Giuffré Editore

La conferma (e la convalida) della donazione e del testamento

Rosalia Scuderi

Notaio in Bologna



Inquadramento sistematico

Uno dei principi che informano l’intero ordinamento è quello di conservazione del negozio giuridico, espressione della tendenza legislativa, socialmente ed economicamente utile, alla conservazione dell'efficacia degli atti giuridici[1].

Varie sono le disposizioni positive del Codice Civile che ne costituiscono determinazioni tipiche, quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, in ambito contrattuale, gli artt. 1419 comma 2 c.c. (sostituzione di diritto delle clausole nulle da norme imperative), 1420 c.c. e 1446 c.c. (nullità e annullabilità del contratto plurilaterale) secondo i quali il vizio che inficia una clausola non determina necessariamente l'invalidità dell'intero negozio, in conformità alla massima «utile per inutile non vitiatur».

Diversi sono i rimedi previsti dall'ordinamento a seconda che il contratto sia affetto da annullabilità o da nullità[2].

Per i contratti viziati da annullabilità, viene in rilievo l'art. 1444 c.c., in base al quale «il contratto annullabile può essere convalidato dal contraente al quale spetta l'azione di annullamento, mediante un atto che contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che s'intende convalidarlo».

Secondo parte della dottrina trattasi di negozio unilaterale, non recettizio, accessorio, per la validità del quale, fermi restando i requisiti testualmente previsti dalla norma, non si richiederebbero formule sacramentali, pur essendo condivisa l'idea che serva quanto meno la forma scritta, stante il dato letterale della norma, che fa riferimento ad «un atto che contenga la menzione ...».

Per quanto attiene al contratto affetto da vizio di nullità, si ritiene, in generale, ammissibile il rimedio consistente nella ripetizione ad opera delle parti dello stesso contratto privo degli elementi di invalidità, essendo espressamente vietata dall'art. 1423 c.c. la convalida del contratto nullo.

Tale soluzione non costituisce, tuttavia, l'unica modalità consentita dal nostro ordinamento per il superamento dei vizi dell'atto nullo, rinvenendosi proprio nell'art. 1423 c.c. un'altra particolare espressione del suddetto principio di conservazione.

Ancorchè, infatti, testualmente la prima parte della norma sembrerebbe escludere radicalmente la possibilità di convalidare il contratto nullo, la seconda parte della stessa norma fa salva la possibilità che detta convalida avvenga nei soli casi in cui la legge lo consenta espressamente.

L'art. 1424 c.c., prevede, inoltre, il rimedio della conversione del contratto nullo.

In particolare, dal combinato disposto degli artt. 1423 e 1424 c.c. (in base al quale «il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità») è possibile rinvenire i seguenti rimedi attuabili nei casi di contratti viziati da nullità:

1) conversione del contratto nullo (art. 1424 c.c.): senza una nuova manifestazione di volontà, si ricostituisce un negozio giuridico utilizzando gli elementi validi di un atto ed eliminando da esso quelli invalidi. La conversione può essere "formale", quando il negozio affetto da vizi di forma si trasforma in altro negozio per il quale la forma del primo sia sufficiente (ad es. il testamento segreto può valere come olografo, art. 607 c.c.) oppure "sostanziale", quando il negozio invalido si trasforma in un altro con effetti più ristretti (es. una sostituzione fedecommissaria può valere come sostituzione ordinaria). In entrambi i casi il negozio invalido non si sana ma si trasforma in un altro negozio valido;

2) conferma del contratto nullo (art. 1423 c.c.): la clausola di salvezza contenuta nella norma costituisce eccezione alla regola generale della inammissibilità della convalida del negozio nullo ed è in tale alveo normativo che trovano spazio, fra gli altri istituti, la conferma del testamento, disciplinata dall'art. 590 c.c. (conferma ed esecuzione volontaria di disposizioni testamentarie nulle) e la conferma della donazione, disciplinata dall'art. 799 c.c. (conferma ed esecuzione volontaria di donazioni nulle).

L'art. art. 590 c.c. recita: «la nullità della disposizione testamentaria, da qualunque causa dipenda, non può essere fatta valere da chi, conoscendo la causa della nullità, ha, dopo la morte del testatore, confermato la disposizione o dato ad essa volontaria esecuzione».

L'art. 799 c.c. recita: «la nullità della donazione, da qualunque causa dipenda, non può essere fatta valere dagli eredi o aventi causa dal donante che, conoscendo la causa della nullità, hanno, dopo la morte di lui, confermato la donazione o vi hanno dato volontaria esecuzione».

Tali disposizioni sono accomunate dal fatto che la relativa disciplina possa trovare attuazione solo dopo la morte del testatore/donante, nonchè dall'identità di ratio delle due fattispecie, rinvenibile nella evidente impossibilità di ripetere validamente il negozio, stante l'assenza del relativo autore, come espressamente risulta dal tenore letterale delle predette norme, nonchè nell’intento di consentire ai congiunti del de cuius di dare esecuzione ai suoi atti di liberalità, tra vivi o di ultima volontà, ancorché espressi in modo formalmente o sostanzialmente difforme dalla fattispecie normativa.

Una rilevante differenza di tale rimedio rispetto a quello della conversione risiede nel fatto che la conferma del negozio nullo, a differenza della prima, non determina la trasformazione del negozio viziato in altro negozio valido, bensì, come si avrà modo di vedere in seguito, la permanenza del medesimo negozio privo degli elementi che ne causano l'invalidità.


Conferma del testamento

a) Natura giuridica

Si ritiene preliminarmente necessario esaminare le teorie che dottrina e giurisprudenza hanno elaborato in ordine alla natura giuridica dell'istituto in esame, in quanto da ciascuna di esse discendono conseguenze diverse, sia rispetto alla sorte delle disposizioni testamentarie invalide, che alla natura dell'acquisto dei beni che ne costituiscono oggetto.

1) Teoria della rinuncia all'azione di nullità[3]

Secondo una prima tesi, la conferma costituirebbe una rinunzia da parte degli eredi all’azione di nullità, tale per cui essa comporterebbe come unico effetto quello di precludere agli eredi l'esperimento dell'azione di nullità, garantendo così, solo di fatto, ai beneficiari di preservare la stabilità del proprio acquisto ereditario.

Infatti, rimanendo invalido il testamento, ancorchè tale invalidità non potrebbe più essere fatta valere dell’autore della conferma, resterebbe salva la possibilità per chiunque altro vi abbia interesse di agire per ottenere la declaratoria di nullità delle disposizioni testamentarie.

In tale ipotesi l'acquisto dei beni dal de cuius ai beneficiari delle disposizioni testamentarie avverrebbe iure successionis, come se il testamento fosse stato valido ab origine.

A questa teoria vengono mosse due principali critiche: in primo luogo, che in base ad essa la conferma di cui all'art. 590 c.c. costituirebbe un rimedio avente connotazione processuale e non sostanziale che, non comportando quale effetto la convalida di un negozio nullo, bensì solo l’impossibilità di agire in giudizio, non rappresenterebbe una vera e propria deroga all’art. 1423 c.c.; in secondo luogo, che se è vero che il testamento, malgrado la conferma, rimarrebbe nullo, sostanziandosi la previsione di cui all’art. 590 c.c. in una denegazione dell’azione di nullità, non sarebbe possibile spiegare come potrebbe il medesimo produrre l’effetto del trasferimento dei beni ereditari dal de cuius direttamente ai beneficiari delle disposizioni viziate, trattandosi comunque di un negozio nullo, e quindi inefficace ex tunc.

2) Teoria della doppia attribuzione[4]

Un'altra tesi, presupponendo che il negozio nullo non possa essere convalidato, costruisce la conferma come un negozio giuridico autonomo unilaterale inter vivos, la cui causa andrebbe rinvenuta nell'attuazione della volontà del defunto, in forza del quale il confermante disporrebbe a titolo gratuito in favore del beneficiario della disposizione nulla; con la conseguenza che ferma restando l'invalidità della disposizione, si verrebbero ad avrere due successioni: la prima, mortis causa, dal defunto all’erede e la seconda, inter vivos, dall’erede al beneficiario della disposizione nulla.

Ad esito di ciò, quindi, successore del de cuius non sarebbe il beneficiario della disposizione nulla bensì colui che, sulla base delle norme in materia di successione legittima, sia diventato erede, il quale provvederà poi a trasferire i beni oggetto della disposizione invalida al soggetto che, secondo la volontà del testatore, avrebbe dovuto essere il beneficiario del lascito.

La conferma, in tal caso, verrebbe a configurarsi come un negozio attributivo tra vivi a titolo gratuito, con tutte le conseguenze che ne derivano in ordine alla relativa forma e pubblicità.

3) Teoria dell'obbligazione naturale[5]

Un terzo orientamento rinviene nella conferma della disposizione nulla un’ipotesi di esecuzione di obbligazione naturale, in quanto la funzione dell’istituto andrebbe ricercata nel dovere morale e sociale dell'erede di rispettare ed attuare le ultime volontà del defunto.

Seguendo tale impostazione, la conferma darebbe luogo a due successioni: una prima dal testatore a colui che subentra nei beni oggetto della disposizione nulla (erede o legatario); l’altra inter vivos (in adempimento di un dovere morale o sociale) dal subentrante al beneficiario della disposizione nulla.

La principale obiezione sollevata in ordine a questa tesi è che diversi sono i presupposti delle due fattispecie, e che specificamente nel caso della conferma verrebbe a mancare la spontaneità propria di chi adempie un'obbligazione naturale, quale elemento caratterizzante di tale fattispecie.

4) Teoria della sanatoria del negozio invalido[6]

Prevale in dottrina e in giurisprudenza la tesi secondo cui la conferma di cui all’art. 590 c.c. costituisce un negozio autonomo con una causa propria consistente nell’eliminazione dei vizi che inficiano la disposizione testamentaria, avente quale effetto quello di sanare ex tunc i vizi della stessa.

In base a questa impostazione, con la conferma la vicenda successoria si svilupperebbe come se il testamento o la disposizione fossero stati validi ab initio e pertanto il destinatario dell’attribuzione contenuta nella disposizione nulla confermata acquisterebbe i beni che ne costituiscono oggetto, non dal confermante, bensì direttamente dal de cuius a titolo di eredità o di legato.

b) Legittimazione attiva

In ordine alla individuazione dei soggetti che possono confermare la disposizione testamentaria invalida, l'art. 590 c.c. stabilisce genericamente che tale legittimazione spetti a «chi, conoscendo la causa della nullità, ha, dopo la morte del testatore, confermato la disposizione o dato ad essa volontaria esecuzione».

L'individuazione dei soggetti legittimati può essere agevolata da una lettura sistematica della norma in oggetto con quella dell'art. 799 c.c., in base al quale legittimati alla conferma sono gli «[...] eredi o aventi causa dal donante [...]» (data anche la loro comune derivazione dall'art. 1311 del codice del 1865 che, prevedendo insieme le due ipotesi di conferma, parlava espressamente di erede e di avente causa, così come si legge ora nell'art. 799).

Ne deriva che, in primis, legittimati alla conferma siano tutti coloro che in mancanza della disposizione testamentaria nulla sarebbero eredi legittimi del de cuius, nonchè gli eredi testamentari e gli aventi causa dal disponente, ossia i legatari, in virtù di un testamento precedente, incompatibile con un testamento successivo, affetto da nullità.

Quest'ultima ipotesi potrebbe verificarsi nel caso in cui il testatore abbia disposto del patrimonio con due testamenti di cui uno di data successiva all'altro. Qualora il testamento di data successiva contenga un legato nullo avente ad oggetto lo stesso bene che sia contenuto anche nel testamento cronologicamente anteriore, il beneficiario del legato disposto nel testamento precedente potrà confermare il legato nullo previsto nell'ulteriore testamento, con conseguente revoca della disposizione incompatibile.

In un caso particolare deciso dalla Corte di Cassazione è accaduto che un legatario beneficiario di una disposizione invalida avesse assunto successivamente la qualità di erede, in quanto l'erede legittimo rispetto alle disposizioni testamentarie invalide (come tale legittimato all'impugnativa oppure alla conferma) era venuto meno, lasciando a propria volta quale erede proprio colui che rivestiva la qualità di legatario rispetto alle stesse[7].

In definitiva, anche in conformità al principio sancito dalla Suprema Corte, soggetti legittimati alla conferma devono ritenersi tutti coloro che, nell’ipotesi di nullità del testamento, acquisirebbero dei diritti e che quindi hanno, sostanzialmente, un interesse contrario a che la disposizione testamentaria possa produrre i propri effetti.

Esemplificando, possono procedere alla conferma[8]:

  a)  i successibili ex lege, in mancanza di altri testamenti validi;

  b)  i chiamati, a titolo universale o a titolo particolare, in forza di un testamento precedente incompatibile nullo;

  c)  gli eredi o i legatari che acquisterebbero la quota per effetto del meccanismo dell'accrescimento (ad es. qualora ad una delle istituzioni di erede sia apposta una condizione di reciprocità, che determina la nullità della disposizione in suo favore);

  d) gli eredi o i legatari che acquisterebbero la quota per effetto del meccanismo della sostituzione (ad es. nel caso in cui il primo istituito sia fra i soggetti incapaci di ricevere);

  e) i sub-legatari e i beneficiari di un onere.


c) Conferma espressa e conferma tacita

La conferma espressa

La dottrina applica per analogia l’art. 1444 c.c. in materia di convalida del negozio annullabile secondo cui "il contratto annullabile può essere convalidato dal contraente al quale spetta l’azione di annullamento, mediante un atto che contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che s’intende convalidarlo.

La trasposizione della norma in ambito testamentario comporta che requisiti formali della conferma siano: la menzione del testamento, del motivo di invalidità e la dichiarazione di volerlo confermare.

Per quanto attiene ai requisiti di forma, secondo parte della giurisprudenza che si è pronunciata sul punto[9] la conferma è un negozio che presuppone la conoscenza della causa d'invalidità e la volontà di attribuire efficacia all'atto invalido senza che per tali manifestazioni di tale volontà e di conoscenza sia richiesta l'adozione di formule sacramentali, il che appare coerente con il fatto che essa possa avvenire anche implicitamente.

In linea con questa tesi parte della dottrina ritiene che la conferma espressa non costituisca un atto da assoggettare necessariamente alla stessa disciplina formale dell'atto al quale si riferisce. Se si configurasse, infatti, la conferma come negozio necessariamente formale, si dovrebbe espungere dal novero degli atti negoziali la conferma tacita, risultante cioè da condotte concludenti, pure prevista dal legislatore all'art. 590.

La prevalente dottrina, seguita dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione ritiene, invece, che la conferma, sebbene la legge non prescriva per essa la forma stabilita per il negozio da confermare, sia sempre un negozio formale (analogamente a quanto è stabilito per la ratifica dall'art. 1399, comma 1 c.c.) nel senso che la dichiarazione della volontà non sarebbe libera, ma deve essere assoggettata alla disciplina formale dell'atto al quale si riferisce. Essa deve essere, in altri termini, connotata dei requisiti formali dell'atto che si intende sanare.

Essa, inoltre, non presuppone che a monte vi sia stato l’accertamento giudiziale del vizio che dà luogo alla nullità o all'annullabilità del testamento.

In relazione alla questione della confermabilità soggettivamente parziale del testamento, una storica sentenza della Cassazione[10] ha stabilito che la conferma o la esecuzione volontaria del testamento nullo o annullabile da parte di alcuni soltanto degli interessati non preclude agli altri interessati di far valere l'invalidità, nel qual caso la nullità o l'annullamento della disposizione testamentaria vanno dichiarati nei confronti di tutti i soggetti legittimati ad impugnarla e quindi anche nei confronti di coloro che l'avevano confermata o vi avevano dato volontaria esecuzione. A fondamento di tale decisione la Cassazione pone il principio di inscindibilità dell'atto nei confronti di tutti i soggetti legittimati ad impugnarlo. Essa non esclude la possibilità che la conferma venga fatta valere solo da alcuni dei soggetti legittimati, ma pone l'accento sulla differenza che tale conferma soggettivamente parziale comporta sul piano degli effetti, rispetto all'ipotesi in cui essa venga posta in essere dall'unico oppure da tutti i soggetti legittimati. A tale proposito, infatti, essa afferma che «qualora la dichiarazione di convalida provenga dall'unico o da tutti i legittimati [...] la disposizione di ultima volontà verrà sanata e la vocazione sarà unicamente testamentaria [...] qualora uno o taluni soltanto lo confermino, la nullità non potrà essere fatta valere da costoro, ma nulla impedisce che essa possa essere fatta valere dagli altri legittimati che non abbiano confermato, nel qual caso l'atto verrebbe interamente travolto con effetto retroattivo».

Per quanto attiene alla conferma oggettivamente parziale, bisogna, innanzitutto, chiarire che non può parlarsi di conferma oggettivamente parziale qualora i soggetti legittimati intendano confermare una sola delle disposizioni. È, infatti, riconosciuta dalla dottrina unanime1'autonomia delle singole disposizioni testamentarie, anche se racchiuse in un unico complesso documentale. Ed è proprio tale carattere che fa sì che di regola anche una sola di esse possa essere sanata senza che perciò si debba ipotizzare una conferma oggettivamente parziale.

La sola ipotesi, pertanto, in cui sorge il problema della conferma oggettivamente parziale è quella in cui il legittimato alla conferma vuole che sia sanata una parte della singola disposizione (ad. es. legato di 100 confermato solo per 50). È preferibile la tesi negatrice perché, come è stato osservato (Capozzi) la dichiarazione confermativa non può essere che adesiva, deve, cioè, corrispondere completamente alla volontà del testatore, naturalmente nell'ambito della singola disposizione.

È questa, in definitiva, la ragione per la quale la conferma non solo non può essere oggettivamente parziale, ma non può neanche essere sottoposta a termini o a condizione, analogamente a quanto il legislatore prevede per l'accettazione dell'eredità (art. 475 comma 2 c.c.).

La conferma tacita

In base all'art. 590 c.c. la conferma può avvenire anche dando esecuzione volontaria alla disposizione testamentaria invalida. La conferma, in tal caso, consiste nell’esecuzione della volontà del de cuius accompagnata dall’intenzione di convalidare il testamento invalido [11], per cui non basterebbe un comportamento che oggettivamente costituisca attuazione della disposizione invalida (quale, ad es. la consegna della cosa legata), se esso è compiuto per un titolo e quindi con un'intenzione diversa rispetto all’adempimento della stessa (per esempio a titolo di deposito).

In una pronuncia [12] la Corte di Cassazione ha affermato che l'esecuzione volontaria del testamento invalido, ai fini della convalida prevista, «deve sempre estrinsecarsi in una attività positiva del soggetto interessato, diretta all'attuazione completa della disposizione testamentaria, e non palesante semplicemente l'intenzione di dare esecuzione alle disposizioni predette. Pertanto, non può riconoscersi efficacia convalidante del testamento invalido, né alla pubblicazione di esso, né alla presentazione della denuncia di successione, in quanto la prima è soltanto condizione necessaria perché il testamento diventi eseguibile e la seconda ha natura e finalità meramente fiscali».

È discussa la natura giuridica della conferma tacita, ma sembra preferibile la tesi di chi [13] ritiene che si tratti di un autentico negozio giuridico di attuazione stante il requisito della volontarietà contenuto nell’art. 590 c.c.

d) Ambito di applicazione e casistica

Appurati la natura giuridica ed i soggetti legittimati a confermare il testamento, si procede con l'individuazione del perimetro applicativo dell'istituto sotto un profilo oggettivo. In particolare ci si chiede quali siano i vizi di invalidità che possono essere confermati.

Testamento affetto da nullità formali

Secondo l'art. 602 c.c. «Il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore.

La sottoscrizione deve essere posta alla fine delle disposizioni. Se anche non è fatta indicando nome e cognome, è tuttavia valida quando designa con certezza la persona del testatore».

L'art. 603 c.c. stabilisce, inoltre, che: «Il testamento pubblico è ricevuto dal notaio in presenza di due testimoni. Il testatore, in presenza dei testimoni, dichiara al notaio la sua volontà, la quale è ridotta in iscritto a cura del notaio stesso. Questi dà lettura del testamento al testatore in presenza dei testimoni. Di ciascuna di tali formalità è fatta menzione nel testamento. Il testamento deve indicare il luogo, la data del ricevimento e l'ora della sottoscrizione, ed essere sottoscritto dal testatore, dai testimoni e dal notaio. Se il testatore non può sottoscrivere, o può farlo solo con grave difficoltà, deve dichiararne la causa, e il notaio deve menzionare questa dichiarazione prima della lettura dell'atto. Per il testamento del muto, sordo o sordomuto si osservano le norme stabilite dalla legge notarile per gli atti pubblici di queste persone. Qualora il testatore sia incapace anche di leggere, devono intervenire quattro testimoni».

L'art. 606 c.c. dispone, inoltre, che «Il testamento è nullo quando manca l'autografia o la sottoscrizione nel caso di testamento olografo, ovvero manca la redazione per iscritto, da parte del notaio, delle dichiarazioni del testatore o la sottoscrizione dell'uno o dell'altro, nel caso di testamento per atto di notaio.

Per ogni altro difetto di forma il testamento può essere annullato su istanza di chiunque vi ha interesse. L'azione di annullamento si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata data esecuzione alle disposizioni testamentarie».

Vizi di carattere formale che danno luogo a nullità sono l'assenza di autografia/redazione per iscritto o l'assenza di sottoscrizione del testatore e/o del notaio.

In linea generale è pacificamente ammessa in dottrina e in giurisprudenza la sanabilità delle disposizioni testamentarie nulle perché inficiate da tali vizi di carattere formale, tuttavia sono sorti dubbi in casi particolari, che si vanno ad esaminare nello specifico:

1) Mancanza della sottoscrizione

La sottoscrizione deve rispondere ai requisiti previsti dall'art. 602 c.c.: «Il testamento olografo deve essere […] sottoscritto di mano del testatore.

La sottoscrizione deve essere posta alla fine delle disposizioni. Se anche non è fatta indicando nome e cognome, è tuttavia valida quando designa con certezza la persona del testatore». 

La funzione della sottoscrizione è l’appropriazione da parte dell'autore delle dichiarazioni che la precedono, rendendo attuale e definitiva la volontà negoziale.

Dovendo essere sottoscritto di mano del testatore, il testamento olografo si può considerare privo di sottoscrizione, oltre che nel caso evidente in cui questa manchi del tutto, anche qualora essa sia falsa.

Testamento olografo con sottoscrizione falsa (c.d. apocrifo): su questo punto si registrano diverse posizioni della Cassazione. In una sentenza risalente [14] si è sostenuto che «l'accertata falsità della sottoscrizione di una scheda testamentaria olografa non esclude di per sé l'eventuale sanatoria ex art. 590 c.c., per effetto di espressa conferma o esecuzione volontaria delle disposizioni in essa contenute da parte dei soggetti interessati a farne valere la nullità ed a conoscenza di essa, con l'unico limite che sussista in concreto un atto negoziale astrattamente configurabile come testamento, ossia una manifestazione di ultima volontà socialmente apprezzabile e rilevante del de cuius, espressa in maniera seria e definitiva, attraverso una dichiarazione che risulti a ciò coscientemente e univocamente destinata».

Più recentemente, la Cassazione (con sent. n. 40138 del 15 dicembre 2021) ha espresso una decisione in senso contrario affermando che «l’art. 590 c.c. non ha modo di operare quando risulta accertata l’apocrificità del testamento (quindi interamente nullo) per falsità della sottoscrizione del "de cuius" (non potendo quindi, discorrersi della nullità di singole disposizioni testamentarie, alle quali si possa aver dato volontaria esecuzione, manifestando la volontà di non impugnarle). È stato, infatti, al riguardo affermato il principio secondo cui l’art. 590 c.c., nel prevedere la possibilità di conferma od esecuzione di una disposizione testamentaria nulla da parte degli eredi, presuppone, per la sua operatività, l’oggettiva esistenza di una disposizione testamentaria che sia comunque frutto della volontà del "de cuius", sicché detta norma non trova applicazione in ipotesi di accertata sottoscrizione apocrifa del testamento, la quale esclude in radice la riconducibilità di esso al testatore pertanto, nel caso in cui sia accertata la non autenticità della sottoscrizione apposta al testamento, non può trovare applicazione l’art. 590 c.c. che, nel consentirne la conferma o l’esecuzione da parte degli eredi, presuppone l’oggettiva esistenza di una disposizione testamentaria che, pur essendo affetta da nullità, sia comunque frutto della volontà del "de cuius"». 

Inoltre l’art. 602 c.c. stabilisce che la sottoscrizione debba essere posta alla fine delle disposizioni.

Testamento con sottoscrizione apposta nel corpo delle disposizioni: secondo autorevole dottrina (Capozzi) il testamento è valido per le disposizioni che precedono se esse sono autonome e indipendenti da quelle successive alla sottoscrizione, mentre quelle successive alla sottoscrizioni sono da ritenersi nulle per assenza di sottoscrizione e, come tali, confermabili ex art. 590 c.c.

Pertanto:

– una sottoscrizione solo al margine delle disposizioni si ritiene di regola non conforme al dettato di legge (salvo che non vi sia spazio sufficiente alla fine delle disposizioni per apporvi la sottoscrizione, o detto spazio venga sbarrato con una linea dal testatore o vi sia comunque un segno di richiamo tra la sottoscrizione marginale apposta e lo spazio posto dopo le disposizioni ove la sottoscrizione dovrebbe essere correttamente apposta);

– la sottoscrizione apposta solo fra le disposizioni (e non alla fine) rende valide solo le disposizioni seguite dalla sottoscrizione intermedia e non quelle contenute dopo la sottoscrizione stessa;

– la sottoscrizione apposta solo sulla busta che contiene la scheda testamentaria rende valide solo le disposizioni eventualmente presenti sulla busta ma non quelle contenute nella scheda priva di sottoscrizione autonoma, salvo che non vi sia una formula di richiamo tra la scheda e la busta, del tipo "sottoscriverò sulla busta" [15].

Laddove vi sia un collegamento logico e funzionale fra la busta e la scheda, accade che venga ritenuto valida la scheda olografa composta da due documenti, costituiti da un cartoncino bianco, scritto e sottoscritto dalla testatrice, contenente le disposizioni di ultima volontà della stessa, e da una busta, contenente il cartoncino, sulla quale era apposta la data ed ove, fra il lembo ed il corpo della busta, era stata scritta l'espressione "Da aprirsi dopo il mio decesso" con la data e la firma del testatrice.

La suprema Corte nella sentenza sez. civ. II, 18 settembre 2001, n. 11703 stabilisce che «la scheda è valida accedendo al principio ormai consolidato in giurisprudenza per cui il testamento olografo può essere redatto anche su più fogli separati, a condizione che tra i diversi fogli esista un collegamento materiale e che tra le varie disposizioni in essi contenute, sottoscritte alla fine dal testatore, esista un collegamento logico e sostanziale».

Circa la prescrizione dell’art. 602 c.c. per cui la sottoscrizione deve essere apposta indicando il proprio nome e cognome, si ritiene che, anche se non è fatta con la indicazione del nome e cognome, sia valida quando essa designi con certezza la persona del testatore, come, ad esempio, nei seguenti casi:

a) indicazione del rapporto di parentela con i beneficiari delle disposizioni (es. "papà") [16];

b) indicazione del soprannome, dello pseudonimo, o di qualsiasi elemento idoneo a rendere certa l'identità del testatore;

c) il solo cognome, purchè accompagnato dal titolo o dalla particolare qualità personale o professionale del testatore;

d) una sigla (ad esempio, iniziali di nome e cognome, precedute dall'abbreviazione della qualifica professionale), purché non faccia sorgere dubbi sull'identità del testatore;

e) il solo nome e l'iniziale del cognome, se nell'istituire erede il proprio coniuge, se ne precisi il nome ed il cognome (nota cfr. App. Cagliari, 15 gennaio 1993, in Riv. giur. sarda, 1996, 364).

2) Mancanza dell'autografia

Testamento olografo privo di autografia: Il testamento si considera privo di autografia quando esso non è scritto per intero di pugno dal testatore (ad es. il testamento scritto a computer, a macchina, testamento scritto interamente o parzialmente dal terzo [17] e ciò in quanto il testamento olografo deve essere connotato dal carattere della personalità del testatore. La dottrina e la giurisprudenza (Trib. Ascoli Piceno, 20 giugno 1995) in quest'ottica, ammettono che nella scritturazione del testamento possa essere adottato anche il carattere stampatello, purchè questa rappresenti la modalità abituale di scrittura del testatore.

Nonostante qualche opinione contraria, di chi ravvisa nel testamento privo di autografia un documento inesistente anzichè nullo, in quanto privo di un requisito essenziale di forma, prevale la dottrina che ammette che il testamento olografo privo di autografia sia confermabile, trattandosi di fattispecie espressamente prevista dall'art. 606 comma 1 c.c.

Secondo un'autorevole dottrina (Capozzi) sarebbe invece valido il testamento scritto con intervento del terzo che guida la mano, limitandosi a frenare il tremolio della mano del testatore, in quanto, essendo riconoscibile la scrittura del testatore nonostante l'intervento del terzo, in tal caso il requisito della personalità del testamento resterebbe impregiudicato.

Aggiunte scritte da terzi ad insaputa del testatore dopo la sua sottoscrizione: a questo proposito è interessante una pronuncia della Corte di Cassazione (sentenza n. 11733 del 15 agosto 2002) in cui si afferma che «Qualora nel corpo della disposizione di ultima volontà anche una sola parola sia di mano altrui e risulti che essa è stata scritta da un terzo durante la confezione del testamento, sciente consenziente il testatore, il testamento è nullo per intero. Non si ha invece nullità formale se ciò che altri hanno scritto sta fuori dal testamento e dalla disposizione di ultima volontà in senso stretto e dopo la sottoscrizione del testatore. Quindi le aggiunte o correzioni al testo della disposizione di ultima volontà fatte da terzi dopo la confezione del testamento all'insaputa del testatore sono sempre nulle, ma il testamento rimane valido e perfetto». 

Testamento affetto da nullità sostanziali

Si deve premettere che la disciplina delle cause di nullità sostanziale del testamento manca di un preciso ordine e di organicità. Esse vanno rinvenute, in parte nel libro secondo del codice civile ed in parte nella disciplina sul contratto in generale.

1) Ipotesi testualmente previste dal codice civile:

Testamento reciproco (art. 589 c.c.): «Non si può fare testamento da due o più persone nel medesimo atto, né a vantaggio di un terzo, né con disposizione reciproca».

La norma testualmente non prevede espressamente la nullità del testamento reciproco. 

Testamento a favore di soggetti incapaci a ricevere (artt. 596 c.c.): «Sono nulle le disposizioni testamentarie della persona sottoposta a tutela in favore del tutore, se fatte dopo la nomina di questo e prima che sia approvato il conto o sia estinta l'azione per il rendimento del conto medesimo, quantunque il testatore sia morto dopo l'approvazione. Questa norma si applica anche al protutore, se il testamento è fatto nel tempo in cui egli sostituiva il tutore».

In entrambe queste ipotesi ci troviamo di fronte ad un testamento redatto in violazione di norma imperative di legge e pertanto per la loro trattazione si rinvia alle osservazioni che seguiranno in relazione al testamento illecito.

2) Assenza di uno dei requisiti essenziali del negozio 

Testamento olografo privo di volontà: esso secondo la prevalente dottrina non sarebbe confermabile in quanto la ratio della conferma va individuata nella conservazione della volontà del testatore nonché nella volontà degli eredi di dare attuazione alla stessa per onorare la memoria del defunto. La conferma, pertanto, presuppone oltre all’esistenza di un testamento, ancorché invalido, anche l’esistenza di una volontà del testatore da attuare. Ne consegue che non può essere confermato un testamento (nullo) per assenza di volontà. Ne esempi: il progetto di testamento (c.d.  bozza di testamento); il testamento frutto di violenza assoluta; il testamento frutto di errore ostativo; il testamento non serio (fatto per gioco o per esigenze didattiche o di scena).

Testamento privo di causa: il problema della confermabilità non si pone, come nel caso in cui venga disposta a favore di un soggetto una institutio ex re certa di un bene che è già di proprietà dell’istituito.

Testamento privo di oggetto: il problema della confermabilità non si pone, come nel caso del legato di cosa che non esiste in natura.

Testamento olografo illecito (c.d. nullità virtuale): la confermabilità di tale testamento è discussa e diverse sono le teorie che si registrano in dottrina.  

Taluni ritengo che la disposizione illecita non possa mai essere confermata essendo il negozio illecito contrario ai principi fondanti dell’ordinamento giuridico.  

Esiste, poi, una teoria intermedia, la quale distingue le disposizioni contrarie all'ordine pubblico e al buon costume (insanabili) e le disposizioni illegali, vale a dire contrarie a norme imperative (sanabili).

È preferibile la teoria seguita anche da alcune sentenze della Cassazione e da una meditata dottrina la quale utilizza in questa sede l'autonomia del negozio di conferma e sostiene che bisogna, in concreto, individuare se un certo risultato, illecito in quanto perseguito mediante testamento, sia illecito anche se perseguito attraverso l'atto inter vivos di conferma.

In base a questa tesi sono suscettibili di conferma:

a) il legato di usufrutto successivo: la legge, infatti, si limita a vietare che un simile usufrutto sia costituito mediante testamento (art. 698) e mediante donazione (art. 796), ma non estende tale divieto agli atti tra vivi diversi dalla donazione, tra i quali s'inquadra il negozio di conferma;

b) testamento congiuntivo (art. 589); testamento a favore di soggetti incapaci a ricevere (artt. 596-599); disposizioni rimesse all'arbitrio del terzo (art. 631, comma 1); legato il cui oggetto è rimesso al libero arbitrio dell'onerato o di un terzo (art. 632, comma 1), testamento a condizione di reciprocità (art. 635); legato di cosa dell'onerato o di un terzo (nullo se non ricorrono determinati presupposti: art. 651); legato di cosa del legatario (art. 656) ecc.: in questi casi l'illiceità non riguarda l'atto di conferma, ma il mezzo tecnico impiegato (testamento);

c) il mandato post mortem a favore di soggetti incapaci a ricevere: il mandato è un negozio proibito solo se compiuto per testamento;

sono, invece, disposizioni illecite insuscettibili di conferma:

a) il legato disposto allo scopo di diffondere e incrementare attività illecite;

b) la sostituzione fedecommissaria oltre i limiti testualmente consentiti (art. 692), in quanto in tal caso vi è contrarietà all'ordine pubblico, perché l'illiceità riguarda il risultato e non il mezzo impiegato. Bisogna peraltro distinguere, come ha osservato la più attenta dottrina[19] a seconda che la conferma preceda o segua la morte del primo istituito e ritenerla ammissibile nel secondo caso, perché ormai l'ordine successivo (elemento tipico della sostituzione fedecommissaria) è venuto meno;

c) la disposizione a favore dell'indegno perché, come è stato osservato le norme sull'indegnità sono di ordine pubblico in quanto ispirate ad esigenze di morale sociale;

d) i patti successori istitutivi, ma l'insanabilità deriva, più che da un principio di ordine pubblico insito nell'art. 458, dalla considerazione che, essendo in realtà il c.d. patto istitutivo un contratto, non può ad esso estendersi l'eccezionale istituto della conferma.

Testamento annullabile

Ci si è già soffermati sul quadro normativo sistematico da cui è possibile enucleare il principio della conservazione del negozio giuridico evidenziando come in esso rientri l'art. 1444 c.c. in base al quale «Il contratto annullabile può essere convalidato dal contraente al quale spetta l'azione di annullamento, mediante un atto che contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che s'intende convalidarlo».

Da tale principio generale applicabile sia nell'ambito dei negozi tra vivi che a causa di morte, nonchè dall'osservazione che il nostro ordinamento con l'art. 590 c.c. ammette di poter confermare il testamento viziato da nullità, in dottrina si ritiene che sarebbe contrario al sistema normativo ritenere non confermabile la disposizione testamentaria affetta da un vizio minore, ovvero annullabile. Tale impostazione trova conferma anche nelle pronunce giurisprudenziali che, essendo intervenute nel merito di decisioni afferenti casi di conferma di disposizioni testamentarie annullabili, presuppongono la pacifica ammissibilità della conferma o della esecuzione volontaria, sia quando il testamento sia nullo che quando esso sia annullabile [20].

Ciò premesso, si vengono ad esaminare alcuni casi particolari di disposizioni testamentarie annullabili al fine di valutare se ed in quali casi esse siano anche confermabili.

Testamento olografo privo di data, con data incompleta o con data impossibile.

La funzione della data è quella di accertare la capacità del testatore al momento in cui è stato redatto il testamento e l’efficacia tra più testamenti successivi.  Ai sensi dell'art. 602 c.c. la data è un requisito formale del testamento olografo (art. 602 c.c.) la cui assenza costituisce un vizio di forma che determina non la nullità del testamento bensì l’annullamento (art. 606 comma 2 c.c.).

L’art. 602 c.c. stabilisce che la data deve essere autografa e completa (con giorno, mese e anno). Quanto alla sua collocazione, si osserva come essa, non costituendo una "disposizione" possa essere collocata in un punto qualsiasi della scheda, e quindi anche dopo la sottoscrizione.

In dottrina, in mancanza di indicazione del giorno, del mese o dell'anno, si reputa valida la data desumibile da espressioni riferite alla ricorrenza di festività civili o religiose (ad es. "Natale 2020") o di particolari eventi anche privati (ad es. "nel giorno del compleanno di […]", ma in ogni caso essa non può essere desunta da elementi estranei alla scheda olografa.

La Cassazione è intervenuta sul caso del testamento olografo privo di data o con data parziale o incompleta (ad es. per mancanza del giorno del mese o dell’anno) [21] stabilendo che la data incompleta sia equiparabile alla mancanza di data e che dunque il testamento con data incompleta sia annullabile alla stregua del testamento privo di data e quindi confermabile.  

Secondo autorevole dottrina (Capozzi) il testamento con data impossibile (ad es. 30 febbraio 001 oppure 1-14-24) è equiparabile a quello privo di data, e come tale è da considerarsi annullabile e quindi confermabile. Le stesse considerazioni possono valere per il testamento con più date o in cui la data sia cancellata.

Diverso è, invece, il caso del testamento olografo in cui la data sia stata apposta da un terzo durante il confezionamento del documento, in quanto, in tal caso, venendo meno l'autografia, il testamento è da considerarsi nullo (cfr. Cass. civile ord. 19 marzo 2021, n. 7863; Cass. civ., sez. II, 29 ottobre 2018, n. 27414). Anche in questo caso, dunque, esso sarebbe confermabile per le ragioni sopra esposte.

Il testamento redatto dall’incapace

Una causa particolare di annullabilità si rinviene quando il testamento sia redatto da chi non è per legge capace di testare. L'art. 591 c.c. infatti stabilisce che «Possono disporre per testamento tutti coloro che non sono dichiarati incapaci dalla legge. Sono incapaci di testare: 1) coloro che non hanno compiuto la maggiore età; 2) gli interdetti per infermità di mente; 3) quelli che, sebbene non interdetti, si provi essere stati, per qualsiasi causa, anche transitoria, incapaci di intendere e di volere nel momento in cui fecero testamento.

Nei casi d'incapacità preveduti dal presente articolo il testamento può essere impugnato da chiunque vi ha interesse. L'azione si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata data esecuzione alle disposizioni testamentarie».

La prevalente dottrina ritiene insanabile il testamento redatto da chi sia incapace di testare, in quanto nel testamento verrebbe a mancare una volontà giuridicamente rilevante, per cui, al fine di rendere le disposizioni efficaci l'unica modalità possibile rimarrebbe quella di lasciar prescrivere l’azione nel termine di cinque anni.

Testamento inesistente: il testamento si dice inesistente quando è affetto da un vizio così grave da non consentire di identificare il negozio come testamento. Come già si è detto, secondo la prevalente dottrina la conferma presuppone l’esistenza di un testamento, ancorché invalido, con la conseguenza che un testamento inesistente non potrebbe essere confermato.

La dottrina ammettendo tale figura e distinguendola da quella del testamento nullo, ritiene che la sanatoria potrebbe essere applicata soltanto agli atti invalidi e non a quelli inesistenti. È perciò, compito dell’interprete accertare se esista quella realtà minima di cui deve constare il negozio per considerarsi esistente, ancorché invalido, e, quindi, suscettibile di conferma.

Testamento nuncupativo (orale) 

È vivamente discusso se la sanatoria consistente nella conferma di cui all'art. 590 c.c. possa valere ad eliminare la mancanza non già semplicemente della forma olografa, bensì, assai più radicalmente, il difetto stesso della forma scritta e dunque se sia possibile, in altre parole, conferire rilevanza ad una ipotetica volontà del testatore espressa verbalmente.

La dottrina tradizionale ritiene il testamento orale inesistente. Ne seguirebbe l'impossibilità di fare applicazione del rimedio di cui all'art. 590 c.c.[21]

Secondo la giurisprudenza più recente e altra parte della dottrina, si dovrebbe distinguere tra l'ipotesi dell'inesistenza in rerum natura del testamento, da quella di un testamento orale, che sarebbe affetto da nullità, proprio in relazione alla mancata adozione della forma scritta[22].

Tale teoria è conforme al principio dettato da una lontana sentenza della Cassazione secondo cui «l'art. 590 c.c. – che costituisce un'eccezione al principio generale dell'art. 1423 c.c. e attuazione della riserva in questo contenuta, dettata dal fine di salvaguardare, in quanto possibile, con particolare riguardo al favor testamenti, la volontà del defunto – consente la convalida delle disposizioni testamentarie nulle, da qualunque causa la nullità dipenda, cioè sia da ragioni di forma (es. mancanza della sottoscrizione, sia pure dovuta a mera distrazione o a circostanze fortuite o a ignoranza circa la sua essenzialità; testamento nuncupativo), che di sostanza, tranne i casi in cui manchi in rerum natura una volontà dispositiva del de cuius (come avviene in caso di testamento falso) o una clausola testamentaria contenga disposizioni contrarie all'ordine pubblico o al buon costume, mentre è ammessa la convalida di disposizioni nulle perché illegali, in quanto contrarie a norme imperative proibitive».

La prima obiezione a tale ultima tesi è che qualora si ammetta la confermabilità del testamento verbale, ci si deve porre il problema di come possa accertarsi il contenuto e il tenore delle disposizioni testamentarie, se non per il tramite di uno strumento probatorio (prova testimoniale od altro), rispetto al quale sarebbe piuttosto agevole replicare che, in relazione ad un siffatto testamento, potrebbe poi essere dato conto con lo stesso mezzo della eventuale revoca successiva, effettuata anch'essa verbalmente, e così via.

In secondo luogo, si afferma che ammettendo l'applicabilità del rimedio dell'art. 590 c.c. al testamento orale, alla conferma si darebbe una funzione (accertativa) ultronea rispetto a quella che le è propria, intesa all'eliminazione del vizio. Si introdurrebbe, in altre parole, un negozio con funzione di accertamento della volontà del testatore, rispetto al quale particolarmente delicato è stabilire se il notaio possa stipulare un atto connotato da un siffatto contenuto, senza incorrere nella sanzione disciplinare connessa all'aver posto in essere un atto che esuli dalle proprie attribuzioni ex art. 1 l. not. invadendo la sfera di competenza giudiziale (Tribunale di Bergamo 07 novembre 1994: «Va condannato il notaio che abbia ricevuto dai coeredi un atto di conferma di testamento nuncupativo, implicando tale ricezione una previa attività costitutiva di cognizione in capo al notaio rivolta ad accertare la veridicità intrinseca delle affermazioni dei coeredi circa l’inesistenza del testamento confermato, con conseguente esorbitanza dalle funzioni notarili ed invasione della sfera riservata alla competenza giudiziaria»).

A tale proposito, si segnala una pronuncia della Cassazione[23] che, chiamata ad accertare se il notaio, nel redigere l'atto pubblico di conferma, si fosse limitato a raccogliere le dichiarazioni dei comparenti eredi, ovvero, se travalicando i poteri attribuitigli dalla legge, ed in particolare dalla legge notarile, avesse di fatto esercitato un'attività riservata istituzionalmente agli organi giudiziari, incidentalmente ha ammesso come pacifica la confermabilità del testamento orale.

La Corte di Cassazione, infatti, dopo aver premesso che «Non si discute qui dell'ammissibilità della conferma del testamento nuncupativo, espresso in forma orale (che, come è noto, ha dato luogo ad annose discussioni), ormai ritenuta legittima (sin da Cass., 26 giugno 1964, n. 1689), né della natura della conferma espressa (cui la norma citata riconnette esclusivamente il divieto di fare valere la nullità), quanto dei poteri del notaio in ordine al negozio, collegati alla forma che lo stesso deve rivestire» e posto che «Sotto un altro profilo, è opportuno rilevare che l'efficacia di prova privilegiata dell'atto notarile rimane circoscritta nell'ambito dell'art. 2700 c.c. e non si estende al contenuto delle dichiarazioni rese dalle parti: riguarda il mero fatto che tali dichiarazioni siano state rese al notaio, mentre il loro contenuto non è assistito dalla fede privilegiata propria dell'atto pubblico» ha deciso che «Non commette illecito disciplinare, ai sensi dell'art. 28 n. 1 l. 16 febbraio 1913, n. 89, il notaio che riceva conferma ex art. 590 c.c. dai legittimari del de cuius di testamento verbale reso da quest'ultimo, dopo aver raccolto le dichiarazioni dei primi in ordine all'inesistenza di una scheda testamentaria, alla ripetuta e dettagliata volontà espressa dal defunto sulla destinazione dei propri beni, alla devoluzione dell'eredità a ciascuno degli intervenuti. La conferma dell'atto nullo, infatti, non presuppone necessariamente un'attività di accertamento giudiziale in ordine all'inesistenza di un formale testamento ed alla nullità inficiante l'atto che si vuole confermare, né può ritenersi invasiva della sfera di attribuzioni dell'autorità giudiziaria l'attività del notaio consistente nella mera raccolta delle dichiarazioni sopra indicate» (conf., Trib. Modena 27 settembre 2002).

In linea con tale ultima pronuncia si pone la sentenza del Tribunale Napoli del 30 giugno 2009 che in un caso di conferma tacita di testamento nuncupativo, è stato chiamato a pronunciarsi sulla ammissibilità della conferma del testamento orale; sulla verifica nel caso concreto di una manifestazione testamentaria in forma orale da parte del de cuius, nonché sulla sussistenza nel caso concreto dei requisiti della conferma di cui all'art. 590 c.c.

Nella sentenza, premesso che la prima questione «è oggetto di un'annosa controversia soprattutto in dottrina, laddove gli autori si sono equamente divisi tra la tesi della nullità e quella dell'inesistenza […] L'orientamento invece della giurisprudenza di legittimità è viceversa consolidato nel ritenere possibile la conferma del testamento orale»  il Tribunale ritiene di dovere fare propria tale ultima tesi, argomentandosi altresì dal fatto che «nel testamento orale, a differenza di quanto accade nel testamento radicalmente falso, sono comunque presenti due requisiti essenziali del negozio, e cioè la volontà e la causa, difettando solo il pur rilevante requisito della forma».

Nel caso di specie le risultanze della prova testimoniale raccolta in corso di causa hanno indotto il Collegio «a ritenere fornita la prova sia in ordine al fatto che il de cuius abbia inteso esternare una propria volontà di testare, sia per quanto concerne il suo specifico contenuto».

In linea con tale ultima impostazione si pone la sentenza del Tribunale di Belluno del 22 dicembre 1997 in base alla quale che «una donna di cittadinanza italiana e (per matrimonio) austriaca, residente in Austria, possa, in conformità alla legge locale, fare valido, purché certo, testamento nuncupativo, e ritenuta, altresì, la sussistenza, ex art. 4 e 50 l. not. 218 del 1995, della giurisdizione italiana qualora abbia a contendersi sulla validità e l’efficacia di un testamento siffatto per l’ordinamento italiano, al testamento orale deve, ai sensi dell’art. 48 l. not. 218 cit., riconoscersi, quanto alla forma, piena legittimità e rilevanza effettuale, senza che al riconoscimento del testamento nuncupativo, estraneo, ma non contrario ai principi fondamentali della normativa italiana sulle successioni mortis causa, ostino ragioni di ordine pubblico (art. 16 e 73 l. n. 218 del 1995), tanto più, poi, quando, in conformità, del resto, anche alla legislazione italiana, al testamento sia stata già data volontaria esecuzione»[25].

Dall'analisi delle teorie sopra esposte si può affermare che, anche volendo ammettere come pacifica, stando alle ultime pronunce giurisprudenziali, la confermabilità del testamento orale ex art. 590 c.c., ciò che continua a rendere consigliabile un approccio cauto da parte del notaio che si accosti a tale fattispecie è da rinvenirsi, da un lato, nella salvaguardia della certezza del diritto, in considerazione del fatto che, a fronte della conferma di un testamento orale possa seguirne un'altra di altro testamento sempre orale che si presuma essere stato enunciato dal testatore in data successiva al primo e con contenuto con esso incompatibile, dando luogo ad una potenziale catena di revoche di testamenti non basate su prove certe; dall'altro l'altro lato, nella tutela della funzione antiprocessualistica che deve caratterizzare la funzione notaio (si pensi all'ipotesi di un'eredità quasi del tutto o unicamente passiva e alla circostanza che in tale situazione gli eredi legittimi, allo scopo di evitare le conseguenze negative dell'eredità, magari perchè nel caso concreto potrebbero essere già prescritti i termini per una rinuncia, confermino un presunto testamento verbale con cui il testatore avrebbe istituito eredi soggetti diversi rispetto a quelli chiamati per legge).

Testamento revocato 

La disciplina della revoca del testamento è contenuta negli artt. 587 c.c. (revoca espressa) 682, 684, 685, 686 (revoca tacita) e 687 c.c. (revoca ex lege per sopravvenienza di figlio).  Il testamento revocato è inefficace e, pertanto, secondo la prevalente dottrina non confermabile in quanto, come si è già detto, la conferma presuppone l'esistenza di una volontà da attuare, volontà che è del tutto assente nel caso in cui il testamento sia stato revocato.

Ai sensi dell'art. 687 c.c., qualora il testatore abbia dettato le sue volontà prima di avere (oppure prima di scoprire di avere) figli, queste si intendono revocate di diritto per la sopravvenienza di un figlio o di un discendente; in questo caso, la volontà del testatore è stata revocata di diritto nel prevalente interesse della famiglia, sul presupposto che il testatore non avrebbe attribuito i suoi beni a terzi ove avesse saputo di avere dei discendenti, ma nulla osta a che i suoi eredi diano ugualmente esecuzione al testamento, nel caso in cui costoro pensino che il testatore, in realtà, non avrebbe mutato la sua volontà nonostante la sopravvenienza del figlio[25].

La revoca per sopravvenienza di figli, infatti, a differenza della revoca volontaria (ossia compiuta dal testatore) non determina l'inefficacia assoluta del testamento, come comprovato dall'art. 687, ultimo comma, c.c., secondo cui il testamento possa tornare a produrre i suoi effetti qualora i discendenti non vengano alla successione.

Ipotesi diversa è quella della conferma della disposizione testamentaria di revoca, in tal caso la conferma è ammissibile perché attraverso la conferma si attua la volontà del testatore. Dunque si può confermare la disposizione (nulla) con cui il testatore ha revocato un precedete testamento.

Testamento con condizione impossibile o illecita

La dottrina ritiene non confermabile la disposizione testamentaria che contenga una condizione impossibile o illecita in quanto, a differenza del negozio inter vivos, in cui essa determina la nullità del negozio, ex art. 1354 c.c., la condizione impossibile o illecita apposta ad una disposizione testamentaria non rende il negozio nullo ma la disposizione si considera non apposta, come previsto dall'art. art. 634 c.c.

Confermabilità del contenuto atipico del testamento

Nell'ambito del c.d. contenuto atipico del testamento, da intendersi come l'insieme di tutte le disposizioni testamentarie che non siano riconducibili ad attribuzioni patrimoniali a titolo di eredità o di legato, la dottrina (nota 33, 34 studio d'Isa), ai fini della confermabilità di tali disposizioni, distingue fra quelle che, anche se, pur non avendo il contenuto tipico del testamento, non mancano del requisito della patrimonialità, data la loro natura accessoria rispetto agli atti di vera e propria disposizione dei beni (quali, ad es. la costituzione della fondazione, la nomina dell'esecutore testamentario, la riabilitazione dell’indegno), per le quali la conferma sarebbe ammissibile, da quelle del tutto prive del carattere della patrimonialità (quali, ad es. riconoscimento del figlio naturale, la designazione del tutore da parte del genitore, ecc.) per le quali la conferma sarebbe inammissibile, venendo in considerazione aspetti di rilievo pubblicistico. (Cfr. App. Roma, 11 novembre 1999 secondo cui il codicillo di un testamento, che non contiene disposizioni a causa di morte ma semplici raccomandazioni ed indicazioni per le attribuzioni che altri sarebbe andato a compiere se lo avesse voluto, difetta dei requisiti necessari per potere essere oggetto di spontanea esecuzione da parte di colui o coloro che siano istituiti eredi, per cui non può trovare applicazione l'art. 590 c.c.).


Riepilogo

Alla luce di quanto sin qui esposto, è possibile riepilogare come segue le ipotesi di disposizioni confermabili, non confermabili e per le quali vige un dubbio sulla relativa confermabilità [26].

Disposizioni confermabili

a) le disposizioni affette da nullità per vizi di forma:

– testamento olografo non sottoscritto;

– testamento olografo scritto con sistemi elettronici (purché, ovviamente, da parte del testatore);

– testamento pubblico redatto da terzi, senza che la redazione stessa sia curata dal notaio.

Nei casi sopra indicati, infatti, il testatore ha manifestato la propria volontà e il vizio è causato solamente dalla forma impiegata;

b) le disposizioni affette da nullità sostanziale, ma è ravvisabile una volontà del testatore al riguardo:

–  testamento sottoposto alla condizione di reciprocità (di cui all'art. 635 c.c.);

– testamento a favore di un soggetto incapace di ricevere (previsto dall'art. 596 c.c.).

In tali casi, infatti, il testatore ha dettato le sue ultime volontà, benché il legislatore presupponga che la volontà stessa non si sia formata in modo libero e la dichiarazione sia stata resa sotto l'influsso di un condizionamento e, pertanto, non possa essere efficace;

– disposizioni rimesse all'arbitrio di un terzo o dell'onerato, quanto alla determinazione dell'oggetto o del beneficiario (come disciplinato dall'artt. 631 c.c.). In questo caso sarebbe ravvisabile una seppur minima volontà del testatore al riguardo, anche se questa non può dirsi completa;

– le disposizioni aventi ad oggetto beni altrui, non ricorrendo i presupposti di cui all'art. 651 c.c.

In tal caso gli eredi potrebbero avere interesse a rispettare la volontà del testatore e voler procurare al beneficiario la disponibilità del bene altrui, nonostante non vi siano tenuti;

– le disposizioni testamentarie illecite (ossia le disposizioni dettate in violazione di una norma di legge), nel caso in cui la legge vieti espressamente che quella volontà sia realizzata per testamento, benché la stessa volontà possa essere realizzata con la forma contrattuale, quali l'usufrutto successivo: l'art. 698 c.c., infatti, vieta che il testatore disponga di due usufrutti generali e vitalizi in modo successivo mediante il negozio a causa di morte, mentre nulla vieta che le parti stipulino dei contratti, ossia degli atti inter vivos, per raggiungere lo stesso risultato;

c) disposizioni testamentarie che siano state revocate ex lege per sopravvenienza di figli: ai sensi dell'art. 687 c.c., infatti, nel caso in cui il testatore abbia dettato le sue volontà prima di avere (oppure prima di scoprire di avere) figli, queste si intendono revocate di diritto per la sopravvenienza di un figlio o di un discendente; in questo caso, la volontà del testatore è stata revocata di diritto nel prevalente interesse della famiglia, sul presupposto che il testatore non avrebbe attribuito i suoi beni a terzi ove avesse saputo dí avere dei discendenti, ma nulla osta a che i suoi eredi diano ugualmente esecuzione al testamento, nel caso in cui costoro pensino che il testatore, in realtà, non avrebbe mutato la sua volontà nonostante la sopravvenienza del figlio. La revoca per sopravvenienza di figli, a differenza della revoca volontaria (ossia compiuta dal testatore) non determina l'inefficacia assoluta del testamento, come comprovato dall'art. 687, ultimo comma, c.c., secondo cui il testamento possa tornare a produrre i suoi effetti qualora i discendenti non vengano alla successione;

d) le disposizioni diverse da istituzione di erede o legato le quali, pur non essendo attributive, abbiano carattere patrimoniale, quali la nomina dell'esecutore testamentario, l'atto costitutivo di fondazione e di vincoli di destinazione;

e) le disposizioni annullabili per mancanza o incompletezza della data o per data impossibile o cancellata.

Disposizioni non confermabili

a) il testamento inesistente:

– testamento falso

b) il testamento volontariamente revocato;

c) le disposizioni dettate per scherzo;

d) disposizioni affette da vizi della volontà:

– le disposizioni viziate da errore ostativo, in cui la volontà del testatore non si è correttamente formata, perché il testatore è caduto in errore sulla persona del beneficiario della disposizione o sull'oggetto del legato;

– le disposizioni viziate da violenza assoluta

e) le disposizioni redatte dall'incapace;

f) le disposizioni illecite, volte a raggiungere un risultato contrario alla legge, in ragione del fatto che la legge non vieta il mezzo, ossia l'impiego della forma testamentaria per raggiungere quel risultato, ma vieta proprio il risultato che si intende raggiungere:

– legato disposto per il motivo determinante ed espresso di incoraggiare il legatario a intraprendere un'attività criminale;

– disposizioni volte a realizzare una sostituzione fedecommissaria vietata;

– disposizioni esecutive di un patto successorio istitutivo, obbligatorio, nel caso in cui il testatore enunci il motivo, ossia dichiari di voler disporre in quel modo solo al fine di adempiere al patto successorio istitutivo, nullo;

g) le disposizioni non patrimoniali per l'interesse pubblico sottostante:

– riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio (art. 254 c.c.)

 – designazione di un tutore (art. 348, comma 1, c.c.).

È dubbia la confermabilità

– del testamento nuncupativo, ossia del testamento orale, in quanto si discute se debba considerarsi nullo oppure inesistente, alla luce dell'assoluta mancanza di forma.


Conferma della donazione

a) Natura giuridica

L'art. 799 c.c. dispone che «La nullità della donazione, da qualunque causa dipenda, non può essere fatta valere dagli eredi o aventi causa dal donante che, conoscendo la causa della nullità, hanno, dopo la morte di lui, confermato la donazione o vi hanno dato volontaria esecuzione».

Per quanto attiene agli effetti, al pari di quanto sostenuto in relazione alla conferma delle disposizioni testamentarie, anche in funzione della stabilizzazione e della certezza dei rapporti giuridici, prevale l'orientamento secondo cui l’effetto del negozio di conferma della donazione nulla sia quello di sanare la donazione stessa con efficacia ex tunc

b) Legittimazione attiva

Ai sensi dell'art. 799 c.c., soggetti legittimati a confermare la donazione nulla sono indicati «gli eredi o gli aventi causa del donante dopo la morte di lui». 

Ne consegue che non potranno avvalersi di tale istituto né coloro che sono semplicemente chiamati all’eredità, dovendo essi averla anche accettata in forma espressa o tacita, né il donante stesso finchè è in vita, il quale potrà solo ripeterla in forma valida, determinandone l'efficacia ex nunc, in conformità alla ratio sottesa all'istituto in esame, ossia quella di predisporre uno strumento che consenta di attuare la volontà del disponente anche quando non sia più possibile, a causa del suo decesso, mettere in atto gli altri strumenti previsti dall'ordinamento al medesimo scopo.

Al pari degli eredi del donante potranno avvalersi della conferma della donazione nulla i suoi aventi causa, ovverosia i legatari, si intente, che siano beneficiari del bene donato ad altri invalidamente. 

In presenza di più eredi senza che vi sia comunione ereditaria legittimato a confermare la donazione nulla sarà solo l’erede destinatario del bene donato invalidamente; mentre nel caso in cui fra più eredi del donante sia sorta una comunione ereditaria, legittimato alla conferma sarà ciascun erede limitatamente alla corrispondente quota ideale a lui spettante. 

In tutti i casi sopra esposti la conferma della donazione nulla sarà possibile solo dopo la morte del donante.  

Si rileva come, a differenza delle disposizioni testamentarie, non si ponga il problema della applicabilità dell'istituto della conferma anche all'ipotesi di donazione affetta da vizi di annullabilità, in quanto, trattandosi di un contratto, lo strumento preposto a tal fine è quello della convalida disciplinato dall’art. 1444 c.c., nel quale vengono indicati anche sia i presupposti di attuazione di tale rimedio che i soggetti legittimati ad utilizzarlo, incluso il donante. 

c) Conferma espressa e conferma tacita 

Secondo la consolidata giurisprudenza il negozio di conferma della donazione nulla deve contenere gli elementi previsti dall’art. 1444 comma 1 c.c. per la convalida del negozio annullabile (e dunque la menzione della donazione, della causa di nullità e dell'intenzione di volerla confermare).

Esso non richiede l'uso di formule sacramentali e pertanto, per il principio di libertà delle forme, si può ritenere che il negozio di conferma delle donazioni nulle si possa concludere in qualunque forma, salva la necessità della forma scritta allorquando si debba confermare una donazione avente ad oggetto un bene immobile, per il principio di simmetria che mitiga l’applicazione del principio della libertà delle forme [27].

La Corte di Cassazione ha stabilito che è ammessa la conferma soggettivamente parziale ossia che la donazione nulla possa essere confermata da uno solo dei coeredi del donante per la parte corrispondente alla quota ideale a lui spettante (Cass. civ., 15 gennaio 1965, n. 77).

La donazione nulla può essere confermata anche per comportamento inequivoco, ossia allorquando i soggetti legittimati a confermare la donazione nulla (eredi o aventi causa del donante) pongono in essere una condotta incompatibile con la volontà di avvalersi della nullità, con la consapevolezza/conoscenza del vizio che rende nulla la donazione. La Cassazione ha infatti sottolineato come la conoscenza del vizio sia elemento essenziale affinché si possa attuare la conferma tacita (Cfr. Cass. 30 gennaio 2019 n. 2700).

La prova della conferma tacita può essere data, ai sensi delle norme del libro sesto del c.c., con qualunque mezzo, anche per testimoni o presunzioni, in quanto non trovano applicazione i limiti di cui agli artt. 2721 e 2722 c.c.

d) ambito di applicazione e casistica

L’art. 799 c.c. si applica allorquando la donazione è nulla «da qualunque causa dipenda». 

Sono, pertanto, suscettibili di conferma le donazioni che non posseggono i requisiti di forma richiesti dalla legge (art. 782 c.c., ad es. può essere confermata la donazione che non sia stata fatta per atto pubblico così come la donazione verbale) e quelle che hanno per oggetto beni futuri (art. 771 c.c.). Non sono, invece, confermabili le donazioni illecite, ossia contrarie all'ordine pubblico o al buon costume (art. 1343 c.c.).

Come si è detto a proposito della conferma delle disposizioni testamentarie, la ratio dell'istituto sottende quale presupposto che esista una volontà del disponente (donante) da confermare. Non sarà, pertanto, confermabile la donazione nulla per assenza della volontà del donante, ad esempio in caso di donazione falsa (come nel caso di scrittura privata il cui autore sia persona diversa dal donante). 

Analogamente, si ritiene non confermabile per mancanza della volontà donativa la donazione il cui oggetto sia indeterminabile. 

Si vengono ora ad esaminare alcuni casi di donazioni nulle sottoposte all'esame della Corte di Cassazione.

Donazione compiuta dal rappresentante privo di potere (Cass. civ., n. 14504 del 06 giugno 2018): 

La Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi su un caso in cui i figli del donante hanno posto in essere una donazione utilizzando una procura che conferiva loro il potere di compiere qualsiasi atto di straordinaria amministrazione fra cui, a titolo esemplificativo e non esaustivo, accettare donazioni.

La Cassazione, confermando quanto deciso dalla Corte d'Appello, richiamando l'art. 778 c.c. (che sancisce la nullità del mandato che conferisce ad altri la facoltà di designare il donatario o l'oggetto della donazione) ha riconosciuto innanzitutto la nullità della procura in oggetto, nonchè della donazione compiuta in forza di essa, nonchè la violazione da parte del notaio dell'art. 28 l. not.

Conseguentemente la Corte ha concluso che la donazione compiuta dal rappresentante privo di potere non può essere né ratificata né confermata dagli eredi del donante, atteso che l'art. 1399 c.c. non è applicabile alla donazione nulla e che la conferma ai sensi dell'art. 799 c.c. presuppone sì una donazione nulla, ma compiuta personalmente dal donante.

Donazione fatta per scrittura privata (Cass. civ. n. 2700 del 30 gennaio 2019)

Nel caso in oggetto con una scrittura privata un soggetto aveva scritto di voler donare al proprio figlio un appartamento dichiarando di aver in precedenza donato già un immobile ad un'altra figlia.

La figlia che aveva beneficiato del primo lascito nella dichiarazione di successione del disponente aveva indicato il fratello quale proprietario dell'immobile oggetto della scrittura privata.

In primo luogo viene accertato che la scrittura privata non costituisce un testamento olografo in quanto in essa manca l'intenzione di disporre per il caso morte. Affinchè si possa configurare un testamento olografo deve risultare con certezza che l'estensore abbia voluto porre in essere una disposizione di ultima volontà (argomentando dall'art. 587 c.c. «per il tempo in cui avrà cessato di vivere»). Secondo la Cassazione essa non integrerebbe, peraltro, una donazione nulla per vizio di forma, come tale confermabile ex art. 799 c.c. in quanto ad essa non può essere attribuita valenza di atto di liberalità. Perchè possa ravvisarsi una donazione nulla, infatti, occorre accertare la sussistenza di un accordo tra donante e donatario, essendo insufficiente, come nel caso di specie, una dichiarazione unilaterale dell'intenzione di donare del donante non accettata formalmente dal donatario.

Conferma tacita di donazione verbale (Cass. civ. n. 9091 del 12 aprile 2018):

Nel caso in esame un soggetto, prima di morire, aveva espresso verbalmente la volontà di donare alla propria compagna una somma di denaro. Dopo la sua morte, gli eredi, venuti a conoscenza della volontà del de cuius, avevano prontamente dato parziale attuazione alla sua volontà del de cuius, versando in favore della donna parte della suddetta somma di denaro.

Successivamente i medesimi eredi hanno formalizzato per iscritto l’impegno a pagare alla stessa l'importo residuo. Essendo venuti meno a tale impegno, la donna chiedeva al Tribunale la loro condanna al pagamento della residua somma di denaro.

Il Tribunale rigettava la domanda di Tizia, ritenendo che non fosse applicabile al caso di specie la disciplina di cui all’art. 799 c.c., che prevede la conferma della donazione nulla ad opera degli eredi del donante; condannava, inoltre, Tizia alla restituzione di quanto già ricevuto dagli eredi prima dell’avvio della causa.

In riforma della sentenza di primo grado, la Corte d’Appello dichiarava, invece, l’applicabilità dell’art. 799 c.c., dal momento che gli eredi, nonostante la consapevolezza della nullità della donazione, ne avevano volontariamente dato parziale esecuzione, nonché la sussistenza dei requisiti di cui all’art. 1444 c.c. in relazione alla dichiarazione scritta con cui costoro si erano impegnati a corrispondere a Tizia il residuo importo.

In sede di ricorso in Cassazione, in primo luogo i ricorrenti hanno contestato il fatto che la Corte d'Appello abbia dato per pacifica l'esistenza di una donazione nulla per difetto di forma, mentre avrebbe dovuto piuttosto rilevare l'inesistenza materiale del negozio in presenza della sola dichiarazione orale.

La Corte di Cassazione ha peraltro evidenziato come l'art. 799 c.c. consente la convalida della donazione nulla «da qualsiasi causa dipenda» e dunque se il donante ha manifestato la precisa volontà di donare un determinato bene e il donatario ha accettato, la donazione è convalidabile non solo se risulta da atto pubblico nullo come tale, ma anche se effettuata verbalmente.

Dal punto di vista della forma, la Corte pone l’attenzione sul fatto che l’art. 799 c.c. non esige particolari “formule sacramentali", purché emerga in capo all’erede la conoscenza della causa di invalidità e la volontà di attribuire efficacia all’atto invalido, ben potendo ciò desumersi implicitamente anche «dall’esecuzione volontaria della liberalità nulla».

Nulla vieta, a maggior ragione, aggiunge la Corte, che la convalida della donazione nulla avvenga mediante atto formale: in tal caso l’atto dovrà contenere i requisiti previsti dall’art. 1444 c.c., ossia l’indicazione del negozio, della causa di invalidità e la dichiarazione che si intende convalidarlo.

A fronte dell'obiezione degli eredi secondo cui la donazione nel caso di specie sarebbe stata nulla per violazione del divieto di donare beni futuri ex art. 771 c.c. e che non fosse loro intenzione sanare la donazione affetta da tale vizio la Corte di Cassazione ha, infine, ricordato che, per ricorrere nell’ipotesi di donazione nulla per violazione dell’art. 771 c.c. (divieto di donazione di beni futuri), l’analisi deve essere condotta con «riferimento al momento dell’atto di disposizione da parte del donante» e non considerando «la situazione esistente al momento della morte».

Essa ha, in definitiva, concluso che qualora l’erede, pur conoscendone le cause d’invalidità, dia volontariamente e spontaneamente esecuzione alla donazione, esprime la volontà di attribuire efficacia all’atto stesso rimanendone vincolato; nel caso in cui, invece, la stessa volontà venga espressa con dichiarazione scritta, questa dovrà conformarsi ai requisiti previsti dall’art. 1444 c.c.  

Donazione di titoli in assenza di atto pubblico (Cass., sez. un., n. 18725 del 27 luglio 2017):

Nel caso di specie un soggetto, pochi giorni prima di morire, aveva trasferito tramite la propria banca un importo rilevante (e, dunque, non di modico valore) di strumenti finanziari ad una sua figlia. Dopo la morte del disponente l’altra figlia del defunto, aveva invocato la nullità del negozio appena citato in quanto privo della necessaria forma solenne. Le sezioni unite, conformemente alla prevalente dottrina, hanno considerato la fattispecie quale donazione diretta ex art. 769 c.c., di cui la sola esecuzione materiale è avvenuta indirettamente tramite banca, e come tale, nulla per mancanza di forma e confermabile dagli eredi o dagli aventi causa del donante ai sensi dell'art. 799 c.c.


NOTE:

[1] V. A. TRABUCCHI, Istituzioni di Diritto Civile, 150.

[2] In tale contesto si inserisce anche l'istituto della ratifica, previsto dall'art. 1399 c.c. per il contratto inefficace.

[3] V. A. CICU, Testamento, Milano, 1951, 100; v., inoltre, Trib. Napoli, 24 gennaio 1976 «Considerato che la nullità può essere fatta valere da chiunque abbia interesse, la conferma di uno solo o di alcuni interessati non esclude che gli altri possano denunciare la nullità del testamento e, solo nel caso in cui tutti gli interessati alla nullità abbiano confermato la disposizione, il testamento potrà dirsi sanato nei confronti di tutti. Con l'art. 590 c.c. da parte del legislatore non si è voluto stabilire una sanatoria del testamento, ma si è voluto soltanto privare dell'azione di nullità colui che ha confermato una disposizione o vi ha dato esecuzione». 

[4] F. GAZZONI, L’attribuzione patrimoniale mediante conferma, 1974, 3 ss.;

[5] V. G. OPPO, Adempimento e liberalità, 1947, 371 ss.; S. ROMANO, Note sulle obbligazioni naturali, 1945, 118 ss.; v., inoltre, App. Napoli, 3 maggio 1989.

[6] C. CARBONE, Formulario notarile commentato, 770; G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2016, 918; F. SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, 25 ss.; A. AURICCHIO, La conferma del testamento e la sua forma, nota a Trib. Napoli, 2 aprile 1955, in Foro it., 1956, I, 121.

[7] V. Cass. civ., 15 dicembre 2020, n. 28602 secondo la quale «La legittimazione al negozio di conferma o di convalida, anche sotto forma di esecuzione volontaria, della disposizione testamentaria nulla sussiste solo in capo a chi dall'accertamento giudiziale della invalidità trarrebbe un vantaggio che si sostanzi nel riconoscimento di diritti (o di maggiori diritti) oppure nell'accertamento della inesistenza di determinati obblighi testamentari; essa non sussiste, quindi in capo al legatario con riferimento al testamento che lo gratifica, rispetto al quale egli è portatore di un interesse opposto all'invalidità del testamento stesso, con la conseguenza che questi, solo qualora sia divenuto erede dell'erede onerato, potrà proseguire l'impugnativa del testamento già proposta dal proprio dante causa o iniziarla autonomamente, senza trovare alcuna preclusione nel conseguimento del legato».

[8] V. A. BUSANI, La successione mortis causa, Padova, 2020, 1121 e ss.

[9] Cass. civ., 29 maggio 1974, n. 1545; in dottrina cfr. per tutti D. MINUSSI, Le successioni, 2005, 846; per la tesi contraria v. per tutte Cass. civ., 15 febbraio 1968, n. 535. In dottrina: G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., 998; F. SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali, cit., 248 ss.; F. GAZZONI, L'attribuzione patrimoniale mediante conferma, cit., 287, il quale, tuttavia, ritiene necessario il rispetto di determinate forme solo qualora sia poi necessario trascrivere l'atto di conferma.

[10] Cass. civ., 11 agosto 1980, n. 4923.

[11] Si vedano, in giurisprudenza, Cass. civ., 08 luglio 1971, n. 2185 secondo cui «A norma dell'art. 590 c.c. la condanna per facta concludentia di disposizioni testamentarie nulle non opera se chi la esegue ignori la causa della nullità»; Cass. civ., 12 settembre 1970, n. 1403, secondo cui «L'art. 590 c.c., il quale, al pari di quanto stabilisce in tema di contratti l'art. 1444 c.c., dal quale si distingue unicamente per il fatto che questo è applicabile ai soli casi di annullabilità (quello è invece applicabile a tutte le ipotesi di nullità da qualunque causa derivante), richiede che il soggetto, a cui spettava l'azione di annullamento, abbia confermato la disposizione testamentaria viziata o vi abbia dato volontaria esecuzione, conoscendo il motivo di invalidità e ponendo in essere un comportamento inconciliabile con la volontà di impugnarla» e Cass. civ., 23 aprile 1969, n. 1318, secondo cui «a colui che invochi in proprio favore il disposto dell'art. 590 c.c., incombe l'onere di provare sia l'effettiva sussistenza della disposizione testamentaria invalida, sia l'affermata volontaria esecuzione di essa».

[12] Cass. civ., 25 giugno 1969, n. 2273.

[13] in questo senso v. CAPOZZI, TORRENTE-SCHLESINGER, SANTORO-PASSARELLI.

[14] Cass., 13 ottobre 1961, n. 2137; si vedano, inoltre, Cass. civ., 04 luglio 2012, n. 11195/2012 e Cass. civ., 28 maggio 2020, n. 10065, secondo cui «L’art. 590 c.c. non ha modo di operare quando risulta accertata – come è pacificamente accaduto nel nostro caso – l’apocrificità del testamento (quindi interamente nullo) per falsità della sottoscrizione del “de cuius” (non potendo quindi, discorrersi della nullità di singole disposizioni testamentarie, alle quali si possa aver dato volontaria esecuzione, manifestando la volontà di non impugnarle). È stato, infatti, al riguardo affermato il principio (al quale dovrà uniformarsi il giudice di rinvio) secondo cui l’art. 590 c.c., nel prevedere la possibilità di conferma od esecuzione di una disposizione testamentaria nulla da parte degli eredi, presuppone, per la sua operatività, l’oggettiva esistenza di una disposizione testamentaria che sia comunque frutto della volontà del “de cuius”, sicché detta norma non trova applicazione in ipotesi di accertata sottoscrizione apocrifa del testamento, la quale esclude in radice la riconducibilità di esso al testatore» e Cass. civ., 26 giugno 1964, n. 1689 secondo cui il testamento pubblico dichiarato falso a seguito di accoglimento della querela, non può formare oggetto di conferma, né di esecuzione volontaria.

[15] Cfr. Cass. civ., 01 ottobre 2013, n. 22420, che ha considerato nulla la scheda testamentaria in cui la sottoscrizione risultava apposta non sulla scheda medesima ma sul plico che la conteneva.

[16] Cass. civ., 21 ottobre 1992, n. 11504 «Poiché l'art. 602 c.c. respingendo ogni rigore formale riconosce valore alla sottoscrizione del testamento olografo anche se non è fatta con l'indicazione del nome e cognome, purché designi con certezza la persona del testatore, deve ritenersi valida la manifestazione della volontà testamentaria in uno scritto avente forma di lettera, sottoscritto con l'indicazione del rapporto di parentela con i beneficiari delle disposizioni quando comporti la certezza sull'identità della persona del testatore»(Nel caso in oggetto la Cassazione ha ritenuto che si potesse considerare certa l'identità della testatrice in base al collegamento della sottoscrizione effettuata utilizzando il termine "mamma", con altri elementi inseriti nella scrittura, quali la destinazione dello scritto "ai cari figli" e la disposizione della "casa" quale unico bene del patrimonio della testatrice).

[17] Cfr. Cass. civ., 06 marzo 2017, n. 5505, Cass. civ., 08 giugno 2001, n. 7783, Cass., 05 agosto 2002, n. 11733, secondo cui il testamento è nullo, e quindi confermabile se il terzo di proprio pugno scrive anche una sola parola prima della sottoscrizione del testatore e ciò anche se il contenuto del testamento corrisponde alla volontà del testatore perché l’intervento del terzo esclude il requisito della personalità della scrittura.

[18] Cfr. Cass. civ., 19 febbraio 1970, n. 389 secondo cui l'art. 590 c.c.  opera solo nelle ipotesi in cui il testatore, con un suo valido atto di volontà, potrebbe realizzare quel risultato pratico che intende raggiungere, e non anche quando il fine da lui perseguito non potrebbe essere direttamente raggiunto perché vietato dalla legge come illecito; cfr. anche Cass., 14 maggio 1962, n. 1024; in dottrina v. G. CAPOZZI, op. cit., G. GABRIELLI, L'oggetto della conferma ex art. 590, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1964, 1894 ss.; L. BIGLIAZZI GERI, Il testamento, Milano, 1976, 212. 

[19] V. G. PASETTI, La sanatoria per conferma del testamento e della donazione, Milano, 1956, 126; A. TORRENTE – P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, 248 ss. Per le disposizioni a favore dell'indegno, v. G. GABRIELLI, L'oggetto della conferma ex art. 590, cit., 1400 ss. e per i patti successori istitutivi v. L. FERRI, Successioni in generale, Artt. 456-511, cit., 148 ss.

[20] Cass. civ., 11 agosto 1980, n. 4923; Cass. civ., 13 luglio 2017, n. 17392; Cass. civ. 12 settembre1970, n. 1403.

[21] Cass. civ., 09 dicembre 1988, n. 6682 e Cass. civ., 14 maggio 2008, n. 12124.

[22] Sono di questo parere G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., 1007; G. CELESTE, Conferma del testamento e efficacia dell'atto pubblico: il punto, in Notariato, 1996, 509 ss.; A. CICU, Testamento, cit., 1972, 97; C. GANGI, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, Milano, 1952, 275 e G. AZZARITI, Le successioni e le donazioni, Padova, 1982, 579. Anche G. CARAMAZZA, Delle successioni testamentarie, in V. DE MARTINO (diretto da), Comm. teorico-pratico al codice civile, 1982, 56 sostiene la non confermabilità del testamento orale affermando che, in caso contrario, si finirebbe per attribuire alla conferma non più la tipica natura di essa quale atto accessorio, bensì la diversa qualità di atto sostitutivo del testamento, il che non pare ammissibile.

[23] Cass. civ., 11 luglio 1996, n. 6313; v. inoltre, in senso conforme, Trib. Santa Maria Capua Vetere, 28 giugno 1955; App. Napoli, 03 maggio 1989; Cass. civ., 26 giugno 1964, n. 1689; Cass. civ., 24 aprile 1965, n. 719; anche in dottrina ammettono la conferma del testamento nuncupativo C. VENDITTI, Disposizione testamentaria orale e conferma ex art. 590 c.c., in Dir. giur., 1988, 167; R. CAPRIOLI, La conferma delle disposizioni testamentarie e delle donazioni nulle, Napoli, 1984, 257; L. MEZZANOTTE, Il testamento nuncupativo tra deroga ed attenuazione del rigore formale, in AA.VV., La forma degli atti nel diritto privato, Napoli, 1988, 502 e C.M. BIANCA, Diritto civile, 1985, 640; G. GABRIELLI, op. cit., 1366.

[24] L'art. 48 (Forma del testamento) della l. n. 218 del 1995 stabilisce che «1. Il testamento è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge dello Stato nel quale il testatore ha disposto, ovvero dalla legge dello Stato di cui il testatore, al momento del testamento o della morte, era cittadino o dalla legge dello Stato in cui aveva il domicilio o la residenza».

[25] Cfr. Cass. civ., 06 ottobre 1954, n. 3298, secondo cui «il testamento revocato ex lege per sopravvenienza di figlio non può essere confermato perché la conferma si riferisce alle disposizioni nulle, mentre quelle revocate ex lege sono semplicemente inefficaci»; in senso contrario Cass. civ., 19 aprile 1956, n. 1152 e Cass. civ., 09 ottobre 1972, n. 2958 secondo cui «il testamento revocato ex lege per sopravvenienza di figlio può essere confermato perché l’espressione "nullità" deve essere intesa in senso ampio, ossia comprensiva di tutte le ipotesi in cui per diversi motivi (invalidità o inefficacia) la volontà del testatore non potrebbe (in assenza di conferma) essere attuata. L’interpretazione estensiva dell’art. 590 c.c. deve ritenersi conforme alla ratio sia dell'art. 590 c.c. che dell’art. 687 c.c., in quanto la revocazione ex lege per sopravvenienza di figlio sarebbe prevista a tutela dell’interesse del figlio stesso e non già, come sostenuto da taluni, per una presunzione di volontà del legislatore. Ne consegue che, ai sensi dell’art. 590 c.c., il figlio sopravvenuto potrebbe confermare il testamento revocato ai sensi dell’art. 687 c.c.».

[26] V. A. BUSANI, op. cit., 1152 e ss.

[27] Cass. civ., 29 maggio 1974, n. 1545; Cass. civ., 13 luglio 2017, n. 17392.