Società di persone e trattamenti di favore nelle imposte indirette
Nell'ambito del convegno sulle società di persone trova opportuno spazio anche un riferimento agli specifici trattamenti di favore nel settore immobiliare di cui esse possono fruire, trattamenti che possono talvolta incidere decisivamente nelle valutazioni che portano a selezionare la costituzione della società come strumento di detenzione e gestione indiretta di assetti proprietari.
Basti pensare ai regimi agevolativi che il sistema riserva a persone fisiche con specifici requisiti professionali e previdenziali ma che estende alle società se quelle persone fisiche ne costituiscano soggetti esponenziali pur se non esercitino il controllo sull'ente (così potendone fruire pure le società in cui i soggetti qualificanti rivestano solo ruoli di amministrazione o di partecipazione di minoranza), consentendo ad investitori a loro volta non direttamente titolati di accedere legittimamente a quei regimi proprio avvalendosi dello strumento societario. Ciò e reso possibile da una precisa scelta del legislatore diretta a favorire l'unione tra capacità di investimento e qualifiche personali, per potenziare l'effetto della leva economico-fiscale-creditizia impiegata, soprattutto in settori di cui si intenda favorire lo sviluppo e la modernizzazione.
Si pensi, come esempio paradigmatico, alle disposizioni sulla ricomposizione fondiaria, che mirano a favorire aggregazioni e formazioni di strutture efficienti che possano meglio realizzare economie di scala e potenziamento dei risultati produttivi avvalendosi, più di quanto possano fare micro-agricoltori, di tutti gli ausili messi a disposizione dalla tecnica e dalla tecnologia. Si pensi, altresì, ai risultati delle moderne analisi che hanno evidenziato le differenze tra tecniche tradizionali e tecniche avanzate per ciò che attiene allo sfruttamento della quantità di suolo terrestre (c.d. consumo di suolo) a parità di produzione (che risulta minore in presenza di tecniche avanzate) e come il minor sfruttamento di superficie giovi al mantenimento delle superfici boscate che tanto contribuiscono all'equilibrio del pianeta.
I trattamenti di favore all'attenzione non solo quelli tributari, ma anche quelli creditizi, i quali ultimi si ritrovano sovente accoppiati ai primi nelle apposite disposizioni, soprattutto in agricoltura, motivando a tenere presenti già nella fase costitutiva degli enti societari i presupposti soggettivi che li rendano accessibili (oggetto sociale, requisiti dei soci, ecc.).
Nell’ampio settore delle misure per lo sviluppo dell’agricoltura, questa duplice forma dei trattamenti di favore ha un particolare rilievo ed ha anche le potenzialità per far sì che il rispetto e la conservazione dell’ambiente entrino sempre più tra i gli obiettivi perseguiti, potendo in futuro diventare a loro volta presupposti di mantenimento dei benefici.
Nella prospettiva indicata, la trattazione dei regimi di favore per le società di persone si dipana tra le regole apposite rivolte alle società e quelle di maggior respiro applicabili a specifiche categorie soggettive, non essenzialmente nella forma societaria ma riguardanti anche le società.
L' esposizione che segue, relativa al ruolo del notaio nei settori all'esame, avrà sullo sfondo gli sviluppi giurisprudenziali in materia di perimetrazione del dovere di consiglio, sviluppi che disegnano uno scenario dell’attività professionale sempre più pervaso di doveri di controllo e conseguenti responsabilità che fanno virare la funzione di adeguamento verso la funzione di (ampia) protezione, costringendo ad incrementare il pro-memoria degli "allarmi" che devono scattare in fase istruttoria e di stipulazione.
Partendo dalla fase costitutiva delle società, che vede un generale vantaggio di tassazione con l’applicazione delle imposte fisse di registro sia ai conferimenti in denaro, sia ai conferimenti di aziende (con riflessi importanti sul fronte delle plusvalenze che possono essere neutralizzate[[1]]) e con applicazione di aliquota ridotta ai conferimenti di alcuni beni (fabbricati strumentali ad attività commerciali e suoli su cui si realizzi la loro costruzione[[2]]), un apposito trattamento si rinviene a proposito della regolarizzazione delle società informali e delle comunioni ereditarie di aziende e di tale trattamento conviene riepilogare i presupposti di applicazione, perché per le regolarizzazioni delle comunioni ereditarie permane un regime che finisce per differenziarle in negativo e di ciò bisogna tener conto già nel fissare la data di stipulazione dell’atto una volta che le parti si rivolgano tempestivamente al notaio.
Come è noto, con la regolarizzazione si abbandona il regime "informale" proprio dell'esercizio in comune dell'attività d'impresa (che dà luogo alla c.d. società di fatto), per raggiungere lo stadio di “società regolare” che si iscrive nel Registro delle imprese e fa cessare, nel campo delle società di persone commerciali, le conseguenze della mancata registrazione previste dall'art. 2297 c.c., concretando un fenomeno che coinvolge non solo i soggetti ma anche il complesso dei beni utilizzati per l’attività (e cioè l’azienda di cui la società regolarizzata possegga la proprietà od il godimento).
La materia dei conferimenti di aziende in favore di società venne ad assumere una specifica fisionomia tributaria con la L. 23 dicembre 1982, n. 947 e successivamente con il d.P.R. 16 aprile 1986 n.131 (TUR), alla cui entrata in vigore il conferimento di azienda era assoggetto ad imposta di registro con aliquota 1% indipendentemente dalla natura dei beni aziendali. Solo successivamente, per effetto della l. 23 dicembre 1999, n. 488, art. 2, si passò dall'imposizione di registro proporzionale a quella in misura fissa[[3]].
In epoca in cui era diffusa la presenza di società di fatto (sovente non tali, ma semplicemente società irregolari sorte con contratti in forma di scrittura privata inidonei all’iscrizione nel Registro delle società, poi Registro delle imprese), la regolarizzazione vedeva come regime di particolare favore la previsione delle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa (art. 1 comma 1 l. n. 947 del 1982), accordata in via di eccezione, altrimenti dovendosi corrispondere le imposte in misura proporzionale.
Passati alla tassazione con imposta fissa dei conferimenti di azienda ed abbandonate le semplificazioni delle vecchie “regolarizzazioni” (che consentivano, con minima tassazione, conferimenti di immobili appartenenti a singoli soci), il corretto inquadramento tributario dell’operazione di regolarizzazione richiede di analizzarne la disciplina positiva in rapporto alla sua natura giuridica.
Va quindi ricordato che allorché i soci procedano alla "regolarizzazione" dichiarando l’esistenza del rapporto societario e disciplinandolo con patti sociali (nella forma autentica o pubblica occorrente per l’iscrizione nel Registro delle imprese), essi “enunciano” il pregresso contratto costitutivo della società e lo rendono assoggettabile ad imposta di registro ai sensi dell'art. 22 del d.P.R. n. 131 del 1986 Testo unico Dell'imposta di registro (TUR), normalmente senza applicazione di sanzioni (poiché l'art. 22 TUR prevede l'applicazione di sanzioni solo ove l'atto enunciato fosse soggetto a registrazione in termine fisso), ma con applicazione anche delle sanzioni ove la costituzione abbia comportato il conferimento di azienda (poiché il trasferimento di azienda è soggetto a registrazione in termine fisso anche se derivante da contratto verbale, ex art. 3 TUR).
Nel caso che la società fosse stata costituita – come normalmente avviene – con conferimenti in denaro o di beni mobili o con conferimento d'azienda, l'imposta “da enunciazione” è attualmente dovuta in misura fissa, essendo tale l’imposta dovuta sulla costituzione con conferimento di denaro, beni mobili o aziende[[4]].
Sotto il vigore della disciplina attuale, qualora nell'azienda inizialmente conferita verbalmente nella società "di fatto" vi fossero immobili, l’originario conferimento può essere ricostruito e configurato
a) al netto dei diritti immobiliari, a causa della carenza della forma scritta occorrente per gli immobili,
b) come avente ad oggetto un diritto personale di godimento (e non un diritto reale), in forza del principio di conservazione ex art. 1367 c.c.;
c) come conferimento in proprietà (seppur nullo civilisticamente per la parte immobiliare, ma nonostante ciò potenzialmente tassabile ex art. 38 TUR, alla stregua degli orientamenti giurisprudenziali[[5]]).
Più dettagliatamente, in caso di conferimento di azienda contenente immobili, il conferimento tacito o verbale può essere ricostruito sia come smembramento dell'azienda di cui trapassi la componente mobiliare in proprietà (o altro diritto reale) e la componente immobiliare in mero godimento (con limitazione al novennio, ex art. 1350 c.c., salva l’ eccezione posta dalla l. n. 283 del 1982 per l’affitto di fondi rustici), sia come conferimento tutto e solo in diritto (personale) di godimento o, infine, come conferimento tutto in diritto reale (anche per gli immobili e per questa parte nullo per difetto di forma).
Rispetto a tutte e tre le ipotesi ventilate, l’imposta dovuta per l’enunciazione rimane sempre quella fissa, in quanto in tal misura stabilita per tutti i conferimenti aziendali. In ogni caso, a rimuovere le questioni relative alla ricostruzione della fattispecie, le Parti, soprattutto in occasione della “regolarizzazione”, hanno modo di precisare quale fosse stato il loro intendimento in ordine all'oggetto del precedente conferimento che, se avvenuto come avente ad oggetto il solo godimento, avrebbe fatto residuare in capo ai soci la proprietà dell'azienda, la quale ben potrebbe essere oggetto di conferimento (in diritto reale) in sede di regolarizzazione e scontare le imposte in misura fissa.
Quanto alla regola (art. 38 TUR) per cui anche l'atto nullo sconta l'imposta di registro, essa, se riferita al conferimento verbale d'azienda comprensiva di immobili (nullo per la parte immobiliare in termini di trasferimento del diritto reale), potrebbe comportare ancora una volta l’applicazione della sola imposta fissa di registro e quindi anche in questa prospettiva non emergerebbe spazio per una applicazione delle imposte proporzionali coerente con i dati sistematici. Per ciò che attiene alle imposte ipotecaria e catastale va poi precisato che secondo la giurisprudenza esse sono dovute in relazione alle formalità per cui in caso di scrittura privata non autenticata, ed ancor più in caso di atto non scritto, il presupposto di applicabilità non è integrato, per carenza della forma che dà accesso alla pubblicità[[6]].
Ove la costituzione della società "di fatto" fosse stata attuata conferendo il godimento di un'azienda comprensiva di immobili, l'imposta di registro dovuta per l'enunciazione sarebbe sempre quella in misura fissa, ai sensi dell'art. 4 lett. a) n. 5) della Tpp TUR (mentre l’attribuzione della proprietà dell’azienda alla società sarebbe ancora una volta conferimento tassabile con le imposte fisse, pure in presenza di immobili aziendali).
Nel diverso caso in cui, in sede di "regolarizzazione", si procedesse ad attribuire alla società un immobile precedentemente acquistato dai soci senza spendita del "nome della società" e quindi "in proprio", vi sarebbe un nuovo conferimento a capitale o a patrimonio, con conseguente assoggettamento all'imposta di trasferimento secondo gli ordinari criteri[[7]].
Ed eccoci a fare attenzione, in linea con l'approccio iniziale che mira ad evitare responsabilità per difetto del dovere di consiglio, alla particolare regolamentazione riguardante la “regolarizzazione” della "comunione ereditaria" tra successori mortis causa che abbiano “esercitato l'attività" (così dando luogo alla nascita di una società di fatto).
In questo caso occorre segnalare alle Parti che, pur trattandosi di una fattispecie astrattamente inquadrabile nel sistema generale delle regolarizzazioni appena delineato, per essa esiste la ben nota previsione speciale la quale causa una differenziazione di regime che costringe ad una diversa programmazione degli esborsi da sostenere.
Il fenomeno è appositamente trattato sia dall'art. 4, lettera e), Tariffa Parte prima del TUR e relativa Nota II, sia dal d.lgs. n. 347 del 1990 che disciplina le imposte ipotecaria e catastale, con una previsione impositiva che presenta i suoi aspetti singolari in caso di regolarizzazione oltre l'anno dall'apertura della successione.
La menzionata disposizione del TUR prevede l'applicazione dell’imposta fissa di registro nel caso che l'atto di regolarizzazione sia registrato entro un anno dall'apertura della successione, mentre in ogni altro caso «l'imposta si applica a norma dell'art. 22 del TUR» e cioè secondo le regole dell'enunciazione.
Quindi, la regolarizzazione perfezionata entro l’anno rende inapplicabile l’art. 22 TUR anche riguardo alle sanzioni per mancata registrazione del conferimento verbale di azienda.
In realtà, pure decorso l’anno, una volta enunciata la pregressa costituzione (attuata con conferimento verbale d’azienda) l’imposta per tale enunciazione rimane quella fissa (essendo fissa quella dovuta per il conferimento di azienda, anche se contenente immobili) e l’unica differenza rispetto alla regolarizzazione infra-annuale consiste nell’applicabilità della sanzione (parametrata all’imposta fissa, secondo il disposto dell’art. 69 TUR).
Allorché l’azienda ereditaria comprenda immobili, la costituzione "in forma verbale" (ed anche, ai fini fiscali, per "comportamento concludente" da equiparare all'atto concluso verbalmente, in assenza di diversa previsione apposita) va ad essere tassata con la sola applicazione dell'imposta fissa, ai sensi dell'art. 4 lett. a) n. 3, oppure lett. a) n. 5.
Come già accennato, una differenziazione si coglie, però, a proposito delle imposte ipotecaria e catastale posto che, nonostante la generale previsione delle sole imposte fisse per il conferimento di azienda portante trasferimento di diritti reali su immobili ai sensi dell'art. 10 comma 2 e art. 4 della Tariffa d.lgs. n. 347 del 1990 (T.U.I.P.), in caso di regolarizzazione della comunione ereditaria l'art. 4 della detta Tariffa del d.lgs. n. 347 del 1990 prevede l'applicazione dell' imposta ipotecaria in misura fissa quando la regolarizzazione avvenga entro un anno dall'apertura della successione ed invece dell'imposta ipotecaria proporzionale con aliquota 2% quando la regolarizzazione avvenga oltre l'anno dall'apertura della successione (Nota al menzionato art. 4 Tariffa T.U.I.P.).
Per ciò che concerne l'imposta catastale manca una analoga disposizione che affermi la debenza dell'imposta proporzionale per la regolarizzazione oltre l'anno ma figura, nell'art. 10 del d.lgs. n. 347 del 1990, la previsione dell'imposta fissa quando la regolarizzazione sia registrata entro un anno dall'apertura della successione, dal che viene argomentato, a contrario, che anche tale imposta si applichi in misura proporzionale alla regolarizzazione attuata oltre l'anno.
Considerato che, anche oltre l'anno, la regolarizzazione può portare seco il conferimento dell'azienda ed il conseguente trasferimento dei diritti reali sugli immobili aziendali, tale previsione di legge appare confliggente con le attuali regole che presidiano la tassazione del conferimento d'azienda e la regolarizzazione delle società in generale, con una disparità di trattamento tra fattispecie in tutto simili che trae origine da un difetto di coordinamento normativo verificatosi successivamente alla neutralizzazione dell’imposta sui conferimenti aziendali ma che non trova alcuna giustificazione e ben potrebbe essere segnalata con eccezione di incostituzionalità in un ipotetico giudizio di impugnazione di avviso di accertamento.
Inoltre, sempre stando alla previsione così come attualmente formulata, va tenuta presente la giurisprudenza in materia di imposte ipotecaria e catastale secondo cui il presupposto d’imposta si identifica nella richiesta di formalità, con la conseguenza che la stipulazione tempestiva entro l’anno, seguita dalla richiesta di formalità appena oltre l’anno potrebbe prestarsi a pretendere di applicare l'imposta proporzionale (in riferimento alla recente giurisprudenza di legittimità costituita dall’ordinanza n. 31275 del 4 dicembre 2018 e dalla sentenza 15 gennaio 2019, n. 4571[[8]]).
Al di fuori dei fenomeni di “regolarizzazione”, la fase costitutiva della società vede applicabili tutti i regimi di favore in generale stabiliti per i trasferimenti, ma merita ricordare che l’applicabilità al conferimento del trattamento per la proprietà contadina è stata ammessa solo dopo l’introduzione dell’estensione anche alle società dei trattamenti stabiliti per il coltivatore diretto[[9]].
Trattamenti speciali per i trasferimenti a favore di società di persone
In caso di acquisti immobiliari a favore della società, sia in occasione della costituzione o di successive modifiche per conferimento a capitale od a patrimonio, sia nella corrente dinamica dell’attività economica, possono venire in rilievo le discipline tributarie agevolative sopravvissute alla soppressione portata dal d.lgs. n. 23 del 2011, tra cui, per quanto qui interessa come settore specifico delle società di persone:
– quello per la “piccola proprietà contadina” per le società di persone dedite all’agricoltura,
– quello per i territori montani, re-istituito con la legge di stabilità per il 2017 (l. 11 dicembre 2016, n. 232) art. 1 comma 47 e
– l’altro, in materia di ricomposizione fondiaria, portato dalla l. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1 comma 57[[10]], la quale ultima disposizione non detta criteri dimensionali, di durata della ricomposizione, di conseguenza della frammentazione e così via (così lasciando che siano gli appositi piani a stabilire a chi spetti attuare ed a quali condizioni).
Ed allora, oltre alla conoscenza delle regole normative stabilite in generale per fruire dei trattamenti di favore menzionati, vanno tenuti presenti gli ulteriori presupposti soggettivi richiesti alle società.
Si giunge, così, a tratteggiare alcuni punti da tenere presenti nell’espletamento del ministero notarile in adempimento del dovere di consiglio e nella redazione delle clausole negoziali, con il doppio fine di fornire la miglior assistenza all'utente e prevenire errori/lacune comportanti responsabilità professionale.
Requisiti che devono possedere le società di persone per accedere ai trattamenti agevolati sopra menzionati
Nel settore dell’agricoltura, si parte dall’etichettatura come “società agricola”, in qualunque modo introdotta nella ragione sociale: per la Snc è sufficiente indicare “società agricola in nome collettivo”, per la sas “società agricola in accomandita semplice” e per la società semplice “società agricola semplice”.
In proposito si rimanda alle argomentazioni sviluppate dalla Commissione studi tributari del CNN sin dal 2004, a commento del d.lgs. n. 99 del 2004[[11]].
Maggior rilievo è data alla formulazione dell’oggetto sociale delle società agricole che intendano beneficiare dei trattamenti di favore, il quale oggetto sociale deve prevedere l'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all'articolo 2135, così come stabilito dall’ art. 1 comma 3 del d.lgs. n. 99 del 2004[[12]].
I soggetti imprenditori agricolo per equiparazione
Considerata la stringata formulazione della regola, l’oggetto sociale delle società agricole può essere a sua volta formulato ripetendo semplicemente il disposto di legge, ma bisogna avere presenti anche gli ulteriori interventi normativi in dipendenza dei quali la teorica delimitazione con mero rinvio al codice civile è stata infranta con l’ equiparazione all’IAP di una serie di figure societarie il cui oggetto si distacca dalla previsione codicistica e che sono attratte per equiparazione al perimetro dell’impresa agricola.
Si menzionano, a questo proposito:
a) l’imprenditore ittico
b) le cooperative di imprenditori ittici ed i loro consorzi
c) l’acquacoltore
d) le società di manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli.
Esaminiamo più dettagliatamente le discipline che li riguardano.
a) l’imprenditore ittico, è equiparato a quello agricolo, ex art. 2 d.lgs. n. 226 del 2001, ed è – secondo quanto stabilito dal citato art. 2 d.lgs. n. 226 del 2001 – colui che esercita la pesca professionale e le attività connesse definite dall’art. 3 stesso d.lgs., consistenti, in sintesi, nella “pescaturismo”, nell’ “ittiturismo”, in attività di ospitalità ed istruzione, di prima lavorazione del prodotto, sua conservazione, trasformazione, distribuzione, commercializzazione, promozione e valorizzazione;
Poiché questa disciplina è anteriore al d.lgs. n. 99 del 2004, si potrebbe pensare che la previsione di quest’ultimo a proposito dell’oggetto sociale abbia abrogato la precedente “equiparazione”, ma sulla specifica materia è intervenuto anche il d.lgs. 9 gennaio 2012, n. 4 (in G.U. n. 26 dell’1 febbraio 2012), in vigore dal 2 febbraio 2012, stabilendo – nell’ambito di misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura ex art. 28 della l. 4 giugno 2010, n. 96 – una disciplina coordinata dell’imprenditore ittico, individuandolo in chi esercita l’attività di pesca (come definita dall’art. 2 dello stesso decreto legislativo) e le relative attività connesse. Quest’ultima disciplina ripete in parte la precedente sopra citata ma, a proposito della già prevista equiparazione dell’imprenditore ittico a quello agricolo, fa un passo ulteriore, qualificandolo più chiaramente imprenditore agricolo (anche ove l’attività sia svolta in forma societaria), come si evince dalla previsione secondo cui «fatte salve le più favorevoli disposizioni di legge di settore, all’imprenditore ittico si applicano le disposizioni previste per l’imprenditore agricolo».
b) le cooperative di imprenditori ittici ed i loro consorzi ex art. 4 del d.lgs. n. 4 del 2012, si considerano imprenditori ittici quando utilizzano prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai medesimi beni e servizi diretti allo svolgimento delle attività di cui sopra, così come si considera imprenditore ittico chi esercita in forma singola o associata l’attività di acquacoltura (disciplinata dall’art. 3 del medesimo decreto legislativo).
Sempre per disposto del d.lgs. n. 4 del 2012, art. 4, ai fini dell’applicazione delle agevolazioni fiscali e previdenziali e della concessione di contributi nazionali e regionali, l’imprenditore ittico è tenuto ad applicare i pertinenti contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali e di categoria comparativamente più rappresentative, ferme restando le previsioni di cui all’art. 3 della l. 3 aprile 2001, n. 142 e le leggi sociali e di sicurezza sul lavoro.
c) l’acquacoltore (che però è sicuramente imprenditore agricolo sulla scorta del criterio definitorio dell’art. 2135 c.c.) è legislativamente assimilato, a sua volta, all’imprenditore ittico[[13]];
d) le società di persone e le società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci, si considerano imprenditori agricoli ai sensi dell' art. 1 comma 1094, della legge n. 296 del 2006, abrogato dall'articolo 1, comma 513, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, ma che successivamente ha riacquistato efficacia dal 1° gennaio 2014, a norma dell'articolo 1, comma 36, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.
In rapporto ai trattamenti di favore qui all’attenzione, si tratta di stabilire se, in forza dell'equiparazione, queste ulteriori figure abbiano diretto accesso ai trattamenti che spettano al coltivatore diretto persona fisica, ex art. 2 del d.lgs. n. 99 del 2004, quando abbiano un soggetto esponenziale idoneo a qualificarle IAP ed in possesso del requisito previdenziale o se ne vada considerata la specificità in rapporto alla finalità delle singole disposizioni agevolative.
In effetti, ipotizzare che un imprenditore ittico possa avere diritto ad acquistare con l’agevolazione PPC un terreno agricolo costringe ad immaginare uno scenario insolito, in cui l’acquisto del terreno non sia finalizzato allo svolgimento dell’agricoltura, sia pure latamente intesa nella prospettazione che ne fa il codice civile all’art. 2135.
Con un certo sforzo, si potrebbe ipotizzare che l’imprenditore ittico acquisti un terreno a destinazione agricola per erigere su di esso un fabbricato di servizio, ad esempio per la conservazione e manipolazione del prodotto della pesca o dell’acquacoltura, oppure che lo acquisti per dotarsi di spazi di stoccaggio, di vasche per allevamento e trattamento e così via.
Nella prassi negoziale questa questione si è posta effettivamente ed è stata risolta dalla Corte di Cassazione negativamente in una fattispecie particolare da cui possono trarsi criteri interpretativi più generali, perché in quel caso è stato escluso il «riconoscimento delle agevolazioni spettanti alla persona fisica coltivatrice diretta» ove si tratti di società che non si occupino della coltivazione ma abbiano scopo consortile e «svolgano la diversa attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, non rientrando, quindi, nella finalità d’incentivo alla promozione della coltivazione diretta del fondo, per la creazione di unità poderali» (Cassazione n. 5972 del 25 marzo 2016).
La soluzione negativa incide, ovviamente, anche sul fronte delle provvidenze creditizie per l’agricoltura, salvo apposite previsioni mirate al settore marino.
Sempre a proposito dell’oggetto sociale ed al suo ruolo nella fruizione dei regimi di favore, deve tenersi presente che si pose in termini problematici la soluzione da adottare in merito alla sufficienza o meno della mera formulazione risultante dai patti sociali, ritenendosi da alcuni che non bastasse la mera prospettazione programmatica ed occorresse l'effettiva dedizione esclusiva alle attività “agricole”.
Sulla questione è intervenuta l'Agenzia delle entrate affermando che «Il requisito dell’esclusività è soddisfatto quando la previsione contenuta nell’oggetto sociale trova riscontro nell’attività effettivamente svolta. Non viene meno se la società svolge ulteriori attività strumentali a quella principale per il conseguimento dell’oggetto sociale (ad esempio, acquistare o prendere in affitto terreni per ampliare l’attività agricola oppure contrarre un finanziamento per acquistare un trattore necessario alla coltivazione del terreno). Non possono qualificarsi come agricole e, quindi, non possono accedere al regime di tassazione su base catastale[[14]], le società che, a prescindere dall’oggetto sociale, esercitano, per esempio, attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi, attività di trasporto, bancaria, assicurativa, di sfruttamento di miniere, cave, ecc.»[[15]].
Una volta delineati i criteri che presidiano la formulazione dell’oggetto sociale, va aggiunto che intanto è consentito l’accesso ai trattamenti di favore spettanti al coltivatore diretto persona fisica in quanto la società agricola rispetti anche il requisito IAP, in dipendenza della presenza di un socio esponenziale qualificato IAP ed iscritto nell’apposita gestione previdenziale ed assistenziale, oppure, per le società di coltivazione diretta di cui all’art. 2, comma 4-bis del d.lgs. n. 99 del 2004, un socio esponenziale coltivatore diretto iscritto nell’apposita gestione previdenziale ed assistenziale.
A proposito di questi specifici requisiti, l’estensione della prestazione “dovuta” dal Notaio richiede di distinguere il caso in cui esso abbia ricevuto uno specifico incarico professionale diretto ad accertare se sussistano anche questi requisiti dall'altro caso – normalmente ricorrente – in cui tale aggiuntivo incarico non sussista e le Parti vadano semplicemente rese edotte dei presupposti di legge per conseguire la qualifica IAP in capo alla società ed in particolare della necessità di avere un socio qualificante IAP iscritto all’Inps nell’apposita gestione.
Nel secondo caso, il possesso dei requisiti, in occasione dell’ acquisto agevolato da parte della società, anche in sede di costituzione, andrà dichiarato dagli interessati che ne assumeranno la responsabilità ed in sede di registrazione dell’atto non sarà necessario aggiungere alcunché a comprova dei requisiti, posto che la liquidazione va fatta sulla base delle risultanze dell’atto (sia da parte del notaio, sia da parte dell’Agenzia delle entrate), fermo restando il potere di verifica da parte dell’ Agenzia, successivamente alla registrazione ed al di fuori della procedura di controllo dell’autoliquidazione fatta dal notaio.
Un utile ausilio alle Parti può essere fornito segnalando problematiche effettivamente emerse riguardo al requisito previdenziale ed allo status di IAP o aspirante IAP, nei casi in cui la posizione Inps fosse posseduta in altra gestione previdenziale (e quindi non utile per fruire dei benefici fiscali) oppure quando il c.d. socio qualificante, pur avendo avviato le procedure, non avesse già perfezionato prima dell'atto "agevolato" l' iscrizione all'Inps[[16]] o, in caso di aspirante, non avesse già presentata l’istanza di riconoscimento della qualifica IAP; altrettanto vale per le conseguenze sul trattamento del mancato conseguimento del requisito da parte di chi sia solamente aspirante IAP ma non si dedichi effettivamente all’attività o comunque non consegua nel biennio la qualifica professionale, così determinando la decadenza con effetto retroattivo.
I caratteri dei soggetti esponenziali tornano in evidenza anche in sede di rimpiazzo, allorché per una qualsiasi causa la società perda il socio qualificante, fenomeno più grave nelle società in accomandita semplice con due soli soci allorché manchi, per caso di morte, il socio accomandatario. Infatti, in tale frangente, non può considerarsi idoneo rimpiazzo la nomina dell’amministratore provvisorio, che può essere anche un estraneo, dal momento che la qualifica può essere apportata solo da un socio accomandatario.
Per maggiori dettagli su questa materia rinvio ancora agli studi del CNN.
– Criticità dei singoli trattamenti
A) Per la proprietà contadina vi sono due aspetti particolari da tenere presenti.
Il primo riguarda la natura dei terreni secondo lo strumento urbanistico vigente[[17]] e riguarda quelli che, pur non essendo destinati ad attività di sfruttamento mediante edificazione, non siano testualmente classificati agricoli.
In presenza di tali caratteri urbanistici, bisogna illustrare la problematica all'acquirente e nel caso che i terreni oggetto di trasferimento fossero in parte in zona agricola ed in parte in zone di altro genere, pur non edificabili, bisogna distinguere i prezzi e fare valutazioni di convenienza economica.
Infatti, in caso di trasferimenti per corrispettivi non elevati, il cumulo tra le imposte fisse e quella minima dovuta per la parte non agevolabile può dare risultati economicamente più onerosi, tali da sconsigliare addirittura la richiesta del trattamento agevolato.
Il secondo punto riguarda la nota questione delle pertinenze e cioè dei fabbricati a destinazione agricola da porre a servizio del fondo rustico ma che non si trovino sul fondo, così come preteso dall'Agenzia delle entrate con la presa di posizione ampiamente criticata ma comunque ancora presente sul campo della prassi interpretativa.
B) Per quanto riguarda il trattamento per i territori montani
Le questioni di maggiore attualità, trattate nello Studio Tributario n. 1-2017/T della Commissione studi Tributari del CNN, riguardano due specifici punti, rilevanti anche per le società.
a) Dovendo ricorrere un accorpamento od un arrotondamento, bisogna stabilire quando ricorrano tali fenomeni.
In prima battuta può dirsi che il primo termine riguarda la formazione ed il secondo l'incremento del "corpo" destinato alla coltivazione diretta, ma sembrerebbe sussistere qualche dubbio sulla possibilità di fruizione dell'agevolazione sin dal primo acquisto. Infatti, in giurisprudenza ed in dottrina si riscontrano posizioni secondo cui l’accorpamento richiederebbe la proprietà di almeno un terreno in capo al fruitore del beneficio[[18]].
Si tratta di opinioni che non appaiono pienamente appaganti: benché il termine “accorpamento” evochi l’unione di più corpi di terreno, non pare dubbio che la fattispecie ricorra anche in sede di prima acquisizione quando l’acquirente acquisti con lo stesso atto da più soggetti con distinti negozi, ipotesi capace di giustificare la doppia previsione di “accorpamento” e “arrotondamento” e che già serve ad escludere la ricorrenza di una endiadi nella previsione di legge.
Stessa soluzione sembra potersi dare per l’acquisto da unico soggetto di più terreni con contemporanea “destinazione alla coltivazione diretta” (soprattutto se la detta destinazione avvenga in luogo di una coltivazione pregressa che diretta non fosse). Rimarrebbe fuori dal perimetro applicativo il solo acquisto di un singolo terreno, per il quale l’accorpamento vero e proprio non ricorrerebbe. Ma sarebbe ben difficile far leva sul criterio del censimento catastale e considerare “accorpamento” l’acquisto di più particelle con diverse qualità colturali ed escluderlo quando il fondo consista in unica particella (essendo di unica qualità colturale), sicché, considerata la ratio di favorire il ricongiungimento di proprietà e coltivazione in capo allo stesso soggetto, parrebbe preferibile accedere ad una dimensione funzionale e non fisica dell’“accorpamento” ed ammettere l’applicabilità del trattamento anche al “primo acquisto” di un solo terreno che integri la formazione del corpo destinato alla coltivazione diretta.
Si consideri, poi, che per affermare una discriminazione tra di chi già possegga un terreno e chi non lo possegga, il legislatore, a proposito dell’acquisto agevolato con il trattamento per la proprietà contadina da parte del “familiare” del coltivatore, ha dovuto disporre un’apposita limitazione testuale (art. 1, comma 907, l. 28 dicembre 2015, n. 208), mentre nel ripristinare il trattamento sui territori montani nulla ha disposto in proposito. Rimarrebbe da stabilire se sussista almeno un limite dimensionale al di sotto del quale debba escludersi il regime di favore (per incapacità del terreno oggetto di acquisto a “fondare” una proficua coltivazione diretta), problema di difficile soluzione rispetto a zone montane per le quali anche la ricomposizione fondiaria montana prevede una indivisibilità per il compendio unico che raggiunga una superficie “minima” ma non impone una dimensione minima per i singoli acquisti di terreni destinati a formare il compendio in questione. Poiché la disposizione non espone nessun indice in tal senso, sembra preferibile escludere ogni requisito dimensionale del fondo.
Circa l’arrotondamento, esso consiste nell’incremento del fondo rustico pre-posseduto e ricorre proprio quando il soggetto coltivatore possegga già un fondo coltivato cui aggiunga altro fondo rustico.
b) bisogna poi individuare quali siano i territori montani.
Il riferimento ai «territori montani di cui al precedente comma» ricorre nel comma 2 dell'art. 9 d.P.R. n. 601 del 1973, e richiede di precisare il confine tra territori montani e non montani, sulla cui distinzione si riscontrano molteplici opinioni che valorizzano ora la posizione altimetrica, ora la morfologia, ora una pluralità di caratteri solitamente attribuiti allo scenario montano, ora la nozione “legale” di territorio montano (che trova una serie di indici dettati in relazione alle relative finalità da raggiungere nelle direttive comunitarie ed in provvedimenti nazionali riguardanti la montagna).
In specifico riferimento alla disciplina qui esaminata, che espone nel testo di legge un’apposita previsione, si è domandato se il regime tributario abbracci tutti i terreni elencati nel comma 1 dell’art. 9 d.P.R. n. 601 del 1973 oppure solo quelli «compresi nell'elenco dei territori montani compilato dalla commissione censuaria centrale».
La soluzione che appare preferibile valorizza la ratio agevolativa di favorire lo sviluppo e la conservazione delle zone montane e che trova fondamento costituzionale nell'art. 44 ult. comma Cost., portando a ritenere che la relativa nozione legale di territorio montano ricorra in tutte e tre le ipotesi elencate dal menzionato comma 1 dell’art. 9 d.P.R. n. 601 del 1973, secondo il quale sono montani
a) i terreni situati ad una altitudine non inferiore a 700 metri sul livello del mare e di quelli rappresentati da particelle catastali che si trovano soltanto in parte alla predetta altitudine;
b) i terreni compresi nell'elenco dei territori montani compilato dalla commissione censuaria centrale;
c) i terreni facenti parte di comprensori di bonifica montana.
A favore di tale impostazione si richiama la posizione della Comm. Tributaria Centrale (Decisione n. 3007 del 9 giugno 1982 e Decisione n. 2845 del 2 giugno 1982), secondo cui
«L'art. 9 del d.P.R. n. 601 del 1973 che regola in modo organico la complessa materia delle agevolazioni tributarie, disciplina, nell'ambito delle agevolazioni per l'agricoltura, le agevolazioni per i territori montani, qualificati tali in riferimento alla loro posizione obiettiva di altitudine, all'annotazione nell'elenco compilato dalla Commissione censuaria centrale, all'appartenenza a comprensori di bonifica montana. Nei territori montani così definiti, i trasferimenti di proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici, fatti a scopo di arrotondamento o di accorpamento di proprietà diretto-coltivatrici pagano le imposte di registro ed ipotecarie nella misura fissa e sono esenti dalle imposte catastali».
A rafforzare questa impostazione si evidenzia che il comma 2 inizia con le parole «Nei territori montani di cui al precedente comma» ed il precedente comma è proprio quello che elenca le tre categorie. Sicché non sarebbe possibile addivenire ad una soluzione diversa da quella che individua come appartenenti alla “categoria” sia i terreni altimetricamente al di sopra dei 700 metri, sia quelli compresi nell'elenco compilato dalla Commissione censuaria centrale, sia, infine, quelli appartenenti a comprensori di bonifica montana.
In definitiva, nonostante si rintraccino nel sistema vari criteri normativi per individuare le zone montane e benché la materia veda incidere anche direttive europee sulle zone svantaggiate, la astratta incertezza derivante da una moltitudine di criteri presenti nel sistema (che valorizzano sia il profilo geo-altimetrico, sia caratteri legati all’antropizzazione distinguendo aree ecumeniche e sub-ecumeniche) è superata, nella materia all’esame, dalla presenza dell’apposita terna di criteri legali tra di loro alternativi.
Si ricorda, ancora, che a proposito dell'individuazione dei terreni compresi in territori montani alla stregua della “lettera b)” di cui sopra, l'Istat ha emesso un apposito comunicato per ribadire che la classificazione per grado di montanità, che prevede la suddivisione dei comuni in "totalmente montani", "parzialmente montani" e "non montani", «non è una "classificazione Istat" ma l'esito dell'applicazione dell'art. 1 della legge 991/1952 - Determinazione dei territori montani (Si veda in proposito http://www.simontagna.it/portalesim/comunimontani.html#LetteraC).
Tale classificazione è stata trasmessa all’Istat dall'Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani), come viene anche specificato nelle note dell'elenco pubblicato, ed è stata inclusa tra le informazioni di interesse ai fini dello studio statistico del territorio comunale congiuntamente ai codici statistici comunali. La legge 991/1952, oltre a stabilire i criteri di classificazione geomorfologici (l'80% della superficie al di sopra dei 600 metri o un dislivello maggiore di 600 metri) e di tipo reddituale dei terreni (reddito imponibile medio per ettaro inferiore a 2.400 lire), disponeva che la commissione censuaria centrale istituita presso il Ministero delle Finanze fosse incaricata di stilare e mantenere il conseguente elenco dei comuni montani e potesse includere tra i territori montani anche comuni che, in deroga alle condizioni sopra citate, fossero già classificati come montani dal catasto agrario o danneggiati da eventi bellici (art 1) o appartenenti a comprensori di bonifica montana (art. 14). Ma l'abrogazione degli articoli 1 e 14, avvenuta con una successiva norma (legge 142/1990), ha di fatto impedito la possibilità di rivedere e/o aggiornare tale classificazione».
Infine, si menziona che anche le istruzioni per la compilazione del modello di dichiarazione di successione approvato con provvedimento del 27 dicembre 2016 sono formulate indicando come territori montani quelli di tutte e tre le tipologie sopra indicate.
C) Qualifica professionale dei soggetti esponenziali
Venendo alla qualifica IAP delle società, che consente l'accesso ai trattamenti di favore, recenti novità si trovano in tema di attribuzione delle qualifiche di IAP e di coltivatore diretto, posto che sono entrati in scena, nel panorama normativo, l'«affiancante in agricoltura» ed il «familiare coadiuvante del coltivatore diretto».
L'affiancante, è colui che, avendo età tra 18 e 40 anni, stipuli con imprenditori agricoli o coltivatori diretti il contratto di affiancamento ai sensi dell'art. 1 commi 119 e 120 della legge 27 dicembre 2017 n. 205, fruendo dell’equiparazione all'imprenditore agricolo professionale stabilita dall’ art. 1 comma 120 citato.
In merito va detto che la disposizione non gli attribuisce la qualifica di IAP, ma lo equipara all'IAP e ciò non risulta univoco per quanto riguarda lo status di IAP.
Se l'equiparazione si valutasse ai fini della fruizione delle agevolazioni accordate all'IAP munito di apposita iscrizione previdenziale, ben potrebbe dirsi che l'affiancante, in quanto equiparato, possa accedere ai trattamenti del coldiretto una volta che si iscriva all'INPS.
Però, non essendo IAP, bensì solo "equiparato", bisogna chiedersi se ciò comporti l’idoneità a fungere da soggetto qualificante, per comunicare alla società la qualifica IAP che il d.lgs. n. 99 del 2004 richiede in capo al soggetto esponenziale.
Una lettura strettamente legata alla lettera, che escludesse tale idoneità, finirebbe per sottrarre gran parte del valore dell'equiparazione e quindi sembra preferibile ritenere che detta equiparazione dispieghi la sua efficacia senza limitazioni (pur dovendosi evidenziare che, diversamente da altre ipotesi di parificazione, in questo caso vi è la particolarità di una posizione di affiancato che non può avere durata superiore a tre anni solo durante la quale vale la menzionata parificazione).
Per quanto attiene al familiare coadiuvante, la recente disposizione, portata dalla l. 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1 comma 705, stabilisce che «I familiari coadiuvanti del coltivatore diretto, appartenenti al medesimo nucleo familiare, che risultano iscritti nella gestione assistenziale e previdenziale agricola quali coltivatori diretti, beneficiano della disciplina fiscale propria dei titolari dell'impresa agricola al cui esercizio i predetti familiari partecipano attivamente».
Prevedendone l'iscrizione Inps nella gestione "coltivatori diretti", la disposizione presuppone che questi soggetti rivestano la correlativa qualifica, così aprendo alla possibile comunicazione del requisito alla società di coltivazione diretta di cui all'art. 2 comma 4-bis del d.lgs. n. 99 del 2004 (secondo cui: «4-bis. Le agevolazioni di cui al comma 4 sono riconosciute anche alle società agricole di persone con almeno un socio coltivatore diretto, alle società agricole di capitali con almeno un amministratore coltivatore diretto, nonché alle società cooperative con almeno un amministratore socio coltivatore diretto, iscritti nella relativa gestione previdenziale e assistenziale»).
[1] Art. 176 T.U.I.R.: 1. I conferimenti di aziende effettuati tra soggetti residenti nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese commerciali, non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze [a condizione che il soggetto conferitario rientri fra quelli di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b)]. Tuttavia, il soggetto conferente deve assumere, quale valore delle partecipazioni ricevute, l'ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell'azienda conferita e il soggetto conferitario subentra nella posizione di quello conferente in ordine agli elementi dell'attivo e del passivo dell'azienda stessa, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi i dati esposti in bilancio e i valori fiscalmente riconosciuti.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche se il conferente o il conferitario è un soggetto non residente, qualora il conferimento abbia ad oggetto aziende situate nel territorio dello Stato.
2-bis. In caso di conferimento dell'unica azienda dell'imprenditore individuale, la successiva cessione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento è disciplinata dagli articoli 67, comma 1, lettera c), e 68 , assumendo come costo delle stesse l'ultimo valore fiscale dell'azienda conferita .
2-ter. In luogo dell'applicazione delle disposizioni dei commi 1, 2 e 2-bis, la società conferitaria può optare, nella dichiarazione dei redditi relativa all'esercizio nel corso del quale è stata posta in essere l'operazione o, al più tardi, in quella del periodo d'imposta successivo, per l'applicazione, in tutto o in parte, sui maggiori valori attribuiti in bilancio agli elementi dell'attivo costituenti immobilizzazioni materiali e immateriali relativi all'azienda ricevuta, di un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle società e dell'imposta regionale sulle attività produttive, con aliquota del 12 per cento sulla parte dei maggiori valori ricompresi nel limite di 5 milioni di euro, del 14 per cento sulla parte dei maggiori valori che eccede 5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro e del 16 per cento sulla parte dei maggiori valori che eccede i 10 milioni di euro. I maggiori valori assoggettati a imposta sostitutiva si considerano riconosciuti ai fini dell'ammortamento a partire dal periodo d'imposta nel corso del quale è esercitata l'opzione; in caso di realizzo dei beni anteriormente al quarto periodo d'imposta successivo a quello dell'opzione, il costo fiscale è ridotto dei maggiori valori assoggettati a imposta sostitutiva e dell'eventuale maggior ammortamento dedotto e l'imposta sostitutiva versata è scomputata dall'imposta sui redditi ai sensi degli articoli 22 e 79.
3. Non rileva ai fini dell'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, il conferimento dell'azienda secondo i regimi di continuità dei valori fiscali riconosciuti o di imposizione sostitutiva di cui al presente articolo e la successiva cessione della partecipazione ricevuta per usufruire dell'esenzione [totale] di cui all'articolo 87, o di quella [parziale] di cui agli articoli 58 e 68, comma 3.
4. Le aziende acquisite in dipendenza di conferimenti effettuati con il regime di cui al presente articolo si considerano possedute dal soggetto conferitario anche per il periodo di possesso del soggetto conferente. Le partecipazioni ricevute dai soggetti che hanno effettuato i conferimenti di cui al periodo precedente o le operazioni di cui all'articolo 178, in regime di neutralità fiscale, si considerano iscritte come immobilizzazioni finanziarie nei bilanci in cui risultavano iscritti i beni dell'azienda conferita o in cui risultavano iscritte, come immobilizzazioni, le partecipazioni date in cambio.
5. Nelle ipotesi di cui ai commi 1, 2 e 2-bis, l'eccedenza in sospensione di imposta, ai sensi dell'articolo 109, comma 4, lettera b), relativa all'azienda conferita non concorre alla formazione del reddito del soggetto conferente e si trasferisce al soggetto conferitario a condizione che questi istituisca il vincolo di sospensione d'imposta previsto dalla norma predetta.
[2] Art. 4 comma 1 lett. a) n. 2) Tariffa Parte prima TUR.
[3] Cfr. Circ. n. 62/E-54354 del 30 marzo 2000 – Dir. AA.GG. e cont. trib.
[4] Ove essa società avesse acquistato, dopo la costituzione, diritti immobiliari, la regolarizzazione non comporterebbe trasferimento, per cui le formalità di trascrizione e volturazione dell'atto sconterebbero le imposte fisse ipotecaria e catastale.
Circa l'aggiornamento della "ditta catastale" (che non ricorre in caso di regolarizzazione, poiché di aggiornamento è dato parlare solo quando la società fosse già presente nella banca dati catastale), si ricorda che un obbligo di volturazione è stato introdotto dall’art. 1 comma 276 della l. n. 244 del 2007 per gli atti soggetti ad iscrizione nel Registro delle imprese che comportino qualsiasi mutamento nell’intestazione catastale di beni immobili di cui siano titolari persone giuridiche, anche se non conseguenti a modifica, costituzione e trasferimento di diritti reali. A detta disposizione è stata data attuazione, in base al disposto del menzionato comma 276, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio in data 8 agosto 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 192 del 18 agosto 2012, cui ha fatto seguito la Nota della Direzione centrale catasto e cartografia datata 29 novembre 2013 prot. 61622. Ai fini del menzionato provvedimento, è considerato mutamento dell'intestazione catastale qualsiasi trasformazione sociale, ovvero variazione della denominazione o della ragione sociale, della sede e di ogni altra indicazione identificativa della persona giuridica, rispetto a quanto precedentemente iscritto in catasto, ancorché non direttamente conseguenti a modifica, costituzione o trasferimento di diritti reali. Per contro, non comportano mutamento dell'intestazione catastale gli atti relativi al trasferimento della sede nell'ambito dello stesso comune.
Come emerge dalla lettera della disposizione di legge, l'obbligo è previsto in relazione alle persone giuridiche e quindi non parrebbe toccare le vicende dei soggetti privi di personalità giuridica, tra cui le società di persone. Nonostante l’inequivoco dato letterale, vi è chi ritiene che, a causa della medesima ratio, l’adempimento sia dovuto anche relativamente ai mutamenti che interessino soggetti non personificati (comprese le società di persone) (così G. PETRELLI, Rassegna di novità normative, secondo semestre 2007 e A. RUOTOLO, Trasferimento della sede di società di leasing e conformità soggettiva ex d.l. n. 78 del 2010, Quesito di impresa n. 88-2011/I, in CNN Notizie del 20 luglio 2011). In merito a tale questione si osserva che il preciso riferimento alle persone giuridiche potrebbe essere frutto della scelta del legislatore di limitare l’aggiornamento in questione, in una prima fase, ai soggetti presumibilmente più rilevanti in materia di titolarità di compendi immobiliari. Si osserva pure che nel detto Provvedimento si menziona la modificazione di "ragione sociale", così avvalorando la tesi estensiva, in linea con la metodica seguita nel Menu Sister che alla voce soggetti espone (per intuibili ragioni di semplificazione) la sola alternativa "persona fisica/persona giuridica". Ma va anche rimarcato che quest'ultimo provvedimento, in quanto fonte di rango subordinato, non è in grado di incidere su una materia che comporta la corresponsione di tributi, valendo la riserva di legge ex art. 23 Cost. e, d’altra parte, non si rinviene nella legge alcun rinvio al «provvedimento di concerto dei due direttori ex art. 1 comma 276 l. n. 244 del 2007» che possa fondare l’ampliamento del novero delle fattispecie comportanti l’obbligo di volturazione.
Una società irregolare può nascere anche a seguito di donazione di un'azienda a più soggetti che poi esercitino l'attività già svolta dal loro dante causa, fattispecie che potrebbe trovare il regime fiscale di esenzione nell'art. 3 comma 4-ter del T.U. Successioni e donazioni (d.lgs. n. 346 del 1990 in relazione all'art. 2 commi 47 e 50 del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262). In tale ipotesi, la regolarizzazione del rapporto societario tra i donatari non comporta il venir meno del regime di esenzione stabilito dal menzionato comma 4-ter (secondo cui il trasferimento non è soggetto ad imposta ove gli aventi causa proseguano l'attività d'impresa per almeno 5 anni rendendo in sede di donazione apposita dichiarazione in tal senso) (così ris. n. 341/E del 23 novembre 2007 dell'Agenzia delle entrate). Si ricorda che, secondo la dottrina, non è possibile configurare la successione nell’impresa e che tale attività è svolta sempre “a titolo originario” (T. ASCARELLI, Lezioni di diritto commerciale, Milano, 1955, 108; F. GALGANO, Trattato di diritto civile, vol. III, Padova, 2010, 472 e Il diritto commerciale in 25 lezioni, Milano, 2007, 40) ma non di rado si fa uso promiscuo dei termini azienda e impresa e lo stesso legislatore tributario richiede la prosecuzione dell’attività del dante causa da parte dei suoi successori nell’art. 3 T.U. Successioni e donazioni.
[5] A proposito del perimetro di applicazione dell'art. 38 va detto che le tesi giurisprudenziali esposte in tema di imponibilità delle donazioni nulle per difetto di formalizzazione non regge in confronto con le regole di registrazione dettate dagli artt. 2 e 3 del TUR, che presuppongono almeno una vestizione dell'atto quando non si ricada nelle eccezionali previsioni di obbligo di registrazione anche per gli atti verbali.
[6] Si ricorda che la redazione dell’atto di trasferimento immobiliare nella forma di scrittura privata (non autenticata) è soggetto a registrazione in termine fisso e sconta l’imposta di registro ma è inidoneo alla trascrizione (ed alla volturazione catastale). E poiché, in mancanza dell’autenticazione o della vestizione in forma pubblica, la pubblicità immobiliare può essere eseguita solo dopo l’accertamento giudiziale delle sottoscrizioni, è la sentenza di accertamento che, oltre ad essere assoggettata all’ imposta fissa di registro, anche se impugnata od ancora impugnabile (art. 37 TUR), sconta le imposte di trascrizione e di voltura (Cass. civ., sez. I, 11 febbraio 1985, n. 1101). Nel campo dell'imposta Iva la distinzione tra scrittura privata e atto autenticato o pubblico non rileva e l'operazione di cessione di beni immobili si considera effettuata al momento della stipulazione del contratto qualunque ne sia la forma e pure si considera effettuata nel caso che, limitatamente all'importo fatturato o pagato, anteriormente alla stipulazione sia emessa la fattura o sia pagato in tutto o in parte il corrispettivo. Tale criterio, che dà rilevanza alla fatturazione od alla corresponsione del corrispettivo indipendentemente dalla produzione dell’effetto traslativo, è una particolarità di questa imposta e non vale per l'intero sistema dei tributi indiretti. Infatti, per l'imposta di registro vale il metodo che valorizza l’effetto traslativo o costitutivo di diritti reali, così come recita l’art. 1 della Tariffa Parte prima del TUR, sicché l’eventuale anticipazione del corrispettivo può comportare solo la tassazione dell’acconto ai sensi dell’art. 9 della detta Tariffa (in caso di ricorrenza degli altri presupposti che obbligano alla registrazione o nell’eventuale ipotesi di registrazione volontaria).
[7] Cassazione n. 8664 del 17 giugno 2002.
[8] Entrambe commentate sulla Rivista di diritto tributario: G. PETTERUTI, Orientamenti recenti sul presupposto delle imposte ipotecaria e catastale, in http://www.rivistadirittotributario.it/wp-content/uploads/2019/05/GP-6.5.19-Copia.pdf
[9] Risoluzione del 04/01/2008 n. 3 – Agenzia delle entrate – Direzione centrale normativa e
contenzioso.
[10] «Tutti gli atti e i provvedimenti emanati in esecuzione dei piani di ricomposizione fondiaria e di riordino fondiario promossi dalle regioni, dalle province, dai comuni e dalle comunità montane sono esenti da imposta di registro, ipotecaria, catastale e di bollo».
[11] Studio n. 46-2004/T:
È dubbio se la indicazione di “società agricola” nella ragione o denominazione sociale costituisca un obbligo od invece un onere, ai fini della qualificazione della società come agricola, agli effetti dell'applicazione della normativa in esame.
A sostegno della tesi per cui si tratterebbe di mero obbligo, si può osservare che per le società esistenti, si parla, nell’articolo 2, comma 2, di «possesso dei requisiti di cui al presente articolo»: e quindi i requisiti devono preesistere e l'oggetto deve già essere esclusivo alla data del 7 maggio 2004. Per esse (come per quelle "nuove"), occorre l'inserimento della dizione "società agricola" nella ragione o denominazione sociale. Ma in primo luogo non è stabilito alcun termine temporale per l’adeguamento dello statuto e/o del contratto sociale. Si tratterebbe quindi di un obbligo del quale risulta impossibile accertare l’inadempimento. Inoltre, non risulta prevista alcuna sanzione per la sua (impossibile) inosservanza.
Tecnicamente, sotto il profilo giuridico, tenuto conto della assenza di termine e di sanzione, la prescrizione in esame parrebbe doversi configurare come prescrizione di un “onere”.
Ma quali sarebbero le conseguenze della sua inosservanza?
Dal comma 4 dell’articolo 2, che accorda le agevolazioni alle «società agricole di cui all'articolo 1, comma 3» sembrerebbe potersi desumere che la conseguenza non possa essere il diniego delle agevolazioni, se la società abbia i requisiti previsti nell’articolo 1. Nemmeno la prelazione, che spetta alla società agricola di persone, sembrerebbe condizionata a tale adempimento.
Tuttavia, l'iscrizione negli albi ed elenchi degli IAP, inclusi quelli della gestione previdenziale, potrebbe venire subordinata alla osservanza della prescrizione in esame e, quindi determinare, in modo indiretto la impossibilità di usufruire delle agevolazioni tributarie e creditizie.
Ciò induce ad osservare la massima prudenza e ad ottemperare alla prescrizione, anche se la stessa non sia espressamente ricompresa tra i requisiti richiesti per il riconoscimento dei benefici tributari e creditizi.
Studio 67-2005/T:
Per la società agricola è stabilito che la ragione o la denominazione deve contenere l’indicazione di “società agricola”; nel precedente commento è stato esaminata la valenza di detta indicazione e si è concluso nel senso di non accordare al rispetto della regola alcun ruolo in tema di fruibilità di agevolazioni.
In sintesi, il menzionato risultato interpretativo è stato raggiunto osservando preliminarmente che, per le società preesistenti, si parla, nell’articolo 2, comma 2, di «possesso dei requisiti di cui al presente articolo»; quindi i requisiti devono preesistere e l'oggetto deve già essere esclusivo alla data del 7 maggio 2004; ergo, l’oggetto esclusivamente agricolo è sufficiente a qualificare la società come “agricola”. Inoltre, per l'inserimento della dizione "società agricola" non è stabilito alcun termine temporale per l’adeguamento dello statuto e/o del contratto sociale, per cui si tratterebbe di un obbligo non sanzionabile; a volergli attribuire natura di onere, bisognerebbe dimostrare che la società non “diventi” agricola fino a quando non formi nel modo appropriato la ragione o denominazione. Anche qui, l’impedimento al raggiungimento del risultato, tipico dell’onere, non troverebbe giustificazione, non potendosi precludere alla società l’attività agricola, né altro.
Pur trattandosi di questione che riguarda anche le società che non fruiscano di trattamenti tributari agevolati, il regime delle agevolazioni dà un rilevante contributo alla soluzione, sia perché l’articolo 2 comma 4 le accorda richiamandosi al solo art.1 comma 3, sia perché la decadenza è prevista solo in caso di perdita nel quinquennio dei requisiti posti dallo stesso articolo 1 comma 3.
Quindi, posto che la decadenza non è prevista per la successiva modificazione della ragione o denominazione (da cui si elimini la locuzione “società agricola”), vuol dire che tale “requisito” non ha un ruolo decisivo per lo status di società agricola.
A quanto pare, non si è ancora posta la sottostante questione dell’utilizzabilità della dicitura “società agricola” nella ragione o denominazione di società che non abbiano per oggetto l’esercizio esclusivo di attività agricole, questione cui non sembra debba darsi soluzione negativa. Infatti, anche se per le società agricole si può parlare di un obbligo senza sanzione, o di onere, non risulta nessuna esclusiva a loro favore. In altre parole, non pare vietato inserire “società agricola” nella denominazione o ragione di una società che svolga anche altre attività o che, ad esempio, si occupi di prodotti agricoli dal punto di vista solo commerciale. In conclusione, non esiste un divieto da opporre alle società commerciali non agricole che, ad esempio, volessero adottare la denominazione “Società agricola Alfa Srl”, o “Beta società agricola Srl” o similari.
[12] Art. 1 comma 3:
3. Le società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile e siano in possesso dei seguenti requisiti:
a) nel caso di società di persone qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per le società in accomandita la qualifica si riferisce ai soci accomandatari;
b) omissis (2);
c) nel caso di società di capitali o cooperative, quando almeno un amministratore che sia anche socio per le società cooperative, sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (3).
art. 2 comma 4:
4. Alle società agricole di cui all'articolo 1, comma 3, qualificate imprenditori agricoli professionali, sono riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. La perdita dei requisiti di cui all'articolo 1, comma 3, nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di imprenditore agricolo professionale determina la decadenza dalle agevolazioni medesime
[13] Art. 2 comma 5 d.lgs. n. 226 del 2001. Su tale specifica materia è intervenuto anche il d.lgs. 9 gennaio 2012, n. 4 stabilendo – nell’ambito di misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura ex art. 28 della legge 4 giugno 2010, n. 96 – una disciplina coordinata dell’imprenditore ittico, individuandolo in chi esercita l'attività di pesca, come definita dall'art. 2 dello stesso d.lgs., e le relative attività connesse. Quest'ultima disciplina ripete in parte la precedente sopra citata ma, a proposito della già prevista "equiparazione" dell'imprenditore ittico a quello agricolo, fa un passo ulteriore, qualificandolo più chiaramente "imprenditore agricolo", anche ove l'attività sia svolta in forma societaria, come si evince dalla previsione secondo cui «fatte salve le più favorevoli disposizioni di legge di settore, all'imprenditore ittico si applicano le disposizioni previste per l'imprenditore agricolo».
[14] Di cui all’ articolo 1, comma 1093, legge n. 296 del 2006.
[15]http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Home/CosaDeviFare/Richiedere/Regimi+Opzionali/Opzione+per+determinazione+del+reddito+su+base+catastale/Scheda+Info+Opzione+determinazione+reddito+base+catastale/Requisiti+delle+societa+agricole/
[16] Circolare Inps 24 marzo 2006 n.48.
[17] Decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, articolo 2, comma 4-bis : 4-bis. Al fine di assicurare le agevolazioni per la piccola proprietà contadina, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, nonché le operazioni fondiarie operate attraverso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea), sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all'imposta catastale nella misura dell'1 per cento. Le agevolazioni previste dal periodo precedente si applicano altresì agli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni agricoli e relative pertinenze, posti in essere a favore di proprietari di masi chiusi di cui alla legge della provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17, da loro abitualmente coltivati. Gli onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla metà. I predetti soggetti decadono dalle agevolazioni se, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente. Sono fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 11, commi 2 e 3, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, nonché all'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni. All'onere derivante dall'attuazione del presente comma, pari a 40 milioni di euro per l'anno 2010, si provvede mediante utilizzo delle residue disponibilità del fondo per lo sviluppo della meccanizzazione in agricoltura, di cui all'articolo 12 della legge 27 ottobre 1966, n. 910, che a tale fine sono versate all'entrata del bilancio dello Stato.
[18] Commiss. Trib. Sulmona 6 dicembre 1980, n. 89, in Fisconline; D. PODETTI, Proprietà montana – Agevolazioni, Studio n. 191-bis approvato dalla Commissione studi tributari del CNN il 3 giugno 1994, in Banca dati notarile.