Giuffré Editore

Profili fiscali della cessione di partecipazioni sociali

Francesco Raponi

Notaio in Frosinone


Introduzione

L’analisi sul piano fiscale delle cessioni a titolo oneroso di partecipazioni sociali non può essere limitata all’inquadramento in un solo comparto fiscale ma occorrerà considerarne i differenti riflessi sia in ordine alle imposte dirette che a quelle indirette. 

Ciò anche e soprattutto perché il trasferimento in oggetto può rilevare sul piano tributario sia se considerato in via autonoma che quale fattispecie che si inserisca in un più ampio programma negoziale. 

Muovendo da tali premesse, con riferimento alle imposte dirette si approfondiranno le novità in vigore dal 1 gennaio 2019 e riguardo alle imposte indirette si cercherà di individuare quale sia l’ambito applicativo “coperto” dall’imposta di registro in misura fissa ed inoltre se la cessione onerosa di partecipazioni possa costituire anche il presupposto per l’applicazione dell’imposta di donazione. 


Le novità nelle imposte dirette

La cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali è stata oggetto di due recenti interventi legislativi entrati in vigore il 1 gennaio 2019.

Il primo ha disposto nella sostanza l’equiparazione del regime di tassazione delle plusvalenze conseguite mediante cessione onerosa di partecipazioni qualificate alla analoga fattispecie avente ad oggetto partecipazioni non qualificate, mediante l’applicazione anche per le prime della sola imposta sostitutiva secca del 26% prevista in precedenza solo per cessioni di partecipazioni non qualificate. 

La seconda novità normativa si riferisce invece alla possibilità di rideterminare il costo fiscale delle partecipazioni detenute alla data del 1 gennaio 2019 e ciò mediante opzione esercitabile fino alla data del 30 giugno 2019. 


1. Plusvalenze da cessione onerosa di partecipazioni a decorrere dal 1 gennaio 2019

Il nuovo regime di tassazione potrà incidere sulla scelta del tipo di atto, in relazione ai soggetti che ne risultino interessati, e sulla programmazione delle operazioni sul piano fiscale. Si riferisce infatti a tutti i negozi traslativi a titolo oneroso aventi ad oggetto il trasferimento di partecipazioni sociali che possono comportare il realizzo di plusvalenze imponibili. Non solo quindi a quelli che prevedano un corrispettivo in danaro, ma anche ai negozi giuridici che si concludano con una contropartita diversa dal danaro come la permuta, la datio in solutum e il conferimento di partecipazioni.

Inoltre si tratta di una novità solo per le cessioni aventi ad oggetto partecipazioni qualificate, sia se detenute in società di persone che in società di capitali, e solo se poste in essere da soggetti persone fisiche non esercenti attività d’impresa (oltre che società semplici ed enti non commerciali). 

Ciò comporta che per i soggetti imprenditori, le società di persone e le società di capitali si applicherà la normativa previgente con applicazione delle regole sul reddito impresa e se del caso, ove ne ricorrano i requisiti, beneficiando del regime Pex. 


1.1. Riflessi sull’attività notarile

Tale quadro genera alcuni importanti riflessi sul piano pratico. 

Ad esempio per rimanere all’interno della percentuale “non qualificata” con lo scopo di applicare sempre l’imposta sostitutiva del 26% non occorrerà più come accadeva in passato operare la vendita delle partecipazioni per lotti. 

Inoltre andrà considerato che ai fini della individuazione della disciplina applicabile alla tassazione delle plusvalenze rileva la data dell’atto a prescindere da quella di incasso del corrispettivo che fissa solo il periodo d’imposta in cui deve avvenire la tassazione (anche applicando le regole non più operanti o non ancora operanti al momento dell’incasso).

Ad esempio il preliminare di cessione di quote sociali contratto nel 2018 il cui definitivo si stipulerà nel 2019 sarà soggetto al regime vigente nel 2019. 

Viceversa ipotizzando una cessione di quote di Srl posta in essere il 20 dicembre 2018 con pagamento rateizzato da cui emerga una plusvalenza di euro 100. La cessione della partecipazione operata entro il 31 dicembre 2018 sconterà la tassazione con le vecchie regole anche se il corrispettivo venisse incassato nel 2019 e oggetto di imposizione nel 2019.


2. Rideterminazione del costo fiscale delle partecipazioni. – Operazioni volte a neutralizzare le plusvalenze

La seconda novità in vigore dal 1 gennaio 2019 riguarda la possibilità di rideterminazione del costo fiscale delle partecipazioni in previsione di una futura cessione delle stesse. L’argomento si inserisce nel tema più ampio delle possibili soluzioni che nel rispetto della legge consentano di ottenere il risultato di non far conseguire almeno nell’immediato una plusvalenza imponibile.

Per inquadrare meglio il tema bisogna partire dal presupposto che la plusvalenza consiste nella differenza tra due valori. Il primo, che come noto si definisce minuendo, coincide con il corrispettivo o con il valore normale della partecipazione, cui si sottrae il secondo, il sottraendo, che consiste nel costo fiscale della partecipazione. Non emergerà alcuna plusvalenza quando i due valori coincidano, o se il costo fiscale (valore iniziale) sia superiore al corrispettivo o al valore normale attuale delle partecipazioni oggetto di cessione ( generando una minusvalenza). 

Al momento della cessione andranno pertanto individuati i parametri occorrenti per il calcolo, facendo ricorso se del caso alle soluzioni previste dalla legge per non far emergere o solo per rinviare il conseguimento delle eventuali plusvalenze. Analizziamole di seguito. 


2.1 Rideterminazione del costo fiscale delle partecipazioni 

La prima modalità riproposta dalla legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145 del 30 dicembre 2018 comma 1054) consiste nella possibilità di rideterminare il costo fiscale delle partecipazioni detenute alla data del 1 gennaio 2019 ad ha lo scopo di annullare il delta imponibile. La norma (articolo 5 della legge n. 448 del 2001) dice infatti che in luogo del costo o valore di acquisto può essere assunto il valore a tale data (1 gennaio 2019) della frazione di patrimonio netto della società

La novità rispetto al passato consiste nella misura delle aliquote da applicare al valore rivalutato elevate all’11% o al 10% a seconda se la partecipazione oggetto di cessione sia qualificata o non qualificata.

Caso per caso bisognerà fare le valutazioni più opportune tenendo presente che se la plusvalenza è di lieve entità potrebbe risultare più conveniente applicare la tassazione ordinaria del 26 %. Anche perché andrebbe considerato che l’imposta sostitutiva del 10 % o dell’11% va calcolata sul valore rideterminato (patrimonio netto) mentre il 26% si applicherebbe solo sul differenziale.


2.2 Cessione al valore nominale

Sempre nella stessa direzione volta a non far emergere una plusvalenza imponibile potrà essere praticata la soluzione consistente nella cessione delle partecipazioni per un corrispettivo pari al valore nominale delle stesse.

Anziché agire sul costo fiscale, in questo caso si “opera” sul corrispettivo, con lo stesso scopo di neutralizzare la plusvalenza. A prescindere da considerazioni sui profili che possono esporre l’operazione a rilievi civilistici, sul piano fiscale la questione più dibattuta concerne la possibilità di assoggettare ad accertamento il corrispettivo, specie se si muova dal tenore letterale dell’art. 68 del T.U.I.R. che sembrerebbe escluderlo, prevedendo quale minuendo il corrispettivo effettivamente “percepito”.

L’argomento più utilizzato da chi sostiene la tesi positiva è basato sulla valenza del valore normale della partecipazione, che ai sensi dell’art 9 comma 4 del T.U.I.R. costituisce il criterio su cui basare l’accertamento in caso di operazioni traslative onerose concluse per una contropartita diversa dal danaro, quale parametro valido anche per accertare le operazioni concluse per un corrispettivo diverso dal danaro. Specie quando il relativo ammontare non sia parametrato al patrimonio netto della società delle cui partecipazioni si tratti.

La materia risulta di difficile inquadramento. Qui basti considerare che il Fisco in più occasioni ha concluso sostenendo la soluzione positiva e che tale orientamento è condiviso anche da alcune sentenze della Cassazione.

Tali conclusioni tuttavia non convincono del tutto specie di fronte al testo della norma e comunque non possono essere generalizzate. Risulta preferibile inquadrare le singole fattispecie caso per caso avvalendosi anche degli specifici contributi dell’ufficio studi del CNN cui si permette di rinviare. 


2.3. Conferimento di partecipazioni

Rispetto alle soluzioni già analizzate quella del conferimento di partecipazioni, nel solo caso in cui sia inquadrabile nell’art 177 comma 2 del T.U.I.R., costituisce un’ipotesi di non immediato realizzo che consente di rinviare il momento della imposizione della plusvalenza da cessione.

L’operazione consiste nel conferimento di partecipazioni in regime di neutralità indotta. Inquadriamo la fattispecie.

L’art. 9 del T.U.I.R. prevede la normativa di carattere generale che disciplina il regime ordinario proprio delle plusvalenze che si realizzano in caso di conferimento di partecipazioni. La norma precisa che in luogo del corrispettivo andrà utilizzato come valore finale il valore normale della partecipazione calcolato come frazione del patrimonio netto della società di che trattasi. Tale valore potrà essere oggetto di rivalutazione.

L’art. 177 comma 2 del T.U.I.R. prevede invece una disciplina particolare di conferimento di partecipazioni che potrebbe comportare la non immediata emersione di plusvalenze imponibili tanto che, come detto, viene definita di neutralità indotta. La norma dispone che le azioni o quote ricevute dal conferente, in cambio delle partecipazioni apportate alla conferitaria, non fanno emergere materia imponibile in capo al conferente. Per conseguire tale risultato occorre il rispetto di due condizioni.

La prima, che l’incremento di patrimonio netto effettuato dalla società conferitaria risulti pari all’ultimo valore fiscale presso il socio conferente delle partecipazioni conferite (neutralità indotta). Si consideri al riguardo che il valore di realizzo è deciso dalle parti e non sarebbe sindacabile dal Fisco. 

La seconda, che a seguito del conferimento la società conferitaria acquisisca il controllo della partecipata anche se ciò avvenga con più conferimenti contestuali.


2.4 Esatta determinazione del costo fiscale

Infine e per completezza è opportuno ricordare che per una corretta determinazione del delta imponibile è necessario stabilire con certezza il costo fiscale delle partecipazioni oggetto di cessione il cui calcolo effettivo potrebbe non far emergere alcun differenziale imponibile. Specie con riferimento alle società di persone, il relativo costo fiscale potrebbe risultare in misura più elevata del solo capitale sociale cui normalmente invece si fa riferimento.

Va considerato al riguardo che per le società di persone e per le società di capitali che abbiano optato per la trasparenza vige un particolare regime per la determinazione del costo fiscale delle partecipazioni che tiene conto anche dei redditi imputati, delle perdite subite e degli utili distribuiti oltre che ovviamente della frazione di capitale rappresentata dalla quota oggetto di cessione.

Per le altre società invece va opportunamente ricordato che il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione è dato in via generale non solo dalla frazione di capitale sociale, ma anche dal costo di acquisto oppure dalle somme versate o dal valore normale dei beni conferiti in sede di prima costituzione.

La regola vale anche per le partecipazioni sociali acquisite a titolo di aumento a pagamento del capitale sociale.

Sempre allo stesso fine vanno considerati inoltre alcuni valori che incrementano il costo di acquisto, come i versamenti in conto capitale ed i versamenti a fondo perduto (sia in danaro che in natura), le spese notarili e l’imposta di successione e donazione ed altri che invece lo diminuiscono, come i costi decrementativi quali ad esempio le riserve distribuite.


Imposizione indiretta

Abbiamo visto in premessa che per l’inquadramento completo della fattispecie relativa alla cessione onerosa di partecipazioni si porrà di volta in volta la necessità di approcciare la questione non limitandola ad un solo comparto delle imposte. 

Pertanto l’analisi va completata verificandone i risvolti anche in relazione alle imposte indirette.

Riprendiamo i quesiti iniziali. Ci eravamo proposti di verificare quale fosse l’ambito applicativo “coperto” dalla applicazione dell’imposta di registro in misura fissa e se la cessione di partecipazioni potesse costituire il presupposto anche per l’applicazione ulteriore dell’imposta di donazione. 

In ordine alla prima problematica, il dubbio si pone soprattutto perché sembrerebbe essere stata posta in discussione addirittura l’applicazione dell’imposta stessa in misura fissa.

Va considerato infatti che nel corso del 2017 è stata rivista la disciplina delle Srl ed in particolare delle PMI, delle Srl start up e delle Srl mediante le quali si costituisca un’impresa sociale prevedendo specifiche modalità, in assenza di costi ed oneri per le parti, per la relativa circolazione onerosa delle rispettive partecipazioni. Ci si può interrogare se ciò possa aver comportato le conseguenze di cui si è detto più sopra sul piano fiscale. La circolazione di dette quote infatti non è assoggettata ad imposta di registro se negoziate a mezzo di portali sulla circolazione di capitali.

La soluzione risulta agevole perché il tema va circostanziato solo a tali tipologie di società ed esclusivamente per le particolari modalità di circolazione che possono riguardarle. Va ricordato al riguardo che non solo per tutte le altre società ma anche per quelle sopra elencate quando non ci si avvalga di portali, è comunque vigente l’art. 11 tariffa parte prima del TUR che come noto prevede l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa alle cessioni a titolo oneroso di partecipazioni sociali se poste in essere con atto pubblico o scrittura privata autenticata. Ciò come detto a prescindere dal tipo di società cui si riferiscano e della tipologia di partecipazione che venisse ceduta. 

Verifichiamo allora cosa comprende l’imposta di registro in misura fissa quando oggetto del trasferimento sia una partecipazione che come noto è un bene mobile o se vogliamo un bene immateriale che comprende in sé più diritti ed obblighi che circolano in uno con la stessa partecipazione.

Possiamo formulare una soluzione orientativa partendo dalla distinzione tra diritti annessi alla partecipazione e non disponibili in via separata da essa e diritti che invece pur essendone connessi sono liberamente disponibili e possono anche sussistere in via autonoma.

L’imposta di registro in misura fissa si applica una sola volta non solo riguardo alla cessione della partecipazione ma anche con riferimento a tutti i diritti, poteri, obblighi e facoltà ad essa necessariamente connessi ed anche se gli stessi abbiano natura patrimoniale e siano valutabili autonomamente al punto da concorrere alla determinazione del prezzo.

In sostanza rientra nel perimetro coperto dall’imposta fissa di registro non solo la mera cessione della partecipazione ma anche il trasferimento di quei diritti ed obblighi che non potrebbero sopravvivere autonomamente in capo al cedente che non sia più socio e che a cessione avvenuta non sarebbero più disponibili in via autonoma, potendo circolare solo unitamente alla partecipazione.

Si tratta del diritto agli utili, del diritto alla ripartizione delle riserve di capitali come i versamenti in conto capitale o del diritto alla quota di liquidazione.

La stessa conclusione della applicazione della sola imposta di registro in misura fissa è sostenibile anche in relazione alla cessione di partecipazioni cui siano connessi particolari diritti. Si pensi alle azioni cui siano collegati diritti diversi ex art. 2348 comma 2 oppure alle quote di Srl che attribuiscano i particolari diritti di cui all’art. 2468 c.c. (specie riguardo la distribuzione di utili) oppure ancora alle azioni con prestazioni accessorie (art. 2345 c.c.).

Al contrario si porrà una problematica di ulteriore imposizione rispetto alla cessione di quegli altri diritti ed obblighi che pur essendo connessi alla titolarità di una partecipazione sociale possono circolare rispetto ad essa in via autonoma ed indipendente potendo continuare a sussistere ancora in capo al cedente anche dopo che sia stata formalizzata la cessione.

Si pensi alla circolazione, unitamente alla quota, del prestito o finanziamento effettuato dal socio cedente nei confronti della società ovvero del diritto di credito relativo, oppure del diritto che scaturisca da versamenti in conto futuro aumento di capitale, ricordando che si differenziano dai versamenti in conto capitale perché nel caso in cui non si adotti la delibera di aumento entro il termine prefissato, possono porsi come un debito della società nei confronti del socio.

Concentriamo la nostra attenzione sui riflessi fiscali del subentro del socio acquirente nella titolarità dei finanziamenti effettuati dal socio cedente alla società.

Occorre muovere dalla considerazione che la cessione del relativo credito non avviene in via automatica e necessaria, a differenza del subentro nella titolarità di versamenti a fondo perduto e/o in conto capitale. Bisogna pertanto chiedersi se nell’atto di cessione di partecipazioni sociali occorre esplicitare espressamente anche la cessione del credito da finanziamento. 

Una prima soluzione ritiene che il diritto alla restituzione di tutte le somme, non solo quelle versate a fondo perduto, ma anche quelle relative a finanziamenti effettuati dai soci, deve intendersi trasferito in capo al socio acquirente a seguito della introduzione nel contratto della clausola che preveda anche genericamente il trasferimento di «tutti i diritti e obblighi normalmente connessi alla titolarità della quota» spettanti al cedente nei confronti della società.

Sul piano fiscale la tassazione della cessione del credito si esaurirebbe con l’applicazione della sola imposta in misura fissa prevista per la cessione delle partecipazioni sociali.

Occorre osservare però che mediante la previsione di tale clausola generica non risulterebbe con certezza che si sia verificato il subentro e soprattutto sul piano contabile mancherebbe un titolo che consenta di ascrivere la titolarità del diritto di credito in capo al socio acquirente specie quando la relativa posta sia targata con l’indicazione del nominativo del socio. 

Si aggiunga che la clausola generica di subentro esporrebbe il cedente al rischio di vedersi imputata una plusvalenza importante benché non conseguita. Il corrispettivo infatti comprenderebbe verosimilmente oltre al prezzo per la cessione anche un ammontare pari alla somma finanziata che non risultando espressamente ascrivibile al finanziamento andrebbe a costituire una maggiorazione del prezzo. 

È preferibile al contrario che il subentro nella posizione del creditore sia fatto risultare espressamente  dalla cessione della partecipazione

In definitiva sul piano pratico occorre procedere oltre alla cessione della quota anche alla cessione del credito da finanziamento.

Il finanziamento soci dovrà essere negoziato separatamente dalla quota necessitando di una apposita regolamentazione nel rapporto obbligatorio e in particolare nella figura del creditore.

Ciò potrà essere realizzato con un atto separato e distinto rispetto alla cessione della partecipazione oppure in uno con la medesima cessione.

Nel primo caso l’operazione sarebbe regolata sul piano fiscale ai sensi dell’art. 21, comma 1 del TUR in quanto le disposizioni relative alla cessione ed al subentro pur se collegate tra loro non derivano necessariamente le une dalle altre e ciascuna di esse risulterà assoggettabile ad imposta come se fosse un atto distinto. La cessione della quota sarà regolata con applicazione dell’imposta in misura fissa e quella del credito assoggettata all’aliquota dello 0,50%.

Nel secondo caso, consistente nella redazione di un negozio unico nel quale troverebbero spazio sia i patti relativi alla cessione delle partecipazioni che quelli relativi al subentro nella titolarità del credito, sul piano fiscale troverebbe applicazione l’art. 23 del TUR mediante assoggettamento a tassazione con aliquote diverse delle due fattispecie previste operandosi una distinzione con riferimento al corrispettivo. La cessione della quota sociale a norma dell’art. 11 tariffa parte prima del TUR sconterebbe l’imposta di registro in misura fissa. Quella relativa alla cessione del credito derivante dal finanziamento soci sarà assoggettata all’aliquota dello 0,50%. 

Per completezza va precisato che a prescindere dalla soluzione adottata sarà opportuno porsi le ulteriori problematiche in caso di cessione operata da soggetto iva ed in materia di enunciazione.


1. Cessione onerosa di partecipazioni come presupposto d’imposta per l’applicazione dell’imposta di donazione 

Fin qui abbiamo trattato del trasferimento delle partecipazioni sociali come operazione unitaria che comporta anche il trasferimento di diritti ed obblighi ad essa connessi. Adesso analizziamo l’ipotesi in cui con il trasferimento oneroso di partecipazioni si realizzi una liberalità indiretta e quindi se la medesima fattispecie possa costituire anche il presupposto per l’applicazione dell’imposta di donazione. 

Per inquadrare meglio il tema occorre precisare che sul piano fiscale, a norma dell’art 1 comma 4 bis del TUS, la donazione indiretta in generale si caratterizza soprattutto per l’esistenza di un “collegamento negoziale” tra “negozio mezzo” alle cui regole formali è soggetto l’atto e “negozio fine” che è il negozio che effettivamente si voleva raggiungere che è appunto la liberalità.

Sul piano fiscale il negozio mezzo è sempre soggetto ad imposta, mentre il negozio fine non è soggetto ad imposta solo per le liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari o il trasferimento di aziende qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale o dell’Iva. Di riflesso il negozio fine è soggetto ad una sua autonoma imposizione quando riguardi la cessione di beni mobili quali le partecipazioni sociali oppure pur essendo riferito a beni immobili o aziende il negozio mezzo sconti l’imposta in misura fissa.

Pensiamo alla differenza tra vendita di beni immobili e cessione di partecipazioni se in atto facciamo intervenire i genitori per dichiarare la provenienza della somma utilizzata in presenza di una base imponibile superiore alla franchigia di 1 milione di euro.

Il negozio fine (liberalità indiretta) poterebbe essere assoggettato a tassazione nel rispetto della franchigia e con le aliquote proprie previste dal TUS solo se riguardi partecipazioni sociali. 

Bisogna però considerare che tale conclusione, individuando un’area residuale di applicazione dell’imposta di donazione per le liberalità indirette relative al trasferimento oneroso di partecipazioni sociali non può essere ritenuta valida in assoluto.

Innanzitutto perché talune operazioni anche se realizzano liberalità indirette aventi ad oggetto partecipazioni sociali non sono assoggettabili ad imposta in quanto collegate ad un negozio mezzo che comporta un trasferimento di immobili per il quale sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro proporzionale o l’Iva. Si pensi al conferimento di immobile con assegnazione non proporzionale di quote. Il negozio mezzo è il conferimento che riguarda beni immobili e si tassa con l’imposta in misura proporzionale e il negozio fine è una liberalità che pur riguardando partecipazioni non sarà soggetta ad autonoma imposizione perché collegata nel senso richiesto dal comma 4-bis.

In secondo luogo bisognerà valutare solo le risultanze del documento presentato alla registrazione. L’area residuale che individua le fattispecie costituenti donazioni indirette da sottoporre a tassazione dovrebbe interessare solo le liberalità indirette (negozio fine) i cui elementi costitutivi emergano dall’atto senza che ci si possa fondare su elementi extratestuali proprio per il chiaro disposto dell’art. 1 comma 4-bis.

Per completezza va ricordato che in senso contrario qualche agenzia locale del Fisco non condividendo tale posizione sostiene che per ritenere imponibili alcune liberalità indirette relative a cessioni di partecipazioni sociali sia sufficiente che le stesse emergano anche implicitamente, a prescindere se risultino o meno dal negozio mezzo. Ad esempio sono state considerate da assoggettare ad imposizione, tenendo comunque presenti le franchigie, la cessione di partecipazioni ad un corrispettivo palesemente inferiore al valore effettivo della quota desumibile dal bilancio o da altre cessioni di quote similari ed il conferimento di beni immobili con assegnazione per spirito di liberalità della corrispondente partecipazione sociale in via non proporzionale a favore degli altri soci.

Come si diceva più sopra però tale interpretazione non è condivisibile perché prescinde dal principio normativo in forza del quale l’imposta di donazione non può essere rilevata in via interpretativa o presunta ma solo dall’atto che si presenta alla registrazione.

Si dovranno allora ritenere assoggettabili ad imposta di donazione oltre alle imposte proprie del trasferimento oneroso solo le liberalità risultanti dal negozio mezzo e solo se la componente liberale risulti espressamente qualificata come tale nell’atto e quindi se ed in quanto “risulti” da un atto soggetto a registrazione come peraltro emerge chiaramente dal dettato del comma 4-bis dell’art. 1 del TUS. 

È opportuno chiarire in conclusione che, ai sensi del novellato art. 20 del TUR, l’ulteriore imposizione difficilmente potrà riguardare la tassazione in sede principale anche se occorrerà comunque prestare attenzione alla tecnica redazionale e agli allegati all’atto.

Una ulteriore considerazione attiene inoltre alla possibilità si escludere comunque qualsiasi imposizione qualora si ritenga possibile applicare il disposto dell’art. 3 comma 4 ter del TUS e ne ricorrano le relative condizioni.


Conclusioni

La sintesi finale è che dovendosi ricevere un atto di cessione di partecipazioni non sarà sufficiente considerare la sola applicazione dell’imposta di registro in misura fissa perché sul piano tributario possono rilevare anche altre informazioni. 

Bisognerà indagare la qualifica di chi vende, le caratteristiche e l’ammontare della partecipazione, il corrispettivo pattuito, la presenza di finanziamenti soci e di garanzie specifiche, le modalità con cui viene o sarà pagato il prezzo, e soprattutto se vi siano patti o clausole aggiuntive e quali siano gli eventuali allegati che dovranno essere acclusi all’atto. 

Occorrerà in definitiva e caso per caso valutare quale sia l’impatto dell’intera operazione sul piano fiscale. 

Il problema non è di facile soluzione perché si tratta di conciliare il regime delle imposte dirette per il quale rileva la tassazione degli effetti prodotti con quello delle imposte indirette basato come noto solo sulle risultanze dell’atto.