Norme transitorie e adeguamenti statutari delle Onlus
Attuale normativa delle Onlus
Le Organizzazioni non lucrative di utilità sociale sono state introdotte nel nostro ordinamento dal d.lgs. n. 460 del 1997; costituiscono un corpus non omogeneo di enti non profit disciplinati dalla citata normativa, iscritti al relativo registro istituito presso il Ministero delle finanze, e soggetti al controllo dell’Agenzia delle entrate. Per questi enti la legge richiede, in particolare, la costituzione con la forma dell’atto pubblico, l’assoluta mancanza di scopo lucrativo, il divieto di distribuzione degli utili o avanzi di gestione comunque denominati, lo svolgimento dell’attività soltanto in determinati settori, il divieto di svolgere attività diverse da quelle consentite, se non a queste direttamente connesse, e la sussistenza di determinati requisiti di democraticità. Le OdV, le ONG (attualmente parte delle Organizzazione di Società Civile) e le Cooperative Sociali sono Onlus di diritto.
Le Onlus non costituiscono una tipologia civilistica di enti ma una categoria di enti non profit per la quale è previsto un regime fiscale particolarmente agevolativo. Tra le altre agevolazioni ricordiamo:
Esenzione dall’imposta di bollo (art. 27-bis della tabella allegata al d.P.R. n. 642 del 1972);
Esenzione dalle tasse di concessioni governative (art. 13-bis d.P.R. n. 641 del 1972);
Esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni (art. 3 comma 1 del d.lgs. n. 346 del 1990);
Agevolazioni in materia di Iva (art. 14 del d.lgs. n. 460 del 1997);
Agevolazioni ai fini delle imposte sui redditi (art. 150 del d.P.R. n. 917 del 1986 che stabilisce la decommercializzazione dello svolgimento delle attività istituzionali delle Onlus[[1]]).
Il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze n. 266 del 18 luglio 2003, la circolare del Ministero dell’economia e delle finanze n. 168 del 26 giugno 1998, la circolare n. 14/E del 2003 e la circolare n. 22/E del 16 maggio 2005 relativi ai controlli formali e sostanziali su questi enti, hanno chiarito l’attività di verifica cui sono soggette le Onlus. Questa si effettua al momento della iscrizione nel riscontro della sussistenza nello statuto, di tutti i requisiti stabiliti dall’art. 10 comma 1 lettere da b) alla i) del d.lgs. n. 460 del 1997 e durante la vita dell’ente nell’analisi dell’attività svolta e nella sua coincidenza con quanto previsto dalla legge. Il controllo sostanziale è finalizzato a valutare la veridicità dei dati forniti al momento della iscrizione e ad appurare che l’effettivo esercizio dell’attività svolta sia riconducibile a quanto statutariamente indicato e alle previsioni dell’art. 10 del d.lgs. n. 460 del 1997.
Le Onlus esistenti al gennaio 2019 sono 22.907 (delle quali più di 3753 in Lombardia) e godono della fiducia dei cittadini e di una buona reputazione. Questo è dovuto in parte alla consapevolezza del rigoroso regime di controlli cui sono soggette, che porta ad avere maggiore fiducia in loro, in parte alle regole di trasparenza cui gli stessi enti si sono sottoposti, ed in parte anche al sistema di deduzioni e detrazioni previsto per i benefattori delle Onlus, regime destinato tuttavia a venir meno con l’abrogazione della figura di questi enti. Tutto ciò ha contribuito a incrementare il terzo settore sino ad oggi e vi ha convogliato importanti risorse economiche a titolo di lasciti e donazioni.
Cosa cambia per le Onlus con la piena operatività del Codice del Terzo settore
Il secondo comma dell’articolo 102, abroga le norme sulle Onlus (artt. da 10 a 29 del d.lgs. 4 dicembre 1997, n. 460) «a decorrere dal periodo di imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea di cui all'articolo 101, comma 10, e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo (quello) di operatività» del Registro unico nazionale del terzo settore, di seguito Runts. In altre parole, dal primo gennaio dell’anno successivo quello in cui si siano già avverate entrambe le condizioni sopra indicate, verrà meno l’intera disciplina delle Onlus. Giustamente il legislatore ha fissato come termine di abrogazione quello che costituisce di norma l’inizio di un esercizio sociale, per consentire di chiudere quello in corso mantenendo le stesse norme fiscali, anche al fine di agevolare la tenuta delle scritture contabili e la redazione del bilancio. Da quella data verranno meno tutte le agevolazioni sopra richiamate ed in particolare la presunzione di non commercialità dell’attività istituzionale svolta, prevista dall’art. 150 del TUIR. Tuttavia sino al 31 dicembre dell’anno precedente quello di abrogazione, l’intera disciplina ad oggi in essere resta in vigore ivi compresa l’anagrafe delle Onlus e i relativi controlli sopra citati cui è demandata l’Agenzia delle entrate, con la conseguenza che entro tale data è possibile continuare a costituire Onlus secondo le modalità, condizioni e pubblicità sinora utilizzati.
La riforma del terzo settore i cui principi sono contenuti nella legge delega n. 106 del 6 giugno 2016, con l’intento di dare omogeneità a un insieme disarticolato e complesso di soggetti, ha creato una nuova grande famiglia di enti non profit tutti accomunati dal nesso teleologico delle medesime finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale: gli Enti del Terzo settore. Di questi fanno parte sette precise categorie di enti elencate nell’art. 4[[2]] del d.lgs. 3 agosto 2017, n. 117 detto anche Codice del Terzo settore, di seguito CdTS. L’elencazione è tassativa, pertanto non possono esistere enti del terzo settore che non facciano parte di quelle tipologie di enti; tra questi non sono previste le Onlus. La spiegazione appare abbastanza semplice se si considera che le Onlus sono un corpus fiscale, e non civilistico, estremamente eterogeneo; pertanto spetta a ciascuna di loro individuare la categoria più idonea alla loro attività, cui intenda appartenere.
Ne deriva che se una Onlus decidesse di entrare a fare parte degli ETS dovrebbe assumere una delle forme elencate nell’art. 4 del CdTS. L’art. 10 del d.lgs. n. 460 del 1997 indicava come Onlus «le associazioni, i comitati, le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di carattere privato con o senza personalità giuridica i cui statuti, redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, prevedono espressamente ... ». Le attuali Onlus quindi possono rientrare in una o più delle categorie potenziali ETS, in particolare, ma non solo, nella categoria delle «associazioni, riconosciute o non riconosciute, delle fondazioni e degli altri enti di carattere privato diversi dalle società», categoria che potremmo definire residuale.
Il secondo e terzo comma dell’art. 101 del d.lgs. n. 117 del 2017 così dispongono:
«2. Fino all'operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, continuano ad applicarsi le norme previgenti ai fini e per gli effetti derivanti dall'iscrizione degli enti nei Registri Onlus, Organizzazioni di Volontariato, Associazioni di promozione sociale che si adeguano alle disposizioni inderogabili del presente decreto entro ventiquattro mesi dalla data della sua entrata in vigore. Entro il medesimo termine, esse possono modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria al fine di adeguarli alle nuove disposizioni inderogabili o di introdurre clausole che escludono l’applicazione di nuove disposizioni derogabili mediante specifica clausola statutaria.
3. Il requisito dell'iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore previsto dal presente decreto, nelle more dell'istituzione del Registro medesimo, si intende soddisfatto da parte delle reti associative e degli enti del Terzo settore attraverso la loro iscrizione ad uno dei registri attualmente previsti dalle normative di settore».
È opportuno ricordare che l’art. 102 primo comma abroga la legge sul volontariato (n. 266 del 1991) e la legge sulle associazioni di promozione sociale (n. 383 del 2000), anche se successivamente ne conferma gli articoli che disciplinano la tenuta dei relativi registri (art.6 della legge n. 266 del 1991 e artt. 7, 8, 9 e 10 della legge n. 383 del 2000). Si fa questa precisazione perché le OdV, le APS e le Onlus nel periodo transitorio sono state tutte assoggettate ad alcune norme di seguito meglio approfondite.
In primo luogo in questo periodo è previsto che alcune agevolazioni fiscali si applichino in via transitoria su questi enti a decorrere dal primo gennaio 2018[[3]], mentre gli altri enti non profit dovranno attendere il termine previsto dal secondo comma dell’art. 104[[4]] per l’applicazione delle disposizioni fiscali contenute nel titolo X del CdTS. L’anticipazione avviene malgrado la mancanza della autorizzazione della Commissione Europea sopra richiamata, in quanto si tratta di enti che, in considerazione dell’alto grado di interesse sociale loro riconosciuto, erano già soggetti ad una fiscalità speciale che, per OdV e APS, è venuta meno con l’abrogazione delle leggi che li regolamentavano.
Ma sono soprattutto le restanti norme transitorie di natura civilistica che creano alcune perplessità laddove si chiede che tali enti “si adeguino” alle disposizioni inderogabili del CdTS entro il 3 agosto 2019.
E qui è necessario fare una distinzione perché, in seguito all’abrogazione delle leggi n. 266 del 1991 e 383 del 2000, le OdV e le APS ad oggi sono totalmente disciplinate dagli artt. dal 32 al 36 del CdTS ed in generale da quelle norme ivi contenute che non «presentano un nesso di diretta riconducibilità alla istituzione ed all’operatività del registro unico nazionale ovvero all’adozione di successivi provvedimenti attuativi»[[5]]. Al contrario le Onlus, come abbiamo visto, continuano ad essere soggette al d.lgs. n. 460 del 1997 sino alla sua abrogazione. Inoltre soltanto le prime due saranno trasferite dagli attuali registri in quello unico nazionale in forza del procedimento di “trasmigrazione” automatica previsto dall’art. 54 del Runts.
Tuttavia malgrado tali differenze l’art. 101 secondo comma prevede che tutte e tre le categorie si adeguino alle disposizioni inderogabili del CdTS entro al 3 agosto 2019.
L’adeguamento per OdV e APS chiarisce la volontà di mantenere la loro attuale qualifica e facilita l’iscrizione al Rnts al momento della trasmigrazione prevista dall’art. 54 del CdTS. Infatti gli enti preposti a tenere i registri speciali delle OdV e APS provvedono a comunicare allo stesso Runts i dati in loro possesso degli enti già iscritti nei loro registri speciali ed esistenti il giorno antecedente l'operatività del Runts. Gli uffici di questo registro, ricevute le informazioni loro trasmesse, provvedono entro centottanta giorni a verificare la sussistenza dei requisiti per l'iscrizione ed a richiedere agli enti le eventuali informazioni o documenti mancanti che dovranno da questi essere prodotti entro i successivi sessanta giorni. Se l’Ufficio del Runts dovesse rifiutare l’iscrizione, l’ente non farebbero più parte delle categorie degli OdV e APS e resterebbe un ente non profit fuori dalla categoria degli ETS e regolamentato dagli artt. 14 e ss. del codice civile, ferma restando la possibile successiva scelta di diventare ETS iscrivendosi alla sezione “altri enti del terzo settore” oppure ad altra sezione. L’adeguamento preventivo senza attendere la richiesta dell’ufficio del Runts è comunque consigliabile per le OdV e APS perché, nel momento in cui fossero richieste di adeguarsi alle norme inderogabili della nuova normativa, avrebbero solo sessanta giorni di tempo per farlo e le decisioni dovrebbero essere assunte con le maggioranze previste per le modifiche statutarie.
Quindi la richiesta di adeguamento per questi enti ha una sua logica: la disciplina di entrambi è stata abrogata e per entrambi è essenziale che il controllo del Runts, preventivo alla relativa iscrizione, sia facilitato dall’adeguamento degli statuti alla nuova disciplina.
Meno chiara è la scelta di accomunare le Onlus alle prime due categorie perché, come più volte ripetuto, le Onlus continuano ad avere una disciplina in vigore alla quale non possono derogare in quanto ancora soggette al controllo dell’Agenzia delle entrate previsto dal d.lgs. 460 del 1997 e inoltre per le stesse non è prevista la trasmigrazione automatica stabilita per OdV e APS.
L'art. 101, comma 3, CdTS dispone che, fino all’istituzione e all’operatività del Runts, il requisito dell'iscrizione nel Registro Unico si intende comunque soddisfatto da parte delle reti associative e degli “enti del terzo settore” attraverso la loro iscrizione ad uno dei registri attualmente previsti dalle normative di settore. È quindi opportuno chiarire brevemente che malgrado le ampie dizioni legislative “registri attualmente previsti dalle normative di settore" ed “enti del terzo settore” è preferibile ritenere che la portata della disposizione in esame, sia riferibile soltanto a Onlus, APS e ODV, con esclusione di quegli enti, fondazioni e associazioni attualmente iscritte nel Registro delle Persone Giuridiche tenuti da Prefetture e Regioni. Ci sono più argomentazioni a sostegno di questa tesi. In primo luogo perché il terzo comma sembra connesso al precedente (che si occupa solo di OdV, APS e Onlus) del quale costituisce un completamento; inoltre una delle ragioni per cui il legislatore ha voluto anticipare per alcuni enti soltanto l'applicazione del CdTS è da rintracciarsi nella circostanza che le norme che disciplinano ODV, APS e Onlus sono in parte abrogate e in parte destinate all’abrogazione come stabilito dall’art. 102 CdTS; ed ancora: solo per ODV, APS e Onlus è richiesto l’adeguamento alle disposizioni inderogabili del CdTS e anche l’anticipazione delle norme civilistiche e fiscali sopra indicate facenti parte di questo codice, appare strettamente legata al loro adeguamento[[6]].
Problemi per la richiesta di una scelta sulla base di una riforma non ancora perfettamente definita
Il d.lgs. n. 105 del 3 agosto 2018 ha parzialmente modificato il secondo comma dell’art. 101 prorogando il termine di adeguamento dai diciotto mesi ai ventiquattro mesi dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 117 del 2017, inoltre ha precisato che gli enti che intendono adeguarsi modificando i propri statuti, possono utilizzare le modalità e maggioranze previste per l’assemblea ordinaria «al fine di adeguarli alle nuove disposizioni inderogabili o di introdurre clausole che escludono l'applicazione di nuove disposizioni derogabili mediante specifica clausola statutaria».
In realtà l’adeguamento alla nuova disciplina necessita di una preventiva decisione; in sede di assemblea degli associati per le associazioni o di adunanza dell’organo di amministrazione per le fondazioni (o di quell’organo assembleare interno alle fondazioni di partecipazione che abbia competenza per le modifiche statutarie) prima di un adeguamento dello statuto è necessario esprimersi sulla categoria di ETS di cui si vuole diventare parte.
Le Onlus entro il tre agosto 2019 possono non adeguarsi (e vedremo in seguito quali saranno le conseguenze di tale decisione) oppure possono decidere di rispondere alla richiesta del legislatore; in questo caso dovranno in primo luogo individuare di quale categoria di ETS intendano partecipare, perché soltanto dopo tale scelta potranno assumere uno statuto adeguato al tipo prescelto ed alla nuova disciplina. Infatti qualora, anche alla luce delle dovute verifiche contabili, l’ente ritenesse più aderente alla propria attività la veste di impresa sociale, lo statuto dovrà essere conforme alle disposizioni del d.lgs. n. 112 del 2017, prima che a quelle del CdTS.
La scelta sarà difficile anche perché con la fatidica data stabilita per l’abrogazione degli artt. 10 e seguenti del d.lgs. n. 460 del 1997, verranno meno tutte le norme civilistiche e fiscali sinora conosciute e pertanto è necessario calcolare l’impatto dell’applicazione della nuova disciplina sull’attività svolta. In particolare si fa riferimento all’art. 79 del CdTS che stabilisce i criteri per definire l’ente del terzo settore commerciale o non commerciale. La relativa classificazione ha importanti conseguenze: la maggior parte delle agevolazioni fiscali contenute nel titolo X del CdTS, come ad esempio l’applicazione del regime forfettario (art. 80), è infatti dettata solo per gli enti non commerciali. La difficoltà è accresciuta dal fatto che la lettura dell’art.79 non risulta di immediata comprensione. Si auspica quindi un intervento dell’Agenzia delle entrate che chiarisca in tempi rapidi i criteri per determinare la natura fiscale dell’ente (commerciale o non commerciale) in modo da consentire una più meditata e consapevole decisione da parte delle Onlus.
Infine ad oggi la normativa non è ancora pienamente completata perché si attendono, anche se ormai sono ritenuti imminenti, gli ultimi decreti attuativi.
L’ottavo comma dell’art. 101 del CdTS, nello stabilire che la perdita della qualifica di Onlus, a seguito dell'iscrizione nel Registro unico nazionale degli enti del Terzo settore, (anche in qualità di impresa sociale) non integra un'ipotesi di scioglimento dell'ente, ha di fatto riconosciuto che se l’Onlus lascia decorrere il termine di abrogazione della disciplina del d.lgs. n. 460 del 1997 senza iscriversi a nessuna sezione del nuovo registro nazionale, si integra l’ipotesi di scioglimento, e con questa l’applicazione della lettera f) del primo comma dell’art. 10 del d.lgs. n. 460 del 1997 che obbliga a devolvere il patrimonio ad altre Onlus o a fini di pubblica utilità, sentito il ministero delle finanze, come meglio tra breve.
Quindi per non rischiare l’obbligo di devoluzione del patrimonio, non si dovrà mai verificare un periodo in cui l’ente non sia iscritto ad alcun registro: o è il registro Onlus, finchè questo è in vigore, oppure è il Runts (anche come impresa sociale). Ricordiamo come in base alla circolare ministeriale 168/E del 26 giugno 1998, esplicativa del decreto istitutivo delle Onlus, la perdita di qualifica di Onlus equivale, ai fini della destinazione del patrimonio, allo scioglimento dell'ente.
La circolare 59/E del 31 ottobre 2007 dell'Agenzia delle entrate afferma che nell'ipotesi in cui l'ente, pur perdendo la qualifica di Onlus, non intenda sciogliersi, ma voglia continuare ad operare come ente privo della medesima qualifica, lo stesso è tenuto a devolvere il patrimonio, secondo i criteri indicati dall'art. 10, comma 1, lett. f), del d.lgs. 460 del 1997, limitatamente all'incremento patrimoniale realizzato nei periodi di imposta in cui l'ente aveva fruito della qualifica di Onlus.
Pertanto, qualora la perdita della qualifica di Onlus non sia accompagnata dallo scioglimento dell'ente, il quale, quindi, continui ad operare come ente privo della medesima qualifica, ai fini di applicare il vincolo devolutivo alla sola parte che si è accresciuta grazie ai benefici derivanti dalla perdita della qualifica, e non anche in forza di altri fattori esterni a detta fattispecie, è necessaria una valutazione comparativa del patrimonio nei due distinti momenti relativi alla: acquisizione della qualifica di Onlus ed alla perdita di tale qualifica.
Nella sostanza, sarà, dunque, necessario che l'ente predisponga un documento rappresentativo (redatto ai sensi dell'art. 20-bis, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 600 del 1973) della situazione patrimoniale, economica e finanziaria nel momento immediatamente anteriore all'assunzione della qualifica di Onlus e uno analogo nel momento immediatamente successivo alla perdita della suddetta qualifica, in modo da permettere una comparazione dei due momenti.
Riepilogando: le Onlus si trovano entro il tre agosto 2019[[7]] ad affrontare una decisione tra le seguenti:
– diventare impresa sociale ed iscriversi nell’apposita sezione del Registro imprese, restando così disciplinata dalle disposizioni civilistiche e fiscali contenute nel d.lgs. n. 112 del 2017 (scelta che può essere suggerita qualora l’ente ritenesse di trovarsi nella categoria degli ETS commerciali secondo la definizione data dall’art. 79, CdTS);
– iscriversi ad una delle altre sei sezioni del Runts restando così disciplinata dalle disposizioni civilistiche e fiscali contenute nel d.lgs. n. 117 del 2017 Codice del Terzo settore;
– restare ente non profit regolamentato dagli artt. dal 14 al 42-bis c.c. e fiscalmente dal Tuir (art. 73 e ss. e artt. 143 e ss.) con la conseguente necessità, una volta abrogata la normativa Onlus, di devolvere il patrimonio secondo le indicazioni sopra indicate.
Per le OdV, che sono Onlus di diritto, questo problema della scelta è meno rilevante: se vogliono restare OdV devono adeguarsi alle disposizioni loro dedicate dagli articoli 32, 33 e 34 del CdTs ed in genere alla disciplina inderogabile ivi contenuta, perché se non lo facessero, al momento della trasmigrazione automatica, verrebbero dapprima invitate a dimostrare di avere i requisiti per l’iscrizione, e in caso di inerzia non verrebbero iscritte nella sezione delle OdV con la conseguenza che perderebbero la loro qualifica e resterebbero enti non profit disciplinati dal codice civile.
In cosa consiste l’adeguamento richiesto dal secondo comma dell’art. 101
Le Onlus oggi esistenti hanno pertanto ancora una durata di vita limitata durante la quale però non possono lasciare correre il tempo senza agire ma al contrario lo stesso Codice del Terzo settore si aspetta che impieghino tale lasso di tempo per studiare la riforma al fine di comprendere quale possa essere per loro la forma giuridica e la categoria non profit più idonea, anche sotto l’aspetto fiscale, per continuare ad esercitare la loro attività. Sinora infatti, come abbiamo visto, le Onlus hanno avuto una situazione fiscale di favore rispetto agli enti lucrativi o agli altri enti non profit, che sarà abrogata con il venir meno della normativa loro dedicata.
Una volta fatta la scelta della categoria di ETS cui si vuole appartenere, si dovrà modificare il proprio statuto per i relativi adeguamenti.
La circolare n. 20 del 27 dicembre 2018 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha chiarito quali siano le norme del CdTS che richiedono un aggiornamento obbligatorio e quali siano quelle che possono essere disapplicate per diversa disposizione statutaria, modifiche per le quali è possibile deliberare con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria. La medesima circolare ha confermato che per gli enti iscritti al RPG è necessario che la decisione dell’organo preposto alle modifiche statutarie sia verbalizzata da un notaio. In proposito è opportuno aggiungere che si applica quanto disposto dall’art. 2 del d.P.R. n. 361 del 2000, dove si stabilisce che le modifiche dello statuto debbano essere approvate con le stesse modalità e termini previsti per l’acquisto della personalità giuridica e quindi soggette al controllo dell’autorità governativa competente. Per gli enti non riconosciuti non è invece richiesto l’intervento notarile.
La circolare n. 20 ha inteso chiarire:
– quale sia il contenuto obbligatorio degli statuti degli enti per i quali è chiesto un adeguamento (norme inderogabili) con la precisazione che dell’adeguamento obbligatorio fa parte anche la rimozione dagli statuti di quelle clausole espressamente in contrasto con norme inderogabili;
– quali siano le disposizioni che possono essere derogate con clausole statutarie che ne escludano l’applicazione; in genere si tratta di quelle norme per le quali il legislatore utilizza la dizione: «Se l’atto costitutivo o lo statuto non dispongono diversamente …», come ad esempio le norme inerenti le modalità di ammissione degli associati (art. 23), la rappresentanza degli associati in assemblea (art. 24 terzo comma),;
– quali norme riconoscano una mera facoltà, nelle quali si introduce una possibilità («… gli statuti possono prevedere …»), come ad esempio le nomine degli amministratori (art. 26 commi 3, 4 e 5), la previsione di particolari requisiti per l’assunzione di una carica sociale (art. 26 quarto comma) i mezzi di telecomunicazione per intervenire in assemblea, la previsione di assemblee separate per associazioni con più di 500 associati, le modifiche alle competenze dell’assemblea per associazioni con più di 500 associati;
– quando potersi avvalere delle modalità semplificate consentite dall’art. 101 secondo comma;
– quale forma sia necessaria utilizzare per deliberare gli adeguamenti.
Alla Circolare è allegato uno schema riassuntivo che sintetizza il contenuto della stessa, individuando per ciascuna modifica la natura obbligatoria, derogatoria o facoltativa e di conseguenza la modalità con cui la decisione di adeguamento debba essere assunta, modalità che sarà semplificata nei primi due casi e non semplificata per il terzo. Si rimanda pertanto alla lettura della circolare[[8]] per una più facile lettura dell’elenco degli argomenti statutari oggetto di allineamento.
Questioni relative all’adeguamento delle Onlus
La norma non chiarisce se, per gli enti iscritti al RPG, sia sufficiente che entro la data del 3 agosto venga adottata dall’organo competente la decisione di modifica o se non sia anche necessaria l’iscrizione della stessa al RPG, iscrizione alla quale l’art. 2 del d.P.R. n. 361 del 2000 riconosce efficacia costitutiva. Esiste un precedente nel diritto societario che, in mancanza di specifica disciplina, potrebbe essere analogicamente applicato anche al caso in esame; tra le norme transitorie della riforma societaria contenuta nel d.lgs. n. 6 del 2003, il terzo comma dell’art. 223-bis delle disposizioni di attuazione del codice civile, stabiliva che le deliberazioni dell’assemblea straordinaria di mero adeguamento dell’atto costitutivo e dello statuto potessero essere “assunte” entro il termine previsto (anche in questo caso con quorum ridotti alla maggioranza semplice qualunque fosse la parte di capitale sociale rappresentata in assemblea), senza la necessità che fossero anche depositate ed iscritte al registro delle imprese. Si potrebbe da qui argomentare che per le Onlus con personalità giuridica sia sufficiente la sola decisione di adeguamento; del resto anche l’iscrizione al Registro delle imprese (l’art. 2436 c.c., quinto comma) ha efficacia costitutiva per le modifiche statutarie e tuttavia la riforma societaria aveva accettato la sola decisione assembleare, sia pur non ancora produttiva di effetti, nell’ottica di favorire l’adeguamento. Tale ratio, stante l’analogia di finalità e di contesti non è estranea neanche alla nuova riforma e suggerisce l’adozione della medesima soluzione.
Altro argomento da affrontare è quello inerente la modalità con cui assumere le modifiche. La soluzione più semplice è quella di adottare un secondo statuto “nuovo” e adeguato la cui efficacia sia condizionata alla iscrizione al Runts oppure al venir meno della disciplina delle Onlus[[9]]. Infatti come già esposto, uno dei principali problemi delle Onlus è quello di doversi iscrivere al Runts prima dell’abrogazione degli artt. dal 10 al 29 del d.lgs. n. 460 del 1997; tuttavia nel momento in cui ci si iscrive è necessario che l’ente abbia uno statuto già conforme alla nuova disciplina. Qualora si indicasse come termine di efficacia dello statuto quello di iscrizione, sarebbe opportuno deliberare che di tale statuto non saranno applicate le norme in contrasto con la disciplina delle Onlus finché in vigore, e che l’efficacia ai fini fiscali dell’adeguamento è differita al primo gennaio dell’esercizio successivo quello di abrogazione in modo da mantenere la disciplina contabile e fiscale prevista per le Onlus fino a quel momento.
Si ripete che questa adozione di nuovo statuto, anche se non ancora efficace, comporta comunque per le Onlus con personalità giuridica la necessità di depositare la relativa delibera al RPG.
È probabile che la Prefettura o la Regione nel cui RPG è iscritta la Onlus, non avendo competenza al controllo della verifica della sussistenza delle condizioni di cui al d.lgs. n. 117 del 2017, registrino la modifica senza fare un controllo specifico sullo statuto adeguato (ma non ancora efficace), verifica che verrà effettuata da parte dell’Ufficio del RUNTS al momento della iscrizione dell’ente in quel registro. Questo infatti dovrebbe essere l’atteggiamento delle autorità tutorie nei confronti di statuti che diventeranno efficaci ed applicabili solo dopo che l’ente sarà uscito dalla sfera di loro competenza e quindi dalle loro facoltà di controllo, per essere soggetto ad altra autorità (o meglio “altre” autorità, stante il numero di controlli cui sono sottoposti gli ETS e le entità alle quali sono demandati).
Nella decisione di adeguamento è opportuno prevedere una delega all’organo amministrativo affinché provveda alla iscrizione al Runts e anche a procedere alle modifiche eventualmente richieste dall’ufficio di questo registro in sede di iscrizione.
Più complessa è invece la procedura da seguire qualora un’associazione non riconosciuta che si adegui ora, intenda assumere la personalità giuridica a sensi dell’art 22 del CdTS. Siccome questo articolo non entrerà in vigore prima della operatività del Runts, il notaio non dovrebbe essere ancora investito della competenza a verificare la sussistenza di tutte le condizioni del codice ed inoltre non potrebbe ora per allora certificare l’esistenza del patrimonio minimo richiesto dallo stesso articolo per ottenere la personalità giuridica[[10]]. Sarà pertanto necessaria una nuova delibera prima della richiesta di iscrizione, che in questo caso competerà al notaio ai sensi dell’art. 22. Tuttavia spesso le associazioni ad ampia base assembleare hanno difficoltà ad avere i quorum che lo statuto o le norme del codice civile hanno stabilito necessari per deliberare.
In proposito riterrei possibile che in sede di assemblea “straordinaria” si decidesse “ora” di acquistare “poi” la personalità giuridica e si delegasse l’organo amministrativo a procedere alle relative incombenze entro l’anno solare in cui si sia verificata le seconda delle condizioni previste per l’abrogazione della disciplina Onlus; in quel momento si renderà necessario verbalizzare una riunione dell’organo amministrativo per atto pubblico (non più la decisione dell’assemblea) in modo da consentire al notaio a sensi dell’art. 22 di procedere alla verifiche a lui demandate ed in particolare al controllo della sussistenza del patrimonio previsto da detto articolo con la successiva iscrizione mediante la quale l’ente possa acquistare la personalità giuridica.
Tutte queste osservazioni valgono anche per le OdV riconosciute salvo che per queste non è necessario che sia l’ente a rendersi parte diligente per chiedere l’iscrizione al Runts, perché questa avviene ex lege in forza della trasmigrazione prevista dall’art. 54 del CdTS.
Onlus e impresa sociale
L’art. 101 ottavo comma ci ha chiarito che non integra una causa di scioglimento dell’Onlus la sua iscrizione nel RUNTS neanche se assume la forma di impresa sociale.
Il d.lgs. 112 del 2017 è già pienamente operativo e con esso la apposita sezione del Registro delle imprese; inoltre il terzo comma dell’art. 11 del CdTs stabilisce la equivalenza tra l’iscrizione a questo registro e quella nel Runts[[11]]. Questo caso quindi differisce da quello sopra esaminato in cui la Onlus, volendo entrare a far parte di una delle restanti sezioni previste dal Runts, deve obbligatoriamente attendere l’operatività di questo registro per iscriversi, in quanto, come impresa sociale, la Onlus potrebbe subito uscire dal regime sinora applicato per passare a quello delle imprese sociali. Tuttavia l’ente, godendo attualmente della decommercializzazione dell’attività, potrebbe preferire restare Onlus fino al venir meno della relativa disciplina e diventare Impresa sociale solo il primo gennaio dell’anno successivo quello in cui si siano verificate le due condizioni più volte richiamate. Nel frattempo dovrebbe adeguarsi: scegliere di diventare Impresa sociale e adottare il relativo statuto con efficacia condizionata, in analogia a quanto sopra già illustrato. Non è chiaro tuttavia se il Registro imprese accetti sin da ora una iscrizione condizionata (perché i due eventi riportati nell’art. 104 secondo comma costituiscono una condizione e non un termine); in proposito sarebbe opportuno avere un chiarimento da parte dell’autorità competente.
Sarebbe quindi preferibile, siccome i Registri imprese dovrebbero accettare, come per le società, una iscrizione a termine iniziale differito, ipotizzare di delegare l’organo amministrativo a fare l’iscrizione non appena si sia verificata l’ultima delle due condizioni, con il termine di efficacia il primo gennaio dell’anno successivo. In tal modo sino al 31 dicembre (dell’anno di verifica dell’ultima delle condizioni) l’ente rimarrebbe Onlus mantenendo l’attuale regime anche fiscale e la modifica che comprende cambiamento di qualifica, efficacia del nuovo statuto e nuova disciplina civilistica e fiscale, si avrebbe solo con il primo gennaio dell’esercizio successivo.
Conseguenze del mancato adeguamento entro il 3 agosto 2019
Il secondo comma dell’art. 101[[12]] può essere oggetto di una duplice lettura:
– la prima, unicamente basata sulla lettera della norma, porta a ritenere che se per gli enti che si adeguano entro i ventiquattro mesi dall’entrata in vigore del CdTS le iscrizioni nei rispettivi registri mantengono i loro effetti, al contrario, decorsa quella data, l’omesso adeguamento faccia venire meno tali effetti, con la conseguenza che, dal 4 agosto 2019 in avanti, ciascun ente non adeguato è a rischio di cancellazione dal relativo registro; abilitati al controllo sarebbero le stesse autorità alle quali è demandata la tenuta dei registri speciali delle OdV, APS e Onlus; dal momento della cancellazione si avrebbe la perdita della relativa qualifica e pertanto anche delle agevolazioni fiscali inerenti;
– una seconda lettura, meno rigorosa, ritiene che il termine non sia perentorio ma collegato solo alle modalità agevolative previste per adottare uno statuto adeguato alla nuova normativa; decorsa la data fatidica l’ente potrà sempre adeguarsi senza sanzioni, ma in tal caso dovrà avvalersi delle modalità e dei quorum decisionali previsti dal proprio statuto per le modifiche statutarie o, in mancanza, ove si tratti di associazione, delle maggioranze indicate nel secondo comma dell’art. 21 del c.c. Per le fondazioni la sanzione avrebbe ancora meno rilevanza mancando un’assemblea cui applicare i quorum agevolati.
Si ritiene da preferire questa seconda lettura per le seguenti motivazioni:
– la norma non fa riferimento ad alcuna sanzione per l’omesso adeguamento;
– la norma non indica alcuna autorità competente alla verifica dell’adeguamento, né possono ritenersi tali quelle alle quali è demandata la tenuta dei registri speciali perché non hanno competenza sui termini dell’adeguamento che si riferisce ad una disciplina fuori della loro facoltà di controllo;
– è più coerente con lo spirito dell’intera riforma che non intende essere punitiva per gli enti interessati ma al contrario dimostra di voler agevolare la loro entrata tra gli ETS;
– è funzionale alla necessità dell’adeguamento;
– il comma in oggetto, nel secondo inciso, prevede l’adozione di modalità decisionali agevolate per deliberare sull’adeguamento, solo per il periodo indicato in quello precedente; e le due disposizioni, anche per ragioni sistematiche, appaiono necessariamente collegate.
Inoltre la tesi qui accolta è l’unica in grado di dare certezza ai terzi benefattori e donatori che fanno affidamento sul regime fiscale di detrazioni e deduzioni stabilito per le donazioni o lasciti fatti alle Onlus in regola con la relativa disciplina. L’eventuale omesso adeguamento entro il 3 agosto 2019 con relativo rischio di cancellazione dell’ente dall’anagrafe Onlus, essendo difficilmente verificabile, porterebbe pesanti e spiacevoli conseguenze fiscali per i terzi che non sono tenuti a controllare l’adempimento o meno dell’obbligo contenuto nell’art. 101 da parte degli enti loro beneficiari.
Alle sopra illustrate motivazioni si aggiunge che la procedura qui adottata dal legislatore è analoga a quella prevista per le società lucrative nell’art. 223-bis delle disposizioni di attuazione già sopra citata, la quale non prevedeva altra sanzione specifica per l’omesso adeguamento, salvo il venir meno della agevolazione nel metodo decisionale. Infine il ricorso all’interpretazione letterale è residuale e costituisce l’ultima scelta dell’interprete in mancanza di letture che risultino più coerenti con l’intera normativa
È evidente tuttavia che per poter dare certezza alla tesi sostenuta sarebbe necessaria una dichiarazione espressa da parte dell’Agenzia delle entrate che non si è ancora pronunciata in materia e che si auspica intervenga il prima possibile per evitare decisioni affrettate assunte sotto la pressione di un termine presunto inderogabile.
Diverso è il caso in cui le Onlus lasciassero decorrere il termine di abrogazione della disciplina loro dedicata, inerzia che porterebbe come conseguenza l’obbligo di devoluzione del patrimonio nei termini sopra indicati, ferma restando la possibilità di continuare la propria attività come ente non profit estraneo alle disposizioni dei d.lgs. n. 112 e 117 del 2017 e fuori della categoria degli ETS.
Tuttavia per chiarezza sarebbe auspicabile una modifica legislativa che eliminasse l’obbligo di adeguamento per le Onlus e che al contempo stabilisse che l’abrogazione della loro normativa, oggi fissata il primo gennaio del periodo di imposta successivo quello di operatività del RUNTS (sempre che nel frattempo si sia ottenuta l'autorizzazione della Commissione europea di cui all'articolo 101, comma 10 del CdTS), avvenga sei/otto/dieci mesi dopo la piena operatività dello stesso registro.
In questo modo non ci sarebbe il problema di chiedere adeguamenti di dubbia fattibilità e si lascerebbe tempo alle Onlus di comprendere quale forma assumere e se diventare o meno ETS. Se la Onlus non si iscrivesse nel termine stabilito, si potrebbe preparare alla devoluzione del patrimonio, ma senza la necessità di fare una scelta in un momento in cui la normativa del CdTS non è ancora definita e la sua disciplina è ancora in vigore a tempo indeterminato. Lasciare del tempo per iscriversi al RUNTS vuol dire anche non aggravare gli uffici del Registro in un momento in cui si può presumere che ci sarà un sovraccarico di lavoro per la richiesta di iscrizione di molti enti non profit. Basti pensare alle Fondazioni e Associazioni di nuova costituzione che per ottenere la personalità giuridica con il patrimonio richiesto dal CdTS (molto inferiore a quello attualmente fissato da Prefetture e Regioni), appena operativo il RUNTS chiederanno di esservi iscritte con le nuove modalità contenute nell’art. 22 dello stesso CdTS.
[1] Articolo 150 - Organizzazioni non lucrative di utilità sociale. (ex art. 111-ter).
1. Per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), ad eccezione delle società cooperative, non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale. 2. I proventi derivanti dall'esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile.
[2] Art. 4 Enti del Terzo settore.
1. Sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore.
[3] «Le disposizioni di cui agli articoli 77, 78, 81, 82, 83 e 84, comma 2, 85 comma 7 e dell'articolo 102, comma 1, lettere e), f) e g) si applicano in via transitoria a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017 e fino al periodo d'imposta di entrata in vigore delle disposizioni di cui al titolo X secondo quanto indicato al comma 2, alle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all'articolo 10, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 iscritte negli appositi registri, alle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e alle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionali, regionali e delle provincie autonome di Trento e Bolzano previsti dall'articolo 7 della legge 7 dicembre 2000, n. 383».
[4] «… A decorrere dal periodo di imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea di cui all'articolo 101, comma 10, e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo di operatività del predetto registro».
[5] In tal senso la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 34/0012604 del 29 dicembre 2017.
[6] In tal senso e con più ampie motivazioni, uno studio della Commissione Massime del Terzo settore del Consiglio distrettuale di Milano.
[7] O anche successivamente secondo quanto meglio in seguito spiegato.
[8] E per maggiori approfondimenti all’articolo di N. RICCARDELLI, Gli adeguamenti statutari degli ETS dopo il decreto correttivo e la circolare del Ministero del lavoro del 27 dicembre 2019, in Terzo settore, non profit e cooperative, 1, gennaio/marzo 2019, dove si evidenziano anche alcuni aspetti critici della circolare in commento con motivazioni del tutto condivisibili.
[9] Dello stesso avviso la circolare ministeriale n. 20, la quale suggerisce come evento dedotto in condizione il venir meno della normativa Onlus confermando quanto già indicato dall’Agenzia delle entrate durante la puntata di “Telefisco” del febbraio 2018.
[10] Da notare che il legislatore della riforma non usa più il termine riconoscimento anche se distingue ancora tra associazione riconosciuta e non riconosciuta.
[11] «3. Per le imprese sociali, l'iscrizione nell'apposita sezione del Registro delle imprese soddisfa il requisito dell'iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore».
[12] «2. Fino all'operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, continuano ad applicarsi le norme previgenti ai fini e per gli effetti derivanti dall'iscrizione degli enti nei Registri Onlus, Organizzazioni di Volontariato, Associazioni di promozione sociale che si adeguano alle disposizioni inderogabili del presente decreto entro ventiquattro mesi dalla data della sua entrata in vigore. Entro il medesimo termine, esse possono modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria al fine di adeguarli alle nuove disposizioni inderogabili o di introdurre clausole che escludono l’applicazione di nuove disposizioni derogabili mediante specifica clausola statutaria».