteri dell'organo (l'art. 26 richiama l'art. 2382 c.c.), sia a proposito del conflitto di interessi (l'art. 27 contiene il riferimento all'art. 2475-ter c.c.), nonché della responsabilità (l'art. 28 richiama gli artt. 2392, 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis, 2395, 2396, 2407 c.c. e l'art. 15 d.lgs. n. 39 del 2010).
[14] L'art. 29 evoca l'art. 2409 c.c.; l'art. 30 riproduce la disciplina del collegio sindacale della SpA, nel tenore e tramite riferimento agli artt. 2397, 2399, nonché al d.lgs. n. 231 del 2001.
[15] L'art. 31 è ricalcato sull'art. 2409-bis c.c.
[16] Per tali intendendo «le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore» (art.4, 1 comma). Sono espressamente emarginate «le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti, ad esclusione dei soggetti operanti nel settore della protezione civile alla cui disciplina si provvede ai sensi dell'articolo 32, comma 4. Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente comma i corpi volontari dei vigili del fuoco delle Province autonome di Trento e di Bolzano e della Regione autonoma della Valle d'Aosta» (art. 4, comma 2). Agli enti religiosi civilmente riconosciuti il decreto in oggetto si applica «limitatamente allo svolgimento delle attività di cui all'articolo 5, a condizione che per tali attività adottino un regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, che, ove non diversamente previsto ed in ogni caso nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, recepisca le norme del presente Codice e sia depositato nel Registro unico nazionale del Terzo settore». Inoltre per lo svolgimento di tali attività è prescritta la costituzione di un patrimonio destinato e la separata tenuta delle scritture contabili di cui all'articolo 13.
[17] Art.2 d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117, nell’ambito «delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 6 giugno 2016, n. 106, nonché delle finalità e dei principi di cui agli articoli 1 e 2 del presente Codice», tramite regolamento «da adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti».
[18] Per cui «Il patrimonio degli enti del Terzo settore, comprensivo di eventuali ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate è utilizzato per lo svolgimento dell'attività statutaria ai fini dell'esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale» (art. 8)
[19] Sono qui riproposte prevedendo che «in caso di estinzione o scioglimento, il patrimonio residuo è devoluto, previo parere positivo dell'Ufficio di cui all'articolo 45, comma 1, e salva diversa destinazione imposta dalla legge, ad altri enti del Terzo settore secondo le disposizioni statutarie o dell'organo sociale competente o, in mancanza, alla Fondazione Italia Sociale. Il parere è reso entro trenta giorni dalla data di ricezione della richiesta che l'ente interessato è tenuto a inoltrare al predetto Ufficio con raccomandata a/r o secondo le disposizioni previste dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, decorsi i quali il parere si intende reso positivamente. Gli atti di devoluzione del patrimonio residuo compiuti in assenza o in difformità dal parere sono nulli» (art. 9).