Giuffré Editore

Negozi abdicativi,donazione liberatoria e liberalità risultanti da atti diversi da quelli previsti dall’art.769 c.c.*

Achille Antonio Carrabba

Notaio in Ostuni, Ordinario di Diritto privato, Università di Bari



1. Operazione negoziale e attribuzione donativa 

Con l’art. 809 c.c. è stata dettata una norma di chiusura della materia donativa dato che la funzione cui in linea di principio è destinata la struttura contrattuale della donazione è perseguibile ed attuabile altrimenti, riaprendosi allo stesso tempo, stante la grande varietà degli atti, non solo negoziali, che singolarmente o attraverso studiati collegamenti sono in grado di realizzare una liberalità, un versante problematico ricco di implicazioni riferibili sia alle donazioni sia al contratto in genere e ancor piú all’autonomia privata e ai suoi limiti[[1]].

Lo studio delle liberalità risultanti da atti diversi dalla donazione può essere ed è stato affrontato con due diversi approcci, uno tendente a ricostruire una categoria unitaria di siffatte liberalità[[2]], l’altro attento alle singole fattispecie, pronto a cogliere differenze e similitudini e a valorizzare gli interessi sottesi alle vicende concrete[[3]].

Preso atto della possibilità di utilizzare a fini di liberalità rinunce, cosí come meccanismi propri del rapporto obbligatoriononché schemi contrattuali e ancóra negozi tra i piú diversi, tipici o atipici[[4]], o strutture organizzative e quant’altro i privati riescano lecitamente ad impiegare in funzione donativa, pure atti non negoziali, il secondo approccio spinge ad affermare l’impossibilità di individuare un concetto unitario di donazione indiretta[[5]], reputandosi possibile al piú registrare una mera definizione delle relative vicende in termini di liberalità attuate non mediante il contratto di donazione ma attraverso altri atti aventi una causa astratta diversa[[6]].

 Il primo approccio, che dà rilievo al comune risultato, che dà rilievo alla capacità dell’atto di pregiudicare il patrimonio del soggetto disponente, sollecita una valutazione di tali liberalità come fattispecie effettuali, come eventi oggettivi che portano un effetto, quello appunto liberale, che implica l’applicabilità di alcune regole, ad esempio quelle sulla riduzione, a prescindere dal titolo che produce il depauperamento del disponente[[7]]. 

L’impostazione, vólta come detto a costruire una categoria unitaria delle liberalità non donative e per questo ad agevolare l’opera dell’interprete, rendendo in tesi piú facile la selezione della disciplina applicabile, finisce per determinare una esasperata oggettivazione della vicenda, una sottostima degli interessi concreti, una svalutazione dell’atto di autonomia privata, una notevole estensione dell’àmbito applicativo della disciplina portata dall’art. 809 c.c.[[8]] e con esse, con ogni probabilità, in molte situazioni anche la delusione dell’aspettativa dell’operatore di diritto in ordine ad una giusta e ragionevole regolamentazione della singola fattispecie. 

Per inquadrare unitariamente le liberalità non donative, in relazione alle quali risulta difficile anche l’individuazione di una espressione linguistica che si attagli a tutte le diverse ipotesi[[9]], si è fatto riferimento al negozio indiretto o, meglio, è stata costruita la categoria del negozio indiretto per la sistemazione di alcune vicende[[10]], tra cui appunto le considerate liberalità. 

La soluzione in tal modo proposta è stata però sottoposta a critica sia, per un verso, in relazione alla stessa configurabilità della categoria del negozio indiretto, data l’irrilevanza giuridica dello scopo ulteriore[[11]], sia, per altro verso, con specifico riferimento alle donazioni indirette, dato che alcune liberalità non donative vengono realizzate attraverso negozi con i quali non è perseguito alcun effetto anomalo rispetto a quanto assicurato dal negozio mezzo utilizzato[[12]], per cui tra negozio indiretto e donazioni indirette vi potrebbe essere al piú una coincidenza casuale[[13]] se non solo un’assonanza verbale[[14]]. 

L’impostazione avversata è sicuramente prigioniera dell’erronea identificazione della causa del contratto con il tipo negoziale e di una configurazione di detto elemento essenziale del negozio in termini astratti e oggettivi, vólta a respingere qualsiasi contaminazione soggettiva e qualunque penetrazione di interessi concreti in grado di conformare il risultato effettuale della vicenda negoziale agli scopi perseguiti[[15]]. 

Una diversa ricostruzione della causa[[16]] permette invece di valutare in termini di assoluta normalità e non di spiccata anomalia le vicende esaminate: lo scopo delle parti informa la funzione del contratto, non vi è spazio per una finalità indiretta, si potrà al piú parlare di operazione negoziale indiretta qualora l’assetto di interessi sia determinato da un procedimento negoziale complesso ovvero, piú semplicemente, di attribuzione donativa indiretta[[17]] qualora il singolo tipo negoziale importi effetti liberali connaturati allo stesso atto ma coperti dall’astratta operatività della fattispecie.

Valutata la eterogeneità degli atti da cui può risultare la liberalità, si potrebbe essere nuovamente spinti ad individuare il tratto peculiare delle c.d. donazioni indirette negli effetti, giuridici[[18]] o economici[[19]], che da esse conseguono, effetti prodotti non attraverso lo strumento tipico della donazione bensí in modo atipico[[20]]. 

La valutazione del solo profilo effettuale, ovvero dell’attribuzione di un diritto e/o dell’arricchimento del beneficiario, conduce però, come già ricordato con riferimento al depauperamento del soggetto disponente, ad una enorme espansione dell’àmbito della categoria esaminata e quindi ad una eccessiva e con ogni probabilità irragionevole applicazione della disciplina donativa, e tanto soprattutto alla luce della grande capacità del nucleo della liberalità di inserirsi in altre vicende, sovrapponendosi ad altri atti non solo negoziali, sí da far pensare di essere in presenza di una categoria sovranegoziale[[21]].

Il punto di sicura scollatura tra donazioni realizzate attraverso il veicolo definito nell’art. 769 c.c. e donazioni poste in essere con atti diversi dall’indicato negozio, quanto al profilo della normazione della vicenda espressiva della liberalità, è dato dal regime relativo alla forma[[22]]. Preso atto del precetto sul punto portato dall’art. 782, comma 1, c.c. e del fatto che il vestimentum non ha un ruolo solo strutturale ma è garanzia del regolamento contrattuale, di un regolamento in cui per volontà delle parti e per i conseguenti effetti di legge si confrontano interessi diversi e di varia natura, si potrebbe, nella lettura delle situazioni poste in essere dai soggetti protagonisti delle singole esperienze, essere tentati di utilizzare come criterio utile per la individuazione dell’una o dell’altra ipotesi donativa quello della “tipologia” di “dazione” tra beneficiante e beneficiario.

La notazione in tema di forma e la lettura dei dati forniti dall’art. 769 c.c. non devono però condurre l’interprete, onde conseguire una gestione facilitata degli aspetti sottesi alle manifestazioni private, a definire in astratto ciò che non può che realizzare una donazione ex art. 769 c.c., ovvero la disposizione di un diritto del donante in favore del donatario o l’assunzione di una obbligazione da parte del donante medesimo nei confronti dell’anzidetto donatario, e ciò che invece può concretare una donazione indiretta, ovvero l’attribuzione al beneficiario attraverso un negozio unilaterale[[23]], l’attribuzione a quest’ultimo mediante un contratto con il quale si assegna al beneficiario stesso un diritto non parte del patrimonio del soggetto che in suo favore dispone o l’assunzione da parte del beneficiante di una obbligazione del beneficato[[24]].

È lo stesso “mitico personaggio” che avvisa l’operatore di diritto della possibilità di un voluto mascheramento della funzione donativa, concretandosi essa in una unità effettuale veramente minima. È l’esperienza del vissuto anche giurisprudenziale che segnala la possibilità di leggere in una vendita una donazione indiretta. Se il profilo donativo non fosse mascherato, si sarebbe in presenza di un negozio misto[[25]]. Nel caso in cui la vicenda concreta non dovesse negozialmente e causalmente far emergere il richiamato aspetto, si sarebbe in presenza di una c.d. donazione indiretta.

Non si possono con certezza reputare ogni disposizione di un diritto da parte dell’autore della liberalità in favore del beneficiario e l’assunzione di obbligazioni da parte del primo nei confronti del secondo donazioni ex art. 769 c.c.: la causa dell’attribuzione tra siffatti soggetti potrebbe essere esterna rispetto alla negoziazione e la prestazione potrebbe, nei limiti in cui ciò risulta consentito dall’ordinamento, assumere i connotati di una prestazione isolata ovvero il “titolo” tra autore della liberalità e beneficiario della stessa per volontà delle parti interessate potrebbe non essere rivelativo della funzione donativa, in quanto questa potrebbe essere mascherata se pur supportata dallo strumento utilizzato.

Un esame delle vicende adoperate nella prassi per raggiungere la finalità donativa senza l’utilizzazione del contratto di cui all’art. 769 c.c. lascia intravedere la sussistenza di donazioni c.dd. indirette pure in presenza di una dazione diretta tra il soggetto disponente e il beneficato, aspetto questo che dovrebbe condurre a riflettere su un principio di diritto espresso dal Giudice di legittimità nella sua somma composizione[[26]].


2. Atti e produzione dell’effetto liberatorio 

Proposte alcune valutazioni sull’inquadramento sistematico delle attività oggetto di esame, il passaggio obbligato alla luce della produzione effettuale delle relative vicende diviene quello sulle donazioni liberatorie[[27]].

Sono stati manifestati dubbi sull’ammissibilità di siffatte donazioni[[28]] e si è addirittura negata la possibilità di realizzare simili fattispecie contrattuali sulla base della considerazione che l’effetto dismissivo opera, se pur a vantaggio altrui, necessariamente ex se, si produce cioè grazie alla sola dichiarazione del soggetto disponente, non rilevando peraltro i motivi di colui che effettua la rinunzia[[29]]. L’eventuale accettazione del soggetto beneficiario, il quale in quest’ultima ottica risulterebbe avvantaggiato esclusivamente di riflesso, sarebbe priva di rilievo giuridico ed espressiva di un mero gradimento di fatto[[30]]. 

L’opinione in tal modo argomentata risente con tutta evidenza di una lettura estremamente oggettiva delle ipotizzate vicende, per cui, data la minima unità effettuale dei negozi abdicativi, finisce per escludere in sostanza la possibilità di un arricchimento della singola negoziazione, negoziazione capace invece di procurare vantaggi in senso espressamente liberale o, se si crede, di superare la funzione abdicativa per una funzione attributiva[[31]].

Nella criticabile direzione si finirebbe per essere costretti, in relazione alle vicende esaminate, ad ammettere una donazione liberatoria indiretta da rilevare sulla base di un motivo concreto, da un lato incapace di inserirsi espressamente nella vicenda negoziale e di assumere cosí il ruolo di parametro funzionale, dall’altro allo stesso tempo capace di incidere, attraverso la previsione contenuta nell’art. 809 c.c., sul piano del rapporto avuto riguardo alla disciplina applicabile. 

Non è ragionevole allora porre in dubbio l’ammissibilità di una donazione liberatoria[[32]], di una negoziazione trasparente e direttamente espressiva della concreta vicenda liberale, essendo del resto possibile rinvenire pure con riferimento alle fattispecie ipotizzate quegli elementi oggettivi e soggettivi propri del contratto di donazione e che richiedono un’applicazione, non solo ex art. 809 cit., della disciplina prevista per gli atti di liberalità donativi. 

Si deve convenire che a parità di effetti liberatori la differenza tra i due estremi costituiti dalla rinunzia e dalla donazione liberatoria[[33]] non può emergere che da un’attenta valutazione della singola vicenda[[34]].

La donazione liberatoria mostra una specifica utilità quando il risultato liberale voluto dalle parti non è raggiungibile con una donazione attributiva del diritto. 

Si pensi al diritto di usufrutto che può essere dismesso dal suo titolare, per beneficiare il nudo proprietario, con una donazione del diritto stesso al titolare del nudo dominio ovvero con una donazione liberatoria e, quindi, con un accordo donativo che ha come contenuto l’abdicazione a tale diritto reale minore, vicende queste nelle quali lo scopo liberale, se pur con percorsi diversi, risulta parimenti assicurato. Si pensi poi ad una servitù, che per l’inerenza al fondo dominante, oltre che a quello servente, non può essere alienata separatamente da detto fondo, che pertanto non può essere oggetto di una donazione con effetti reali in favore del proprietario del fondo servente e che di conseguenza richiede, qualora si intenda tradurre in modo trasparente in atto la vicenda liberale, necessariamente l’impiego dello strumento della donazione liberatoria. 

La particolare fattispecie esaminata mostra altresì utilità quando le altre ipotesi negoziali donative permettono di raggiungere un risultato solo simile a quello voluto dai contraenti. 

Si pensi questa volta al chiamato all’eredità che non intende accettare l’eredità stessa né intende donarla a tutti gli altri chiamati[[35]] ma che più semplicemente intende rinunziare all’eredità in favore di questi ultimi[[36]] a scopo di liberalità[[37]]. In un tal caso o si ammette una rinunzia in funzione donativa da esprimere attraverso una donazione liberatoria[[38]] o si costringe il disponente all’alternativa costituita dalla donazione dell’eredità e dalla mera rinunzia, che implicherebbero un risultato più ampio e non desiderato, la prima, e la disapplicazione della disciplina anche materiale delle donazioni, la seconda[[39]], al cospetto di una vicenda che invece ne richiederebbe a ragione l’applicazione, pur in presenza di una acquisizione da parte degli altri chiamati conseguente alla loro qualità ereditaria.

L’apprezzamento della singola vicenda in termini di donazione ai sensi dell’art. 769 c.c. o di liberalità donativa risultante da un atto diverso dal contratto di donazione dovrà allora essere effettuato in concreto attraverso una valutazione complessiva che tenga conto delle circostanze nelle quali la vicenda medesima si andrà a realizzare, per cui sarà possibile che una stessa esperienza sia in una occasione soppesata quale situazione riconducibile all’art. 769 c.c. e in un’altra quale espressione di un momento giuridico in grado di sollecitare la previsione di cui all’art. 809 c.c. 


3. Dismissione e liberalità 

La rinunzia, in tutte le sue applicazioni[[40]], si pensi alla rinunzia a un credito, a un diritto reale[[41]], all’eredità[[42]], al legato[[43]], per offrire solo alcuni esempi, può essere valido strumento per far conseguire un determinato vantaggio ad un soggetto individuato dall’autore del negozio abdicativo[[44]].

La possibilità di far percepire una utilità è palese nella remissione del debito ex art. 1236 c.c. Parimenti apprezzabile è detto effetto nella rinunzia a diritti reali di godimento[[45]]. 

Quanto alla rinunzia a diritti reali di garanzia si è posto il dubbio sulla sussistenza di un effetto stimabile in termini donativi e in ispecie si è posto il dubbio sulla sussistenza di un impoverimento dell’autore del negozio abdicativo: non si verificherebbe un decremento patrimoniale ma più semplicemente vi sarebbe minore sicurezza nell’esazione del credito[[46]]. 

A ben vedere in questo caso è possibile riscontrare sia una diminuzione del patrimonio del rinunziante, dovuta alla perdita di valore subita dal suo credito, ormai non più assistito da garanzia, sia un conseguente vantaggio per il proprietario del bene concesso in garanzia[[47]], in quanto tale bene, liberato da gravami, riacquista il suo originario valore, sia ancóra, se del caso, un vantaggio per eventuali altri concorrenti creditori[[48]].

Quanto alla rinunzia al diritto di proprietà su beni mobili o immobili, mentre non vi sono incertezze sulla sussistenza di un depauperamento del soggetto rinunziante e di un arricchimento del nuovo proprietario, sorge il problema della connessione tra tali aspetti stante il disposto degli artt. 923 e 827 c.c. 

Con riferimento all’ipotesi di abbandono di un bene mobile – ma l’affermazione è sostanzialmente riproponibile per la rinunzia alla proprietà su un bene immobile – è stata infatti rilevata la mancanza di un nesso di causalità tra decremento della sfera patrimoniale del soggetto disponente ed incremento di quella del destinatario dell’attribuzione: sarebbe apprezzabile solo una semplice successione cronologica tra tali eventi, potendo peraltro l’effetto acquisitivo verificarsi in favore di chiunque[[49]]. In sintesi, essendosi in presenza di un acquisto a titolo originario, mancherebbe un atto di autonomia rispetto al quale l’effetto di liberalità possa considerarsi collegato e dipendente. 

La rinunzia però potrebbe essere effettuata dal soggetto disponente proprio per raggiungere il risultato donativo, nella consapevolezza di poter conseguire tale risultato mediante un procedimento piú complesso indirizzato a far acquisire il bene in tal modo dismesso ad un soggetto individuato attraverso un meccanismo legale ma di fatto scelto dal disponente medesimo quale beneficiario della liberalità, con un recupero dunque rispetto all’intero procedimento del profilo dell’autonomia privata e in particolare di quella sua espressione che concreta la liberalità.

Dubbi circa la sussistenza di un depauperamento e di un arricchimento e comunque sulla sussistenza di un collegamento giuridico tra detti aspetti sono stati espressi altresì con riferimento alla rinunzia abdicativa all’eredità, vicenda della quale si rimarca la differenza rispetto alla fattispecie di cui all’art. 478 c.c., cioè la rinunzia a favore di alcuni soltanto dei chiamati, che generalmente viene equiparata alla donazione dei diritti successori menzionata dall’art. 477 c.c.[[50]]. 

Si precisa al riguardo che nei casi in cui la “rinunzia” importa accettazione dell’eredità essa non produce i suoi effetti normali, ovvero la chiamata di altri successibili o l’accrescimento delle quote dei coeredi, bensì produce una diretta attribuzione a soggetti scelti dal donante, se pur tra i chiamati all’eredità, di una serie di rapporti, nei quali tali soggetti subentrano non quali eredi del defunto ma quali aventi causa a titolo particolare dal rinunziante[[51]], per cui troveranno applicazione senza alcun dubbio tutte le norme in tema di donazione e in particolare quelle sull’accettazione della liberalità e sulla forma[[52]]. 

Quanto alla vera e propria rinunzia all’eredità si osserva invece che il rinunziante non subisce alcun depauperamento ma al più la perdita di una occasio adquirendi, cosí come il successivo chiamato, indirettamente beneficiato, non vede la sua sfera patrimoniale incrementarsi, considerato che il suo arricchimento si potrà verificare solo a séguito dell’accettazione dell’eredità e sempre che l’eredità medesima non sia passiva[[53]]. 

In un tal caso non vi sarebbe una modifica del patrimonio del soggetto che opera la rinunzia[[54]] e tanto meno uno spostamento di ricchezza dalla sfera del disponente a quella del presunto destinatario della liberalità[[55]]; l’acquisto da parte del secondo non sarebbe dipendente da detta rinunzia bensì dall’accettazione dell’eredità, che potrebbe però essere preclusa, ad esempio, per il decesso del chiamato stesso[[56]]. L’intento del rinunziante di beneficiare quest’ultimo sarebbe apprezzabile solo in termini di mera speranza[[57]]. 

Si potrebbe, in diverso senso, rilevare la possibilità di cogliere il depauperamento del soggetto disponente nella dismissione del diritto di accettare l’eredità e il correlato arricchimento del beneficiario nel conseguimento dello stesso diritto[[58]], diritto questo sicuramente strumentale all’acquisto di ulteriori diritti economicamente valutabili. L’accettazione dell’eredità da parte del beneficiato potrebbe poi non essere necessaria. Si pensi al caso in cui il destinatario della liberalità abbia già accettato l’eredità, in presenza dei presupposti che permettono l’operare dell’accrescimento in suo favore. Ed ancóra, l’incremento giuridico della sfera del beneficiario sarebbe evidente nel caso di successione per rappresentazione, quindi di successione a séguito e solo a séguito della predetta rinunzia[[59]], ipotesi quest’ultima che finisce altresì per dimostrare la possibile sussistenza di un rapporto causale tra il considerato atto abdicativo e l’acquisto della situazione soggettiva propria del chiamato all’eredità, a sua volta strumentale, come detto, al conseguimento del vantaggio economico.

Alla rinunzia al legato, come è noto eliminativa di un’acquisizione già prodottasi nella sfera del legatario al momento della morte del testatore, si riconosce invece con certezza la capacità di produrre un effetto liberale[[60]]. Si riscontra e il depauperamento del legatario, considerato che l’acquisto del legato è automatico, e il connesso arricchimento del collegatario in accrescimento o dell’onerato[[61]]. Si giunge per tal via anche a rilevare il carattere dispositivo della predetta rinunzia e ad affermare la sussistenza, qualora essa sia fatta per spirito di liberalità, di una donazione diretta della res legata, per finire così con il reputare applicabile a detta rinunzia la disposizione in tema di forma portata dall’art. 782 c.c. [[62]]. 

Quanto a quest’ultimo punto di vista è dato però rimarcare che la donazione del bene oggetto di legato presuppone un acquisto definitivo da parte del legatario-donante ed un atto dispositivo con efficacia ex nunc, mancanti nella situazione ipotizzata data la retroattività della considerata rinunzia[[63]]. 

La realizzabilità di una vicenda donativa attraverso la rinunzia al legato finisce, a ben vedere, per far apprezzare come formalistica la soluzione che nega la medesima evenienza con riferimento alla rinunzia all’eredità. A fronte dell’acquisto automatico del legato e della necessità di un’accettazione dell’eredità, che trovano ragione nelle diverse posizioni successorie del legatario e dell’erede, v’è infatti in ogni caso un’efficacia retroattiva della rinunzia. Pertanto, almeno ai fini considerati, la rinunzia al legato e la rinunzia all’eredità possono sostanzialmente essere assimilate[[64]].

La capacità della rinunzia di produrre il depauperamento dell’autore del negozio e l’arricchimento di un altro individuato soggetto ha indotto a identificare, non solo con riferimento alla rinunzia al legato ma anche con riferimento alla rinunzia all’usufrutto e alla rinunzia al credito, atto dismissivo e donazione ex art. 769 c.c.[[65]] ovvero ad affermare che si sarebbe sempre in presenza di una donazione indiretta[[66]]. 

Ritenuti irrilevanti gli interessi concreti dell’autore del negozio, esaltata la tipizzazione legale, rimarcato il carattere liberale degli effetti della rinunzia, si è inoltre individuato in tale atto l’unico strumento possibile per realizzare una donazione del credito in favore del debitore o una donazione di un diritto reale limitato in favore del nudo proprietario in un ordinamento, quello interno, che in omaggio al principio dell’economia dei mezzi giuridici non ammetterebbe la fungibilità degli schemi negoziali[[67]]. 

Tali estreme posizioni, che spesso condividono un’idea di causa del negozio non accettabile o criteri di qualificazione basati esclusivamente su tale elemento, sono però criticabili. Esse, a tacer d’altro, condurrebbero a risultati ingiusti, come, ad esempio, l’applicazione della disciplina delle liberalità, quanto meno di quella delle liberalità non donative, ad ogni rinunzia a prescindere dalla sussistenza di un animus donandi del soggetto disponente.

L’applicazione della normativa richiamata dall’art. 809 c.c. può invece ritenersi ragionevolmente giustificata solo qualora vi sia in concreto un interesse liberale dell’autore del negozio, solo qualora la rinunzia sia stata effettuata per spirito di liberalità[[68]]. 

La presenza di una disposizione come quella portata dall’art. 809 c.c. dimostra la consapevolezza già da parte del legislatore, pure ancorato ad una certa idea di causa, della elasticità dei tipi normativi, della possibile fungibilità degli stessi, del possibile ricorso da parte dei privati al richiamato principio dell’economia dei mezzi giuridici, che non può implicare però alcun vincolo, ad esempio, per il creditore, il quale intende effettuare una donazione del credito in favore del suo debitore, ad utilizzare necessariamente lo schema della remissione del debito. 


4. Criteri di selezione della disciplina 

A fronte delle diverse soluzioni proposte per spiegare le vicende negoziali e materiali attraverso cui i privati possono raggiungere risultati donativi prescindendo dalla figura contrattuale portata dall’art. 769 c.c. sono stati elaborati molteplici criteri per la selezione della disciplina applicabile alle relative fattispecie. 

Ci si è affidati all’art. 809 c.c., quale disposizione apparentemente di chiusura del sistema donativo[[69]], per affermare l’inapplicabilità alle liberalità atipiche delle norme dettate per le donazioni, ad eccezione della disciplina richiamata da detto ultimo articolo, cioè quella in tema di revocazione, per ingratitudine[[70]] e per sopravvenienza di figli, e quella in tema di riduzione[[71]], fatta salva altresì la disciplina della collazione alla luce di quanto dispone l’art. 737 c.c.[[72]]. 

Si è fatto riferimento alla natura delle norme previste per le donazioni al fine di escludere l’applicazione alle altre liberalità di quelle disposizioni valutate come eccezionali[[73]]. 

Sul presupposto di una uguaglianza di risultato sono stati reputati applicabili alle c.dd. donazioni indirette tutte i precetti dettati per le donazioni vólti a regolare l’effetto economico conseguente al negozio[[74]], disposizioni queste definite materiali[[75]]. 

Si può altresì pensare ad un criterio che faccia leva sulla ratio delle singole previsioni e conseguentemente ad un esame delle norme stesse utile ad individuare, in relazione al relativo fondamento, al particolare intento che anima il soggetto disponente, alla tutela del donante o alla tutela dei terzi[[76]], un corpo di prescrizioni riferibile a tutte le liberalità[[77]].

Una valutazione delle disposizioni normative riferibili alle liberalità di cui all’art. 809, comma 1, c.c. ha mostrato che, con l’unica eccezione della disciplina in tema di forma della donazione, ogni norma dettata per quest’ultimo negozio è potenzialmente applicabile alle predette liberalità o quanto meno permette di discutere in ordine alla sua aderenza alle vicende liberali non donative[[78]]. La propensione della richiamata disciplina a governare l’insieme delle liberalità discende dal fatto che essa è in gran parte riferibile ad aspetti funzionali e/o effettuali delle vicende negoziali donative, è posta a volte a tutela di posizioni soggettive, quali quelle del donante e/o di terzi, mira altre volte a favorire l’affidamento del beneficiario. 

Il problema, quanto al profilo della disciplina delle c.d. donazioni indirette, è dato dalla presenza di strutture negoziali, veicolo di elargizioni, che richiedono l’applicazione di proprie discipline. Il problema è quindi innanzitutto un problema di metodo giuridico, considerata peraltro la varietà degli strumenti negoziali e materiali utilizzabili a fini di liberalità.

Soprattutto perché i mezzi utilizzabili per siffatti ultimi fini incidono sulla circolazione giuridica con riflessi sulla certezza dei traffici, su interessi di terzi e superindividuali, si impone l’applicazione della disciplina relativa al negozio e all’attività posti in essere[[79]]. 

La regolamentazione propria della situazione veicolo della liberalità, però, non è da ritenersi necessariamente in conflitto con la normativa relativa al profilo donativo[[80]].

In tutte queste ipotesi sarà possibile un’applicazione, aggiuntiva e parallela, della disciplina del profilo donativo, che a sua volta potrà, ma non necessariamente, avere riflessi sull’intera operazione[[81]]. 

La selezione della giusta regolamentazione della fattispecie non potrà che essere effettuata in concreto, data la varietà delle vicende utilizzabili a scopo di liberalità, e solo qualora dovesse emergere l’impossibilità di fare riferimento ad un concorso di norme la scelta della disciplina applicabile, non potendo peraltro essere obliterata la rilevanza oggettiva dello strumento utilizzato, avverrà sulla base di quanto previsto dall’art. 809 c.c., il cui ruolo pertanto è quello di indicare una normativa applicabile in ogni caso, anche in situazioni conflittuali, una disciplina – per così dire – di applicazione necessaria tra le parti, il cui ruolo, quindi, non può essere quello di escludere in assoluto l’applicazione di altra disciplina ragionevolmente aderente alla vicenda realizzata e in particolare al suo profilo liberale.

È allora opportuna una indagine sulle singole vicende, utile per verificare le particolarità che possono esprimere le fattispecie non donative se utilizzate per scopi liberali, nella consapevolezza della tendenziale applicabilità della disciplina delle donazioni agli atti di liberalità da queste diversi e del ruolo dell’art. 809 c.c. [[82]]. 

È necessario in particolare verificare, sia con riferimento agli interessi dei terzi, sia con riferimento a interessi superindividuali, quali quelli attinenti alla circolazione giuridica, l’applicabilità della disciplina richiamata dal citato art. 809 c.c. e, in ispecie, l’applicabilità della disciplina prevista per la riduzione delle donazioni, che può incidere sensibilmente sulle successive vicende concernenti i beni oggetto di liberalità, e così valutare se la stessa, proprio perché di applicazione necessaria tra le parti protagoniste del rapporto liberale, richieda, soprattutto in relazione a detti ultimi interessi, degli adattamenti nei casi in cui è chiamata a regolare fattispecie concrete riconducibili alle c.d. donazioni indirette[[83]].

Al fine di selezionare la disciplina applicabile sarà dunque dovuta una valutazione della singola fattispecie e degli interessi ad essa sottesi, e tanto con riferimento a tutte le vicende abdicative capaci di produrre un risultato donativo, sia quelle relative a diritti, sia quelle relative a situazioni strumentali, ben potendo una rinunzia all’azione di regresso o a una indennità o alla decadenza in egual modo essere o non essere in concreto veicolo per la realizzazione di una liberalità[[84]]. 

La valutazione della singola fattispecie e degli interessi sottostanti permetterà di individuare l’oggetto dell’attribuzione liberale. 

Con ogni probabilità la rinunzia ad un diritto reale di godimento su cosa altrui implicherà l’attribuzione liberale del diritto medesimo, così come la rinunzia al credito o al legato comporteranno sostanzialmente l’attribuzione dello stesso credito o della res legata.

Per la rinunzia all’eredità, invece, analogamente a quanto avviene per la donazione di eredità, l’individuazione dell’oggetto della liberalità sarà più problematica, data la capacità dell’anzidetta rinunzia di essere di fatto veicolo per attribuire indirettamente tanto cespiti determinati – si pensi al caso in cui vi sia consapevolezza in ordine alla composizione del patrimonio del de cuius o al caso in cui il patrimonio ereditario sia costituito da un’unica entità – quanto un complesso patrimoniale con eventuali profili di incertezza relativamente alle singole entità che compongono il complesso medesimo, nel quale risulterebbero incluse pure eventuali passività. 

Difficoltà nella definizione del quantum liberale vi saranno in tutti quei casi in cui la rinunzia abbia ad oggetto situazioni strumentali, si pensi ad esempio alla rinunzia ad eccepire la prescrizione, casi nei quali peraltro può essere arduo provare la presenza di uno spirito di liberalità.

Quanto alla tutela dei legittimari, qualora oggetto della liberalità sia un diritto reale, di proprietà o di godimento, su un bene ma non vi sia stata alcuna attribuzione diretta tra beneficiante e beneficiario, qualora cioè non vi sia stato un passaggio del bene dal patrimonio dell’autore della liberalità a quello del destinatario della stessa e l’acquisto di quest’ultimo sia avvenuto grazie ad ulteriori e diversi meccanismi, la sentenza di riduzione potrà realizzare l’anzidetta tutela al più attraverso una retrocessione del donatum in favore del legittimario leso. Solo qualora si sia verificato un passaggio della res o del diritto dalla sfera del beneficiante a quella del destinatario della liberalità, come accade nel caso di abbandono del fondo servente, si potrà pensare ad una caducazione dell’atto da cui dipende l’acquisto del beneficiario e quindi si potrà ipotizzare una normale operatività tra le parti in causa della richiamata sentenza. 

In quest’ultima eventualità non potrà ritenersi applicabile, in assenza di un atto di donazione rilevabile dai terzi, la particolare disposizione portata dall’art. 563 c.c. in ordine all’azione contro gli aventi causa dal donatario e non potrà dunque reputarsi esperibile un’azione di restituzione contro chi ha acquistato dal destinatario della liberalità[[85]].

La possibile sussistenza sia di dazioni indirette sia di dazioni dirette tra autore della liberalità e soggetto beneficiario delle stesse, più che incidere a priori sulla valutazione della singola vicenda in termini donativi ex art. 769 c.c. o in termini donativi ex art. 809 c.c., potrebbe avere implicazioni sul tipo di adeguamento delle regole in fase di impiego della richiamata disciplina di applicazione necessaria.


NOTE:

*Lo scritto ripropone la relazione svolta al convegno su “Il negozio di rinuncia: profili applicativi e giurisprudenziali” organizzato dalla Fondazione Italiana del Notariato – Roma 5 ottobre 2022.

[1] Il suggerimento è di A. PALAZZO, Le donazioni, in Cod. civ. Commentario Schlesinger, Milano, 2000, 556. 

[2] Di recente L. GATT, La liberalità, I, Torino, 2002, 3 ss.

[3] In tempi non remoti A. PALAZZO, Le donazioni, cit., 555 ss.

[4] Anche onerosi: Cass., 16 giugno 1955, n. 1838, in Rep. Foro it., 1955, voce Donazione, c. 729, n. 46; Cass., 9 giugno 1962, n. 1438, ivi, 1962, voce cit., c. 870, n. 7; Cass., 28 giugno 1963, n. 1771, ivi, 1963, voce cit., c. 826, n. 15; Cass., 16 ottobre 1970, n. 2054, ivi, 1971, voce cit., c. 856, n. 13; Cass., 7 dicembre 1989, n. 5410, in Giur. it., 1990, I, 1, c. 1590.

[5] V. A. PALAZZO, Le donazioni, cit., 558.

[6] Per B. BIONDI, Le donazioni, in Tratt. dir. civ. Vassalli, Torino, 1961, 920 ss., l’identificazione delle considerate liberalità passa sia attraverso un criterio di ordine negativo ovvero la mancanza di un contratto di donazione o di un qualunque altro negozio gratuito tipico, sia attraverso un criterio di ordine positivo ovvero la sussistenza di un atto o di un fatto produttivo di effetti patrimoniali compiuto per spirito di liberalità.

[7] V. L. GATT, La liberalità, I, cit., 464 ss.

[8] Cfr. V. ROPPO, Le liberalità fra disciplina civilistica e norme fiscali: una sfida per il ceto notarile, in Notariato, 2002, 428, il quale precisa che un approccio di tal fatta, considerata la disciplina in tema di riduzione, potrebbe determinare gravi inconvenienti quanto alla sicurezza dei traffici giuridici.

[9] Cosí già A. ASCOLI, Trattato delle donazioni, 2ª ed., Milano, 1935, 432.

[10] Tra gli altri T. ASCARELLI, Il negozio indiretto, in Studi in tema di contratti, Milano, 1952, 2 ss.; G. SCALFI, Negozio giuridico V) Negozio indiretto, in Enc. giur., XX, Roma, 1990, 1 ss.

[11] F. SANTORO-PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, 9a ed., Napoli, 1966, ristampa 2002, 182 ss.

[12] V. C.M. BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, Milano, 2000, 486; V. CAREDDA, Donazioni indirette, in A. PALAZZO – S. MAZZARESE (a cura di), I contratti gratuiti, in P. RESCIGNO – E. GABRIELLI (diretto da), Trattato dei contratti, Torino, 2008, 209.

[13] V.R. CASULLI, Donazione III. - Diritto civile, in Enc. dir., XIII, Milano, 1964, 988 ss.

[14] Sull’inopportunità della riconduzione delle donazioni indirette nell’àmbito del negozio indiretto v. U. CARNEVALI, Le donazioni, in Tratt. dir. priv.Rescigno, 6, II, Torino, 1997, 498. V. anche STEF. ROMANO, Donazione indiretta e negozio indiretto a confronto, in Riv. dir. priv., 2008, 607 ss. 

[15] Sulla (uguale) causa delle donazioni ex art. 769 c.c. e delle donazioni indirette v. Cass., 13 maggio 1980, n. 3147, in Giust. civ., 1980, I, 2515; Cass., 16 ottobre 1976, n. 3526, in Rep. Foro it., 1976, voce Donazione, c. 797, n. 4. Per Cass., 28 febbraio 2018, n. 4682, in De jure, nella «donazione indiretta la liberalità si realizza, anziché attraverso il negozio tipico della donazione, mediante il compimento di uno o più atti che, conservando la forma e la causa che è a essi propria, realizzano, in via indiretta, l’effetto dell’arricchimento del destinatario, sicché l’intenzione di donare emerge non già, in via diretta, dall’atto o dagli atti utilizzati, ma solo, in via indiretta, dall’esame, necessariamente rigoroso, di tutte le circostanze di fatto del singolo caso, nei limiti in cui risultino tempestivamente e ritualmente dedotte e provate in giudizio da chi ne abbia interesse».

[16] Sulla causa, tra i tanti scritti, v. G.B. FERRI, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966; P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, Napoli, 2006, 111 ss., 603 ss. e 619; U. BRECCIA, Causa, in G. ALPA – U. BRECCIA – A. LISERRE (a cura di), Il contratto in generale, III, in Tratt. dir. priv. Bessone, Torino, 1999, 5 ss.

[17] Come sembra suggerire l’art. 737 c.c.

[18] G. BALBI, Liberalità e donazione, in Riv. dir. comm., 1948, I, 175.

[19] U. CARNEVALI, Liberalità (atti di), in Enc. dir., XXIV, Milano, 1974, 215.

[20] B. BIONDI, Le donazioni, cit., 914 ss.

[21] V. V. CAREDDA, Le liberalità diverse dalla donazione, Torino, 1996, 109.

[22] In giurisprudenza, di recente, Cass., 5 agosto 2019, n. 20888, in De jure; Cass., 25 ottobre 2018, n. 27050, in Notariato, 2019, 41.

[23] V. art. 785 c.c.

[24] Così invece, in particolare, V. BARBA, Tecniche negoziali di intestazione di beni sotto nome altrui e problemi successori, in Fam. pers. succ., 2012, 344 ss.

[25] Sul contratto misto con donazione, tra gli altri, v. A. CATAUDELLA, La donazione mista, Milano, 1970.

[26] Trattasi di Cass., sez. un., 27 luglio 2017, n. 18725, in De jure.

[27] Di recente sul tema v. C. CICERO, Sulla c.d. donazione liberatoria e la funzione del notaio, in Riv. not., 2021, 1025 ss.; O. CLARIZIA, La donazione «liberatoria», Napoli, 2019, 11 ss.

[28] V. G. BISCONTINI, Onerosità, corrispettività e qualificazione dei contratti Il problema della donazione mista, Napoli, 1984, 163 ss.; V. CAREDDA, Le liberalità diverse dalla donazione, cit., 44 ss.; L. GATT, La liberalità, I, cit., 440 ss.

[29] A. TORRENTE, La donazione, in Tratt. dir. civ. comm. Cicu e Messineo, Milano, 1956, 214 ss.

[30] A. TORRENTE, op. ult. cit., 217.

[31] In quest’ultima direzione cfr. B. BIONDI, Le donazioni, cit., 397 e 400 ss.; A. CATAUDELLA, Successioni e donazioni La donazione, cit., 40 ss.

[32] In questa direzione, senza pretesa di esaustività, cfr. B. BIONDI, Le donazioni, cit., 396 ss.; A. CATAUDELLA, Successioni e donazioni La donazione, cit., 36 ss.; L. GARDANI CONTURSI-LISI, Delle donazioni, in Comm. del cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1976, 52 ss.; U. CARNEVALI, Le donazioni, cit., 528 ss.; R. PERCHINUNNO, Il contratto di donazione, in P. RESCIGNO (a cura di), Successioni e donazioni, II, Padova, 1994, 199 ss.

[33] Differenza che trova giustificazione per A. CATAUDELLA, Successioni e donazioni. La donazione, cit., 41, «nell’esigenza di tutelare un interesse del rinunciante che solo l’accordo può soddisfare: quello di assicurare definitività ad un assetto di interessi che, utilizzando invece lo strumento della remissione del debito, sarebbe assoggettato ad una situazione di incertezza dipendente dal potere di rifiuto» ex art. 1236 c.c. del debitore.

[34] Sarebbe «certamente arbitrario ritenere che qualsiasi remissione del debito sia una donazione» liberatoria (P. PERLINGIERI, Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, in Comm. del cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1975, 171). In giurisprudenza v. Cass., 12 ottobre 1960, n. 2672, in Rep. Foro it., 1960, voce Donazione, c. 779, n. 6.

[35] V. art. 477 c.c.

[36] V. art. 478 c.c.

[37] V. art. 519, comma 2, c.c.

[38] Per A. CATAUDELLA, Considerazioni in tema di donazione liberatoria, in Riv. trim., 1970, 767, e V. TAVASSI, L’oggetto della donazione, in A. CATAUDELLA (coordinati da), C. IACOVINO – V. TAVASSI – T. CASSANDRO, La donazione, Milano, 1996, 208, la rinunzia al diritto di accettare l’eredità non può, sulla base di quanto dispongono gli artt. 477 e 519, comma 2, c.c., formare oggetto di donazione liberatoria. In questa stessa direzione v. anche B. BIONDI, Le donazioni, cit., 333; A. PALAZZO, La donazione cosiddetta liberatoria, cit., 678 ss.; M. LUPO, La donazione liberatoria, in Le donazioni, in G. BONILINI (diretto da), Tratt. dir. succ. don., Torino, 2009, 624. Sui dubbi interpretativi posti dall’art. 519, comma 2, c.c. v. G. GROSSO – A. BURDESE, Le successioni Parte generale, in Tratt. dir. civ. Vassalli, Torino, 1977, 333 ss.

[39] V. B. BIONDI, op. ult. cit., 998 ss. Per la possibile riconduzione della vicenda nell’àmbito delle donazioni c.d. indirette v. L. CARIOTA  FERRARA,  Le successioni per causa di morte Parte generale, Napoli, 1980, 485 s.; V. SCIARRINO, Natura giuridica, caratteri ed oggetto della rinunzia all’eredità nel sistema vigente, in EAD. – M. RUVOLO, La rinunzia all’eredità, in Cod. civ. Commentario Schlesinger, Milano, 2008, 60 ss., la quale però (70 ss.) precisa che le parti potrebbero realizzare anche una donazione avente ad oggetto l’obbligo di rinunziare, ex art. 519, comma 1, c.c., all’eredità. Per l’impossibilità di ricondurre la rinunzia all’eredità nell’area di operatività dell’art. 809 c.c. invece, di recente, v. L. BOZZI, La negozialità degli atti di rinuncia, Milano, 2008, 68 ss.

[40] Sull’argomento, di recente, G. IACCARINO, La rinuncia nel diritto italiano, Napoli, 2020, 653 ss.

[41] V. artt. 1070, 1104, 1238, 1350, n. 5, 2643, n. 5, 2814, comma 1, 2878, n. 5, e 2879 c.c.

[42] V. artt. 519 ss. c.c.

[43] V. artt. 649 e 650 c.c.

[44] Per la possibilità di realizzare una donazione indiretta a mezzo di una rinunzia abdicativa v. Cass., 29 maggio 1974, n. 1545, in Rep. Foro it., 1974, voce Donazione, c. 619, n. 15; Cass., 4 aprile 2006, n. 7823, in De jure; Cass., 11 giugno 2019, n. 15666, ivi. In particolare Cass., 25 febbraio 2015, n. 3819, ivi, ha rilevato che la «rinuncia alla quota di comproprietà di un bene, fatta in modo da avvantaggiare in via riflessa tutti gli altri comproprietari, costituisce donazione indiretta per cui non è necessaria la forma dell’atto pubblico, essendo utilizzato per il fine di liberalità un negozio diverso dal contratto di donazione, appunto la rinunzia di uno dei comunisti ai sensi dell’art. 1104 c.c.». Ed ancóra v. Cass., sez. un., 27 luglio 2017, n. 18725, in Giur. it., 2018, 305. In dottrina v. A. PALAZZO, Gratuità e corrispettività indiretta, cit., 35 ss. Sul punto v. anche A. GIANOLA, Atti liberali non donativi, in Dig. civ., Aggiornamento, V, Torino, 2010, 68 ss.; R. QUADRI, La rinunzia al diritto reale immobiliare Spunti di riflessione sulla causa dell’atto unilaterale, Napoli, 2018, 30 ss; G. IACCARINO, La rinuncia nel diritto italiano, cit., 653 ss. 

[45] In tale direzione Cass., 30 dicembre 1997, n. 13117, in Notariato, 1998, 407.

[46] R. TORDIGLIONE, Rinunzia all’usufrutto e donazione indiretta, in Notariato, 1998, 419.

[47] V. art. 2889 c.c.

[48] Cfr. L. GATT, La liberalità, I, cit., 428 ss., nota 20.

[49] B. BIONDI, Le donazioni, cit., 996.

[50] B. BIONDI, op. ult. cit., 997 ss. Perplessità circa la sussistenza di un depauperamento e di un arricchimento e comunque sulla sussistenza di un collegamento giuridico tra tali aspetti sono stati espressi pure in ordine alla rinunzia all’azione di riduzione da G. BONILINI, Se la rinunzia all’azione di riduzione possa valere quale donazione indiretta, in Fam. pers. succ., 2010, 806 ss.

[51] B. BIONDI, Le donazioni, cit., 997 ss.

[52] Tra gli altri A. TORRENTE, La donazione, cit., 208 ss.; A. PALAZZO, Istituti alternativi al testamento, in Tratt. dir. civ. Perlingieri, Napoli, 2003, 565. Sul punto in giurisprudenza v. Cass., 12 ottobre 1960, n. 2672, in Rep. Foro it., 1960, voce Donazione, c. 779, n. 6.

[53] In particolare, B. BIONDI, Le donazioni, cit., 998 ss.

[54] L. GATT, La liberalità, I, cit., 445.

[55] A. PALAZZO, Le donazioni, cit., 566.

[56] R. TORDIGLIONE, Rinunzia all’usufrutto e donazione indiretta, cit., 418.

[57] R. FERRERO – D. PODETTI, La rinuncia all’eredità, in P. RESCINO (a cura di),  Successioni e donazioni, I, Padova, 1994, 389.

[58] In particolare, v. V.R. CASULLI, Donazioni indirette e rinunzie ad eredità e legati, Roma, 1950, 123 ss.

[59] V. CAREDDA, Le liberalità diverse dalla donazione, cit., 160; ID., Donazioni indirette, cit., 277.

[60] Tra gli altri v. L. GATT, La liberalità, I, cit., 446.

[61] R. TORDIGLIONE, Rinunzia all’usufrutto e donazione indiretta, cit., 418. V. art. 675 c.c.

[62] B. BIONDI, Le donazioni, cit., 1001 ss.

[63] R. TORDIGLIONE, Rinunzia all’usufrutto e donazione indiretta, cit., 418, nota 30.

[64] V. peraltro L. FERRI, Rinuncia e rifiuto nel diritto privato, Milano, 1960, 37 ss.

[65] V. F. PELLEGRINI, Dei modi di estinzione dell’obbligazione diversi dall’adempimento, in Comm. cod. civ. D’Amelio e Finzi, Firenze, 1948, 133; F. RECUPERO, Remissione del debito e donazione liberatoria nel quadro della liberalità giuridica, in Temi, 1955, 90 ss.

[66] V. L. MOSCO, Onerosità e gratuità nei negozi giuridici con particolare riguardo ai contratti, Milano, 1942, 296. V. anche U. CARNEVALI, Le donazioni, cit., 499. Ed ancóra v. L. SOLIDORO MARUOTTI, La remissione del debito, in A. BURDESE – E. MOSCATI (a cura di), I modi di estinzione, in L. GAROFALO – M. TALAMANCA (diretto da), Trattato delle obbligazioni, III, Padova, 2008, 545 ss.

[67] L. GATT, La liberalità, I, cit., 430 ss.

[68] Tra gli altri cfr. B. BIONDI, Le donazioni, cit., 1002 ss.; P. PERLINGIERI, Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, cit., 170 ss. V. anche D. VALENTINO, Remissione del debito, in A. PALAZZO – S. MAZZARESE (a cura di), I contratti gratuiti, cit., 665 ss. In giurisprudenza v. Cass., 11 giugno 2019, n. 15666, in De jure.

[69] A. PALAZZO, Le donazioni, cit., 555 ss. Considera l’art. 809 c.c. effettivamente norma di chiusura A. CATAUDELLA, Successioni e donazioni La donazione, cit., 70.

[70] V. Cass., 25 febbraio 1987, n. 2003, in Rep. Foro it., 1987, voce Donazione, c. 830, n. 7.

[71] V. Cass., 28 novembre 1988, n. 6416, in Rep. Foro it., 1988, voce Donazione, c. 768, n. 6.

[72] B. BIONDI, Le donazioni, cit., 932 ss. U. CARNEVALI, Le donazioni, cit., 602, considerato il rinvio alle norme sulla collazione contenuto nell’ultimo comma dell’art. 564 c.c., pur rilevando che il legislatore nel secondo comma della stessa disposizione ha fatto cenno alle «donazioni» e non agli atti di liberalità, ritiene applicabile a questi ultimi, anche se diversi dalla donazione contrattuale, la disciplina della imputazione ex se.

[73] In tale direzione G. BALBI, Liberalità e donazione, cit., 190 ss.

[74] V. A. TORRENTE, La donazione, cit., 64 ss.

[75] Norme, quelle materiali, miranti a regolare il rapporto indipendentemente dalla forma giuridica utilizzata: v. L. CARRARO, Il mandato ad alienare, Padova, 1947, 138.

[76] V. G. OPPO, Adempimento e liberalità, Milano, 1947, 91 ss.

[77] V. U. CARNEVALI, Le donazioni, cit., 601.

[78] V. A.A. CARRABBA, Donazioni, in Tratt. dir. civ. Perlingieri, Napoli, 2009, 117 ss.

[79] Per quest’ultimo aspetto esemplificativamente v. Cass., 11 ottobre 1978, n. 4550, in Riv. not., 1978, 1341.

[80] V. Cass., 14 aprile 1951, in Rep. Foro it., 1951, voce Donazione, c. 654, n. 13.

[81] V. CAREDDA, Le liberalità diverse dalla donazione, cit., 267 ss.

[82] Per alcuni spunti v. G. PERLINGIERI, Il patto di famiglia tra bilanciamento dei principi e valutazione comparativa degli interessi, in Rass. dir. civ., 2008, 190 ss.

[83] Cfr. R. FRANCO, Prospettive ermeneutiche e razionalità sistematica nella riducibilità delle liberalità non donative, in Rass. dir. civ., 2009, 988 ss.

[84] Non sembra accorgersene Cass., 29 maggio 1999, n. 5226, in Vita not., 1999, 791.

[85] Per lo stesso motivo non sarà applicabile l’art. 561 c.c. quanto ai pesi e alle ipoteche di cui il beneficiario dovesse eventualmente aver gravato i beni oggetto di liberalità.